Ultimo Aggiornamento:
06 dicembre 2023
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Argomenti

Banche tedesche vittime dell’eccesso di risparmio

Gianpaolo Rossini - 23.03.2019

Il lettore si chiede come possano essere in difficoltà le maggiori banche della Germania paese con l’economia più forte d’Europa, con un deficit pubblico ormai pari a zero, un surplus con l’estero vertiginoso e un tasso di disoccupazione invidiato da tutti. La ragione profonda di tutto questo ha un’origine apparentemente semplice ma non sempre compresa: l’eccesso di risparmio. Un male che affligge l’intero paese ovvero entrambi le sue due componenti: il settore pubblico e quello privato. Quest’ultimo ahimè spende molto meno di ciò che guadagna. Le famiglie e le imprese spendono poco. A spiegarlo ci sono anche fenomeni abbastanza “nuovi” per gli analisti economici che riguardano le persone anziane in pensione e che lavorano le quali risparmiano molto di più rispetto alle corrispondenti generazioni passate. Il tradizionale investimento immobiliare abitativo soffre poi la diminuzione di popolazione autoctona, la sola che ha capacità di spesa a fronte però di un numero di figli inferiore rispetto al passato. Mentre gli immigrati che avrebbero più figli non hanno le disponibilità per acquistare immobili. Di conseguenza il settore immobiliare non assorbe più una quota di risparmio cospicua. E dunque l’eccesso di risparmio si canalizza verso le banche, leggi tutto

L'ennesimo voto "italiano" per l'Europa

Luca Tentoni - 16.03.2019

A settanta giorni dalle elezioni europee la dialettica fra le forze di governo (in particolare) e fra maggioranza e opposizione sembrano del tutto conformi al clima usuale delle battaglie per gli appuntamenti politici nazionali. In realtà, l'idea di una "campagna elettorale permanente" non è nuova, perché siamo "mobilitati" da almeno otto anni: dalle amministrative (con referendum) del 2011-'12 alle primarie 2012 del centrosinistra, dalle politiche 2013 alle nuove primarie Pd fino alle europee 2014, per proseguire con le regionali del 2015, le amministrative e il referendum costituzionale del 2016, per giungere agli appuntamenti elettorali locali del 2017 e alle politiche del 2018 (seguite da numerose elezioni regionali a cadenza quasi bimestrale: la prossima è fissata per il 24 marzo in Basilicata) si arriva al voto del 26 maggio 2019 per il rinnovo degli europarlamentari europei e per le regionali piemontesi (senza contare che subito dopo avremo anche le amministrative nei comuni). Votazioni spesso parziali, relative a parti del territorio nazionale o consultazioni "di secondo ordine" (cioè, per semplificare molto, non considerate dagli elettori e dai partiti decisive e mobilitanti come le politiche) sembrano susseguirsi in un calendario che conosce poche soste; frattanto, ogni settimana più istituti demoscopici rilevano le intenzioni di voto degli italiani. In pratica, i voti virtuali (i sondaggi) fotografano situazioni leggi tutto

Tra color che son sospesi …

Paolo Pombeni - 20.02.2019

È tutta una politica sospesa quella italiana. Così sono i partiti: la Lega che aspetta di vedere come Salvini se la caverà col caso Diciotti e colle elezioni sarde; i Cinque Stelle che si leccano le ferite dopo lo smacco abruzzese e aspettano anch’essi le urne della Sardegna; il PD che non riesce ad uscire dalle schermaglie fra i candidati alla segreteria mentre Renzi torna a spargere veleni con la scusa di un libro. Poi ci si aggiungono le decisioni politiche che non si riescono a prendere: su tutte campeggiano la questione delle nuove autonomie regionali e quella sempiterna della TAV. Ci si aggiungano i pasticcetti delle nomine, da una posizione nel direttivo della Banca d’Italia a quelle al vertice dell’INPS.

La situazione in teoria dovrebbe implodere, ma in pratica questo non avviene, perché non c’è alternativa parlamentare disponibile per un governo diverso da quello in carica. È vero che qualcosina di nuovo sembrerebbe arrivare perché Zingaretti, candidato alla segreteria PD, ha detto per la prima volta che se il governo dovesse cadere non sarà un dramma andare ad elezioni anticipate. Probabilmente si pensa ormai che nello stallo attuale, per non dire nella palude attuale, non ci sia più da temere quel leggi tutto

La scuola in Europa, dal tablet al libro di Stato

Francesco Provinciali * - 06.02.2019

Mentre la Finlandia prosegue la sperimentazione avviata nel 2016 che prevede l’abolizione del corsivo nell’apprendimento della letto-scrittura per sostituirlo, insieme al libro cartaceo, con l’uso del tablet fin dal primo anno della scuola dell’obbligo, in Ungheria il Governo decide che i libri in dotazione alle classi del sistema scolastico nazionale saranno pubblicati esclusivamente dal Centro Statale per lo sviluppo dell’istruzione (OFI).

Come riferito da Il sole 24 ORE, la riforma voluta dal premier Vicktor Orban mette al bando i testi scolastici pubblicati da case editrici private e ciò al fine di garantire allo Stato il controllo e il monopolio della formazione didattica.

Sono due modi opposti di considerare non solo le metodologie didattiche dell’insegnamento-apprendimento, quanto i contenuti e le finalità educative del sistema formativo, da parte di due Paesi che pure fanno parte della Comunità europea.

Da un lato l’introduzione del tablet in sostituzione di libri e quaderni rappresenta una scelta che si stacca nettamente dai programmi scolastici tradizionali al punto di aver sollevato critiche e perplessità, sia in ordine all’abolizione del corsivo sia a motivo dell’estensione pervasiva di un apprendimento basato su dotazioni tecnologiche che implicitamente leggi tutto

La Cina riduce l’avanzo commerciale con gli Usa. Occasione per l’Europa

Gianpaolo Rossini - 26.01.2019

Un accordo tra Usa e Cina su riduzione dazi e accesso al mercato cinese di beni e capitali sembra vicino.  Gli Usa puntano ad un annullamento dell’avanzo commerciale (differenza tra valore di export ed import) dell’ex impero celeste. Anche se si procede su base bilaterale la richiesta degli Stati Uniti segue un principio di reciprocità che è uno dei pilastri dell’azione del WTO, istituzione multilaterale che disciplina il commercio internazionale. Gli squilibri commerciali intraeuropei da oltre due decenni sono invece coperti da una cortina di silenzio, complice il dettato di Maastricht che li ignora. La trattativa tra Cina e amministrazione Trump nonché le dichiarazioni di Juncker sulle dosi di austerità da cavallo imposte alla Grecia dal 2010 sono però un’occasione per ripensare aspetti problematici dell’area euro, anche per non lasciare l’iniziativa a forze destabilizzanti. Ma quali sono i punti da rivedere?

 Il primo tocca proprio i conti con l’estero. Quando l’euro nasce nel 1999 gli squilibri con l’estero sono ritenuti irrilevanti. Moneta unica e mobilità dei capitali consentono di metabolizzare bilance dei pagamenti sofferenti. Effetti su tassi d’interesse, liquidità nei paesi in posizione deficitaria, stabilità finanziaria non preoccupano. Una convinzione questa che è diffusa anche oltre atlantico, leggi tutto

Cosa resta della “stella” Macron?

Michele Marchi - 12.01.2019

Tornerà a splendere la “stella” Macron? O la sua carriera politica è destinata ad essere archiviata al termine del primo mandato presidenziale? Difficile dirlo e complicato fare previsioni in una congiuntura di crisi politica strutturale come quella che sta vivendo l’Europa. Un elemento è certo: sembra trascorsa una generazione dal soleggiato maggio del 2017 quando il più giovane presidente della V Repubblica risaliva in posa marziale, ritto in piedi su un veicolo militare, i Champs-Elysées, diretto all’Arc de Triomphe al momento del suo insediamento. E se possibile la distanza temporale aumenta ancor più se si accosta questa immagine di una leadership salda e volitiva alle devastazioni dei gilets jaunes, giunti addirittura a danneggiare proprio l’Arc e a sfondare il portone di un ministero. Come è potuto accadere tutto ciò e in così breve tempo? Può forse essere utile ritornare su alcune istantanee dell’ultimo anno di presidenza Macron.

I primi sette mesi all’Eliseo sono stati quelli dell’attivismo e delle riforme a tambur battente (su tutte quella del codice del lavoro), del ritorno della Francia in Europa e nel mondo. Macron era quello promesso in campagna elettorale: attraverso un riformismo accelerato, Parigi sarebbe tornata al tavolo dei grandi e si sarebbe rinsaldato e riequilibrato l’asse leggi tutto

Il made in Italy agroalimentare, l’Onu e il prosciutto San Daniele

- 12.01.2019

L’impegno della nostra diplomazia è riuscito ad evitare lo stigma dell’Onu che avrebbe potuto mettere in difficoltà i nostri gioielli del settore agroalimentare quali il parmigiano, il prosciutto e perfino l’olio d’oliva.  La risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu del 13 dicembre dello scorso anno non ha infatti dato seguito al suggerimento contenuto nel rapporto sulle malattie non infettive “Time to deliver” della alta commissione della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pubblicato questa estate, nel quale si invitavano (nel capitolo 4: Collaborare e regolare, paragrafo D) i governi  a limitare la vendita di cibi definiti dannosi perché contenenti eccessive quantità di zuccheri, sodio e grassi saturi. La risoluzione Onu permette al settore agroalimentare di tirare un sospiro di sollievo. Ma non è una vera vittoria. Le raccomandazioni che vengono dalla OMS rimangono. Alcuni paesi le hanno già fatte proprie accompagnando le confezioni dei cibi con indicazioni sul presunto grado di pericolosità alimentare. Altri seguiranno. Si possono sollevare molte critiche contro il rapporto della OMS ma con questo occorre fare i conti. Perché? In molti paesi del globo soprattutto quelli ad alto reddito e propensione a spesa di qualità la coscienza sanitaria-dietetica è sempre più diffusa. L’attenzione alla qualità leggi tutto

Quale futuro per l’Ue tra Berlino e Parigi

Lucrezia Ranieri * - 14.11.2018

Che l’Unione Europea permanga da molto tempo in uno stato a dir poco confusionale sembra un fatto ormai acclarato. Di tutte le questioni da tempo in esame a Bruxelles non sembra essercene una che sollevi un minimo di consenso condiviso, o della quale si prospetti una soluzione a breve termine. Ad un anno dall’inizio dei negoziati, l’accordo sulla Brexit appare ancora lontanissimo e i malumori sulla questione migranti sono tutt’altro che sopiti; quanto alla questione finanziaria, il braccio di ferro tra le pretese di spesa del governo italiano e l’indisponibilità della Commissione ha riportato a galla, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’evidenza di una permanente frattura tra le culture economiche dei paesi europei che rende assai difficile l’avanzare di un progetto comune di riforma dell’eurozona. Alle tensioni interne si aggiunge inoltre il globale deperimento del consenso verso quella forma di internazionalismo liberale nella quale l’Unione Europea stessa affonda le sue radici. Se l’ondata di elezioni nazionali del 2017 era stata anticipata, come un presagio, dall’elezione di Donald Trump, a gettare la sua ombra sull’Atlantico, questa volta, è l’ascesa alla presidenza brasiliana di Jair Bolsonaro. È in questo scenario poco roseo che ci si prepara ad affrontare una dura stagione di campagna leggi tutto

L’era Merkel al tramonto

Gabriele D'Ottavio - 31.10.2018

L’era Merkel finisce così com’è iniziata: dopo un’elezione regionale. Per chi ha buona memoria, la sua ascesa al potere cominciò con una bruciante sconfitta elettorale subita dai socialdemocratici nel maggio 2005 in Nordreno-Westfalia, uno dei Länder più popolosi e ricchi della Germania. All’epoca, la SPD governava il Land da 39 anni e il suo leader nazionale, il cancelliere in carica Gerhard Schröder, decise di ricorrere al voto anticipato. Il pareggio strappato ai cristiano-democratici alle elezioni politiche del settembre successivo e la partecipazione al primo governo di grande coalizione guidato da Angela Merkel si sarebbero dimostrati di lì a poco una vittoria di Pirro. I socialdemocratici non riuscirono ad arrestare l’emorragia di consensi, mentre la cancelliera riuscì in poco tempo a consolidare la sua leadership, gettando le basi per diventare uno dei capi del governo più longevi nella storia della Germania del dopoguerra. 

Tredici anni dopo, le elezioni regionali in Baviera e in Assia sembrano delineare una nuova cesura storica. Il risultato parla chiaro: gli elettori hanno sanzionato duramente i cristiano-sociali della CSU in Baviera, i cristiano-democratici della CDU in Assia e i socialdemocratici della SPD in entrambe le regioni, mandando un messaggio difficilmente equivocabile a Berlino. Secondo un sondaggio dell’emittente leggi tutto

Le democrazie e la crisi economica (1)

Luca Tentoni - 27.10.2018

Dopo aver approfondito, negli interventi dedicati al voto del 4 marzo in Italia, gli aspetti relativi alla formazione e alla distribuzione del consenso nel nostro Paese, passiamo ad occuparci di un orizzonte più vasto: le democrazie dell'Europa del Sud. In Spagna, Grecia, Portogallo e Italia la crisi economica del 2008 e il decennio convulso che l'ha accompagnata e seguita hanno prodotto trasformazioni sia nel sistema dei partiti, sia nel rapporto fra cittadini e istituzioni, sia sulla partecipazione politica. In questo breve, nuovo viaggio, articolato in due puntate, la nostra analisi sarà agevolata dalla lettura di due volumi appena usciti per il Mulino: "Le quattro crisi della Spagna" di Anna Bosco; "Come la crisi economica cambia la democrazia" di Leonardo Morlino e Francesco Raniolo. Per comprendere meglio il voto italiano del 4 marzo 2018 non si può prescindere dal contesto europeo. In questo caso, partiamo dalla Spagna, nella quale - fra settembre del 2015 e dicembre del 2017 - si sono svolte quattro consultazioni cruciali: le elezioni regionali in Catalogna (27 settembre 2015) vinte dai partiti indipendentisti che - come spiega Anna Bosco, "aprono una legislatura di pre-indipendenza che si conclude con la convocazione di un referendum sulla secessione dalla Spagna (1° ottobre 2017) e una dichiarazione unilaterale di indipendenza (27 ottobre)" alla quale il leggi tutto