Argomenti
Erosione demografica, fuga dei laureati e merito
Secondo una rilevazione dell’ISTAT nel triennio 2022/2024 circa 500 mila italiani sono emigrati all’estero in cerca di una sistemazione lavorativa o di vita che nel Bel Paese non hanno avuto modo di realizzare. Nel solo 2024 i residenti che si sono trasferiti in un altro Stato (prevalentemente Germania, Spagna e Regno Unito) sono stati 191 mila, in aumento del 20% rispetto all’anno precedente (il valore più elevato finora nel XXI secolo).
Il dato più eclatante riguarda i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni emigrati dall’Italia, pari a 352 mila nel decennio 2013/2022, un terzo del totale dei connazionali, e di essi il 37,7% (oltre 132 mila) aveva in tasca una laurea al momento della partenza.
Una vera e propria fuga di cervelli (Human capital flight) perché il brain drain prevale sistematicamente sul brain gain: l’espatrio dei laureati non è infatti compensato da un analogo ingresso di giovani con lo stesso titolo di studio (sono stati 45 mila, con una perdita complessiva nel periodo di circa 87 mila laureati, ben 12 mila nel solo 2022).
Questa vera e propria erosione demografica – che si unisce al fenomeno del calo delle nascite – meriterebbe un’analisi sociologica dei dati forniti dall’ISTAT: ciò costituisce un assist per il CENSIS che da circa 60 anni esamina la situazione sociale leggi tutto
La politica nelle sabbie mobili internazionali
Benché non manchino le problematiche nel quadro della politica interna (strategie per le elezioni regionali d’autunno, avvio di progetto di nuova legge elettorale), a dominare è ancora la politica internazionale con le sue continue evoluzioni. Inevitabili i riflessi, e talora i contraccolpi sulla politica del governo e in misura limitata su quella delle opposizioni: limitata perché nessuna di esse sembra in grado di fare più di generiche prese di posizione (sensate o meno a seconda dei casi).
Il primo tema con cui deve confrontarsi Meloni è il rapporto con l’America di Trump e con l’Europa ancora abbastanza sbandata, a dispetto di qualche esibizione d’orgoglio comunitario. La sostanza del problema per quanto riguarda l’ambizione della nostra premier di essere un ponte fra Trump e la UE sta nel fatto che nessuna delle due parti sa veramente cosa vuole. Il tycoon punta ad affrontare l’enorme deficit americano arraffando entrate che gli mantengano il consenso sia dei vertici del sistema economico sia della sua base elettorale. Lo fa menando sciabolate al vento, perché privo di una seria visione di politica economica internazionale.
Per conquistare il favore dell’inquilino della Casa Bianca è necessario offrirgli spazi di guadagno alternativi a quelli che pensava potessero arrivargli con la politica leggi tutto
Il Rapporto ISTAT sulla povertà in Italia
L’ISTAT ha recentemente pubblicato l’annuale Rapporto sulle condizioni di vita e il reddito degli italiani, avendo aderito - a partire dal 2004 - al progetto Eu-Silc (European Union Statistics on Income and Living Conditions) che costituisce una delle principali fonti di dati per i rapporti periodici dell’Unione europea sulla situazione sociale e sulla diffusione del disagio economico nei Paesi membri, i cui principali indicatori sono il reddito e l’esclusione sociale, con significativa attenzione agli aspetti di deprivazione materiale.
I dati sulle condizioni di vita nel 2024 mostrano un quadro sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente. La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2024 è pari al 23,1% (era 22,8% nel 2023), per un totale di circa 13 milioni e 525mila persone, in pratica circa 1 italiano su 4.
Si tratta degli individui che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale o a bassa intensità di lavoro. Istat, Censis e Caritas si alternano nel consegnarci la fotografia del Paese reale, evidenziando aspetti di problematicità di cui il Paese legale e in primis la politica tratteggiano chiaroscuri ispirati dall’essere al governo o all’opposizione ma non sempre sorretti da un’approfondita conoscenza della effettiva condizione sociale. Si divarica dunque la forbice tra leggi tutto
Stabilità politica: scarsa
È abbastanza scontato che per un poco la politica italiana sarà catturata, al netto dell’inevitabile shock per la questione dei dazi, dall’interpretazione che va data alle due performance populiste di sabato e domenica scorse: la imponente manifestazione di piazza organizzata da Giuseppe Conte e il congresso show della Lega di Salvini.
Non c’è dubbio che l’adunata di massa organizzata dal leader dei Cinque Stelle sia stata un grande successo mediatico. Se lo sarà anche dal punto di vista politico è tutto da vedere. Lasciamo pur perdere la famosa frase attribuita a Nenni, “piazze piene, urne vuote”, che si riferiva ai grandi successi di mobilitazione di PCI e PSI che però alle elezioni vedevano sempre vincente la DC coi suoi alleati. Il problema è se una mobilitazione di tipo puramente populista che mette insieme un coacervo di sentimenti senza una vera linea politica che li organizzi possa davvero produrre una proposta di governo capace di raccogliere il consenso del Paese.
Al di là di quanto possano essere credibili gli attacchi alla UE, visto che non si vede come i convenuti nella piazza romana siano in grado di prenderne la guida o anche solo di condizionare seriamente quella attuale, gli slogan portanti della manifestazione sono leggi tutto
Le linee guida di Valditara per il primo ciclo: ci sono le radici ma servono le ali
Sono molte le novità che il testo delle indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione - licenziato dalla commissione ministeriale - potrebbe introdurre nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado. A cominciare dal latino, come insegnamento facoltativo a partire dal secondo anno della scuola media inferiore: un ripescaggio – si legge nella bozza - che mira a “comunicare e rafforzare la consapevolezza della relazione storica che lega la lingua italiana a quella latina e a rendere evidente come il latino costituisca un’eredità condivisa e un elemento di continuità tra le diverse culture europee”. Il ministro Valditara ha caldeggiato questa scelta come un ‘ritorno al futuro’ sottolineando che studiare il latino è importante per quattro motivi: “È una palestra di logica e abitua al ragionamento; come diceva Gramsci, abitua a studiare, aiuta a capire la grammatica e la sintassi italiana e ad esprimersi meglio, infine è la testimonianza di una civiltà che ha condizionato la civiltà occidentale.”. A questa materia sarà dedicata “un’ora alla settimana, che le scuole decideranno come inserire nell’orario”, ha spiegato il ministro, “farà parte del curriculum, per cui metteremo a disposizione le risorse umane necessarie” e sarà soggetta a valutazione docimologica.
Fa decisamente notizia anche il ritorno della storia – nella leggi tutto
Prigionieri delle turbolenze internazionali
La nostra politica è letteralmente intrappolata dalle turbolenze della situazione internazionale, né poteva essere diversamente data la delicatezza del momento. Ciò che preoccupa sono le modalità con cui una parte non piccola della classe politica affronta le contingenze: sembra davvero che ci sia carenza, per usare un eufemismo, di cultura adeguata a confrontarsi con un cambio di scenario che non è comprensibile né con battute più o meno brillanti, né con una ideologia da assemblee studentesche di questi ultimi decenni.
Diamo due esempi che ci paiono illuminanti. Giorgia Meloni intervenendo al congresso del partito di Calenda ha accusato la Schlein di voler fare dell’Europa una comunità hippie disinteressata a difendersi. È una battuta che peraltro non rappresenta la realtà, perché la segretaria del PD propone la prospettiva di un esercito europeo anziché l’investimento nel riarmo dei singoli stati. Ora, una critica seria a questa proposta avrebbe dovuto puntare sulla impossibilità di realizzare questo piano in tempi ravvicinati, perché bisognerebbe, a parte superare molteplici resistenze interne, riformare i trattati, cosa macchinosa e di esito incerto visto che poi andrebbe sottoposta al voto dei singoli stati e probabilmente, almeno in alcuni casi, a referendum popolare. Avrebbe avuto senso chiedere se possiamo permetterci il vuoto di leggi tutto
Le linee guida di Valditara e la formazione dei docenti
A cinquant’anni dai decreti delegati e a venticinque dall’autonomia scolastica la Commissione incaricata di redigere linee di indirizzo didattico per il primo ciclo di istruzione presenta al Ministro Valditara la bozza delle proposte che saranno socializzate per un più ampio dibattito che coinvolga le scuole e la società civile.
Non si tratta – come con frettolosa approssimazione una certa critica, composta in prevalenza da sedicenti esperti o aspiranti tali, ha etichettato – di veri e propri Programmi prescrittivi formalizzati con un provvedimento legislativo, come finora è stato per ogni ordine e grado del nostro sistema scolastico.
Si presume infatti che il testo definitivo sarà licenziato come ‘decreto ministeriale’: inutile sottolineare come anche la veste normativa avrà la sua importanza. Non si tratta peraltro di un provvedimento autoritativo del Ministro poiché anche i sistemi scolastici anglosassoni – che sovente idolatriamo copiando lessico e contenuti didattici- muovono da tempo dal decentramento dei programmi verso un “common core” (un curricolo comune) senza essere tacciati di nazionalismo. Ciò premesso, al fine di comprendere l’indirizzo che il Ministero intende attribuire alle linee guida è utile partire da un presupposto che lo stesso Valditara considera esplicativo e dirimente per descriverne il basilare proposito: “prendere il meglio della nostra tradizione per costruire leggi tutto
Quali motivazioni pedagogiche sottendono le linee guida del Ministro Valditara
Il Ministro Valditara presenta le indicazioni nazionali per il primo ciclo del nostro ordinamento scolastico e subito si scatena la canea degli oppositori che le additano come il “manuale dello studente sovranista”.
Si tratta in genere di giudizi severi espressi sulla carta da persone che non mettono piede in una scuola da quando la frequentavano come studenti, ne conservano forse un cattivo ricordo e giudicano in modo ideologicamente preconcetto il testo licenziato dalla commissione ministeriale, includendo ad es. la scuola dell’infanzia (che ha i ‘suoi’ Orientamenti educativi) nel primo ciclo di istruzione.
In questa premessa vorrei tentare di interpretare alcune motivazioni pedagogiche che hanno sollecitato i nuovi indirizzi didattici nazionali che cercherò di considerare nel merito in una successiva riflessione.
Negli ultimi decenni c’è stata una destrutturazione delle materie e delle discipline scolastiche a favore di un generalismo ibrido: ne è prova l’accorpamento di insegnamenti classici come la storia e la geografia nella cosiddetta “geo-storia”, un miscuglio di idee sovrapposte e depauperate da solide conoscenze.
Così come l’espunzione delle poesie mandate a memoria, delle tabelline (sostituite da calcolatrici e pc), della scrittura manuale, della musica e dell’arte ridotte a corollari sperimentali. Ora i temi si fanno usando ChatGPT, lo stesso dicasi leggi tutto
Un passaggio molto stretto
Si vota in Parlamento sulla relazione della premier riguardo a quello che sarà l’atteggiamento dell’Italia al Consiglio Europeo di giovedì e venerdì. Un passaggio molto stretto, che l’opinione pubblica percepisce per lo più nelle semplificazioni di movimenti, intellettuali, populisti e demagoghi, cioè nel modo meno utile per cercare di capire cosa sta accadendo.
Prima di addentrarci dunque in una analisi delle molte posizioni dei partiti politici italiani, proviamo a fissare qualche coordinata che aiuti ad orientarsi. Il primo punto da tenere a mente è che la posizione del governo viene delimitata dal suo ruolo e dal suo posizionamento nello scacchiere internazionale. L’Italia non è una grande potenza, ma non è neppure un piccolo paese marginale, dunque deve stare nelle dinamiche attuali con queste consapevolezze. In pratica significa che da un lato non può permettersi una rotta di collisione con la nuova amministrazione americana (anche a prescindere dal fatto che alla nostra premier stia simpatica), perché siamo storicamente connessi con quel sistema. Certamente la attuale evoluzione alla Casa Bianca può e deve preoccupare, ma non è abbastanza per rompere (del resto nessuno in Europa vuole veramente farlo). Poi è difficile capire cosa davvero abbia in mente Trump e dunque senza entrare in collisione con lui rimane leggi tutto
Il futuro dell'Europa e la tecnocrazia americana che solidarizza con Putin
Alcuni anni fa un articolo di Time – “Wanted people Renaissance” (‘Cerchiamo gente del Rinascimento’) – descriveva un’America che guardava alla storia e alla cultura dell’Europa: l’avvento dirompente della tecnologia negli stili di vita e nel modo di pensare suggeriva una riscoperta delle radici profonde della civiltà ereditata dal vecchio continente che Umanesimo e Rinascimento avevano ben rappresentato esprimendo valori universali.
Quanto sia cambiata questa consonanza ideale di una parte dell’America lo si può riscontrare dalle parole e dalle azioni dell’establishment che da un paio di mesi la rappresenta. L’abbandono dell’alleanza atlantica e la sottostima degli organismi internazionali di cui gli USA hanno fatto parte come simbolo di appartenenza ai consessi delle democrazie occidentali sono accompagnati dalla marginalizzazione e dal disprezzo (‘l’Europa ci ha truffati’), sentimenti di rancore e distacco mai ascoltati dal dopoguerra ai giorni nostri.
Il trattamento riservato all’Europa fa il paio con il disimpegno americano – un vanto personale di Trump- nei confronti dell’Ucraina: è una faccenda che riguarda l’U.E. per questo il sostegno militare e soprattutto il servizio di intelligence sono stati ritirati con una sovraesposizione drammatica e immediata di Kyiv e del suo esercito continuamente e ininterrottamente sottoposti a bombardamenti di missili e droni diventati improvvisamente inintercettabili: ciò accade leggi tutto