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Settembre andiamo …

Paolo Pombeni - 02.09.2017
Merkel e Macron

Le reminiscenze scolastiche sono dure a morire e dunque ogni settembre torna alla mente la poesia di D’Annunzio: “settembre, andiamo, è tempo di migrare …”. Il ricordo sottolinea quell’andamento del tempo mutuato sulla scuola per cui in effetti a settembre sembra che ricominci tutto dopo quella che dovrebbe essere la pausa estiva.

Così è anche per la politica, che in agosto in genere non va completamente in vacanza perché si esercita a prepararsi il terreno per la ripresa autunnale, ma che comunque è attesa alla prova di quello che, almeno sulla carta, potrebbe essere un nuovo inizio. Quest’anno se non sarà un nuovo inizio ci si attende quanto meno una certa svolta, perché le scadenze che ci si parano davanti non sono davvero né poche né modeste.

Cominciamo da quella che potrebbe apparire la più lontana dai nostri problemi immediati. Il 24 settembre si voterà in Germania. I pronostici danno per certa la vittoria della Merkel e del suo partito, ma bisognerà vedere l’ampiezza del successo. A prescindere da questo, se non ci saranno sorprese sconvolgenti, la riproposta incoronazione della Cancelliera aprirà una nuova fase nella vicenda dell’Unione Europea. In probabile tandem con Macron verrà preso in mano lo spinoso dossier della necessaria riforma della UE: riforma di fatto, di pesi e politiche più che di trattati e istituzioni.

L’Italia quanto è preparata a questa scadenza? Poco, verrebbe da dire, perché dovrà muoversi in un contesto che la vedrà alle prese con troppe fibrillazioni interne. Quella più rilevante è il varo della legge di stabilità (l’ex legge finanziaria), ma più o meno in parallelo dovrà affrontare il problema della riforma delle leggi elettorali, quello dello scontro interno ai partiti (che prevedibilmente si complicherà dopo i referendum in Lombardia e Veneto e le elezioni regionali in Sicilia), nonché la conclusione di qualche complicato iter legislativo come quello sul cosiddetto ius soli.

Aggiungiamoci che per rendere tutto più confuso sembra si sia scatenata la corsa ad inventarsi candidati alla presidenza del Consiglio alternativi a Renzi, nell’ipotesi che il centrosinistra dopo le elezioni del 2018 sia in grado di ambire a quella carica, oppure ad interrogarsi su chi potrebbe essere il candidato nel caso vincesse il centrodestra. E’ un gioco al massacro che indebolisce tutti, ma in primo luogo il governo in carica, che viene trascinato in faide interne che certo non giovano alla sua capacità d’azione sul piano internazionale.

Tuttavia il passaggio fondamentale rimane quello sulla legge di stabilità, perché è lì che si misura il tasso di responsabilità rilevabile nella classe politica attuale. In presenza di qualche segnale di ripresa economica e a fronte delle preoccupazioni dei nostri partner sulla tenuta del sistema italiano sarebbe essenziale lanciare il messaggio e l’immagine di una classe politica che per quanto legittimamente in competizione elettorale è capace di fare muro davanti al consueto assalto alla diligenza che avviene in questi casi ad opera delle mille e una corporazioni e micro corporazioni che stanziano nella pancia del paese.

Non è facile immaginare che fra i politici prevarrà la virtù. In una competizione sfrenata per accaparrarsi i voti di un elettorato disorientato resistere alla tentazione di “comprare” il consenso con elargizioni e promesse ad effetto è quasi un compito impossibile. E ciò comporterà attacchi polemici reciproci volti a delegittimare gli avversari senza porsi freni nell’uso della retorica (purtroppo sappiamo già cosa può accadere).

E’ facilmente immaginabile che un finale di legislatura condotto in queste condizioni, oltre a minare le capacità d’azione del governo, non darà certo un incentivo alla rinascita nell’opinione pubblica di una necessaria fiducia nella politica, il che significherà probabilmente incentivare poi l’astensionismo elettorale, per non parlare della frammentazione dei consensi (cioè il moltiplicarsi delle formazioni politiche concorrenti).

Ciò vorrà anche dire un ulteriore incremento della conflittualità interna alle forze politiche. In un quadro di grandi incertezze sugli orientamenti finali dell’elettorato, con notevoli scontri interni a tutti i maggiori partiti, e infine con l’attrattiva a scommettere su nuove sigle ed aggregazioni, i nostri politici saranno troppo presi dal pensiero di come conservare i loro seggi (o di come costruirsi dei paracadute nell’eventualità di perderli) per poter essere disciplinati tanto a livello di maggioranza governativa quanto di opposizioni.

Come si può vedere l’autunno-inverno non si presenta come una stagione molto propizia per le fortune del nostro paese. Certo possiamo consolarci notando che spesso le nostre strutture sociali ed economiche riescono a contenere con la loro capacità di azione autonoma i guai che derivano dalle debolezze della vita politica italiana. Va però tenuto presente che se questo è vero, lo è fino ad un certo punto, ed è proprio in questo “certo punto” che si radica la nostra debolezza.