Argomenti
Una povertà imbarazzante
Di periferie si torna sempre a parlare. Ogni questione legata all’urbano si accompagna a qualche invettiva sulle periferie. Con un ritorno di argomenti e di parole che permane al variare di tutto: se ne parla sempre negli stessi modi. I primi, con qualche capacità di anticipazione, sono stati gli esponenti della cultura cattolica dei tardi anni 50, all’interno di una riflessione sul tema della povertà. L’Istituto cattolico di attività sociali (Icas), i Quaderni di azione sociale, i convegni delle Acli o i centri impegnati sul fronte delle nascenti scienze sociali (CNPDS) scoprono allora la periferia, occupandosi di arretratezza e marginalità in una società in rapida trasformazione e ne propongono una doppia declinazione che oppone l’idea della periferia come male della città, specchio della crisi urbana e della perdita della cultura dell’abitare, all’idea della periferia come luogo dell’effervescenza, della vitalità, di un paese che si modernizza. Marginalità, disagio, indebolimento delle reti sociali da un lato, vitalità, effervescenza, dinamismo e innovazione nei modi di usare lo spazio, dall’altro. La capacità di costruire il dibattito di quelle vecchie posizioni è straordinaria. Vi ha fatto i conti, per decenni, la cultura urbanistica. Ma in fondo, anche i «diavoli della periferia» di Toni Negri, condividono con quelle lontane posizioni l’ebbrezza di uno spazio periferico dilatato a comprendere il mondo. leggi tutto
L'architettura cohetillo: gli aymara boliviani e il capitalismo
Nella città boliviana di El Alto, che fa parte dell'agglomerato urbano della capitale La Paz, a partire dalla metà degli anni duemila sono spuntati edifici dalle forme bizzarre e dai colori sgargianti. Si tratta dell'architettura denominata cohetillo o neoandina. Il principale artefice di questo stile architettonico è Freddy Mamami. Ha iniziato la sua carriera come muratore; più tardi ha ottenuto il titolo di ingegnere ed ha ideato l'architettura cohetillo. Coordina oggi una squadra composta da duecento persone. Ha realizzato ben sessanta edifici cohetillos non solo in Bolivia, ma anche nel sud del Perù ed in Brasile. Altri circa venti edifici nello stesso stile sono in fase di costruzione.
La forma del cohetillo, che può raggiungere l'altezza di sette piani, è abbastanza uniforme. All'esterno l'edificio ha una struttura longilinea arricchita con forme e dipinta con colori della tradizione indigena aymara. Anche all'interno spiccano forme e colori ispirati alla cultura aymara. Generalmente, il pianterreno è riservato alle attività commerciali gestite direttamente dai proprietari dell'edificio. Il primo piano è occupato da una sala da ballo, destinata all'affitto per eventi come matrimoni e feste di vario tipo. Nei piani superiori si trovano appartamenti, anche questi destinati all'affitto. Nella parte superiore dell'edificio spicca la residenza dei proprietari o cholet. leggi tutto