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27 marzo 2024
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Grecia: vincitori e vinti

Gianpaolo Rossini - 26.02.2015
Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Alexīs Tsipras

Chi ha vinto nel braccio di ferro tra Europa e Grecia? Forse l’Europa intesa come comunità sovranazionale dalla quale non ci si stacca, non tanto per affetto profondo, ma perché sembra non avere alternative nel mondo di oggi che vive le tensioni dei debiti sovrani, della difficile ripresa e i fuochi geopolitici nell’Est Europa e nel medio Oriente.  La paura non è sempre buona consigliera e gli accordi che influenza possono rivelarsi fragili. E allora l’Europa vince perché temiamo la Non Europa. A ben guardare i termini dell’accordo tra le autorità europee e la Grecia ci si accorge però che gran parte dei problemi posti sul tappeto dall’affermazione elettorale di Tsipras sono stati appena toccati e avranno bisogno di nuovi e faticosi negoziati. Il problema di fondo, ovvero la insostenibilità del debito pubblico greco nelle attuali condizioni di spread sui tassi, rimane tutto intero. Nonostante l’ottimismo dei mercati seguito all’accordo i tassi a dieci anni in Grecia sono ancora vicini al 9%.  Nessun paese può pensare di risolvere i propri problemi finanziari con questi tassi che durano ormai da 5 anni. La situazione finanziaria della Grecia non era sostenibile prima. Non lo è neppure dopo l’accordo. La Grecia ha lanciato un grido di dolore. Ha chiesto un cambio di passo ma questo non c’è e forse non ci sarà mai. L’area euro continua a inanellare errori su errori. Troppi dal 2010 e troppi se ne continuano a fare. Il primo nel 2010 è stato quello di salvare la Grecia coinvolgendo i bilanci pubblici dei paesi già in difficoltà proprio su questo fronte. Operazione compiuta per permettere a banche del Nord Europa, esposte in Grecia molto più di quelle italiane, di scappare e uscire indenni dalla crisi. I nostri conti pubblici ne hanno sofferto. Abbiamo dovuto inasprire le imposte in un momento di forte contrazione economica. E così le modalità del salvataggio della Grecia nel 2010 generano contagio al resto del Sud Europa. Le condizioni per l’aggiustamento dettate ai nostri cugini dalla odiata troika prevedono un rientro della spesa pubblica troppo rapido e pesante, possibile forse in lande che sono state a lungo sotto il pesante giogo sovietico, ma non in un paese democratico.  Si aggiunge poi una politica monetaria scellerata che fa salire l’euro a 1.6 contro il dollaro. Ovviamente la Grecia non riesce a rientrare secondo protocollo della troika. Scoppia una seconda crisi appena un anno dopo. La maldestra coppia Sarkozy-Merkel non trova di meglio che cominciare a fare pagare ai privati (banche) una sforbiciata del debito greco divenuto di nuovo insostenibile. Si indebolisce l’intero sistema bancario soprattutto del Sud Europa, mentre quello tedesco soffre molto meno perché si è defilato l’anno prima grazie al salvataggio con i denari dei contribuenti di tutta eurolandia, Italia in primis. La trovata della strana coppia Merkel-Sarkozy, utilizzata in seguito anche per Cipro, aggiunge benzina al fuoco della crisi e finisce per imporre alla BCE di intervenire nel settembre 2012 rifinanziando le banche, spingendole ad acquistare titoli di stato e a sporcarsi le mani, perché la BCE non lo può fare direttamente a causa della sua condizione statutaria. Dovremmo infatti attendere quasi 3 anni perché la BCE cominci a intervenire direttamente a rifinanziare l’economia con l’acquisto di titoli sovrani, previsto all’inizio del mese prossimo, buttando, speriamo, a mare uno statuto troppo ingombrante. Con l’accordo raggiunto questa settimana, la Grecia si è impegnata per far felice la Commissione su diversi fronti, dall’evasione fiscale, alle privatizzazioni, all’accantonamento del programma di innalzamento del salario minimo. Il programma elettorale di Tsipras era chiaramente un annuncio di suicidio sotto il profilo economico finanziario o più semplicemente l’anticamera dell’uscita dall’euro.  Era un programma nato nel vicolo cieco in cui la Grecia è finita, certo a causa di errori dei suoi governanti, ma soprattutto perché nell’aera euro non si fanno politiche economiche di alcun tipo, né monetarie né fiscali. Siamo completamente ingessati su entrambi i fronti per nostra scelta ideologica. Con l’aggravante che i paesi che potrebbero permettersele, come la Germania,  perseguono come Arpagone un insensato rigore fiscale, che si traduce in enormi surplus nei conti con l’estero che squilibrano da 8 anni non solo l’Europa ma il globo intero. Sono finiti ahimè i tempi in cui un solido Fondo Monetario Internazionale (FMI) imponeva a chi era in surplus con l’estero di allargare la spesa pubblica. Oggi il FMI è finito a fare parte di una combriccola (troika) che è un vero mostro istituzionale.  Il FMI è stato infatti chiamato a intervenire all’interno di una unione monetaria dove le relazioni economiche tra stati, privi di sovranità monetaria, sono regolate da BCE, Commissione ed Ecofin. Ma il Fmi si occupa di relazioni monetarie tra stati che hanno sovranità monetaria. Negli Usa il governo federale non ha mai coinvolto il Fmi per questioni finanziarie con la California o con il Vermont. In Europa noi l’abbiamo fatto. La BCE non voleva perdere la sua verginità. E nessuna politica macroeconomica coordinata era possibile vista la rigidità del trattato di Maastricht. Per fortuna che Tsipras ha cancellato (speriamo) questa bizzarra innovazione europea.