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01 maggio 2024
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Argomenti

La ripresa che non c’è e la BCE bella addormentata

Gianpaolo Rossini - 12.08.2014

Un dato congiunturale insoddisfacente che vede il Pil italiano scendere dello 0.2% nel secondo trimestre del 2014  è bastato per rimettere un punto interrogativo sulle capacità dell’Italia di rimettersi dalla lunga crisi che ormai dura da 4 anni. Lo spread dei tassi a 10 anni rispetto ai corrispondenti tedeschi si è alzato improvvisamente volando verso 180, vanificando in poche ore gli sforzi di tagli della spesa pubblica e di imposte che non si possono ridurre. Il dato congiunturale non è certo incoraggiante ma occorre essere prudenti perché la ripresa lenta sta forse facendosi strada soprattutto in alcuni settori. Tra questi vi sono produzioni tradizionali come alimentari, abbigliamento, legno e metallurgia e alcuni avanzati tra cui elettronica, farmaceutici, mezzi di trasporto, gomma e materie plastiche. Tra i tradizionali, il settore alimentare e quello dell’abbigliamento sono in realtà posizionati per lo più nelle fasce alte della qualità e quindi sono meno colpiti dalla concorrenza internazionale di prezzo.  Tra gli avanzati, elettronica e farmaceutica segnalano una forte capacità nell’innovazione e nella ricerca a dispetto di tante litanie recitate giornalmente nei media sulla scarsa capacità di aprire nuovi orizzonti produttivi. Tra le industrie che invece sembrano arrancare di più e che mostrano  segni negativi troviamo le apparecchiature elettriche e il settore petrolifero. Il secondo è dovuto ad un minore consumo e ad una ridotta raffinazione a vantaggio di paesi emergenti produttori di petrolio e non, due trend difficili da contrastare.  Il primo caso invece preoccupa non poco perché evidenzia un lento e inarrestabile declino del nostro paese in questo ambito. leggi tutto

La locomotiva d’Europa s’inceppa, ma i tedeschi rinnovano la fiducia alla Cancelliera

Gabriele D'Ottavio - 12.08.2014

Smaltita la sbornia dopo la vittoria ai mondiali di calcio in Brasile, una mattina di mezza estate i tedeschi sono stati bruscamente svegliati da una doccia fredda. Il 21 luglio scorso la Bundesbank ha reso noti i dati relativi al trimestre aprile-giugno che indicavano una stagnazione dell’economia, principalmente dovuta al rallentamento del settore industriale. La locomotiva d’Europa sembrerebbe dunque essersi inceppata. In Italia – come spesso accade quando si parla di Germania – la notizia è stata accolta con sentimenti contrastanti. Alcuni hanno gioito delle disgrazie altrui, esprimendo quel sentimento di Schadenfreude per il quale, curiosamente, non esiste un termine corrispettivo nella lingua italiana. Altri, più saggiamente, hanno manifestato preoccupazione per le conseguenze negative che un rallentamento della locomotiva tedesca potrebbe avere sull’economia europea e dunque anche su quella italiana. Gli incorreggibili ottimisti, infine, hanno intravisto nel primo vero passo falso del gigante economico un barlume di speranza circa la possibilità che i tedeschi decidano finalmente di rivedere la loro politica europea basata sul rigore finanziario. leggi tutto

Silenzio, Juncker lavora …

Michele Marchi - 05.08.2014

A che punto è il lavoro del grande “tessitore” Jean-Claude Juncker? Il neo presidente vorrebbe comporre il puzzle della sua Commissione entro il 30 agosto, in modo che il Consiglio straordinario di fine estate sia soltanto un momento di cordiale ratifica da parte dei capi di Stato e di governo. Peraltro un risultato di questo genere fornirebbe a Juncker tempo prezioso per preparare i commissari al complicato passaggio di fronte alle varie commissioni parlamentari, che dovranno ufficialmente dare il via libera alle sue scelte.

Nonostante questi buoni propositi e un lavorio diplomatico tra le capitali, che non permetterà all’ex premier lussemburghese un agosto di riposo, i dubbi e le incognite sono ancora molti e il quadro pare ben lungi dall’essere completato. leggi tutto

Il doppio volto dello Zar

Riccardo Brizzi - 31.07.2014

Nuove sanzioni europee contro Mosca

 

Mentre l'inchiesta sull'abbattimento del Boeing 777 della Malaysia Airlines procede tra mille difficoltà e infuriano i combattimenti nell'est dell'Ucraina, martedì 29 luglio a Bruxelles gli ambasciatori dei 28 paesi dell'Ue hanno adottato una serie di sanzioni economiche contro la Russia per convincere Putin a interrompere il sostegno ai separatisti filorussi. L'accordo blocca l'accesso ai mercati europei ad aziende e banche russe, vieta la vendita di armi e di tecnologie sensibili nel settore energetico e dei beni a duplice uso, sia civile che militare, e congela i beni di alcune imprese e di uomini d'affari vicini al presidente russo, accusati di beneficiare dell'annessione della Crimea o di complicità con i separatisti. Misure salutate con soddisfazione da Barack Obama, che ha annunciato a ruota nuove sanzioni americane rivolte contro «settori chiave dell'economia russa» quali l'energia, la difesa e la finanza. Secondo il presidente Usa - che tuttavia nega l'avvio di una «nuova guerra fredda» - l'atteggiamento europeo prova come Washington non sia sola a «perdere la pazienza» verso Mosca, accusata dall'intelligence Usa di apprestarsi a fornire ai ribelli nuovi lanciamissili più potenti per fronteggiare l'offensiva dell'esercito ucraino. leggi tutto

Le difficoltà di Cameron in Europa e in patria

Giulia Guazzaloca - 29.07.2014

Le difficoltà di Cameron

 

Non ci sono riusciti, David Cameron e il suo ex ministro degli Esteri William Hague, a bloccare la nomina di Jean-Claude Juncker a presidente della Commissione europea e per il primo ministro conservatore, dopo la secca sconfitta alle elezioni per il Parlamento europeo di maggio, la strada è tutta in salita. Anche se gli ultimi sondaggi dicono che si sarebbe ridotto il vantaggio dei laburisti, il premier è comunque costretto a rincorrere, in vista delle elezioni politiche del prossimo anno, l’euroscetticismo della maggioranza degli inglesi e dinanzi all’elezione del leader lussemburghese non ha potuto fare altro che buon viso a cattivo gioco.

Se all’indomani della scelta di Juncker, Cameron aveva usato parole durissime verso i colleghi europei che lo avevano proposto, dopo la nomina ha dovuto ammorbidire i toni dicendosi disposto a collaborare col nuovo presidente senza però smettere di battersi per gli interessi britannici e una riforma dell’Unione Europea. I suoi obiettivi restano insomma gli stessi: rinegoziare gli accordi di adesione con la UE e, in caso di vittoria dei conservatori nel 2015, indire un referendum sulla permanenza leggi tutto

L’arrivo in Italia dei rifugiati: passare dall’emergenza ad una politica organica dell’Italia e dell’Europa.

Roberto Zaccaria * - 29.07.2014

      1. Sempre più spesso nei nostri telegiornali sentiamo parlare di “emergenza umanitaria” a proposito degli sbarchi di migranti e di rifugiati nel nostro paese. Queste notizie sono accompagnate da immagini spesso strazianti di barconi sovraffollati e, a volte, assistiamo anche al triste rituale del recupero di salme in sacchi di plastica nera.

    Certo siamo ben lontani da quel terribile 3 ottobre del 2013 quando a Lampedusa morirono oltre 350 persone ed abbiamo ancora negli occhi quella enorme distesa di bare.

    Fortunatamente dopo di allora il Governo italiano ha varato l’operazione Mare nostrum che con l’impiego quotidiano della marina militare, della Guardia costiera e delle altre forze dell’ordine ha permesso di salvare migliaia di vite umane dando vita ad una delle più grandi operazioni umanitarie che sia dato ricordare negli ultimi anni.

    Per questo solo fatto sarebbe del tutto naturale che qualcuno volesse proporre le nostre forze armate e la stessa terra di Sicilia, che ha offerto la prima accoglienza, quale Premio Nobel per la pace. leggi tutto

Gaza e Parigi

Michele Marchi - 26.07.2014

Ad osservare le immagini dei disordini scoppiati nel corso delle manifestazioni pro-Palestina di sabato e domenica scorsa nei pressi della fermata della metropolitana parigina di Barbès e a Sarcelles, cittadina di 60 mila abitanti della periferia nord della capitale, viene da affermare: Gaza e Parigi sono davvero vicine! Senza estremizzare, si può affermare che la Francia è il Paese europeo nel quale l’ennesimo incendiarsi del conflitto israelo-palestinese ha avuto, sino ad oggi, maggiori ricadute di natura politica e sociale.

 

Barbès e Sarcelles tra politica e opinione pubblica


I gravi incidenti dello scorso fine settimana sono innanzitutto stati amplificati dal fatto che le due manifestazioni, degenerate in attacchi alle forze dell’ordine, lanci di bottiglie incendiarie, roghi di bandiere israeliane, sino al tentato attacco alla sinagoga di Sarcelles, non erano state autorizzate dal governo. Mentre nel Paese erano state ammesse circa una sessantina di altre manifestazioni di sostegno alla causa palestinese, nel caso di Barbès si era ritenuta troppo sensibile l’area e nel caso di Sarcelles stiamo parlando della cittadina con la più alta percentuale di ebrei rapportata alla popolazione (una comunità di circa 15 mila ebrei, su 60 mila abitanti) e con la percentuale di giovani di origine maghrebina e sub sahariana più alta di Francia.  leggi tutto

La Germania: locomotiva di latta

Gianpaolo Rossini - 26.07.2014

I dati parlano chiaro: dopo una crescita nel 2010 (+4%) e nel 2011 (+3.3%) la Germania si è seduta nel 2012 (+0.7%) e nel 2013 (+0.4%). E ora si è addirittura fermata con il Pil piatto dalla primavera del 2014. Il dato del 2010 e quello del 2011 erano in verità il frutto di un rimbalzo dopo la forte caduta del 2009 (-5.1% contro -5.5% dell’Italia). Ma dopo la risalita è arrivata calma piatta. E non solo per la Germania che appare sempre di più una locomotiva di latta con le batterie scariche. Anche paesi ricchi e affezionati al carro teutonico non se la passano bene. La Finlandia ad esempio, Nokia dipendente, soffre parecchio nonostante i suoi lindi conti pubblici. I dati  dicono -1.4% nel 2012 e -1.0% nel 2013 e le prospettive non sono rosee viste le riduzioni di personale (a stipendi medio alti) previste nel colosso Nokia che sta appesantendo i conti del gigante Microsoft che ne è divenuto proprietario da un paio di anni e che non esita ad usare il bisturi. La Germania ha fatto “riforme”. Quelle tanto sbandierate per essere più “competitiva”. Ovvero lavoro, pensioni ed altre. Ma come avviene ovunque mutamenti che riducono la stabilità del posto di lavoro, incidono pesantemente sul welfare previdenziale e, in parte, anche su quello sanitario: riducono i salari e spingono gli individui a spendere meno. In alcuni casi si possono vedere effetti depressivi perfino sul tasso di natalità. Ora la domanda che dobbiamo porci è la seguente: la Germania con conti pubblici in ordine e un avanzo della bilancia dei pagamenti correnti superiore a quello della tanto criticata Cina aveva veramente bisogno di fare queste benedette riforme? La risposta è un deciso no.  leggi tutto

I riflettori internazionali (di nuovo) sul sistema detentivo italiano

Miriam Rossi * - 24.07.2014

Non fatemi vedere i vostri palazzi, ma le vostre carceri perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione”. Lo scrisse Voltaire a metà del Settecento ma non si sarebbe potuto esprimere diversamente Mads Andenæs col suo Working Group dell’ONU sulle detenzioni arbitrarie durante la visita effettuata in Italia dal 7 al 9 luglio scorsi. Per quanto sia universalmente accolto il principio secondo cui il sistema carcerario denota lo stato di diritto di un Paese, è invece con difficoltà che tanto i governi quanto la società civile percepiscono e identificano in un trattamento disumano o degradante, se non in una tortura, l’assenza di una serie di standard di tutela del detenuto. La costrizione, il disordine, l’“accatastamento di esseri umani” con ovvi limiti alla riservatezza delle persone, la carenza di strutture ricreative e sportive, spesso l’assenza di norme igieniche sono fattori che determinano una clamorosa incompatibilità con i parametri fissati non solo dagli standard internazionali quanto dall’obiettivo di “rieducazione del condannato” e di un autentico recupero sociale previsto dall’articolo 27 della Costituzione italiana. leggi tutto

Il rompicapo europeo

Riccardo Brizzi - 19.07.2014

Dopo lo psicodramma che ha accompagnato la nomina di Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione, all'indomani della fumata nera di mercoledì scorso la Ue si ritrova nuovamente arenata nelle secche di una partita di nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie.

«E' un peccato, ma la situazione non è drammatica [...].Ho già partecipato alla formazione di otto governi [in Belgio]. Sono questioni che richiedono tempo» ha affermato Herman Van Rompuy uscendo dal vertice che sanciva il fallimento di tre settimane di consultazioni con le ventotto capitali.

Dopo l'elezione del popolare lussemburghese Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione, l'attribuzione degli incarichi di presidente del Consiglio, Alto Rappresentante e dei portafogli più pesanti della commissione risponde a delicati equilibri politici destra-sinistra, geografici nord-sud/est-ovest, ma anche a bilanciamenti di genere e generazionali. Un vero rompicapo. Van Rompuy era stato incaricato di proporre un «pacchetto» che prendesse in considerazione anche la presidenza permanente dell'Eurogruppo, che dovrebbe essere attribuita al ministro spagnolo dell'Economia, il conservatore Luis de Guindos. Ma i capi di Stato e di governo nei loro calcoli tenevano in considerazione anche la Commissione europea, con l'obiettivo di ottenere portafogli di peso per il proprio paese, rendendo l'equilibrismo diplomatico sempre più difficile e suscitando la ferma opposizione di Juncker. Il neo presidente dell'esecutivo europeo non ha abdicato alle proprie prerogative, rifiutandosi di anticipare la distribuzione dei portafogli in una notte, sotto la pressione diretta di capi di Stato e di governo dalle richieste spesso contraddittorie. leggi tutto