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Il quadro politico si va complicando
Qualcosa si muove nella politica italiana a fronte di quanto è avvenuto dopo le votazioni a Strasburgo per la riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. Anche se inizialmente si era detto che quel che accadeva nel parlamento europeo non avrebbe avuto ricadute sulla politica di casa nostra, così non è stato.
Giorgia Meloni ha sottovalutato la portata di quel che si stava formando negli equilibri della UE. La sua scelta di opporsi alla selezione dei candidati ai vertici nel Consiglio europeo e poi di non votare la nomina della von der Leyen l’ha messa nella sgradevole posizione di perdere una quota non insignificante del prestigio che si era guadagnata. È stata oggettivamente intrappolata dalla scelta di Macron, Scholz e Sanchez di dare una torsione “partitica” alla configurazione di vertici UE, rompendo lo schema tradizionale del condominio a livello di stati. Non ha colto che le debolezze interne in alcuni contesti nazionali chiave spingevano all’arrocco, dimostrando così di non voler dare spazio ad un conclamato “vento di destra” che in realtà era meno forte di quanto voleva apparire. Questo spingeva a negare a Meloni un ruolo chiave come possibile “ponte” verso un conservatorismo di destra che in realtà non leggi tutto
La politica estera è una cosa seria
Siamo alla vigilia del voto del parlamento europeo per la nomina del presidente della Commissione, ci confrontiamo con i risultati del recente vertice Nato e con le prospettive non proprio serene delle prossime presidenziali americane (complicate dall’attentato a Trump), siamo stati da poco messi di fronte all’ennesima follia della guerra fra Israele e Hamas. Ebbene di tutto questo nella politica italiana si parla con una superficialità sconcertante.
Da un lato c’è il solito Salvini che pontifica su argomenti che non padroneggia, perché solo questo può spiegare le sue affermazioni contro l’invio di armi all’Ucraina perché così si prolunga il conflitto. Certo se si disarma quel paese si apre la strada ad una vittoria totale di Putin che sta conducendo la sua guerra di aggressione con una ferocia che dovrebbe essere evidente a tutti. Sul versante opposto ci sono quelli che lamentano gli impegni del nostro governo per aumentare le spese per la difesa sostenendo che quei soldi dovrebbero essere impiegati per la sanità e per le spese sociali. Obiettivi che certo vanno perseguiti, ma senza dimenticare che sarà possibile farlo bene solo se il nostro Paese si mostrerà in grado di ottemperare alla sua parte nel quadro delle alleanze che leggi tutto
Le lezioni francesi (e quelle britanniche)
Colpo atteso quello uscito dalle urne francesi, in quanto i dati consolidati non ridimensionano il successo del Rassemblement National, confermando il 33% attribuitogli dagli exit polls. Vedremo giovedì sera se i risultati delle elezioni che arriveranno dalla Gran Bretagna confermeranno anche in questo caso le previsioni: il colpo di maglio elettorale con i laburisti che vincono a valanga e i conservatori che registrano una autentica debacle.
È importante leggere in parallelo questi due casi, che sono ovviamente molto differenti, ma che, a modesto avviso di chi scrive, registrano entrambi i dilemmi in cui si battono le opinioni pubbliche in questi tempi così complicati.
In Francia si è registrato il tramonto del centrismo tecnocratico di Macron. Gli elettori si sono spaccati di fronte alle proposte di risistemazione oligarchica del quadro economico sociale fra chi ha deciso di affidarsi alla “reazione” della destra e chi scommette sulla accelerazione radicale della sinistra. La proposta del duo Le Pen-Bardella promette la difesa di quel sistema di benessere diffuso che aveva caratterizzato l’ultima fase del XX secolo rimuovendo (non si sa come) i fattori di cambiamento che si sono avuti nel contesto attuale. La sinistra, che non è molto distante in termini di percentuali di voti raccolti, leggi tutto
L’incognita europea
Forse nella riunione del 27-28 giugno si arriverà ad una prima definizione del futuro assetto della governance dell’Unione Europea. Scriviamo “forse” perché ci muoviamo su un terreno dove qualche sorpresa è sempre possibile, sebbene al momento si diano per acquisite alcune linee di accordo almeno a livello dei membri del Consiglio Europeo. Poi ci sarà la prova dell’aula parlamentare ed è in vista di quella che si ragiona nella consapevolezza che le sorprese sono da mettere nel conto in una assemblea così vasta e formata da una pluralità non solo di formazioni politiche, ma di componenti nazionali al loro interno.
È alla posizione dell’Italia e di Giorgia Meloni che si guarda con particolare attenzione. La nostra premier rappresenta una certa novità della tornata elettorale e al tempo stesso una posizione personale tutt’altro che semplice. Sul primo versante potrebbe essere considerata la leader di un (sopravvalutato) vento di destra e come tale il personaggio da contenere o da blandire a seconda degli interessi in campo. Lo contrastano i leader delle componenti politiche che si sono viste ridimensionate, in qualche caso pesantemente, da uno spostamento degli umori elettorali verso la conservazione (non sempre semplicemente assimilabile alla tradizionale destra). Per loro dare riconoscimenti alla Meloni significa indebolire leggi tutto
L’Europa dei vertici
La speranza, o se preferite l’illusione di poter avviare la sistemazione dell’assetto di vertice dell’Unione Europea nella cena informale del 17 giugno è andata delusa. Quel che è emerso è che non esiste ancora una visione comune del ruolo che potrà giocare la UE negli anni, almeno inizialmente difficili, di questa nuova legislatura. A prevalere sono ancora gli equilibri “nazionali” che cercano faticosamente di comporsi. Insomma è la logica del condominio, quella che conoscono anche i cittadini comuni nelle assemblee dei caseggiati dove risiedono.
Il principio che per ora sembra dominare è quello di muovere il meno possibile nella distribuzione di pesi e incarichi: va bene così a coloro che sin qui hanno dominato, è accettato senza troppe sofferenze da quelli che non possono aspirare ad essere parte del grande gioco, trova l’opposizione solo di quelli che ambiscono ad un ruolo di maggior peso. Fra questi, come è noto a tutti, c’è la premier italiana Giorgia Meloni.
Il motore franco-tedesco oramai è usurato, ma né Macron, né Scholz sono disposti a prenderne atto. Soprattutto sul versante tedesco c’è il fatto che, piaccia o meno, il partito che ha di gran lunga il maggior numero di seggi al parlamento europeo è il PPE (190 deputati) ed è di fatto una componente a forte predominanza tedesca. leggi tutto
Europee: elezioni di svolta?
Forse si sta concludendo il lungo periodo, iniziato nel 2012 con le amministrative e arrivato ad un primo approdo con le politiche del 2022, caratterizzato da un'elevatissima mobilità elettorale, da una forte destrutturazione del sistema e da una sostanziale dissoluzione del bipolarismo a favore di un tripartitismo imperfetto. In tutti questi anni nei quali abbiamo, sulle colonne di Mente Politica, descritto e analizzato i dati elettorali e gli avvenimenti politici, le caratteristiche di una costante instabilità sono state sempre in primo piano. Il voto europeo dell'8-9 giugno 2024, invece, delinea tre tendenze: l'aumento dell'astensionismo, il ritorno della polarizzazione, l'inizio di una stabilizzazione del sistema. In quanto al primo, si è giunti per la prima volta ad avere - in un'elezione nazionale - un'affluenza inferiore al 50%: un 49,69%, che sicuramente sarebbe stato minore se non ci fosse stato l'"election day". Infatti, l'elettore sa quando mobilitarsi: alle europee meno, un po' di più (non tanto) alle regionali (Piemonte), ma molto di più alle comunali (62,61%). Non solo: la differenza con la precedente tornata ci restituisce un saldo negativo del 6,4% per le europee e dell'8% per le regionali, ma "solo" del 5% per le comunali. L'astensione è dunque selettiva. Il non voto contribuisce indirettamente alla polarizzazione, perchè nel caso italiano ha praticamente affondato leggi tutto
L’Unione Europea e l’Europa delle Nazioni
Fiumi di parole hanno fatto seguito ai risultati delle elezioni europee: c’è chi si sente rassicurato dalla possibile riedizione di una Commissione a guida Ursula Von Der Leyen e imperniata sul PPE e le alleanze che saranno fattibili, chi è rimasto scioccato dai risultati in Francia e in Germania dove rispettivamente Macron è stato surclassato dal Rassemblement National e Scholz è rimasto annichilito dalla duplice avanzata della CDU ( e fin qui il dato ha un prevalente significato di politica interna) e dall’Alternative für Deutschland -AFD, partito di estrema destra e xenofobo, ora alla ricerca di intese con analoghi movimenti più o meno emergenti in altri Paesi. Due schiaffoni ai quali chi “le ha prese” ha reagito in modo diverso: Macron ha sciolto l’Assemblea Nazionale e indetto nuove elezioni a breve termine, pur ribadendo di non essere intenzionato a dimettersi da Capo dello Stato. Certamente non basteranno i voti di Melenchon (che ha rotto con Putin) né quelli del movimento centrista emergente – quel Place publique di Raphael Glucksmann, anche perché il movimento gollista dei Républicains guidato da Eric Ciotti (che non è parente del nostro Don Luigi, fondatore di Libera) ha clamorosamente anticipato l’appoggio al Rassemblement della Le Pen da cui sembra invece leggi tutto
Dopo le Europee: movimenti e scossoni
Adesso le urne europee hanno dato il loro responso e di conseguenza si può uscire dalle nebbie in cui una miriade di “vedette”, in genere piuttosto interessate, hanno annunciato l’approdo in vista di un nuovo, più o meno meraviglioso mondo. Diciamo subito che sono comunque dati da analizzare con cautela, perché non possiamo dimenticare che ci troviamo in presenza di un contesto instabile dove equilibri e conquiste sono sempre precari.
A chi brinda spensieratamente per vittorie presunte epocali, sia ai vertici di FdI che a quelli del PD, ricordiamo sommessamente come sono finiti due vincitori assoluti di passate tornate elettorali europee: Renzi col suo 40% nel 2014 e Salvini col suo 33% nel 2019. Esaltati entrambi da quel successo provarono a cambiare il sistema politico e si sa come è finita (anzi oggi si vede ancor più plasticamente). Meloni in genere è una donna politica più fredda e farà bene a mantenersi tale se vuole consolidare il suo risultato: obiettivo peraltro non impossibile, se non vorrà strafare (attenzione al piano scivoloso delle riforme istituzionali mal congegnate e condotte senza ricerca di un consenso ampio).
Veniamo ad un tentativo di interpretazione di quel che è avvenuto in Italia collocandolo nel contesto europeo. Il primo dato scontato e largamente leggi tutto
I conti azzardati col futuro
Sempre condizionati dall’attesa della prova elettorale europea, i politici cercano di prospettarsi cosa potrà accadere nel futuro prossimo e meno prossimo. Il segno dominante dovrebbe essere quello dell’incertezza, ma poiché questo genera ansia e insicurezza ciascuno si immagina che siamo sul punto in cui la situazione volgerà a suo favore.
La destra ritiene di essere in posizione favorita. Sebbene i sondaggi a livello europeo siano incerti sul punto, cerca di dare per scontato che sarà possibile avere una nuova maggioranza in seno alla UE perché le destre aumenteranno i consensi. Esaminando la cosa con una certa freddezza la situazione rimane quantomeno incerta. Innanzitutto la crescita delle destre (e lasciamo stare le divisioni nel senso di questo campo) non può essere così travolgente da consentire un esecutivo a due, Partito Popolare più conservatori di vario conio, ammesso e non concesso che il PPE sarebbe disponibile ad una alleanza di questo tipo. Occorre un terzo membro che si pensa dovrebbero essere i “liberali”, ma qui entra in gioco Renew Europe di Macron che con l’elezione presidenziale francese fra un paio d’anni non ha nessun interesse a favorire un protagonismo di Marine Le Pen.
Si tenga anche conto che Macron gioca su due leggi tutto
Le "asticelle" delle europee
A un mese dalle elezioni europee, cerchiamo di anticipare quelle linee guida per la lettura dei risultati che potranno tornare utili all'apertura delle urne. I principali partiti sono otto: tre di maggioranza (Fratelli d'Italia, la Lega, Forza Italia) e almeno cinque di opposizione (Pd, M5S, Verdi e sinistra, Stati Uniti d'Europa, Azione). Mentre cinque di questi si sono già presentati alle politiche e alle europee, i verdi e la sinistra si sono uniti dopo; infine, la galassia centrista si è composta e scomposta per poi parzialmente ricomporsi: alle europee del 2019 c'era solo Più Europa, mentre nel 2022 c'erano Più Europa da una parte e il cartello Azione-Italia viva dall'altra. Per il resto, si tratta di liste minori che aspirano a raggiungere la soglia del 4%, ma alle quali servirà una grande campagna di raccolta di consensi per riuscirvi. Gli stessi Verdi-sinistra, Stati Uniti d'Europa e Azione non partono da risultati "blindati" dalle scorse prove elettorali politiche ed europee (come l'8% di FI e Lega, tanto per capirci), quindi c'è il rischio che la rappresentanza italiana all'Europarlamento finisca per essere composta da cinque o sei partiti. I riflettori sono comunque accesi sulle due liste maggiori - FdI e Pd - e sulla Lega (il futuro della leggi tutto