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Primarie a destra: l'Italia non è la Francia
Per la prima volta, i partiti del centrodestra francese stanno facendo scegliere agli elettori il proprio candidato all'Eliseo. Il primo turno di votazione si è svolto domenica 20 novembre. Accedono al ballottaggio François Fillon e Alain Juppé; l'ex Capo dello Stato Nicolas Sarkozy, invece, è giunto al terzo posto, quindi è rimasto escluso dal secondo turno (rimandiamo, per un approfondimento, all’articolo di Michele Marchi per Mentepolitica del 23 novembre scorso: "Primarie francesi 2016: un ciclone Fillon" (http://www.mentepolitica.it/articolo/primarie-francesi-2016-un-ciclone-fillon/1034). La partecipazione al voto è stata elevata (circa 4 milioni di elettori) anche considerando che si trattava della prima esperienza di elezioni primarie per questa area politica (i socialisti, invece, hanno adottato da anni questo metodo di selezione). Da tempo, in Italia ci si chiede se quel che resta della CDL sia in grado di organizzarsi non solo per costituire una coalizione o (cosa più difficile, se non impossibile) un "listone unico" da presentare alle elezioni, ma anche se sia possibile dar vita a "primarie" aperte agli elettori di area. Le difficoltà non sono di carattere organizzativo (o lo sono solo marginalmente) perchè il nodo è politico. In primo luogo, bisognerebbe stabilire se tutti i candidati sarebbero disposti ad accettare (come in Francia è avvenuto) di riconoscere il risultato sia pure in presenza di quel 23% di votanti leggi tutto
COP22: Molti proclami ma ancora poca azione
“Parole, parole, parole, soltanto parole, parole tra noi.” Può sembrare banale richiamare la canzone resa immortale dalla voce di Mina, ma è ciò che forse riesce meglio a sintetizzare i risultati della Conferenza ONU sul Clima di Marrakech (COP22) conclusasi nella notte del 19 novembre.
L'invito ad “agire”, riprodotto ovunque a Marrakech – dalle bandiere, sticker e banner appesi per strada o attaccati sui taxi e bus pubblici – e proclamato dal Ministro degli Esteri marocchino e presidente della Conferenza Salaheddine Mezouar, ha creato aspettative perché questa fosse la “COP dell'Azione”. Aspettative che hanno acquistato un significato particolare con la rapida entrata in vigore dell’Accordo di Parigi. Marrakech si è trovata ad ospitare infatti il primo meeting della Conferenza delle parti dell’Accordo di Parigi (CMA), l’organo chiamato a dare concretezza agli obiettivi di mitigazione, adattamento e finanza climatica sanciti l’anno scorso nella capitale francese.
Marrakech era chiamata ad attuare questo Accordo. Ma più che provvedimenti concreti, ha finito per fissare le procedure e il piano di lavoro per definirli. Doveva stabilire in quale modo i paesi monitoreranno i loro impegni per il taglio dei gas serra (Nationally Determined Contributions), doveva elaborare un piano di lavoro per lo sviluppo tecnologico e il processo di revisione dello stato di attuazione dell’Accordo. leggi tutto
Primarie francesi 2016: un ciclone Fillon?
Richiamando un contributo di circa un mese fa pubblicato su queste stesse colonne (http://www.mentepolitica.it/articolo/tocca-ad-alain-jupp/1013), sembra ora possibile affermare che ci si attendeva Juppé ed è invece comparso Fillon. Posto che proprio l’esito inatteso delle primarie del centro e della destra francese invita a non dare per scontato nemmeno il ballottaggio previsto per domenica 27 novembre, è possibile riflettere su alcune indicazioni emerse dall’interessante appuntamento transalpino.
La prima riguarda il carattere inatteso dei risultati, in particolare il 44% raccolto dall’ex Primo ministro François Fillon a fronte del 28% del super-favorito Alain Juppé. Più in generale la questione riguarda il complessivo fallimento della macchina dei sondaggi. Tra i molti errori commessi ve ne sono alcuni imperdonabili e altri meno gravi o perlomeno più giustificabili. Partendo da questi secondi si può rilevare che in realtà l’altissima partecipazione, oltre 4 milioni di votanti, era stata via via annunciata da molti, anche se non da tutti, gli istituti. In secondo luogo non erano mancati i richiami, corretti, alla volatilità di un elettorato “aperto” e spesso descritto come indeciso sino all’ultimo. Da questo punto di vista proprio la presenza di indecisi sino al giorno stesso del voto (5% circa) ma soprattutto sino ai leggi tutto
Entra in vigore l’Accordo globale sul Clima.
Questo 4 novembre 2016 segna la storia mondiale: entra infatti in vigore l'Accordo Globale sul Clima, approvato meno di un anno fa a Parigi. Questo è stato possibile dopo la ratifica, in tempo record, da parte di 55 Paesi responsabili del 55% delle emissioni globali di gas serra, requisito indispensabile per rendere l’Accordo operativo formalmente. Si tratta di una svolta storica nel tentativo di contrastare le cause antropiche e le conseguenze degli impatti dei cambiamenti climatici.
L’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi indubbiamente è un segnale positivo e che darà vigore alla Conferenza ONU sul Clima di Marrakech, che si terrà dal 7 al 18 novembre 2016. La città è in fermento. Pronta ad accogliere più di 20 mila partecipanti in arrivo da 196 paesi del mondo. Sugli oltre 300 mila metri quadrati di insediamento allestito alla maniera "berbera", con 55 tende bianche, si distinguono due zone principali, quella blu, che è la zona dell'ONU, e quella verde, dominio della società civile impegnata nella difesa dell'ambiente. Tra le migliaia di bandiere che segnalano la COP22, appese per le strade principali che portano dall'aeroporto al centro della città, ce ne sono molte con la scritta “Agire” in diverse lingue oltre che in arabo.
Ma tanti sono i nodi ancora leggi tutto
Governo in Spagna: i dolori dei socialisti e le novità della politica spagnola
Dopo più di trecento giorni, la Spagna pone momentaneamente fine alla propria crisi politica. In una convulsa sessione di investitura tenutasi nel Parlamento lo scorso sabato, Mariano Rajoy, leader del Partido Popular (PP), è stato nominato Presidente del Gobierno per la secondo volta, dopo la vittoria con maggioranza assoluta del 2011. Questa volta, però, le cose saranno più complicate per il partito di maggioranza relativa che ha raggiunto il proprio obiettivo solo dopo una dolorosa astensione del Partido Socialista Obrero Español (PSOE). Dopo mesi di discussione, stretto fra l’incudine di un improbabile governo con Podemos appoggiato dagli independentisti e il martello di un rischioso sostegno al PP, il PSOE si conferma il partito dal quale continua a dipendere buona parte della politica spagnola. Ma il percorso per arrivare a questo punto è stato alquanto tortuoso al punto che i problemi non paiono essere finiti qui.
Dopo la seconda elezione generale dello scorso giugno, il leader del PSOE Pedro Sanchez aveva deciso di mantenere la propria posizione negativa nei confronti di Mariano Rajoy, confermando che “No es No!” alla possibilita’ di favorire un governo popolare. Si moltiplicavano però le resistenze interne nei confronti del segretario, personificate dalla Presidenta dell’Andalusia Susana Diaz e dallo storico leader Felipe Gonzalez. leggi tutto
Tocca ad Alain Juppé?
Quindi sarà Alain Juppé a vincere le primarie del centro-destra francese? E di conseguenza avrà ottime possibilità di diventare l’ottavo presidente della Quinta Repubblica francese?
Almeno cinque elementi possono realisticamente far pensare ad un successo del sindaco di Bordeaux alle primarie di fine novembre, così da proiettarlo poi con ottime possibilità verso la vittoria alle presidenziali della primavera 2017.
Il primo dato è quello dei sondaggi. Juppé è costantemente in testa e, anche dopo l’avvio della campagna del suo competitor più temibile, l’ex presidente Sarkozy, questo trend non è mutato. Dopo alcune settimane di lieve flessione, i punti di distanza tra Juppé e Sarkozy si sono attestati sui 10-12, a suo favore. Si può dissentire sul valore di questi sondaggi, ma non si può discutere il fatto che la “dinamica” sia tutta a suo favore.
Un secondo dato importante è quello del numero degli eletti della destra e del centro che lo sostengono. Anche qui il trend è in aumento costante. Sono oltre seicento tra deputati ed eletti locali e il significato politico è evidente: si sceglie di stare accanto a chi oggi può offrire più garanzie di ri-elezione futura. Peraltro molti deputati di peso stanno sfilandosi dal campo di Sarkozy per avvicinarsi a quello che presumono sarà il “carro del vincitore”. leggi tutto
“La virtualità sta uccidendo l’informazione”
“Se il giornalismo vuole sopravvivere, deve abbandonare questo virtualismo e pensare a cos’è davvero una notizia. Altrimenti è destinato a morire”. È questo l’allarme di Silvia Finzi, Direttore del Corriere di Tunisi e presidente della sede locale della Dante Alighieri, nonché professore ordinario presso la Facoltà di Lingue e Letterature dell’Università di Tunisi. Cresciuta nel mondo del giornalismo e dell’editoria - suo padre Elia è stato fondatore e direttore del giornale fino al 2012, suo nonno Giulio, primo editore privato in Nord Africa - ha un’idea molto chiara della “malattia” che affligge l’attuale sistema dell’informazione.
Finzi, com’è cambiato l’approccio al giornalismo negli ultimi anni?
La gente legge sempre meno. Questo è un fatto. Un tempo, anche le persone di livello culturale medio-basso compravano il giornale. Adesso non lo compro più neanch’io, perché non ci trovo nulla in più rispetto a quanto trovo su internet. Non è una novità. Bisognerebbe, invece, indagare le cause.
Secondo lei, come è successo?
Il problema del giornalismo di oggi è l’eccesso di virtualismo. Provoca uno straniamento dalla realtà: l’annuncio di una bomba che fa migliaia di morti e leggi tutto
Luci e ombre della pubblicizzazione del privato.
Una prova recente dell’avvenuta contaminazione tra politica e spettacolo è sicuramente venuta dagli USA con la candidatura di Donald Trump. Se il modello di Trump è quello del reality show (in linea con il suo famoso programma « The Apprentice », nel quale l’elemento centrale è quello della gara), altrove il terreno di incontro tra politica e cultura pop sembra essere piuttosto quello dell’intimizzazione, ovvero la politicizzazione della vita privata dei politici.
In Francia, ad esempio, da tempo la politica è caratterizzata dal fenomeno della « peopolizzazione » (qui la parola « people» indica la gente famosa, soprattutto star dello spettacolo e dello sport). Almeno a partire dall’elezione presidenziale del 2007, nella quale i due sfidanti Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal erano divenuti protagonisti della stampa popolare, il privato del politico è fortemente mediatizzato, sia in forma consensuale – cioè sono i politici che rivelano sé stessi in dichiarazioni e interviste – sia in forma non consensuale – dettagli e situazioni della loro sfera personale sono resi pubblici su iniziativa dei media.
Dall’Ungheria alla Colombia, i rischi della logica referendaria
Due storie profondamente diverse, che arrivano da luoghi separati da poco meno di diecimila chilometri. Eppure, a ben guardare, due storie che presentano similitudini interessanti e preoccupanti da non sottovalutare per il bene di tutti, a qualunque latitudine.
L’inizio di ottobre è stato segnato dal più capzioso dei referendum, organizzato dal Primo Ministro ungherese Orban per consentire al suo popolo di esprimersi – ovviamente per rigettarlo – sul sistema delle quote stabilito in sede UE per la ricollocazione dei rifugiati nel continente. L’intera operazione si è risolta in un imprevisto e fragoroso fiasco: una partecipazione al voto ben al di sotto del 50% ha portato all’annullamento del risultato, seppure il 98% dei voti abbia espresso il consenso alle intenzioni del governo. Col consueto piglio autoritario, Orban si è affrettato a ridimensionare il significato dell’astensione, a dichiararsi vincitore, ad avvisare Bruxelles che dovrà comunque tenere in conto l’espressione della volontà del popolo ungherese, e ad annunciare che introdurrà comunque una riforma costituzionale per riaffermare l’esclusiva competenza statale sulle quote di accoglienza. Una riforma che un alto rappresentante del suo partito ha giustificato con la necessità di difendere anche i milioni di ungheresi che hanno disertato le urne perché, evidentemente, non hanno compreso la gravità della posta in gioco. leggi tutto
House of Cards e Luigi XIV: la politica europea dopo il vertice di Bratislava
Frank J. Underwood, indimenticato protagonista della serie americana House od Cards, all'inizio della prima stagione lo spiega con ammirevole chiarezza: l'importanza acquisita si misura in base alla vicinanza (fisica) col cuore del potere. In Europa, il potere ha da qualche tempo un nome più ricorrente di altri: Germania. Dev'essere dunque in base a questo elementare principio politico che l'Italia di Matteo Renzi, dopo la rottura al vertice di Bratislava con l'asse franco-tedesco (o quel che ne rimane), non si è vista recapitare l'invito per l'incontro del 28 settembre tra François Hollande, Angela Merkel e Jean-Claude Juncker. Una risposta, o per meglio dire un messaggio per buoni intenditori, che dice molto dei guai in cui versa l'Unione, evidentemente incapace di muoversi oltre una navigazione di piccolo cabotaggio. Lo schema è più o meno il seguente: chi non si allinea agli orientamenti di Berlino viene posto ai margini. Chi li accoglie ha il privilegio di accomodarsi, almeno in apparenza, alla tavola del potere continentale: un onore che può essere speso a uso interno, comunicando ai propri elettori la "nuova rilevanza" assunta in sede comunitaria. Perché a questo si è ridotta l'Unione: a una recita, funzionale agli interessi nazionali. O, leggi tutto