Ultimo Aggiornamento:
20 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

La politica tedesca vista da Amburgo

Gabriele D'Ottavio - 28.02.2015
La politica tedesca

In Germania le elezioni regionali possono assumere, talvolta, un significato che va al di là del contesto specifico in cui hanno luogo. Nel 2005, per esempio, il Cancelliere Gerhard Schröder decise di porre anticipatamente fine alla legislatura dopo la pesante sconfitta subita in Nordreno-Vestfalia, nel tentativo di arrestare l’emorragia di consensi del suo partito. Le recenti elezioni di Amburgo, che si sono svolte il 15 febbraio scorso, molto probabilmente non avranno alcuna ricaduta rilevante sulla tenuta del governo. L’attuale Grande coalizione gode infatti di una maggioranza amplissima al Bundestag (quasi l’80% dei seggi) e le prossime elezioni politiche, previste per l’autunno 2017, appaiono ancora molto lontane. I risultati ottenuti dalle due principali forze politiche, la Cdu e la Spd, non trovano peraltro alcuna corrispondenza nelle più recenti rilevazioni effettuate a livello nazionale. Dalle urne di Amburgo sono usciti vincitori i socialdemocratici e sconfitti i cristiano-democratici, mentre a livello nazionale tutti i sondaggi danno il partito di Angela Merkel stabilmente sopra la soglia del 40%, con un distacco di oltre 15 punti percentuali sulla Spd, in linea con i risultati delle politiche del settembre 2013.

Per quanto deformante la lente di Amburgo possa sembrare, ciò non significa, però, che il voto nella città anseatica non abbia alcun valore indicativo rispetto all’attuale situazione politica in Germania.

Anzitutto, il voto di Amburgo conferma la crescente personalizzazione della politica tedesca. Sia la schiacciante vittoria dei socialdemocratici guidati dal governatore uscente Olaf Scholz (45,7%) sia il buon risultato del Partito dei liberali trainato da Katja Suding (7,4%) sono in larga parte il risultato del consenso che i due candidati leader sono riusciti a costruire attorno ai propri profili politici. Sul pessimo risultato della Cdu (15,9%) ha invece pesato negativamente la latitanza della popolarissima Cancelliera Angela Merkel, la quale, anche per i tanti impegni concomitanti, non ha potuto spendersi in prima persona per la campagna elettorale.

In secondo luogo, colpisce la bassissima affluenza alle urne: solo il 55% degli aventi diritto è andato a votare. Per la città-regione di Amburgo si tratta del tasso di partecipazione più basso degli ultimi sessant’anni. Per spiegare questo dato, tuttavia, occorre tenere conto anche di due fattori che non sono applicabili a livello nazionale: la scarsa contendibilità di elezioni considerate di «secondo ordine» (rispetto a quelle federali) e dall’esito prevedibile; la recente adozione di un sistema elettorale particolarmente astruso che potrebbe aver scoraggiato gli elettori dal recarsi alle urne. Ciò non toglie, però, che l’astensionismo in Germania, sia a livello regionale che federale, sta assumendo dimensioni inedite. Anche alle ultime due tornate nazionali, rispettivamente nel 2009 (70,8%) e nel 2013 (71,5%), sono stati registrati i livelli più bassi di partecipazione elettorale dal 1949: un dato che, almeno in parte, può essere ricondotto a quel più ampio fenomeno di disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e in particolare dei partiti tradizionali, noto anche con il termine tedesco di Parteiverdrossenheit. Sempre a tale riguardo, il voto di Amburgo è stato, infine, segnato da un’elevata volatilità elettorale, un fenomeno che anche su scala nazionale ha raggiunto con le politiche del 2013 il suo valore più alto dagli anni Cinquanta. Dalle prime analisi dei flussi elettorali emerge che molti elettori che la volta scorsa avevano votato per i cristiano-democratici, per i socialdemocratici o per i liberali, questa volta hanno preferito dare i loro voti all’Alternativa per la Germania (AfD), il nuovo partito euroscettico e anti-immigrazione. Secondo i primi dati, alle elezioni di Amburgo l’AfD sarebbe riuscita a sottrarre circa 8000 voti ai cristiano-democratici, 7000 ai socialdemocratici e 4000 ai liberali, ma anche un migliaio di elettori sia ai Verdi che al Partito della sinistra (Linke). Dopo aver superato la soglia di sbarramento del 5% alle elezioni europee e dopo i successi ottenuti in tre Länder orientali (Turingia, Sassonia e Brandeburgo), con il risultato di Amburgo (6,1%) l’AfD sembrerebbe, quindi, avere buone possibilità di consolidare la sua presenza anche nella parte occidentale del paese.

Con le dovute cautele, rese necessarie dall’utilizzo di una lente che per certi aspetti distorce l’immagine del quadro politico nazionale, anche il voto di Amburgo può, dunque, essere considerato una piccola spia di una più generale fase di cambiamento che sta attraversando il sistema politico in Germania. Le dinamiche più interessanti riguardano il lato destro dello spettro politico, dove la concorrenza per i cristiano-democratici appare destinata ad aumentare, con i liberali che potrebbero risalire la china e l’AfD diventare la sesta o addirittura la quinta forza politica del paese. Come si diceva all’inizio, l’attuale tenuta del governo di grande coalizione non è in discussione, ma nel medio termine i cambiamenti nel sistema partitico potrebbero condurre i vari attori a riconsiderare le loro strategie nella politica di coalizione. E a quel punto la grande coalizione potrebbe non essere più l’unica soluzione praticabile, nel caso in cui, dopo le elezioni politiche, non ci dovessero essere le condizioni per formare un governo di centrodestra o di centrosinistra.