Ultimo Aggiornamento:
23 settembre 2023
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Argomenti

Tra le cause dei conflitti in Africa i nostri cellulari

Donata Frigerio * - 26.03.2016

In Africa si contano numerosi conflitti di carattere economico, per lo sfruttamento delle risorse naturali, legnami, terre coltivabili, materie prime come il petrolio e i minerali preziosi. In Sierra Leone è scoppiata nel 1991 una violentissima guerra, terminata nel 1999, per la gestione delle miniere di diamanti. E’ stato coniato allora il termine “diamanti insanguinati” per definire i diamanti provenienti da aree di conflitto. A seguito della guerra nel 2000 il World Diamond Council promulgò il Kimberly Process, approvato dall’ONU, per la certificazione di provenienza dei diamanti.

Ora assistiamo ad una guerra altrettanto devastante per l’accaparramento a buon prezzo di minerali indispensabili alla tecnologia informatica (ma non solo). Nelle regioni dell’Est della Repubblica Democratica del Congo da più di vent’anni si combatte una guerra che ha già provocato almeno 8 milioni di morti (l’Alto Commissariato per i Diritti umani ONU ha pubblicato nel 2010 un Rapporto Mapping sui crimini più gravi commessi tra il 1993 ed il 2003) in grandissima parte civili, donne e bambini compresi.
In quelle regioni lo stupro è arma di guerra, con tutte le conseguenze sanitarie, civili, sociali, che ne conseguono.

Tutto ha avuto inizio con il genocidio del 1994 in Rwanda e con un picco di richieste di tali minerali per la produzione delle prime play station. leggi tutto

L’Europa davanti al terrorismo islamista

Paolo Pombeni - 24.03.2016

Non è semplicemente una questione di terrorismo quanto sta succedendo, perché il terrorismo islamista ha caratteristiche peculiari. In Europa ci sono stati nei decenni passati altri tipi di terrorismo, basti citare quello basco e quello nordirlandese, per non risalire a quello verificatosi negli anni Sessanta nel Sudtirolo/Alto Adige. Si trattava però di un’altra cosa: erano vicende storiche, molto meno cruente, con un obiettivo chiaro e facilmente identificabile per quanto discutibile come giustificazione di azioni violente da guerriglia. Avevano come bersaglio uno specifico “nemico”, cioè un potere politico che veniva considerato, lasciamo stare al momento se a torto o a ragione, il responsabile di uno stato di cose che avrebbe potuto essere cambiato solo che si fosse “vinto”. Nei casi citati si trattava di rivendicazione di movimenti indipendentisti.

Certo più complesso da inquadrare il terrorismo fra anni Settanta ed anni Ottanta del secolo scorso degli estremismi di destra e di sinistra. In quel caso l’obiettivo era assai vago, il cambio di regime, lo si chiamasse o meno rivoluzione. Una meta utopica, ma almeno in astratto raggiungibile e già raggiunta in alcune circostanze in un passato non molto lontano.

L’obiettivo del terrorismo islamista è invece così globale e catastrofista da essere del tutto sfuggente. A che cosa mirano i programmatori e gli esecutori delle stragi di cui siamo testimoni? leggi tutto

Il welfare è la miglior risposta al terrorismo: il caso olandese.

Dario Fazzi * - 24.03.2016

Ad oggi, i cittadini belgi di religione islamica sono all’incirca settecento mila persone. In termini relativi si tratta grossomodo della stessa percentuale di musulmani che vivono nei Paesi Bassi, attorno al 6% dell’intera popolazione. A Bruxelles circa il 26% dei residenti si professa di fede musulmana, una proporzione non del tutto dissimile a quella presente in città quali Rotterdam (25%) e Amsterdam (24%). In entrambi i paesi, le principali componenti etniche all’interno della comunità islamica sono quelle turche e marocchine e, tanto in Belgio quanto in Olanda, tali comunità si concentrano maggiormente nei contesti urbani. Demograficamente, dunque, si tratta di due situazioni abbastanza omogenee e relativamente comparabili tra loro.

 

Sebbene i Paesi Bassi non siano stati attraversati, almeno finora, da attentati della portata di quelli occorsi di recente a Parigi e Bruxelles, il processo di radicalizzazione di alcune componenti della comunità islamica olandese è un fenomeno diffuso nel paese, ben noto alle autorità locali e legato a doppio filo a forti interessi criminali. Secondo le forze di polizia olandesi, infatti, nel paese opererebbero circa trecento gruppi criminali a connotazione islamica che sarebbero non soltanto molto ben armati e violenti ma anche molto ben strutturati e in grado di gestire leggi tutto

Missione compiuta. Ma quale missione?

Mosca, Damasco, Aleppo.

 

L’annuncio del ritiro del grosso del contingente militare russo dalla Siria ha preso di sorpresa la maggior parte delle diplomazie e dei commentatori internazionali. Nella stessa Russia la decisione è giunta inaspettata e ha lasciato spazio a sollievo come a perplessità. In Siria le reazioni pubbliche variano dal sollievo, alla preoccupazione allo scetticismo.

Il dispiegamento iniziale come questo ritiro parziale mostrano bene come l’obiettivo reale dell’intervento militare di Putin in Siria fosse quello di riportare il governo di Damasco e l’esercito siriano su posizioni di forza, e dunque respingere le offensive delle forze di opposizione che minacciavano al Assad fino a Settembre 2015. Secondo Mosca, il ri-equilibrio delle forze in campo e la messa in sicurezza del proprio alleato devono portare comunque ad una soluzione negoziata e di compromesso tra le parti: l’importante, però, è negoziare da una posizione di forza relativa, se non assoluta.

Mosca non cercava una vittoria totale di Damasco sulle opposizioni, che sarebbe sancita dalla riconquista dell’intera città di Aleppo. Del resto, i militari russi ne hanno constatato la difficoltà: i loro attacchi siano stati sì efficaci per la riconquista di villaggi, territori e rotte strategiche; si pensi all’entroterra vicino a Lattakia, al nord di Aleppo che collega i ribelli direttamente con la Turchia. leggi tutto

Da Pio XII a Francesco. Lo sguardo di Hans Küng sui sette Papi della sua vita

Claudio Ferlan - 05.03.2016

Uscito nella versione tedesca per l’editore Piper il 10 agosto 2015, il nuovo libro di Hans Küng è stato recentemente (febbraio 2016) pubblicato in traduzione italiana con il titolo “Di fronte al Papa. La mia vita nella Chiesa da Pio XII a Francesco”. Come spesso accade, esigenze editoriali hanno suggerito una modifica del titolo originale “Sette Papi. Come io li ho vissuti”, più fedele al contenuto, dal momento che il noto teologo svizzero non è stato propriamente sempre “di fronte” ai Papi. Basti pensare a Giovanni Paolo II, che gli revocò la missio canonica (ovvero l’investitura della Chiesa cattolica a poter insegnare nel suo nome) e che rifiutò sempre di incontrarlo.

Il libro riprende e integra la corposa autobiografia di Küng, composta di tre volumi nell’edizione tedesca (“Libertà conquistata”; “Verità contestata”; “Umanità vissuta”) e di un unico tomo – approvato dall’autore – in quella italiana, ancora Rizzoli, intitolato “Una battaglia lunga una vita. Idee, passioni, speranze. Il mio racconto del secolo”. Così come nelle memorie, anche nel raccontare i rapporti personali e nell’esprimere le proprie considerazioni sui Papi della sua vita, Küng dimostra la raffinata capacità di parlare di sé e degli altri mantenendo una costante attenzione al contesto storico, solidamente radicata su di una conoscenza continuamente in divenire grazie allo studio, all’esperienza individuale e a una non ordinaria capacità di lettura dell’attualità. leggi tutto

Nessuna guerra è giusta, tranne…Star Wars, o le difficili parole delle nuove guerre (2)

Novello Monelli * - 05.03.2016

Guerre Stellari, o l’ultima incarnazione dello spirito di crociata

 

Per quasi quarant’anni, la saga di Star Wars è stata una riserva pressoché intoccabile per la messa in scena della lotta tra bene e male, e per tutti i riutilizzi possibili in chiave di sfruttamento a fini politici. E questo non perché la materia a cui fece ricorso Lucas ai tempi della trilogia originale fosse meno che complessa. A differenza di ciò che viene comunemente creduto, regista e produzione non avevano alcun interesse a generare una metafora fantascientifica della guerra fredda. Le fonti di ispirazione dell’universo fantastico degli Jedi erano molteplici, dai Templari alla guerra di indipendenza americana fino alla storia della repubblica romana del I secolo a.C. Per non parlare del fatto che le prospettive degli autori erano molto complesse dal punto di vista ideologico, come è stato ricostruito da una prolifica bibliografia, l’ultimo capitolo della quale è stato scritto probabilmente nel 2013, quando Nancy Reagin e Janice Liedl hanno messo insieme una pattuglia di storici appassionati del tema nel volume Star Wars and History. L’Impero intergalattico ha molto più che a fare con la Germania nazionalsocialista che con l’Unione Sovietica, sia come inquietante modello per il suicidio consapevole di una democrazia in crisi pronta a scivolare verso l’autoritarismo, sia per l’estetica della narrazione. leggi tutto

Lo scoglio libico

Paolo Pombeni - 03.03.2016

E’ bene non sottovalutare l’impatto che a questione libica potrebbe avere sulla navigazione del governo Renzi. Rischia di diventare uno scoglio piuttosto difficile da evitare, comunque la si inquadri.

Innanzitutto sta già facendo riemergere un pacifismo puramente ideologico che da qualche anno era entrato in sonno. Naturalmente torna il solito argomento fasullo della presunta violazione dell’articolo 11 della Costituzione che, secondo queste valutazione vieterebbe qualsiasi guerra che non fosse puramente difensiva contro un aggressione esterna. Non è così, perché il “ripudio della guerra” la riguarda “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e non è facile immaginare che opporsi all’avanzata dell’Isis offenda la libertà di qualche popolo, né che un tentativo di pacificare la Libia possa essere inquadrato come risoluzione di una controversia internazionale.

Il fatto è che la nostra Carta parlava di “guerra” nei termini in cui la si poteva concepire nel 1946-48 ed è curioso che quelli che ritengono che la definizione che essa dà della “famiglia” vada storicizzata a quel momento non ritengano necessario fare altrettanto per la nozione relativa alla guerra.

Ovviamente altra cosa è discutere se un intervento militare nel caos libico sia in grado di raggiungere i risultati di pacificazione del territorio a cui mira. leggi tutto

Epidemie e intervento umanitario: una lettura geografica del caso “Ebola” in Sierra Leone e nelle regioni di confine.

Filippo Pistocchi * - 03.03.2016

Abbiamo più o meno tutti seguito il diffondersi progressivo del problema della diffusione di ebola, una malattia insidiosa poiché di facile contagio e di difficile cura, che ha messo a dura prova non soltanto alcune regioni dell’Africa occidentale (Guinea, Sierra Leone, Liberia), ma l’intera umanità: l’impotenza disarmante di assistere ad una sciagura senza poterla fermare prontamente provoca stupore, sgomento, senso di fallimento.

In un’Africa in forte e veloce crescita economica, dove si stanno compiendo importanti passi avanti nel processo di sviluppo, rimane ancora marcato lo iato fra ricchezza (poca e mal distribuita) e povertà (molta e molto diffusa). Per tali ragioni, la sfida posta dalla risoluzione di un problema sanitario apre scenari complessi, poiché essa va inserita in un più ampio terreno di studio, che coinvolge inevitabilmente anche l’ambito economico, politico e sociale.

Non è per mera ironia della sorte il fatto che ebola si sia diffusa nelle stesse zone colpite dal dramma della guerra dei diamanti insanguinati e dei bambini soldato: sono vasti spazi di frontiera, zone di passaggio da uno Stato all’altro, povere di evidenti barriere istituzionali. Le regioni di confine, in Africa, sono spazi aperti, poiché i confini sono porosi e permeabili: al di qua e al di là di essi vivono gruppi etnici spesso imparentati, leggi tutto

Polpette di pesce avvelenate: nuove tensioni a Hong Kong

Aurelio Insisa * - 01.03.2016

A dispetto di un inverno più freddo e lungo del solito, il clima politica dell’ex colonia britannica negli ultimi mesi si è progressivamente surriscaldato, andando a toccare nuove bollenti vette lunedì 8 febbraio, quando, in concomitanza con le celebrazioni per il capodanno cinese, una violenta rivolta contro la polizia si è sollevata nel quartiere popolare di Mong Kok, nella penisola di Kowloon. All’origine delle rivolta, vi è stata la controversa decisione della polizia di sgomberare dal quartiere i numerosi venditori ambulanti di jiu daan (polpette di pesce) e altri cibi da strada che affollavano Mong Kok durante il capodanno. La decisione presa dalle forze dell’ordine si poneva in contrasto con il tradizionale periodo di amnistia concesso dalle istituzioni locali per l’igiene pubblica ai venditori ambulanti durante le festività. Una rapida mobilitazione attraverso i social media della galassia di movimenti studenteschi e giovanili che hanno animato la cosiddetta “Umbrella Revolution” che sconvolse Hong Kong a fine 2014 ha quindi portato una folla di giovani nel quartiere, pronti a protestare contro la polizia. La protesta tuttavia è rapidamente degenerata in una notte di guerriglia urbana, con lancio di mattoni verso gli agenti e l’incendio dei cassonetti della spazzatura, e si è conclusa in tarda nottata con un bilancio di cinquanta feriti e cento arresti. leggi tutto

La (ri)comparsa di Yehoshua? Ha il fascino discreto di un romanzo imperfetto

Omar Bellicini * - 18.02.2016

«Durante l’ultima prova mi è sembrato che le corde della tua arpa abbiano prodotto un suono nuovo, più audace, quasi un ululato. Ma forse è stato un altro artista». È il ritratto di Noga, protagonista chiaroscurale e discreta di questo undicesimo romanzo di Abraham Yehoshua, edito da Einaudi: “La Comparsa”. Sono passati 38 anni da “L’amante”, opera prima dell’autore israeliano: testo che si impose all’attenzione della critica internazionale. “È nato uno scrittore”, si disse. Uno scrittore era effettivamente nato, e di prima grandezza. Ma di quel talento, di quell’urgenza narrativa, non restano che gli echi: i fantasmi di un artista sopraffatto dalla malinconia. Come la sua ultima eroina, del resto: anch’essa artista, anch’essa umbratile e incompiuta. Questa la trama: Noga, musicista israeliana approdata nella cosmopolita e libertaria Olanda, fa ritorno a Gerusalemme, per occupare la casa di una madre rimasta vedova. Qui scoprirà il cambiamento progressivo, e all’apparenza inesorabile, del Paese: l’avanzata silenziosa degli «uomini in nero», gli ultraortodossi; la distanza della realtà rispetto ai luoghi della memoria. Presenti, e talvolta prepotenti, tutti i temi del repertorio di Yehoshua: il rapporto fra genitori e figli, le relazioni irrisolte, la nostalgia verso una patria forse mai davvero esistita, il percorso sociale e politico dello Stato di Israele. leggi tutto