Ultimo Aggiornamento:
27 aprile 2024
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Le elezioni dipartimentali francesi: ovvero l’importanza del “locale”

Michele Marchi - 21.03.2015

Elezioni importanti le dipartimentali francesi di domenica 22 e domenica 29 marzo. Il voto costituisce un banco di prova da una molteplicità di punti di vista.

Si può partire da quello forse più scontato. L’intero elettorato francese (esclusi i parigini e gli abitanti di Lione che hanno già rinnovato in occasione delle elezioni municipali) è chiamato ad esprimersi a poco meno di tre mesi dai drammatici fatti di inizio gennaio. Senza trascurare il carattere locale dello scrutinio, sarà importante valutare il livello di partecipazione, così come i risultati del FN, che i sondaggi accreditano al 30%.

In secondo luogo siamo alla penultima consultazione elettorale prima del voto presidenziale del 2017. L’ultima chiamata si avrà con le regionali di fine anno. Dunque il 2015 costituisce l’ultimo anno elettorale prima del voto della tarda primavera del 2017. Hollande e il suo fino ad oggi stentato quinquennato si trovano sotto la lente dell’elettorato francese. Il Ps onnipotente del 2012 (Eliseo, Assemblée nationale, Senato, tutte le regioni tranne l’Alsazia, la maggioranza di comuni e dipartimenti), dopo il Senato e molti comuni, si prepara a nuove sconfitte anche sul fronte dei dipartimenti. Oggi la gauche guida 56 dipartimenti su 95 (in 49 il PS è solo alla guida). Averne persi venti dopo il 29 marzo significherebbe aver limitato i danni. leggi tutto

Gli inglesi ricordano il loro leader più grande

Giulia Guazzaloca - 19.03.2015

Gli anniversari di Winston Churchill              

 

Sono passati 50 anni dalla morte di Winston Churchill, 75 dalla sua nomina a primo ministro mentre infuriava in Europa la guerra scatenata da Hitler, 70 dalla fine di quel tragico conflitto quando Churchill, eroe della «battaglia d’Inghilterra» e vincitore del nazifascismo, era probabilmente la persona più famosa al mondo. In occasione di questi anniversari sono iniziate lo scorso gennaio in Gran Bretagna una serie di celebrazioni e manifestazioni, «Churchill 2015», in ricordo dello statista che l’anno scorso la BBC ha proclamato il più grande britannico di tutti i tempi.

Non sono mancate, come spesso accade, le polemiche: il noto conduttore e giornalista Jeremy Paxman lo ha definito «un completo egocentrico, un opportunista e talvolta un ciarlatano» e c’è da aspettarsi che le commemorazioni diventino (anche) una sorta di «processo» alla sua intera carriera politica. È sempre utile che non si interrompano gli studi e le ricerche sui grandi eventi e personaggi del passato e l’interesse sempre vivo per la figura e le opere di Churchill è ben testimoniato dai tanti libri a lui dedicati negli ultimi anni. Ma non c’è dubbio che nell’immaginario collettivo degli inglesi egli occupi un posto diverso dagli altri, pur grandi, statisti di tutti i tempi: fa parte ormai dell’olimpo degli eroi e dei miti della nazione, assieme a Elisabetta I, Horatio Nelson, la regina Vittoria. leggi tutto

Il TTIP e il futuro del “Mondo Atlantico”: una proposta di lettura

Giovanni Bernardini - 17.03.2015

Chi frequenta con regolarità Mente Politica, sa quanto spazio abbiano dedicato le sue pagine alla politica estera italiana e alle relazioni esterne dell’Unione Europea, confluite nel recente semestre di presidenza e nella nomina di Federica Mogherini ad Alto Rappresentante. Pure all’interno di una salutare diversità di opinioni, tali riflessioni nascono dalla convinzione condivisa che la superficialità e il disinteresse riservati alla politica estera dall’opinione pubblica costituiscano sintomi preoccupanti di provincialismo e impoverimento di una cittadinanza attiva e consapevole. Si ha talvolta l’impressione che alla lunga parabola della Guerra Fredda, con la sua evidente osmosi tra il gioco delle forze politiche interne e l’andamento delle questioni internazionali, sia seguita una fase di sterili contrapposizioni attorno alla presunta ineluttabilità della “globalizzazione” e dell’integrazione continentale. Ineluttabilità destituita di ogni fondamento: il fatto che si sia trattato e si tratti di processi apparentemente sovraordinati non significa che non rimanga spazio per l’azione collettiva e per il tentativo politicamente organizzato di plasmare i rapporti internazionali. Così come non aveva senso accordarsi al flusso degli euroentusiasti o dei pro-globalizzazione, convinti di aver finalmente rinvenuto in quei processi la “cifra della storia”, ancora meno sopportabile è l’atteggiamento arrendevole di chi continua ad accogliere il presunto declino dell’Europa come un castigo di origine ultraterrena o una catastrofe naturale inevitabile. leggi tutto

Disunione Europea

Nicola Melloni * - 03.03.2015

“Quella cui ci troviamo davanti è una crisi della capacità delle istituzioni politiche dell’Unione Europea di agire. Una debolezza che mette a rischio il futuro dell’Europa più dell’eccessivo indebitamente dei singoli membri”. (Helmut Schmidt, 2011)

Le parole dell’ex cancelliere tedesco, a quattro anni di distanza, sono ancora più attuali. La crisi dell’UE si è aggravata: l’incapacità di agire è figlia della mancanza di volontà politica comune. La realtà è che non esiste una Unione, e dunque un bene collettivo superiore. Quello che esiste è un insieme di stati in concorrenza tra loro che inseguono il proprio self-interest a discapito di quello degli altri.

Ed in una situazione di questo genere è addirittura normale che siano i paesi più forti a trarre maggiore vantaggio. Guardiamo ad alcuni fatti macroeconomici che vengono spesso ignorati nel dibattitto politico: 1) buona parte delle riforme tedesche sono state fatte sulle spalle dei cittadini europei, con una politica classicamente “beggar thy neigbour” in cui i salari stagnati tedeschi hanno rilanciato le esportazioni grazie ad una inflazione sopra il 2% in altri paesi (senza dimenticare lo sforamento del deficit consentito alla Germania in quegli anni) e, 2), i susseguenti squilibri della bilancia commerciale, che ben più del debito pubblico, sono alla base della crisi europea, leggi tutto

La politica tedesca vista da Amburgo

Gabriele D'Ottavio - 28.02.2015

In Germania le elezioni regionali possono assumere, talvolta, un significato che va al di là del contesto specifico in cui hanno luogo. Nel 2005, per esempio, il Cancelliere Gerhard Schröder decise di porre anticipatamente fine alla legislatura dopo la pesante sconfitta subita in Nordreno-Vestfalia, nel tentativo di arrestare l’emorragia di consensi del suo partito. Le recenti elezioni di Amburgo, che si sono svolte il 15 febbraio scorso, molto probabilmente non avranno alcuna ricaduta rilevante sulla tenuta del governo. L’attuale Grande coalizione gode infatti di una maggioranza amplissima al Bundestag (quasi l’80% dei seggi) e le prossime elezioni politiche, previste per l’autunno 2017, appaiono ancora molto lontane. I risultati ottenuti dalle due principali forze politiche, la Cdu e la Spd, non trovano peraltro alcuna corrispondenza nelle più recenti rilevazioni effettuate a livello nazionale. Dalle urne di Amburgo sono usciti vincitori i socialdemocratici e sconfitti i cristiano-democratici, mentre a livello nazionale tutti i sondaggi danno il partito di Angela Merkel stabilmente sopra la soglia del 40%, con un distacco di oltre 15 punti percentuali sulla Spd, in linea con i risultati delle politiche del settembre 2013. leggi tutto

Grecia: vincitori e vinti

Gianpaolo Rossini - 26.02.2015

Chi ha vinto nel braccio di ferro tra Europa e Grecia? Forse l’Europa intesa come comunità sovranazionale dalla quale non ci si stacca, non tanto per affetto profondo, ma perché sembra non avere alternative nel mondo di oggi che vive le tensioni dei debiti sovrani, della difficile ripresa e i fuochi geopolitici nell’Est Europa e nel medio Oriente.  La paura non è sempre buona consigliera e gli accordi che influenza possono rivelarsi fragili. E allora l’Europa vince perché temiamo la Non Europa. A ben guardare i termini dell’accordo tra le autorità europee e la Grecia ci si accorge però che gran parte dei problemi posti sul tappeto dall’affermazione elettorale di Tsipras sono stati appena toccati e avranno bisogno di nuovi e faticosi negoziati. Il problema di fondo, ovvero la insostenibilità del debito pubblico greco nelle attuali condizioni di spread sui tassi, rimane tutto intero. Nonostante l’ottimismo dei mercati seguito all’accordo i tassi a dieci anni in Grecia sono ancora vicini al 9%.  Nessun paese può pensare di risolvere i propri problemi finanziari con questi tassi che durano ormai da 5 anni. La situazione finanziaria della Grecia non era sostenibile prima. Non lo è neppure dopo l’accordo. La Grecia ha lanciato un grido di dolore. leggi tutto

La “Barcaccia” danneggiata dagli hooligans olandesi

Stefano Martelli * - 26.02.2015

Quanto è avvenuto nella Capitale italiana la scorsa settimana nei due giorni che hanno preceduto la partita di Europa League tra gli olandesi del Feyenoord e la Roma non si può liquidare dicendo semplicemente che nel calcio se ne sono viste di peggio – e chi dice così, di solito pensa ai 39 morti e ai circa 600 feriti nello stadio Heysel di Bruxelles, il 29 maggio 1985, provocati dalla guerriglia messa in atto dagli hooligans che seguirono il Liverpool, nella finale di Champions contro la Juventus; e il tifoso di buona memoria ne potrebbe aggiungere molti altri ancora, di tragici fatti generati dal tifo violento, dentro e fuori gli stadi.

Però quello avvenuto a Roma presenta una nota di particolare tristezza e preoccupazione. Da un lato fortunatamente non si lamentano morti, anche se si contano una quarantina di poliziotti feriti, ma i danni provocati intenzionalmente a una fontana unica al mondo, che fu realizzata nel 1629 dai fratelli Bernini e posta in piazza di Spagna, ai piedi della scalinata che sale a Trinità dei Monti – un monumento di rara bellezza e fantasia, che ha preso spunto da uno scafo, abbandonato dal Tevere in piena nel 1598. leggi tutto

La fine “della storia” e la fine di “una storia”

Michele Marchi - 24.02.2015

È sotto gli occhi di tutti che le crisi aperte in Ucraina, Grecia e Libia sono legate ed interconnesse. Si è riflettuto molto, in queste settimane, sui successi diplomatici della Germania di Angela Merkel, volata a Washington per convincere Obama a non avventurarsi nell’invio di armi in Ucraina, per poi correre a rappresentare la diplomazia europea al tavolo negoziale di Minsk e infine pronta a far pesare il prestigio acquisito a Minsk e a Washington nel braccio di ferro con Atene.

Allo stesso modo si sono sottolineate le tante divisioni che i tre focolai di crisi evidenziano all’interno del continente europeo. Il caso greco (euro) e quello libico (immigrazione e guerra civile) confermerebbero una sempre più profonda divaricazione tra un’Europa del nord ed un’Europa del sud. Virtuosa economicamente e sufficientemente lontana dalle tensioni provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo quella del nord. Cronicamente arretrata ed esposta ai marosi delle crisi successive alle primavere arabe quella del sud. Sempre seguendo questo ragionamento la  crisi ucraina accentuerebbe un’altra frattura, quella sull’asse est/ovest, o per dirla con un’altra terminologia tra “nuova Europa” e “vecchia Europa”, con la prima timorosa dei tentativi egemonici di Putin (intrisi di zarismo e post-stalinismo) e la seconda ancora disposta a farsi cullare nell’illusione di una improbabile “fine della storia”.

Ma è proprio l’attenzione sulla dimensione “storica” che in questi giorni è forse mancata. leggi tutto

L’esame di coscienza della Francia (parte prima)

Emmanuel Jousse * - 24.02.2015

Gli eventi che hanno scosso la Francia da un mese a questa parte possono sconcertare l’osservatore straniero. Da un lato, il sussulto repubblicano suscitato dagli attentati del 7-9 gennaio e sfogatosi nella manifestazione dell’11. E’ sotto il segno di questo « spirito dell’11 gennaio » che François Hollande ha aperto la sua conferenza stampa annuale del 5 febbraio: lo spirito dell’unità della Repubblica nella prova, della coesione nazionale contro il terrorismo. Dall’altro lato, il risultato preoccupante delle elezioni legislative parziali nella quarta circoscrizione del dipartimento del Doubs l’8 febbraio, che ha visto vincere il candidato socialista ma con solo un piccolo margine di vantaggio su quello del Fronte Nazionale  (51,43% contro 48,57%). E’ precisamente la diffidenza verso il partito di Marine Le Pen che ha indebolito lo « spirito dell’11 gennaio » : la decisione di escluderlo dalla marcia a Parigi gli ha permesso di rilanciare il suo messaggio populista contro un sistema politico corrotto. Naturalmente, questa votazione va contestualizzata nel quadro particolare di una circoscrizione rurale, toccata profondamente dalla crisi dell’industria automobilistica, ma si tratta comunque di un segnale importante a qualche mese dalle elezioni dipartimentali in marzo e poi dalle regionali in dicembre (per non pensare a cosa succederà più in là) cosa che i partiti hanno perfettamente compreso. leggi tutto

Il terrorismo, i barconi e la crisi dell’Europa: riflessioni sugli eventi di Copenaghen.

Giovanni Bernardini - 21.02.2015

Gli eventi che hanno recentemente sconvolto Copenaghen meritano riflessioni politiche ben più profonde delle strumentalizzazioni di chi cerca facili consensi sull’onda dell’emozione.  Certamente colpiscono alcune affinità con i giorni di follia che hanno sconvolto la capitale francese a inizio anno; e tuttavia pochi hanno insistito a sufficienza sul passaggio nelle rispettive patrie galere che ha accomunato i giovanissimi attentatori di Francia e Danimarca. Approfondire un fenomeno sociale così preoccupante non significa negare le responsabilità individuali dei colpevoli, ma porre le basi affinché il futuro comporti minori rischi collettivi. E quando delle istituzioni detentive ma anche correttive non adempiono alla loro missione, ma anzi danno a individui marginalizzati l’occasione di una nuova socializzazione criminale, è forse giunto il momento di un loro serio ripensamento. Va in questa direzione la bella e dolorosa lettera scritta da alcuni docenti della periferia di Parigi nei giorni successivi al massacro di gennaio: un appello all’autocritica per tutti coloro che, dai banchi di scuola fino all’esperienza carceraria, hanno lasciato i futuri attentatori ai margini di una piena consapevolezza dei valori repubblicani e della convivenza civile, parcheggiati “nelle cloache delle periferie”, e infine abbandonati in balia “di perversi manipolatori” capaci di offrire loro una prospettiva di vita (e di morte) più allettante di quella che li attendeva al ritorno alla libertà. Tutto questo implica una presa di coscienza della più grande e più amara delle verità, spesso celata leggi tutto