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22 anni dopo Dayton: Bosnia Erzegovina, il Paese che non c'è
La guerra è finita, andiamo in pace? A guardare la Bosnia Erzegovina di oggi la risposta è tutt'altro che positiva, nonostante le due decadi trascorse da quel 21 novembre 1995, quando gli Accordi di Dayton posero fine a uno dei conflitti più sanguinosi dalla Seconda guerra mondiale, dando il via a uno tra i fallimenti più clamorosi della politica internazionale del Novecento.
Quel giorno, sotto la supervisione delle potenze mondiali, Slobodan Milošević, Franjo Tuđman e Alija Izetbegović – presidenti dei tre gruppi nazionali coinvolti nel conflitto, serbo, croato e bosgnacco - misero la parola fine a cinque anni di violenza e sangue, aprendo la strada a una pace fallace e problematica.
Oggi la Bosnia Erzegovina paga ancora a caro prezzo le decisioni di Dayton, a cominciare dalla suddivisione del Paese sulla base dell'appartenenza nazionale, che di fatto accettò, ratificandoli, i risultati della pulizia etnica realizzata tra il '91 e il '95. Da un punto di vista politico, i veri vincitori di Dayton furono quei partiti nazionalistici causa della guerra, usciti dal conflitto rafforzati e trasformatisi rapidamente in classe dirigente senza colpo perire. Un gruppo dirigente senza troppi scrupoli, che ha saputo sfruttare a suo favore l'ingestibilità amministrativa della struttura tentacolare costruita dagli Accordi, che all'interno di leggi tutto
Conquista storica per le donne tunisine: la libertà di sposare un non musulmano.
Una grande conquista quella ottenuta dalle donne tunisine il 14 settembre scorso. Il Ministero della giustizia ha finalmente decretato la caduta della circolare 216 del 1973 che impediva a una donna tunisina musulmana di sposarsi con un non musulmano. La Presidente dell'associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD) ha affermato che si tratta di una vittoria vera e propria per le donne. Un provvedimento che si realizza dopo il discorso pronunciato dal presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi il 13 agosto scorso, in occasione della Festa della Donna in cui annunciava di voler raggiungere l'uguaglianza dei sessi dettata dalla Costituzione promulgata nel 2014, tramite una commissione di studio, assicurando l'uguaglianza uomo-donna nel diritto ereditario e, il matrimonio tra una tunisina e uno straniero non musulmano. A favore del discorso del presidente si era schierato anche l'Ufficio del Mufti della Repubblica.
Com'è noto la Tunisia, già all'indomani dell'indipendenza nazionale ottenuta nel 1956 aveva promulgato un codice di statuto personale all'avanguardia. Tra le innovazioni più importanti introdotte ricordiamo l’abolizione della poligamia. Nel giustificare l’abolizione della poligamia l'allora Presidente della Repubblica Habib Bourguiba leggi tutto
Da rivoluzionario a senza patria: Saakashvili e le battaglie perse per la democrazia
Nelle ultime settimane è tornato a circolare tra i media internazionali il nome di Mikhail Saakashvili – già presidente georgiano dopo esser stato alla guida della cosiddetta rivoluzione delle rose, e già governatore della regione di Odessa, in Ucraina, dopo la rivolta di piazza Maidan a Kiev. L’ineffabile politico cosmopolita è riuscito nell’impresa di perdere la cittadinanza ucraina che gli era costata in precedenza quella georgiana, e rimanere così apolide, ormai più personaggio in cerca di autore che rivoluzionario in cerca di una causa.
Saakashvili si è fatto immediatamente sentire, accusando il governo di Kiev di cospirazione politica dopo aver fatto lo stesso con quello di Tblisi qualche anno fa: a suo parere Poroshenko avrebbe tradito gli ideali libertari di Maidan e si sarebbe sentito minacciato dal carisma e dalla popolarità dello stesso Saakashvili.
La vicenda ha i contorni dell’opera buffa ma invita aduna riflessione più seria su alcuni dei regimi politici post-Sovietici che circondano la Russia e che a tornate periodiche si affacciano sui nostri giornali. Proprio Saakashvili è stato il primo interprete di quelle rivoluzioni colorate che, nella mente di commentatori e analisti, sarebbero dovute essere il compimento di quelle iniziate, e mai finite, nel 1989.
In effetti, se in Europa Orientale, pur tra leggi tutto
Alla ricerca di un “vincitore”
Alle prossime elezioni regionali siciliane e alle "politiche" del 2018 assisteremo alla consueta disputa sull'interpretazione del voto. Ne avremo tre: quella degli esperti, tendenzialmente avalutativa e basata su molteplici criteri; quella della stampa, mirante a semplificare e a proclamare vincitori e sconfitti; quella dei partiti, che cercheranno a far propria l'interpretazione - fra tutte quelle proposte - per loro più lusinghiera, dunque vantaggiosa. Il problema della valutazione dei dati fa parte ormai del gioco politico: si può dire che è la fase supplementare della campagna elettorale, perchè - a livello di comunicazione - non basta (si può dire: talvolta non è neppure necessario) vincere ma bisogna trasmettere - inverare mediaticamente - l'immagine della propria affermazione. Ecco perchè occorre tenere distinta, nella lettura dei risultati da parte dell'opinione pubblica e della stampa, l'analisi scientifica operata dagli esperti da quella politica, veicolata dai partiti. Poichè talvolta i dati possono essere confrontati e analizzati prendendo come riferimento precedenti diversi (in ordine di tempo o di tipo della competizione) o campi particolari (territorio, condizione socio-culturale, PIL, classi di età) o privilegiando alcuni risultati (il numero dei seggi o dei voti in percentuale, per esempio) rispetto ad altri (i voti assoluti, l'incremento o il decremento in voti anzichè in percentuale) può capitare che si ingeneri leggi tutto
Il disarmo nucleare globale è a portata di mano, ma dipende tutto dall’Olanda
Lo scorso sette luglio i paesi membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno firmato un trattato che li impegna ad astenersi dallo sviluppo, dalla sperimentazione, dalla produzione, dall’acquisto, dal possesso e dall’accumulo di armi nucleari. Si tratta del primo vero e proprio accordo legalmente vincolante volto a mettere al bando in maniera permanente le armi nucleari, inclusi gli arsenali atomici già presenti sulla scena internazionale. L’ambizioso trattato è il risultato più rilevante di oltre un decennio di campagne promosse da vari gruppi transazionali e non governativi quali il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa,l’ICAN, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, PAX, un’organizzazione a carattere ecumenico erede di quel Comitato Interconfessionale per la Pace che fu tra i gruppi più attivi nelle proteste contro gli Euromissili dei primi anni Ottanta, ma anche da leader religiosi, politici, scienziati e accademici provenienti da ogni parte del mondo.
L’ambizione e la portata del trattato lo rendono un esempio pressoché unico nella lunga storia dei negoziati nucleari. Uno dei principali obiettivi dell’accordo, infatti, è quello di superare leggi tutto
L’accordo libico
L’accordo raggiunto a La Celle Saint Claud tra Fayez alSarraj, premier del Governo di Unità Nazionale con sede a Tripoli, e Khalifa al Haftar, comandante dell’Esercito Nazionale Libico con base a Tobruk, rappresenta sicuramente un passo avanti verso la stabilizzazione libica. Senonchè, il percorso di pace deve ancora attraversare un lungo percorso minato da numerose incognite e questioni irrisolte, che rischiano di comprometterne l’esito.Insomma, Parigi canta vittoria ma la crisi libica è tutt’altro che risolta.
Di certo, la Francia ha sfruttato la sua spregiudicatezza politica, che la ha vista sostenere ufficialmente al Sarraj, ma nella pratica appoggiare al Haftar. Ha sfruttato inoltre la nomina a rappresentante ONU per la crisi libica di Ghassan Salamè, un politico libanese legato a filo doppio e stretto a Parigi; infine, Macron ha approfittato dei recenti mutamenti della situazione politica internazionale e di quella militare libica.
Infatti, l’accordo è maturato proprio quando cominciavano a circolare voci di una possibile apertura americana ad Haftar; in altri termini, è verosimile che Parigi abbia avuto luce verde da Washington, spazientita dal protratto insuccesso di al Sarraj e desiderosa di chiudere il dossier libico. Secondariamente, l’accordo è maturato immediatamente dopo una serie di vittorie militari di Haftar, che ha strappato Bengasi agli islamisti, leggi tutto
Violenza sulle donne: la Tunisia approva la legge. Niente più “matrimoni di riparazione”
Mentre notizie dal Pakistan parlano ancora di legge del taglione - in Punjub per punire un violentatore è stato ordinato lo stupro di sua sorella 17enne da parte del fratello della vittima - la Tunisia sembra giunta finalmente a un punto di svolta: il 26 luglio il Parlamento ha approvato all’unanimità la legge organica contro la violenza sulle donne. Dalla promulgazione del codice sullo statuto personale voluto da Bourguiba nel 1956 è la prima grande svolta per le cittadine tunisine che da lungo tempo scendono in piazza per questa causa.
Il voto
Un iter parlamentare reso impervio da rinvii e ostacoli, tanti da metterne in dubbio l’esito. Nessuna conclusione era scontata: Salem Labiadh del Movimento Popolare aveva accostato le modifiche della legge ad un miscuglio tra femminismo e l'omosessualità. Altri, della fronda più conservatrice, ritenevano che il testo fosse incompatibile con i valori arabi musulmani.
Quarantatre articoli divisi in 5 capitoli forniranno d’ora in poi le misure adeguate per sanzionare ogni forma di violenza o sopruso di genere. L’obiettivo della battaglia parlamentare e sociale è quello di garantire alla donna il rispetto della dignità e assicurarle l'uguaglianza, già prevista dalla Costituzione.
La legge punta inoltre leggi tutto
«Dove non passano le merci, passeranno gli eserciti». Alcune considerazioni sul Comprehensive Trade and Economic Agreement (CETA)
Il 25 luglio il Senato italiano sarà chiamato ad approvare il trattato commerciale tra Unione Europea e Canada il cui obiettivo è la liberalizzazione dei commerci grazie all’abbattimento quasi completo dei dazi doganali, in tutti e tre i settori produttivi (agricolo, manifatturiero e terziario).
Attualmente, l’Italia, potenza manifatturiera prima che agricola, è l’ottavo fornitore mondiale del Canada con un volume di interscambio bilaterale di oltre 5 miliardi di euro nel 2015, grazie all’esportazione di beni capitali e prodotti industriali: macchinari, automobili, navi, aerei, piastrelle, calzature, farmaci, mobili, rubinetti, valvole, pompe e compressori.
Sono evidenti, quindi, le ottime possibilità di espansione dell’export e, conseguentemente, dell’occupazione, che verranno dall’abbattimento delle barriere tariffarie; basti pensare che attualmente i dazi canadesi in alcuni settori trainanti sono particolarmente elevati: 20% per l’abbigliamento, 13%, per i prodotti in pelle, 9,5% per i macchinari industriali e i mobili. Di fronte a una politica monetaria europea, che non sembra voler ricorrere alla svalutazione dell’euro per favorire le esportazioni, la riduzione delle tariffe rappresenta un modo per agevolare la competitività dei prodotti italiani e un importante strumento per rafforzare la penetrazione della manifattura italiana nel mercato canadese.
Anche nel terziario, l’Italia occupa una posizione di rilievo nell’esportazione di servizi (assicurazioni, telecomunicazioni, ingegneristica), per un interscambio dal valore leggi tutto
Libero scambio Europa – Giappone: un patto con tante luci e qualche ombra
E’ in dirittura d’arrivo il patto di libero scambio tra Unione Europea e Giappone. Presentato al G20 di Amburgo dal presidente della Commissione Ue e dal premier del Giappone Abe. Dovrà in seguito essere approvato da Consiglio, Parlamento europeo nonché ratificato dai parlamenti nazionali che intendono esprimersi secondo quanto stabilito in maggio dalla corte di giustizia della Ue. Con questo accordo Giappone ed Europa si avvicinano mettendo ordine in un commercio non sempre facile ma in espansione e che vede il Giappone in perenne surplus. L’accordo non è una reazione alla cancellazione dei negoziati per l’area di libero scambio nel Pacifico da parte di Trump. I negoziati iniziarono infatti nel 2013 ed è prevista anche una possibile alleanza strategica (Strategic Partnership Agreement) su questioni come l’ambiente, la sicurezza e la collaborazione in caso di disastri. L’accordo commerciale tra Ue e Giappone prevede un abbattimento progressivo dei dazi doganali, un’apertura, anche questa graduata su diversi anni, a molti beni che oggi semplicemente non entrano in Giappone, un riconoscimento simultaneo di gran parte delle denominazioni d’origine per prodotti del settore agroalimentare - di grande interesse per l’Italia - l’apertura reciproca degli appalti pubblici alle imprese delle due aree e forme di convergenza tecnica normativa in numerosi settori. leggi tutto
Chi ha paura del protezionismo?
Le politiche commerciali riguardano norme, imposte (dazi) e agevolazioni su esportazioni ed importazioni di beni e servizi di un paese. Il Trattato di Roma cancella le politiche commerciali nazionali e attribuisce la materia alla Commissione UE. Nel 1957 l’Italia ha un interscambio - Import + export - sul Pil pari al 30% (nel 2016 è quasi il 50%). C’è più specializzazione: un settore che esporta molto importa poco e viceversa, mentre oggi ogni comparto esporta ed importa molto. Negli anni ‘50 scarsi sono i servizi scambiati, limitati al turismo. Le imprese fanno in casa gran parte dei beni intermedi invece di comprarli o produrli ai quattro angoli del pianeta come avviene oggi. Poche multinazionali sono presenti in limitati settori manifatturieri. Oggi sono tante, medie e grandi, in tutti i settori, servizi compresi. Per questo nel 1957 non trova opposizione il trasferimento delle politiche commerciali dalle capitali europee a Bruxelles, con un dazio unico sulle importazioni extra Ue e zero dazi intra Ue. Ne risulta un’unione doganale con libertà di movimento delle persone (perfezionata con Schengen nel 1995) e delle attività finanziarie (massima nell’aera euro) in un mondo di tassi di cambio fissi e trascurabili flussi finanziari internazionali privati.
Molto è cambiato in sessant’anni. Soprattutto la profondità della integrazione internazionale ridimensiona strumenti di leggi tutto