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Argomenti

Gli errori di Theresa May

Francesco Lefebvre D’Ovidio * - 10.06.2017

Dopo l'esito elettorale ‎(with the benefit of hindsite) è sin troppo facile dire che Theresa May ha sbagliato quasi tutto. Tuttavia alcuni errori di "grammatica politica" (come avrebbe detto Benedetto Croce) erano identificabili anche prima e a prescindere dal verdetto delle urne.

 

Il primo errore è stato quello ‎di non indire una "early general election" subito dopo il referendum. Sembra evidente che le elezioni per un nuovo Parlamento andassero chiamate prima, non dopo la decisione di "trigger" l'articolo 50 del trattato sull'UE che fa scattare l'inizio dei negoziati per l'uscita dall'Unione. A prendere tale decisione irrevocabile avrebbe dovuto essere il governo costituito a seguito di tale nuova investitura e quindi quello che avrebbe potuto condurre il negoziato fino in fondo e con la certezza di avere la necessaria maggioranza parlamentare al momento di firmare il trattato conclusivo dei negoziati.

 

Indire un'elezione generale dopo aver fatto scattare l'articolo 50 e, quindi, quando le lancette dell'orologio dei 24 mesi concessi per il negoziati avevano cominciato a muoversi, apriva eventualità imprevedibili‎, come quella che si è verificata. L'articolo 50 è stato fatto scattare da un governo che non ha più la maggioranza e sulla base di un programma che prevedibilmente non sarà condiviso dal governo scaturente dalle urne. Nel frattempo mesi leggi tutto

Merkel, gli Stati Uniti e una questione di fiducia

Giovanni Bernardini - 31.05.2017

Chissà se, tra un decennio o due, il discorso tenuto da Angela Merkel di fronte a 2.500 militanti dell’Unione Cristiano Sociale a Monaco di Baviera verrà insignito dell’aggettivo “storico”, per essere ricordato come“il giorno in cui la Cancelliera ha esortato definitivamente gli europei a prendere il loro destino nelle loro mani”. Chissà se sotto alla consueta patina della retorica si nasconde già un messaggio destinato a testimoniare una svolta della politica tedesca e a incoraggiarne un’altra simile presso gli alleati. O al contrario, chissà se quegli accenti oggi rilanciati dai giornali di mezzo mondo verrannoridimensionati a una manifestazione contingente di insoddisfazione; o ancora a un artificio volto a toccare le corde giuste di un elettorato, quello bavarese, che ama poco i toni generalmente più misurati della Cancelliera. Arrischiarsi nel vaticinio è da sempre uno dei più grandi pericoli in cui incorrono gli analisti politici di ogni sorta, salvo poi confidare nella scarsità di memoria storica che affligge i nostri tempi.

 

Chi conosce la storia del tutto peculiare del legame che intercorre tra la Germania (prima Occidentale, poi unita) e gli Stati Uniti a partire dal 1945, sa bene come i cicli di disaccordo e incomprensione si siano alternati alla riconciliazione e alla collaborazione, leggi tutto

Per chi votano i tedeschi

Gabriele D'Ottavio - 20.05.2017

Solo alcuni mesi fa la vittoria dei cristiano-democratici in Nordreno-Vestfalia veniva data come altamente improbabile. La regione più popolosa e economicamente importante della Germania è considerata una roccaforte storica della SPD e, con il vento in poppa per il cosiddetto «effetto Schulz», sembrava che il ministro-presidente uscente, Hannelore Kraft, avesse la via spianata per la riconferma. Dopo il voto di marzo nello Saarland e nello Schleswig-Holstein, gli elettori tedeschi hanno invece premiato nuovamente il partito di Angela Merkel e segnato una sonora sconfitta per quello di Martin Schulz.

Vediamo il risultato più nel dettaglio e cerchiamo di capire meglio quali sono stati i fattori determinanti del comportamento di voto degli elettori. Rispetto alla precedente tornata elettorale nel Nordreno-Vestfalia, i cristiano-democratici (33,6%) ottengono più di 7 punti percentuali, mentre i socialdemocratici ne perdono quasi 8, conseguendo con il 31,2% dei consensi il peggior risultato di sempre. Anche per i liberali della FDP si tratta di un risultato storico, il migliore di sempre in questa regione. Con il 12,6% conquistano la terza posizione piazzandosi davanti alla giovane (ma già un po’ invecchiata) Alternative für Deutschland (7,6%) e agli altri due partiti minori tradizionali, i Verdi (6,4%) e la Linke (4,9%). Per quanto riguarda la partecipazione al voto si registra infine leggi tutto

Il vuoto normativo nazionale sull’omotransfobia

Riccardo Strappaghetti * - 20.05.2017

Sono passati dieci anni da quando l'Unione Europea celebra ufficialmente ogni anno la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia il 17 maggio, ma l’Italia non ha ancora adottato una normativa nazionale per contrastare le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere delle persone.

L’inerzia del legislatore nazionale è ancor più evidente se si pensa che le uniche norme antidiscriminatorie contro l’omotransfobia sono previste in attuazione di direttive europee in tema di lavoro e asilo politico.

Rimangono ancora privi di un’efficace tutela importanti settori come quello dell’istruzione: ampiamente sottovalutato è il fenomeno del bullismo che riguarda minori e giovani adulti, particolarmente vulnerabili all’esclusione sociale, anche da parte delle loro famiglie, e per i quali i tassi di suicidio o tentato suicidio indotto dall’omotransfobia è molto elevato.

Del tutto inevaso rimane il settore penale: per i reati motivati dall’omotransfobia non è prevista un’aggravante, né sono efficacemente contrastati i cosiddetti discorsi d’odio, come li definisce l’Unione Europea, cioè quelle attività volte a fomentare, propagandare o promuovere l’odio o altre forme di discriminazione nei confronti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali). Eppure un sondaggio condotto dall’Agenzia europea leggi tutto

Macron: un uomo (solo) al comando?

Michele Marchi - 17.05.2017

Angela Merkel ha parlato, citando Hermann Hesse, di “magia dell’inizio”, riferendosi ai primi passi del nuovo presidente della Repubblica francese. Al netto della “Macron-mania” che sta contagiando il nostro Paese e, in generale, il Vecchio Continente, il nuovo inquilino dell’Eliseo, nei suoi primi passi da presidente eletto, ha fornito alcuni spunti interessanti che, se confermati, potrebbero rendere il suo quinquennato davvero storico almeno quanto lo è stata la sua elezione.

Sin dalla solennità della serata del Carousel du Louvre, confermata al momento del passaggio delle consegne e della sfilata sugli Champs-Elysées dopo aver reso omaggio al milite ignoto all’Arc de Triomphe, l’impressione è quella di una forte volontà di “ri-presidenzializzare” la funzione. Stile e contenuti sembrano già delineare una presidenza lontana sia da quella “bling-bling” di Sarkozy, sia da quella “normale” di Hollande. Macron pare aver compreso che la giovane età, la volontà dei francesi e la gravità del momento impongono il ritorno alla centralità del “monarca repubblicano”. E proprio a proposito della “gravità del momento”, il quarantenne ex-banchiere, ma non dimentichiamolo ex segretario generale aggiunto all’Eliseo (2012-2014), sembra consapevole di trovarsi dinanzi ad un nuovo inizio per il Paese, per certi aspetti simile a quello del 1958. L’ultimo quindicennio leggi tutto

Europa ed euro da non lasciare

Gianpaolo Rossini - 17.05.2017

Alla fine degli anni 80 del secolo scorso l’Europa dà vita ad un programma pionieristico di integrazione del quale si fa paladina la Gran Bretagna entrata nella allora Comunità da pochi anni, ovvero dal 1975.  Si tratta del progetto del mercato unico europeo (European Single Market) cui lavorano per alcuni anni economisti, giuristi, politologi. Lo scopo è di dare vita ad un’area altamente integrata che possa consentire scambi tra paesi membri della Comunità con una facilità vicina a quella che si riscontra tra gli stati degli Usa.  Si tratta di un grande balzo che cambia registro rispetto allo spirito originario della Comunità che nelle sue prime fasi si afferma con intenti più difensivi, ad esempio nel settore dell’acciaio e dell’agricoltura, piuttosto che in una prospettiva di maggiore apertura e concorrenza. Nei primi anni della Comunità ci sono infatti più timori che speranze. In Italia nella sinistra si fa la conta dei settori che saranno fagocitati da Germania o Francia. Grandi distruzioni di capitale umano e industriale sono previste con enormi costi sociali e instabilità politica. Ma l’eliminazione dei dazi intra europei, completa nel 1969 secondo il dettato del Trattato di Roma, non produce le tragedie evocate da “sinistre” Cassandre.

Le imprese sono le protagoniste leggi tutto

Forme di governo e leadership dell’esecutivo

Pasquale Pasquino * - 13.05.2017

Le forme di governo nei regimi democratici (fondati su elezioni libere, ripetute e competitive) erano distinte, se non si tiene conto dell’eccezione svizzera, in presidenziali, parlamentari e semi-presidenziali (meglio, ad esecutivo dualista).

Negli ultimi decenni, almeno sul continente europeo, dove non esistono sistemi presidenziali (come quello in vigore da sempre negli Stati Uniti, dove l’esecutivo non è responsabile politicamente di fronte al parlamento), le forme di governo dovrebbero essere distinte in base ad un criterio diverso da quello tradizionale (parlamentare vs. semipresidenziale). Ciò richiede la presa in conto dei rapporti fra il sistema dei partiti e la legge elettorale.

Dove esistono sistemi elettorali maggioritari (come nel Regno Unito) o comunque governi tendenzialmente stabili (Germania), il leader del partito che vince (GB) o arriva primo alle elezioni (Germania) è, al tempo stesso, il capo del governo ed il capo del partito di maggioranza (un “uomo -anzi donna- sola al comando” May, Merkel ?!?). Il rapporto fra il legislativo e l’esecutivo non è di contropotere, ma di cooperazione e, in via eccezionale, di controllo del parlamento sull’esecutivo, solo in caso di comportamenti e di scelte da parte del capo dell’esecutivo che vadano direttamente contro gli interessi politici e le scelte ideologiche del partito di cui è il leader leggi tutto

Elezioni legislative 2017 in Algeria: tra apatia e disincanto

Caterina Roggero * - 03.05.2017

Il prossimo 4 maggio in Algeria 23 milioni di cittadini – su un totale di 40 milioni circa di abitanti – si recheranno alle urne per rinnovare l’Assemblea popolare nazionale (APN), eleggendone i 462 nuovi deputati. Da quando a inizio aprile la campagna per le legislative è stata inaugurata, nonostante il dispiegamento di mezzi da parte di partiti, organi di governo e persino leader religiosi per motivare la cittadinanza al voto, l’apatia e il disincanto nei confronti del quinquennale appuntamento elettorale regnano sovrani. Gli analisti sul campo raccontano che in questi giorni, per le strade di Algeri, il dibattito sia particolarmente acceso non tanto sullo scrutinio nazionale ormai alle porte, quanto sul ballottaggio delle presidenziali francesi. Per inciso, le preferenze di autorità e semplici cittadini convergono su Emmanuel Macron: l’unico tra i candidati a essersi recato in Algeria durante la campagna e soprattutto il solo ad aver “osato” giudicare pubblicamente i 132 anni di colonizzazione francese nel paese maghrebino come un “crimine contro l’umanità” (gli algerini, si sa, sono ancora in attesa delle scuse ufficiali di Parigi per la lunga parentesi della loro storia recente vissuta sotto il dominio della potenza europea).

Quale partito o quale alleanza di partiti vincerà in Algeria, invece, non interessa veramente granché: l’unico vero risultato leggi tutto

Vincitori e vinti, prima della metà del guado. Ancora sul primo turno francese

Michele Marchi - 29.04.2017

In attesa che il primo turno sia ulteriormente analizzato e che i flussi elettorali siano studiati nel dettaglio, si possono fare alcune considerazioni generali su vincitori e vinti del 23 aprile.

I vincitori del primo turno sono tre.

Prima di tutto il settimanale satirico «Le Canard Enchainé». Potrà sembrare superficiale o forse banale un’affermazione di questo genere. Ma le rivelazioni in serie su impiego fittizio della moglie, contratti di consulenza per società amiche sfruttando i rapporti con la Russia e infine conti pagati da strani faccendieri per abiti di lusso hanno reso la campagna elettorale di François Fillon una specie di “via crucis del XXI secolo”. Senza entrare nel merito delle inchieste in corso, il candidato LR è passato dalla vittoria certa di inizio dicembre, a quella probabile anche dopo l’avanzata del candidato Macron, a quella impossibile dopo l’esplodere degli affaires.

Il secondo grande vincitore è stato Jean-Luc Mélenchon con la sua France insoumise. Come mostrano i flussi elettorali egli è riuscito da un lato a raccogliere tutto il voto di tradizione comunista, ad unirvi un voto giovane e popolare di aree soprattutto periferiche e infine ha potuto contare su un numero non esiguo di delusi della campagna di Hamon. leggi tutto

Una campagna tra il pessimo e il drammatico

Michele Marchi - 22.04.2017

È accaduto ciò che tutti temevano e che molti avevano preventivato a mezza voce. A settantadue ore dall’apertura dei seggi per una delle elezioni più decisive nella storia del continente  europeo dal 1945 ad oggi è arrivato l’ennesimo atto terroristico. Due anni e tre mesi dopo Charlie Hebdo la Francia, e in particolare la sua vetrina sul mondo, Parigi, sono ancora sotto assedio.

Che effetto avrà tutto ciò sul voto del 23 aprile? È impossibile saperlo e chi si avventura in ipotesi e previsioni finisce per affidarsi al caso, piuttosto che alla riflessione.

Quello che si può fare è invece un punto complessivo sulla campagna elettorale e poi collegare la stessa all’ultimo evento.

Ebbene la campagna per il voto presidenziale del 2017 è stata una pessima campagna. Non nel senso che i toni siano stati alti e il dibattito incivile. Da questo punto di vista ci si è mossi nella norma. La campagna elettorale è stata pessima perché non ha avuto uno o più temi trainanti. I candidati con possibilità di raggiungere il ballottaggio, quindi sostanzialmente cinque (anche se Hamon si è ben presto staccato dai primi quattro, almeno secondo i sondaggi) non si sono impegnati in un’operazione di organica spiegazione ed illustrazione di una piattaforma coerente di risoluzione dei principali leggi tutto