Ultimo Aggiornamento:
22 marzo 2025
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Renzi 2, la vendetta?

Paolo Pombeni - 21.07.2015

Perdonateci il titolo pop, ma la battuta circola e in effetti esprime una certa sorpresa per l’accelerazione che Renzi ha impresso ad una fase politica che rischiava di eroderne la leadership. Difficile negare che l’intervento all’assemblea nazionale del suo partito abbia un forte valore simbolico: significa che il segretario vuole riprendere in mano quello che è il suo punto debole e verificare se “la ditta” ha davvero la forza se non per disarcionarlo, per scavargli giorno dopo giorno la terra sotto i piedi.

La strategia che Renzi ha messo in campo è di quelle da sfida finale. Innanzitutto ha lanciato un programma che arriva fino al 2018, fine naturale della legislatura. Siccome è basato su proposte precise e non su generici impegni, chi lo farà saltare prima si assumerà la responsabilità di impedire che le riforme annunciate vadano in porto.

La forza di questo progetto è nell’estrema concretezza delle proposte: non solo alcune riforme (qualcuna tipo quella sulle unioni civili giusto per schermarsi a sinistra), ma tre passaggi assai impegnativi e precisi: prima abolizione dell’IMU sulla prima casa; poi riforma di IRES e IRAP (un’apertura alle imprese); infine la revisione degli scaglioni dell’IRPEF. E’ una sfida molto chiara non solo ai suoi avversari interni, ma anche alle opposizioni: vuole accreditare il PD sotto la sua guida come il partito che farà le riforme che nessuno è riuscito a fare. leggi tutto

L’Europa, la Grecia, l’Italia e la crisi della politica

Paolo Pombeni - 16.07.2015

Non siamo di quelli portati a farci coinvolgere negli improbabili paralleli storici a cui si abbandonano commentatori disinvolti: la situazione attuale non ha nulla a che fare né con la “pace cartaginese” verso la Germania del 1919 (l’espressione è di Keynes) né men che meno col trattamento della Germania dopo il 1945. Bisognerebbe ricordare che, per esempio, nell’ultimo caso la Germania ebbe condonati i debiti di guerra, ma a prezzo dell’occupazione, dello smembramento e della lunga perdita di sovranità internazionale, cose che ovviamente nessuno può pensare di applicare alla Grecia di oggi.

Tuttavia soffermarsi su queste tematiche è perdere tempo, perché la questione è piuttosto diversa ed è meglio cercare di delinearne i tratti, uscendo da un modo di guardare alla politica internazionale come se si trattasse di una società di opere caritatevoli e umanitarie. Ciò che impressiona nel leggere quanto scrivono anche personaggi autorevoli è la debolezza delle analisi politiche: sembra che nessuno abbia più seguito qualche lezione di politica internazionale o anche solo di storia internazionale.

Tanto per dire, abbiamo letto su “Foreign Policy” un’analisi sul comportamento tedesco scritta da Philippe Legrain, che è stato consigliere economico di Barroso, in cui si attacca la Merkel con argomenti forse plausibili da un punto di vista strettamente economico (la Grecia non è in grado di sostenere la “cura” che le si impone), ma insostenibili se appena si prende in considerazione il contesto politico in cui sono maturate le decisioni dei vertici europei. leggi tutto

La vittoria di Pirro

Paolo Pombeni - 07.07.2015

Al netto dei fanatismi delle fazioni di tifosi in campo quella di Tsipras e compagni è la classica vittoria di Pirro (altro che democrazia della Grecia antica!). Tecnicamente il ricorso al referendum popolare sulla base di una domanda ambigua e con un settimana di preparazione è una classica mossa di natura “bonapartista”: chissà se i “sinistri” di casa nostra hanno mai letto il classico testo di Marx al proposito. Un risultato diverso avrebbe richiesto una consapevolezza popolare quasi eroica e soprattutto qualche prospettiva per il futuro che Tsipras ha impedito fosse vista e che purtroppo la mancanza di una leadership europea unitaria ha impedito che ci fosse.

Detto questo, il futuro che si apre è davvero un mare ignoto. Diciamo subito che è vano ragionare semplicemente su quel che succederà “adesso”. Fatti come quello di cui ci stiamo occupando hanno effetti che si dipanano in un periodo medio-lungo.

Se la UE cederà al ricatto populista di Tsipras grazie all’alleanza che questi pensa di avere dagli USA e dalla Cina lo vedremo nei prossimi giorni. Certo Obama è preoccupato per un possibile indebolimento del fronte sud della Nato, considerando la posizione sempre più ambigua della Turchia e le turbolenze nell’area mediorientale. La Cina teme per un indebolimento se non collasso dell’euro visto che ha da tempo puntato su questa moneta come moneta di riserva per bilanciare il potere del dollaro. Entrambi dunque non vedono di buon occhio un default greco. leggi tutto

La sfida del populismo (greco) e l’Italia

Paolo Pombeni - 30.06.2015

La decisione del governo Tsipras di drammatizzare all’eccesso l’esito di un negoziato che per il suo paese era impossibile vincere risponde al momento difficile che i populismi di ogni colore hanno imposto all’Europa. Infatti, al di là di ogni considerazione sui tecnicismi della faccenda, ciò che ha condizionato a fondo questa partita è stato il fatto che ogni paese era prigioniero delle pulsioni populiste che dominano la propria opinione pubblica. L’Italia non fa eccezione, anche se da noi, come vedremo, la situazione ha peculiarità non riscontrabili altrove.

La rappresentazione del conflitto fra il governo greco e quelli europei è piuttosto semplice da riassumere: le opinioni pubbliche europee difficilmente avrebbero accettato che la Grecia ottenesse non solo una sanatoria su un passato di finanza allegra, ma una licenza a continuare ad elargire privilegi che negli altri paesi sono stati cancellati. Tsipras dal canto suo non poteva accettare di venire smentito nelle promesse elettorali che irresponsabilmente aveva elargito al suo popolo, cioè che si potesse cavarsela molto a buon mercato rispetto ai guai fatti in precedenza (senza parlare della forza che non ha per imporre un freno all’evasione e comunque ai privilegi  fiscali).

Si può mettersi a fare delle riflessioni articolate sulla perfetta aderenza alla realtà di questa rappresentazione, ma in politica le rappresentazioni contano nella loro capacità di semplificazione. Per tutti i leader europei era di fatto impossibile concedere a Tsipras quella vittoria che reclamava, perché avrebbe significato, oltre tutto, l’aprirsi di una domanda generalizzata di misure di assistenzialismo economico-fiscale che avrebbero fatto naufragare la stentata ripresa economica in atto. leggi tutto

In un mondo che cambia

Paolo Pombeni - 23.06.2015

Il nervosismo della politica italiana non va sottovalutato. Innanzitutto perché in politica il nervosismo è un pessimo consigliere. In secondo luogo perché esso è la spia più efficace di una situazione che non si riesce a dominare.

In effetti i segnali se non di un cambiamento epocale, di una fase nuova della politica italiana si moltiplicano. Per esempio non abbiamo visto prestare la dovuta attenzione al fatto che la destra italiana abbia attaccato direttamente i vertici della Chiesa Cattolica. Non solo Salvini, fedele alla truculenta immagine del suo personaggio, ha attaccato il pontefice, ma un personaggio che aveva fama di “dialogante” come il governatore della Liguria Toti ha attaccato il presidente della CEI. Per carità, alla vecchia immagine della destra come “Dio e patria” si è rinunciato da tempo, visto che la patria non si sa più bene cosa sia e che quanto a Dio vale quel che era cantato in una vecchia canzone dei Gufi (quelli del cabaret, non quelli di Renzi), “tutti andiamo in chiesa a pregare Dio /ma tu ti preghi il tuo ed io mi prego il mio”.

Detto questo, vedere però la caduta di un vecchio tabù per cui i partiti di destra facevano mostra di presentarsi come i difensori della cristianità qualche riflessione deve suggerirla. Siamo di fatto in presenza non del tentativo di ricostruire il rassemblement dei “moderati” come in fondo aveva fatto, per decenni con successo, il Berlusconi dei vecchi tempi, ma della nascita di una nuova destra fondata sulla proposta che sia possibile resistere in maniera radicale al cambiamento dei tempi che ci troviamo di fronte. leggi tutto

E adesso?

Paolo Pombeni - 18.06.2015

Non sappiamo se la polvere delle risse interpretative sull’andamento della tornata elettorale si sia posata tanto da consentire un ragionamento, ma ci proviamo. In effetti la situazione non è semplice da decifrare, ma la sensazione è che quanto è avvenuto fra il 31 maggio e il 14 giugno potrebbe segnare un giro di boa nella vicenda di quella che ormai si avvia ad essere la Terza Repubblica.

Le interpretazioni, come era prevedibile e come è costume, divergono. A noi non sembra ragionevole attribuire alcuni macroscopici fallimenti del PD all’effetto dei provvedimenti sul lavoro e sulla scuola. Non si vede perché a Venezia, o in Veneto, o in Liguria ci siano ragioni particolari per spiegare come qui quei provvedimenti abbiano affossato il progetto renziano, mentre in Campania o alle regionali toscane questo non sarebbe avvenuto. Cavarsela dicendo che in quei casi hanno prevalso “fattori locali” è una contraddizione in termini, perché non si capisce perché negli altri casi i fattori locali avrebbero dovuto invece sparire per lasciare il posto a dinamiche nazionali.

Altrettanto poco credibile è la favola della rinascita della “destra dei moderati”. A parte il successo della Lega di Salvini, che “moderata” proprio non è, Berlusconi non è mai entrato in campo in questa competizione, né si può dire abbiano giocato alcun ruolo i suoi uomini. Certo gli elettori che in passato hanno fatto la fortuna di quella componente hanno in una certa quantità alimentato le alternative “civiche” al potere locale della sinistra, ma questo è stato più un comprensibile riflesso condizionato di chi comunque non voleva arrendersi a cambiare campo che non una prova di fiducia nelle vecchie leadership a cui i “civici” hanno accuratamente evitato di fare riferimento. leggi tutto

La lezione di Venezia

Paolo Pombeni - 16.06.2015

Come è triste Venezia … per il PD, ma in generale potrebbe suggerire utili riflessioni su quel che sta succedendo nel sistema politico italiano.

Innanzitutto quanto è avvenuto mostra che oggi la antica presunzione per cui l’astensionismo favorirebbe la sinistra non regge più. Un tempo la presunzione era che a disertare le urne fossero più che altro i “moderati”, mentre la sinistra, che si supponeva a forte base di militanza, non mancava mai di andare al voto. Nel caso veneziano non è evidentemente andata così, perché in realtà a disertare il voto al secondo turno si suppone sia stato l’elettorato grillino, che è superficialmente identificato con la sinistra. Superficialmente, perché in realtà si tratta di un movimento che sfugge alle consuete attribuzioni ideologiche e con cui dunque è molto difficile fare i conti. Quelli che si sono illusi che alla fine si potessero costringere nei vecchi recinti sarà bene si ricredano.

La seconda lezione da trarre è che i candidati contano per il loro radicamento sul territorio, per la loro capacità di essere accettati da una comunità vasta di persone e non per le loro perfomance nei vari noiosissimi talk show e per le polemichette sui giornali. Lo si è visto anche in altri contesti, ma a Venezia è stato quasi emblematico: l’illusione che bastasse puntare su qualche slogan che va per la maggiore (magistrato contro la corruzione, antirenziano, amico dei grillini, ecc.) è miseramente naufragata. leggi tutto

Rischio implosione

Paolo Pombeni - 11.06.2015

L’implosione viene definita un collasso verso l’interno esattamente al contrario dell’esplosione. E’ quanto sta rischiando in questi giorni la politica italiana, in una specie di coazione a ripetere quanto avvenne con Tangentopoli negli anni Novanta.

E’ l’effetto di una serie di pressioni circolari dall’esterno del sistema politico che scatenano il liberarsi di energie (malsane?) interne che mandano all’aria gli equilibri che si è tentato di costruire nell’ultima fase della nostra crisi politica. Che poi questa fase stesse forse per dare il via ad una sia pure al momento modesta inversione di tendenza è un fattore che rende il tutto ancora più drammatico.

Le pressioni esterne sono state più volte ricordate anche in questa sede: discredito dei poteri pubblici, specie quelli locali (drammatizzato dall’esplodere del marciume di “mafia capitale”); pressione pesantissima delle ondate migratorie che superano i limiti di ordinaria gestibilità; situazione internazionale precaria a cui si aggiunge un declino delle capacità stabilizzatrici dell’Unione Europea. Paradossalmente non si aggiungono, al momento, fattori di peggioramento della crisi economica, cosa che renderebbe il tutto ingestibile, perché al contrario una serie di eventi favorevoli consentono di sperare in una ripresa.

Il problema è come reagiscono a queste circostanze le forze politiche. Sappiamo tutti che questo contesto è favorevole al populismo, cioè ai venditori di rinascite a buon mercato affidate a progetti fantasiosi che appaiono, ma non sono risolutivi. Facciamo un esempio banale: le proposte di risolvere il dramma delle migrazioni dall’Africa con l’impianto di strutture di intervento ONU nei paesi di partenza. leggi tutto

Quando i politici scherzano col fuoco

Paolo Pombeni - 09.06.2015

Mentre scriviamo non sappiamo cosa Renzi dirà alla direzione del PD, mentre quando i nostri lettori avranno davanti questo articolo lo conosceranno. Di conseguenza non ci avventuriamo a fare congetture su quella che sarà la posizione del premier-segretario (i retroscena pubblicati sono molti, ma ci fidiamo il giusto), tentiamo piuttosto un’analisi del contesto in cui ci troviamo. Il quale contesto, lo diciamo subito, è molto preoccupante, ma lo è ancor di più se si prende in considerazione il cinismo suicida con cui ci speculano sopra troppi politici.

Partiamo come è ovvio dall’emergenza immigrazione. Si tratta di un esodo biblico, ormai questa è una analisi comune e condivisa. A noi come paese, per banali ragioni geografiche, tocca la sorte di essere il terreno di approdo di questa massa di disperati. L’Europa non è in grado di mettere in campo una risposta politica e sociale a questa emergenza e ciò può essere spiegato con varie ragioni, ma soprattutto con la paura dei governi di fronte ad opinioni pubbliche che di accoglienza (difficile) non vogliono sapere.

La campagna scatenata dalla Lega e dai suoi governatori di regione (a cui si è accodato subito il neoeletto Toti, dalla cui intelligenza politica ci si poteva aspettare qualcosa di meglio) è in questo contesto vergognosa. Non si tratta solo di rimarcare il populismo xenofobo di Salvini che trascina con sé i suoi compagni. leggi tutto

L’Università dimenticata

Paolo Pombeni - 04.06.2015

Va bene che la ministra Giannini sia impegnatissima con la riforma della scuola (peraltro con risultati poco brillanti), ma il suo disinteresse verso una regolare routine delle scadenze di vita dell’università italiana è veramente riprovevole. Dimostra, se ce ne fosse bisogno, che il Ministero funziona male, perché il primo requisito di una buona amministrazione è la capacità di gestire con regolarità le scadenze. Naturalmente si potrebbe aspettarsi qualcosa di più: che so, uno straccio di prospettiva strategica sullo sviluppo del nostro sistema di istruzione superiore, una qualche idea su come implementare le capacità del sistema di ricerca, un pensierino al tema del turn over dei docenti vista l’età media di questi.

Intanto però ci accontenteremmo di una gestione responsabile di alcune scadenze che non sono proprio cosette da nulla.

La prima è la valutazione del sistema della ricerca. Da mesi si vocifera nei corridoi che sta per partire la famosa valutazione ANVUR, i responsabili di questa agenzia ci informano negli incontri che dal loro punto di vista da tempo è tutto pronto, ma la valutazione non parte. Sappiamo tutti che contro questa modalità di valutazione ci sono molte opposizioni (corporative). Come sempre in Italia, la valutazione a parole la vogliono tutti, ma in concreto non ce ne è mai una che vada bene. leggi tutto