Ultimo Aggiornamento:
19 aprile 2025
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Argomenti

La politica nelle sabbie mobili internazionali

Paolo Pombeni - 16.04.2025

Benché non manchino le problematiche nel quadro della politica interna (strategie per le elezioni regionali d’autunno, avvio di progetto di nuova legge elettorale), a dominare è ancora la politica internazionale con le sue continue evoluzioni. Inevitabili i riflessi, e talora i contraccolpi sulla politica del governo e in misura limitata su quella delle opposizioni: limitata perché nessuna di esse sembra in grado di fare più di generiche prese di posizione (sensate o meno a seconda dei casi).

Il primo tema con cui deve confrontarsi Meloni è il rapporto con l’America di Trump e con l’Europa ancora abbastanza sbandata, a dispetto di qualche esibizione d’orgoglio comunitario. La sostanza del problema per quanto riguarda l’ambizione della nostra premier di essere un ponte fra Trump e la UE sta nel fatto che nessuna delle due parti sa veramente cosa vuole. Il tycoon punta ad affrontare l’enorme deficit americano arraffando entrate che gli mantengano il consenso sia dei vertici del sistema economico sia della sua base elettorale. Lo fa menando sciabolate al vento, perché privo di una seria visione di politica economica internazionale.

Per conquistare il favore dell’inquilino della Casa Bianca è necessario offrirgli spazi di guadagno alternativi a quelli che pensava potessero arrivargli con la politica leggi tutto

Stabilità politica: scarsa

Paolo Pombeni - 09.04.2025

È abbastanza scontato che per un poco la politica italiana sarà catturata, al netto dell’inevitabile shock per la questione dei dazi, dall’interpretazione che va data alle due performance populiste di sabato e domenica scorse: la imponente manifestazione di piazza organizzata da Giuseppe Conte e il congresso show della Lega di Salvini.

Non c’è dubbio che l’adunata di massa organizzata dal leader dei Cinque Stelle sia stata un grande successo mediatico. Se lo sarà anche dal punto di vista politico è tutto da vedere. Lasciamo pur perdere la famosa frase attribuita a Nenni, “piazze piene, urne vuote”, che si riferiva ai grandi successi di mobilitazione di PCI e PSI che però alle elezioni vedevano sempre vincente la DC coi suoi alleati. Il problema è se una mobilitazione di tipo puramente populista che mette insieme un coacervo di sentimenti senza una vera linea politica che li organizzi possa davvero produrre una proposta di governo capace di raccogliere il consenso del Paese.

Al di là di quanto possano essere credibili gli attacchi alla UE, visto che non si vede come i convenuti nella piazza romana siano in grado di prenderne la guida o anche solo di condizionare seriamente quella attuale, gli slogan portanti della manifestazione sono leggi tutto

Prigionieri delle turbolenze internazionali

Paolo Pombeni - 02.04.2025

La nostra politica è letteralmente intrappolata dalle turbolenze della situazione internazionale, né poteva essere diversamente data la delicatezza del momento. Ciò che preoccupa sono le modalità con cui una parte non piccola della classe politica affronta le contingenze: sembra davvero che ci sia carenza, per usare un eufemismo, di cultura adeguata a confrontarsi con un cambio di scenario che non è comprensibile né con battute più o meno brillanti, né con una ideologia da assemblee studentesche di questi ultimi decenni.

Diamo due esempi che ci paiono illuminanti. Giorgia Meloni intervenendo al congresso del partito di Calenda ha accusato la Schlein di voler fare dell’Europa una comunità hippie disinteressata a difendersi. È una battuta che peraltro non rappresenta la realtà, perché la segretaria del PD propone la prospettiva di un esercito europeo anziché l’investimento nel riarmo dei singoli stati. Ora, una critica seria a questa proposta avrebbe dovuto puntare sulla impossibilità di realizzare questo piano in tempi ravvicinati, perché bisognerebbe, a parte superare molteplici resistenze interne, riformare i trattati, cosa macchinosa e di esito incerto visto che poi andrebbe sottoposta al voto dei singoli stati e probabilmente, almeno in alcuni casi, a referendum popolare. Avrebbe avuto senso chiedere se possiamo permetterci il vuoto di leggi tutto

Il futuro dell'Europa e la tecnocrazia americana che solidarizza con Putin

Francesco Provinciali * - 15.03.2025

Alcuni anni fa un articolo di Time – “Wanted people Renaissance” (‘Cerchiamo gente del Rinascimento’) – descriveva un’America che guardava alla storia e alla cultura dell’Europa: l’avvento dirompente della tecnologia negli stili di vita e nel modo di pensare suggeriva una riscoperta delle radici profonde della civiltà ereditata dal vecchio continente che Umanesimo e Rinascimento avevano ben rappresentato esprimendo valori universali.

Quanto sia cambiata questa consonanza ideale di una parte dell’America lo si può riscontrare dalle parole e dalle azioni dell’establishment che da un paio di mesi la rappresenta. L’abbandono dell’alleanza atlantica e la sottostima degli organismi internazionali di cui gli USA hanno fatto parte come simbolo di appartenenza ai consessi delle democrazie occidentali sono accompagnati dalla marginalizzazione e dal disprezzo (‘l’Europa ci ha truffati’), sentimenti di rancore e distacco mai ascoltati dal dopoguerra ai giorni nostri. 

Il trattamento riservato all’Europa fa il paio con il disimpegno americano – un vanto personale di Trump-  nei confronti dell’Ucraina: è una faccenda che riguarda l’U.E. per questo il sostegno militare e soprattutto il servizio di intelligence sono stati ritirati con una sovraesposizione drammatica e immediata di Kyiv e del suo esercito continuamente e ininterrottamente sottoposti a bombardamenti di missili e droni diventati improvvisamente inintercettabili: ciò accade leggi tutto

Di fronte alla crisi internazionale: parole e fatti

Paolo Pombeni - 12.03.2025

Come è normale, nei momenti di crisi acuta cresce la voglia di prendere posizione: è un modo per dimostrarsi partecipi e spesso per convincersi di poter incidere su una situazione che ci turba. Eppure nei momenti cruciali sarebbe utile vaccinarsi contro le parole che generano illusioni e fughe dalla realtà. Ci permettiamo di suggerire qualche esempio preso dagli ultimi fuochi del dibattito in corso sulla fase critica della guerra in Ucraina.

Due sono le leggende metropolitane che tengono banco, non solo presso un’opinione disorientata, ma anche in quote importanti delle nostre classi politiche, dalle quali sarebbe lecito aspettarsi un po’ più di discernimento. La prima leggenda da sfatare è quella secondo cui l’Europa non avrebbe fatto quasi nulla per promuovere una soluzione diplomatica del conflitto russo-ucraino. Sinceramente non ha fondamento. Innanzitutto nella fase iniziale dell’invasione russa alcuni leader europei hanno provato ad approcciare Putin: lo hanno fatto sia Macron che Scholz e qualcuno ricorderà il famoso viaggio in treno che vide insieme Draghi con il presidente francese e il cancelliere tedesco andare verso Kiev: certo per portare solidarietà a quel paese invaso, ma al tempo stesso per esplorare la possibilità di trovare soluzioni diplomatiche. Più o meno sotto traccia ci sono stati altri leggi tutto

Le incertezze di un passaggio storico

Paolo Pombeni - 05.03.2025

Non sappiamo se si possa già parlare di una svolta storica dopo la sceneggiata tra Trump, Vance e Zelensky messa in onda dallo Studio Ovale: perché un episodio si trasformi da singolo evento, bello, brutto, o, come nel nostro caso, orripilante, in un momento storico di cambiamento è necessario attendere cosa accadrà. Non fosse altro perché le conseguenze possono essere molteplici.

Consentiteci di sottrarci ai ragionamenti di quelli che parlano di realpolitik senza sapere cosa sia e di quelli che vogliono accreditarsi come censori della storia: le faccende sono molto più complicate. Prima di tutto non è chiarissimo se Trump non abbia costruito apposta lo scontro in mondo visione per mascherare quello che può essere un suo primo fallimento: aveva promesso di chiudere il conflitto russo-ucraino in pochi giorni, mentre, questione dei tempi necessari a parte, deve riscontrare che Putin non ha nessuna intenzione di consentirgli una vittoria a meno che non contenga anche quella totale della Russia. Come si può immaginare, non solo a queste condizioni per The Donald non sarebbe un gran risultato (la gente non è del tutto cieca), ma non sarebbe neppure accettabile per l’America.

Con la sceneggiata crede di aver scaricato sul presidente ucraino la colpa del fallimento leggi tutto

L'Europa e l'Ucraina sotto scacco. Trump e il gioco delle tre tavolette

Francesco Provinciali * - 01.03.2025

Finora solo il figlio di Musk, nell’innocenza dei suoi 4 anni, ha apostrofato duramente Trump proprio nella stanza ovale della Casa Bianca: “Chiudi il becco. Non sei tu il Presidente”. Magari avrà ripetuto parole ascoltate a casa, il video è virale in rete e smorza ironicamente il clima raggelante che avvolge ben altri discorsi che circolano in questi giorni tra potenti e soccombenti della Terra. A cominciare da quello del vice Presidente J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, che ha spinto l’Europa nell’angolo dell’irrilevanza, dopo averla ben bene schiaffeggiata. Un missus dominicus assai istruito che di suo ci ha messo una tracotanza non da poco. Per continuare con Marco Rubio, Segretario di Stato che ha contattato il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov per mantenere aperti i contatti (“dialogo con rispetto”) avviati con la telefonata tra il tycoon e Putin, o in modo ancor più eloquente con l’affermazione perentoria dell'inviato speciale di Donald Trump per l'Ucraina Keith Kellogg : “L’ Europa sarà consultata ma non siederà al tavolo dei colloqui di pace sull'Ucraina” precisando di appartenere alla "scuola del realismo e che ciò non accadrà", come riporta il Guardian. “Potrebbe essere come il gesso sulla lavagna, potrebbe irritare un po', ma leggi tutto

La politica italiana tra Trump e la Germania

Paolo Pombeni - 26.02.2025

Potrebbero essere settimane calde per la politica italiana, ma non lo sono se non per quel che riguarda una quota limitata di fan-club dei partiti in campo. L’impressione a stare in mezzo alla gente normale è che tutto scivoli via come uno spettacolo le cui scene essendo ormai conosciute non suscitano particolare coinvolgimento.

Ovviamente quel che sta succedendo è importante, ma gran parte dell’opinione pubblica fa fatica a rendersene pienamente conto. Prendete la vera e propria esplosione della nuova linea politica di Trump: è così palesemente sopra le righe, paradossalmente teatrale che la gente fa fatica a ritenerla reale e capace di cambiare le cose. Si aspetta più o meno che la bolla scoppi. Naturalmente non andrà così, almeno per un periodo di tempo non breve, tuttavia la preminenza di un sentimento che da un lato si aspetta che succedano sconvolgimenti e che dall’altro li vuol tenere lontani da sé declassandoli fa sì che il coinvolgimento nelle tensioni della politica sia sostanzialmente modesto.

Ne è prova la scarsa presa che ha avuto il terzo anniversario dell’aggressione russa all’Ucraina. Avrebbe dovuto essere una occasione per riflettere seriamente sul cambiamento che abbiamo davanti e che richiederebbe una presa di coscienza sulla svolta che si presenta all’Europa: leggi tutto

Un anno dopo l'omicidio di Navalny, Trump porge la mano a Putin

Francesco Provinciali * - 22.02.2025

Il 16 febbraio 2024 Alexey Navalny moriva assassinato nella colonia penale di Kharp nella regione di Jamalo-Nenets, a Nord degli Urali e a più di 2 mila km da Mosca, oltre i confini del Circolo polare artico. Vi era stato rinchiuso il 23 dicembre 2023 in regime di isolamento che stava scontando per la ventisettesima volta in tre anni. Il suo destino era segnato, dopo un lungo calvario iniziato con l’arresto nel 2021, al suo rientro a Mosca da Berlino, fatto di processi farsa, con capi di imputazione inesistenti e inventati (condannato in un primo tempo a nove anni di reclusione nella colonia penale di Melekhovo, aveva subito un successivo grado di giudizio a porte chiuse, senza difesa legale, al termine del quale gli erano stati inflitti 19 anni per “estremismo” secondo un marchingegno giudiziario studiato a tavolino dal regime sotto la guida del FSB, erede del KGB), tentativi di avvelenamento con il gas nervino, denutrito, indebolito, ridotto alla mera sopravvivenza a termine, senza alcuna speranza di uscirne vivo.

Né la moglie Julija Naval'naja né gli amici rimastigli fedeli pur se a loro volta ridotti al nascondimento e alla morte civile, avrebbero anche solo immaginato che potesse sopravvivere ad un regime di detenzione durissimo: se infatti qualcuno

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Interpretare il cambiamento in corso

Paolo Pombeni - 19.02.2025

È particolarmente difficile districarsi in quel che sta succedendo nel panorama delle relazioni internazionali. Indubbiamente l’avvento di Trump alla Casa Bianca ha acuito il disorientamento che da tempo domina in quel campo: siamo davanti ad un giocatore di poker che ha come obiettivo quello di confondere tutte le carte per costringere gli altri a cambiare le loro ed esibire solo all’ultimo le sue. Tuttavia non è una storia che sia iniziata un mese fa (era il 20 gennaio quando il 47° presidente giurò e si insediò nel ruolo): a dichiarare finita l’era dell’ordine internazionale così come si era delineato, con alti e bassi, dopo il 1945, fu nel 2007 Putin, il quale intervenendo alla conferenza sulla sicurezza di Monaco chiarì che non accettava quella regolamentazione che con il crollo dell’URSS era finita nelle mani solo degli Stati Uniti.

Poiché tutto si inserisce in una generale transizione storica che tocca anche il quadro culturale, e di conseguenza economico e sociale, all’interno del quale si era configurato l’ordine post 1945, non meraviglia che siamo in presenza dell’intrecciarsi di piani diversi e di spinte contrastanti. Quel che avviene nel caso della guerra in Ucraina, così come in quello delle guerre in Medioriente si deve cercare di inquadrarlo a partire da queste premesse. leggi tutto