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17 aprile 2024
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Argomenti

La Francia sull'orlo di una crisi di nervi

Riccardo Brizzi - 11.06.2016

Mentre gli europei di calcio hanno preso ufficialmente il via ieri sera a Parigi, con la partita inaugurale tra i padroni di casa e la Romania, la Francia, già alle prese con i danni causati dalle inondazioni, i primi incidenti degli hooligans inglesi in quel di Marsiglia e lo spettro del terrorismo sempre presente (che ha sensibilmente ridotto il flusso di turisti, soprattutto nella capitale), è ancora attraversata da importanti proteste sociali.

La mobilitazione contro la « legge sul lavoro », nelle ultime settimane ha coinvolto in particolare il settore energetico (bloccate molte piattaforme petrolifere e più di metà delle centrali nucleari) e quello dei trasporti con la SNCF in sciopero in diverse regioni (Ile-de-France compresa) da dieci giorni. Gli aiuti annunciati mercoledì scorso dal primo ministro Manuel Valls a favore del settore ferroviario potrebbero ammorbidire proteste che stanno scuotendo il paese da quasi tre mesi e che, dopo i picchi di mobilitazione toccati tra fine marzo e inizio aprile, parevano in declino sino alla raffica di scioperi avviata dalla SNCF il 1° giugno.

I sindacati – CGT in testa - contano su un iter legislativo ancora tortuoso (il testo deve essere discusso al Senato, in vista del voto a fine giugno, cui seguirà una nuova staffetta tra le due camere, prima dell’approvazione definitiva a fine luglio) e ricordano la vicenda del Contratto leggi tutto

Memorie schizofreniche. L’eco (paradossale) del centenario di Verdun e il silenzio (di tomba) sulla Strafexpedition

Novello Monelli * - 08.06.2016

Il paradosso mediatico della memoria

 

Tra i tanti fantasmi che si aggirano per l’Europa, quello del provincialismo memoriale è forse il meno percettibile (e per la maggioranza di coloro che leggono, il più trascurabile), ma non è certo il meno insidioso. Il Centenario della Grande Guerra ce ne fornisce prove abbondanti pressoché costantemente. L’ultima pochi giorni orsono, in occasione delle quasi simultanee commemorazioni delle battaglie di Verdun e della (cosiddetta) Strafexpedition. La commemorazione congiunta di Angela Merkel e Jean François Hollande all’Ossario di Douaumont, il 29 maggio, ha ricevuto una straordinaria copertura mediatica anche in Italia; la quasi contemporanea visita tributata dal presidente Mattarella ad Asiago il 24 maggio, una certa attenzione da parte di alcuni media italiani, disinvoltamente distratti a proposito della ragione commemorativa del viaggio e attenti solo a carpire, nelle righe del discorso ufficiale, spunti di analisi per la situazione interna.

Per forza, si dirà. La battaglia di Verdun (o, meglio, la campagna di Verdun, visto che si trattò di una serie ininterrotta di assalti e contrassalti che seminarono morte e distruzione dal febbraio al dicembre 1916) fu una delle maggiori carneficine di leggi tutto

L'Unione europea, o degli eccessi della creatività

Daniele Pasquinucci * - 08.06.2016

Quando il 9 maggio del 1950 Robert Schuman rese noto il suo piano nel Salone dell'Orologio del Quai d'Orsay, egli si premurò di avvertire che la pace mondiale, di cui l'unificazione dell'Europa era capitolo fondamentale, avrebbe potuto realizzarsi solo attraverso “sforzi creativi”. Il verbo da cui deriva l'aggettivo usato dal ministro degli Esteri francese, creare, ha una radice sanscrita, e indica l'azione di “far nascere dal nulla”. Ed effettivamente i pionieri dell'integrazione europea, trovandosi ad agire in terra incognita, furono obbligati ad attingere a piene mani dal proprio ingegno e dalla propria fantasia per costruire la prima istituzione europea sovranazionale, la CECA. D'altronde, la politica – da Westfalia in poi – aveva avuto come orizzonte di riferimento lo Stato-nazione. Bisognava perciò “pensare l'inedito” e metterlo al servizio di un progetto volto a pacificare gli europei (occidentali, all'inizio dell'avventura europea) e a promuovere il loro benessere. Nuovi paradigmi concettuali e schemi di azione politica, forzatamente posseduti da poche élites lungimiranti, e carattere virtuoso degli obiettivi perseguiti, rendevano a quel tempo tollerabile l'iper-realismo di Jean Monnet, per il quale sarebbe “stato sbagliato consultare i popoli  d'Europa sulla struttura di una Comunità della quale essi non hanno alcuna esperienza pratica”. Ora, se da un lato è vero, leggi tutto

Hollande e un nuovo passo falso: è il turno della Loi Travail

Michele Marchi - 01.06.2016

È possibile condensare in una riforma l’insieme degli errori e delle contraddizioni di un intero mandato presidenziale? Sembrerebbe impossibile, ma l’attuale crisi che ruota attorno alla Loi Travail (ribattezzata Jobs Act alla francese), è il condensato di una serie di passi falsi politici e di metodo che costituiscono la vera peculiarità dell’esperienza di François Hollande all’Eliseo.

Due dati incontrovertibili sono alla base del ragionamento. Come di recente ha nuovamente mostrato la quarta edizione dell’interessante inchiesta Fractures françaises (realizzata in collaborazione da Le Monde, Sciences Po e Fondation Jean Jaurès) i francesi si autopercepiscono in profondo declino (economico ma non solo), si sentono sempre più minacciati dalla globalizzazione e considerano il processo d’integrazione europeo sempre meno efficace come “barriera protettiva”. La vera novità è che questa diffusa insofferenza non è più solo prerogativa delle classi popolari, ma ha conquistato il ceto medio e fa proseliti anche tra le élites ad alto livello di scolarizzazione e di reddito. Il secondo dato da non trascurare riguarda il livello di fiducia e di sostegno dei quali Hollande e il suo Primo ministro possono godere. Nel primo caso oggi siamo attorno al 15% di cittadini soddisfatti. Il suo Primo ministro, leggi tutto

Un voto con qualche luce e molte ombre

Furio Ferraresi * - 25.05.2016

L’esito al cardiopalmo delle elezioni presidenziali austriache ci consegna una mezza notizia e una notizia vera e propria. La prima è che Alexander Van der Bellen è il primo presidente verde eletto in Europa, con il 50,3% dei consensi; la seconda è che Norbert Hofer, il candidato della Fpö (Partito della Libertà) ha ottenuto il 49,7% dei voti, cioè il consenso di metà degli austriaci. Un Paese spaccato in due, dunque, polarizzato e mobilitato ben oltre le attese, con una percentuale di votanti che, sfiorando al secondo turno il 73%, cresce di più di quattro punti rispetto al primo (68,5%). Che l’elezione dell’ex portavoce dei Verdi sia solo una mezza notizia dipende dal fatto che al primo turno Van der Bellen aveva ottenuto solo il 21% (contro il 35% di Hofer) e che al secondo turno è stato scelto da molti elettori che non avevano mai votato per la formazione ambientalista. La sua vittoria di misura, con uno scarto di appena 31.026 voti (molti dei quali provenienti da austriaci che non vivono in Austria), si spiega con la classica scelta del male minore, caratteristica strutturale di ogni ballottaggio, e con la volontà di metà dell’elettorato di far fronte comune contro il pericolo rappresentato dai nazional-liberali, i quali, però, rispetto al primo turno, leggi tutto

La «Berlino Capitale» di Beda e Sergio Romano

Gabriele D'Ottavio - 21.05.2016

Il volume di Beda e Sergio Romano (Berlino Capitale. Storia e luoghi di una città europea, Il Mulino 2016) è qualcosa di più di una radiografia politica e sociale, storica e artistica della città di Berlino. È un testo utile per comprendere la storia tedesca, anche quella più recente, che è meno studiata e nota al grande pubblico. È un saggio che, indirettamente, rivela l’infondatezza dei tanti luoghi comuni e i limiti delle numerose narrazioni stereotipate che circolano sulla Germania e suoi suoi abitanti. Infine, è un libro che aiuta a capire perché oggi l’unico scenario plausibile e sul quale ha, dunque, senso ragionare dal punto di vista storico, politico e culturale sia quello di una «Germania europea» e non quello di un’«Europa tedesca».

Attraverso uno sguardo intergenerazionale e uno stile impressionistico, il giornalista e l’ambasciatore illustrano le tensioni, le ambivalenze e le contraddizioni che hanno segnato la storia di Berlino, «condannandola», come scrisse lo scrittore Karl Scheffler, «a sempre divenire e a non essere mai». La metropoli al confine tra le due Europe, a metà strada tra Londra e Mosca, è stata il simbolo dello spirito militarista prussiano, ma anche luogo, sul finire del XIX secolo, di una straordinaria crescita finanziaria e industriale, politica e culturale. leggi tutto

Che “9 maggio” è stato

Massimo Piermattei * - 11.05.2016

Era il 9 maggio del 1950 quando, in un contesto internazionale segnato dagli strascichi della seconda guerra mondiale e dal parallelo acuirsi della guerra fredda, il ministro degli esteri francese Robert Schuman, grazie all’ingegno di Jean Monnet, propose agli “alleati” europei di superare le contrapposizioni che avevano insanguinato il continente avviando una costruzione comune a partire dalla storica riconciliazione tra Francia e Germania. Il lungimirante sostegno di altri statisti europei, in particolare Adenauer e De Gasperi, fece sì che da quel discorso prendesse le mosse il processo d’integrazione. Negli anni ’80, su iniziativa della Commissione europea, quella data divenne la Festa dell’Europa, con il duplice obiettivo di ricordare il cammino fatto e di fissare le sfide da affrontare.

Sin dalla sua istituzione, tuttavia, la festa dell’Europa non è mai riuscita a diventare un “rituale civile” o una ricorrenza diffusa, ma è stata per lo più riservata a un ristretto gruppo di “addetti ai lavori”, riuscendo ad approdare nelle piazze e nelle scuole solo grazie ai federalisti, all’impegno di singoli politici e intellettuali e all’infaticabile lavoro dei centri Europe direct disseminati sul territorio. In Italia, per giunta, nel 2007 il Parlamento decise di istituire la giornata in ricordo delle vittime del terrorismo proprio nel 9 maggio, giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani. leggi tutto

La Spagna di nuovo al voto: quale lezione per il centrosinistra?

Andrea Betti * - 30.04.2016

In un articolo pubblicato su Mentepolitica nel dicembre scorso, si metteva in luce come, nonostante l’indubbia novitá rappresentata da movimenti come Ciudadanos e Podemos, il bipartitismo spagnolo non sarebbe uscito trasfigurato dalle elezioni. La previsione pare oggi parzialmente confermata. Dopo circa quattro mesi di inutili negoziati, il Re ha annunciato che il 2 maggio scioglierá Las Cortes e indirá nuove elezioni generali per il 26 giugno. Ma ad uscire malconcio da questo confuso processo non sembra essere il bipartitismo in quanto tale, quanto piuttosto uno dei suoi due rappresentanti, il Partito Socialista Obrero Español (PSOE).

                Messa da parte quasi subito l’ipotesi di una “grande coalizione” con il Partido Popular (PP), soprattutto per i fondati timori del PSOE di perdere ulteriori voti a vantaggio di Podemos, i socialisti hanno inizialmente esplorato la possibilitá di un accordo di governo con il centrista Ciudadanos. L’accordo si é articolato in circa 200 punti, sufficientemente generici per permettere un’intesa, ma non sufficientemente precisi per ottenere consensi in Parlamento. Senza l’astensione del PP (auspicata da Ciudadanos) come di Podemos (auspicata dal PSOE), l’accordo é rimasto lettera morta. Venuta meno tale opportunitá, il PSOE ha tentato di aprire un difficile dialogo con Podemos. leggi tutto

Tutti pazzi per Macron?

Michele Marchi - 28.04.2016

Nella Francia socialista del declinante François Hollande sembra nascere una nuova stella e si chiama Emmanuel Macron. Ministro dell’Economia dall’agosto 2014 Macron ha, in un primo momento, rappresentato la svolta social-liberale dell’attuale inquilino dell’Eliseo. Da quell’estate 2014, il giovane ed ambizioso enarca, ha però anche avviato una sua personale strategia che il 6 aprile scorso ha fatto segnare un nuovo salto di qualità con il lancio del club En marche! (https://www.en-marche.fr). In corrispondenza con questo momento, Macron ha accentuato le prese di posizione polemiche nei confronti dell’esecutivo del quale fa parte e del presidente che, almeno ufficialmente, lo dovrebbe guidare. Insomma Macron sembra essersi trasformato in poco più di un anno e mezzo da risorsa del presidente Hollande per garantirsi, almeno sui temi economico-sociali, una copertura al centro e a destra, in uno dei più pericolosi competitors alla luce del livello sempre più basso di gradimento raccolto dall’inquilino dell’Eliseo. Un recente sondaggio commissionato dal quotidiano «Libération» parla del 38% degli intervistati che ritengono Macron un potenziale buon candidato per il 2017 e del presidente fermo all’11% di gradimento. Oggi non ha molto senso speculare su un’eventuale candidatura di Macron alle presidenziali della prossima primavera e in realtà l’ipotesi è più di scuola che reale. Al contrario può essere utile riflettere sul personaggio, per sottolinearne potenzialità leggi tutto

Due modelli di "nazione " si sfidano in Gran Bretagna

Giulia Guazzaloca - 28.04.2016

La Brexit, il Labour, il Leicester City

 

Se si guardano tre dati apparentemente distanti tra loro, soprattutto i primi due col terzo, può sorgere il dubbio che in Gran Bretagna stia tramontando la stagione del nazionalismo aperto e cosmopolita, accogliente e multiculturale, così come quella della sinistra liberal, all’americana, socialdemocratica e neoliberista. Il primo dato riguarda ovviamente l’accesa campagna del Vote Leave in vista del referendum sulla Brexit (l’uscita del Regno Unito dalla UE) previsto per il prossimo 23 giugno; anche se gli ultimi sondaggi rivelano che il 54% della popolazione sarebbe a favore della permanenza nell’Unione Europea, per molti mesi il divario tra favorevoli e contrari è stato minimo. La seconda novità è la svolta, ideologica e programmatica, che Jeremy Corbyn sta imponendo al partito laburista; eletto alla guida del Labour lo scorso settembre, si colloca molto più a sinistra di tutti i leader che l’hanno preceduto dal 1935 in poi, intende azzerare (o quasi) l’eredità di Tony Blair e Gordon Brown, afferma che «la Gran Bretagna può imparare da Karl Marx».

Il terzo elemento non ha a che vedere con la politica, ma è a suo modo sorprendente; sta facendo discutere gli esperti del settore di tutta Europa e in parte può essere visto come una sorta di riscossa dell’Inghilterra «profonda», operaia, lontana dai circuiti dei grandi mercati internazionali. leggi tutto