Ultimo Aggiornamento:
22 marzo 2025
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Rispetto delle culture e caricatura del rispetto

Paolo Pombeni - 01.12.2015

La polemica sulla presunta iniziativa del preside di un Istituto di Rozzano, Marco Parma, che è accusato di voler soprassedere alle celebrazioni del Natale con riferimenti al cristianesimo per rispetto delle altre religioni è la triste dimostrazione dell’incultura in cui siamo caduti. Tanto i difensori della presunta  preside  quanto le forze politiche che lo hanno contestato ne sono pervasi.

Va però notato che questa iniziativa che il preside Parma ha smentito arriva dopo un certo can can mediatico a seguito di altre iniziative simili che c’erano state in passato e dopo che la faccenda è stata lasciata correre anche troppo.

Non è una questione di religione, è una questione di storia e cultura e ci permettiamo di dire che alcuni rappresentanti della Chiesa Cattolica sbagliano nel non prendere le distanze da troppi interessati difensori delle radici cristiane, che lo fanno solo per speculazione politica (e che non sono credibili come difensori della fede e della civiltà).

Chiediamoci invece perché coloro che credono di essere all’avanguardia quando vorrebbero abolire una tradizione per il presunto rispetto di quelli che non ci si riconoscono sono semplicemente delle persone senza cultura che per di più mettono a rischio una delle più grandi conquiste dello sviluppo culturale dell’occidente, cioè il pilastro della “tolleranza”. La risposta è abbastanza semplice, ma purtroppo raramente viene sviluppata. leggi tutto

Le amministrative e la crisi dei partiti

Paolo Pombeni - 24.11.2015

Quel che sta accadendo in vista delle prossime elezioni amministrative di primavera è emblematico della crisi in cui versano i partiti politici italiani, almeno quelli che hanno le loro radici nel sistema politico della prima repubblica. Se si eccettuano le due formazioni che non sono inquadrabili in quell’orizzonte, la Lega Nord e il Movimento Cinque Stelle, tutti gli altri si trovano in notevoli difficoltà ad indicare veri candidati per il governo delle grandi città.

Non è un fatto da sottovalutare, perché la tradizione politica italiana ha sempre visto nei maggiori “municipi” uno dei fulcri del sistema, magari raramente per il lancio di personalità destinate poi ad importanti carriere nazionali, ma più spesso per elevarli a laboratori degli sviluppi futuri ed a vetrine dei loro modelli di raccolta del consenso. E’ stato così specialmente per la sinistra, che aveva in quegli ambiti la possibilità di mostrare la sua capacità di essere alternativa di governo, ma anche la vecchia DC aveva una sua robusta tradizione municipale.

Oggi è sotto gli occhi di tutti quanto i grandi partiti siano spiazzati dall’incombere di queste competizioni e quanto siano timorosi di vedersi scavalcati dalla concorrenza proprio di Lega e M5S.

Ciò potrebbe apparire più facilmente spiegabile per il vecchio blocco berlusconiano, perché si tratta di una ulteriore prova della sua crisi irreversibile.  leggi tutto

La politica in Italia dopo la strage di Parigi

Paolo Pombeni - 19.11.2015

I recenti attentati terroristici di Parigi che riflessi avranno sulla politica italiana? La domanda circola, ma la risposta è tutt’altro che facile. Innanzitutto perché non sappiamo ancora se quel che è accaduto è un episodio destinato a rimanere circoscritto o se sarà l’inizio di una “campagna” (per usare un vecchio termine politico-militare) che si estenderà nel tempo e che avrà una sua logica e una sua strategia di lungo periodo. Ovviamente l’uno o l’altro scenario cambierebbe non poco le coordinate dell’evoluzione della nostra politica.

Al momento abbiamo solo visto in Italia un sistema che ha reagito su un doppio binario: una certa capacità di dominio degli eventi da parte del governo, un populismo sciatto e provinciale nelle opposizioni. Queste ultime ovviamente hanno offerto tutto uno spettro di comportamenti: dalle intemerate da talk show di Salvini (ma ormai ci siamo abituati: oltre quello sembra non riesca ad andare), alle vaghezze dei Cinque Stelle (ritirare i soldati dall’Afghanistan è un non senso), alla sostanziale incapacità di presenza dell’arcipelago berlusconiano (il mantra del “coinvolgiamo la Russia” non è molto originale).

Bisogna invece riconoscere che Renzi è stato in questo caso particolarmente sobrio: ha evitato qualsiasi tono enfatico, ha sottolineato passaggi di buon senso (evitiamo di creare una Libia bis), ha dato l’impressione che si deve lavorare molto a livello di relazioni internazionali lasciando perdere gli annunci ad effetto. Va aggiunto che lo hanno sostenuto bene anche i principali ministri: serio e credibile Gentiloni, ma lo stesso Alfano, chiuso il pollaio polemico con Salvini (che poteva risparmiarsi), ha illustrato prese di posizioni equilibrate e realistiche. leggi tutto

Le amministrative e l’Italicum

Paolo Pombeni - 12.11.2015

Che le amministrative siano un test cruciale per Renzi è stato detto e ripetuto un po’ da tutti, commentatori indipendenti, alleati ed avversari del premier. Lui lo sa e si capisce che lo sa, anche se a volte afferma che il loro esito non avrà conseguenze sul governo. Questo può darsi, perché la sopravvivenza del governo dipende dalla maggioranza parlamentare e poiché farlo cadere significa andare ad elezioni anticipate non è improbabile che si cerchi di trovare il modo di tirare avanti. E’ invece impossibile che l’esito delle amministrative di primavera sia privo di impatti sul sistema, e cioè sulla centralità della leadership renziana e del disegno complessivo che la sostiene.

Il fatto è che il meccanismo delle elezioni comunali assomiglia terribilmente a quello dell’Italicum: è una competizione attorno ad un candidato che vince o perde a seconda del consenso che si “accumula” attorno alla sua persona. Se non ce la fa subito deve vedersela al ballottaggio e anche quello è un passaggio rivelatore.

Molti osservatori sottolineano come a fronte di un alto gradimento che Renzi riscuote nei sondaggi il PD resti inchiodato alla sua percentuale storica intorno al 32-33%. E’ un fenomeno noto in politica: per citare un esempio famoso, Churchill nel 1945 perse a sorpresa (era il “vincitore” della II guerra mondiale!) a favore dei laburisti perché personalmente era stimatissimo dall’opinione pubblica, mentre invece i conservatori apparivano un partito poco affidabile. leggi tutto

Un passo avanti verso la Terza Repubblica?

Paolo Pombeni - 10.11.2015

Su cosa sia veramente successo con la manifestazione leghista del 8 novembre a Bologna si discute già e si discuterà ancora per un po’ di tempo. Si sommano elementi simbolici, strategie politiche precise e l’avventurismo politico tipico di questi tempi. Tutto sommato però azzardiamo si possa pensare ad un deciso passo avanti verso la terza repubblica.

L’elemento simbolico è di rara complessità. Il primo livello, quello più semplice, è la decisione di portare il leghismo nel cuore della “città rossa”. Naturalmente si potrebbe discutere su quanto Bologna oggi sia adatta ad incarnare ancora quel simbolo, soprattutto nella declinazione che ne da il lepenismo di Salvini, ma a sostenerlo nella sua rappresentazione ci pensano gli “antagonisti”, che peraltro non sono bolognesi, ma legati alla sua natura di città universitaria che calamita giovani da tutta Italia. Poi però Bologna è, ad un livello di simbologia più raffinata, la città di Prodi e dunque dell’Ulivo. Accanto a questi simboli legati alla location, come si usa dire oggi, ci sono i simboli dell’evento: l’accorrere di Berlusconi e della Meloni alla corte di Salvini, davanti alle sue truppe schierate, a cui i due non possono portare che qualche battaglione di complemento (magari ancora attardato a fare il saluto fascista – liturgia estranea al Salvini lepenista). leggi tutto

C’è davvero una crisi nel PD?

Paolo Pombeni - 05.11.2015

L’ennesima fuoruscita di parlamentari dalle fila del Partito Democratico testimonia la reale crisi di una parte almeno di quel partito o più semplicemente è il frutto di una selezione approssimata di classe dirigente operata da Bersani in vista delle passate elezioni politiche, quando nell’ottica di mostrare quanto era ampio il bacino di riferimento si arruolarono tutti quelli che si pensava potessero “fare opinione”?

La domanda ci sembra legittima nel momento in cui coloro che abbandonano le sponde a cui sono approdati grazie a meccanismi più di cooptazione dal centro che di spinta del consenso popolare giustificano la loro decisione con il disagio a stare in un partito che, a loro dire, ha cambiato DNA, ha avuto una mutazione genetica. Infatti in quest’ottica il PD non sarebbe più un partito “di sinistra”, ma un partito “di centro” (o “della nazione” secondo una formuletta il cui vero contenuto è assolutamente oscuro a tutti, compreso a colui che lo ha distrattamente messo in campo).

Ora, se si pensa alla storia da cui origina il PD, è piuttosto difficile sostenere che essa avesse per obiettivo la creazione di un partito “di sinistra” così come è inteso dai fuorusciti che, non a caso, vanno tutti ad approdare nell’estrema con l’ipotesi di fondare una cosiddetta “cosa rossa” con SEL e compagni. leggi tutto

L’enigma del “civismo” nella politica italiana

Paolo Pombeni - 03.11.2015

Adesso sembra che lo cerchino tutti: il candidato “civico” è diventato l’asso nella manica di un sistema politico in crisi profonda. Anzi c’è già chi, vedi Alfio Marchini a Roma, si è appropriato della targa e la presenta come un’alternativa tanto alla destra quanto alla sinistra. Per sovrappiù si dice che lo stesso M5S nella battaglia per il sindaco della capitale si starebbe orientando su una personalità esterna al suo movimento (circola, non sappiamo con quale fondamento, il nome del giudice Ferdinando Imposimato). Naturalmente una simile caccia al “civico” sembra in atto per Milano e Napoli, ma forse anche per altre città che devono andare al voto.

Il fenomeno merita qualche riflessione. La prima, se non si ha la memoria corta, potrebbe riguardare quel fenomeno che in passato è stato etichettato come “americanizzazione” dei nostri partiti. SI ritiene infatti che negli USA i candidati vengano presi dalla società civile, perché in quel contesto i partiti sono macchine elettorali che non hanno le sezioni, la vita sociale permanente e insomma quelle caratteristiche che erano tipiche dei nostri tradizionali partiti di massa. Le cose sono come sempre più complicate, ma certamente in quel contesto ad ottenere le candidature non sono segretari o funzionari di partito, che lì o non esistono o si occupano appunto della “macchina organizzativa” e non sono titolari di un diritto a ricoprire le cariche politiche rilevanti. leggi tutto

Renzi: serve il classico “chiarimento politico”

Paolo Pombeni - 29.10.2015

A fronte di una situazione che sembra impazzita servirebbe proprio impostare quello che una volta si chiamava “un chiarimento politico”. Perché ci pare difficile si possa andare avanti con un panorama che rischia di diventare la classica notte nera in cui tutte le vacche sono nere.

Vediamo di mettere in fila alcune considerazioni. Partiamo dalla puntata attuale della soap opera Marino. Adesso il sindaco, dimissionario ma non troppo, accentua la sua immagine di novello tribuno e il PD romano non pare in grado di prendere una solida posizione sul suo caso. Certo in un clima in cui tutti temono per il proprio futuro, visti i foschi responsi dei sondaggi, domina il dire e non dire, il dissimulare senza mettersi in urto con la dirigenza nazionale del partito, ma resta il fatto che a contrastare l’agitazione mediatica del novello Cola di Rienzo non c’è alcuna autorevole controparte.

Passiamo alla situazione interna al PD nazionale. Ogni scusa è buona da parte della minoranza per dare contro al governo. Non si tratta di diversità di posizioni sempre legittime, si tratta della strumentalizzazione di qualsiasi episodio. Il grido dell’on. Speranza,”giù le mani dalla dr. Orlandi”, era abbastanza surreale, visto che: a) il governo, almeno ufficialmente, non aveva sfiduciato la direttrice dell’Agenzia delle Entrate; leggi tutto

Renzi alla prova della stabilità

Paolo Pombeni - 27.10.2015

Sembra un gioco di parole, ma il nuovo nome della legge finanziaria, che ora, come si sa, si chiama legge di stabilità, è molto appropriato per sottolineare il delicato momento che attraversa il governo Renzi. Infatti sembra che le sue opposizioni “interne” non demordano dal tentativo di azzopparlo (che lo facciano le opposizioni “esterne” fa parte ovviamente delle regole del gioco, anche se forse dovrebbero chiedersi quanto queste mosse siano convenienti per loro).

Come sanno tutti quelli che hanno pratica di queste cose, la ex “finanziaria” è uno dei momenti peggiori nella gestione della politica nostrana: alla fine il confronto su di essa assomiglia più ad un suk arabo che ad una ragionevole gestione dei bisogni economici del paese. La relativa novità è che oltre al solito gioco del lobbismo, che c’è ma che si tende a non far vedere, oltre alle manovre delle burocrazie ministeriali che infilano nel testo qualche veleno a traccia delle loro idiosincrasie e lotte di potere, questa volta assistiamo da uno scontro che chiamare ideologico è nobilitare inutilmente una manovruccia politica.

Fallito il tentativo di accendere le passioni sull’esenzione da IMU e TASI di castelli e ville (scomparsa), adesso la battaglia si sta concentrando sull’evocazione di un altro spettro: l’innalzamento del limite dell’uso del contante a tremila euro. leggi tutto

Cosa succede tra Roma e Bruxelles?

Paolo Pombeni - 22.10.2015

Lo scambio aspro di opinioni (chiamiamole così) fra Roma e Bruxelles merita qualche considerazione perché a nostro avviso è una ulteriore spia della crisi che attraversa l’Unione Europea come istituzione. Non andiamo lontani dal vero se lo inquadriamo nell’eterna questione dello scontro fra “sovranisti” e “comunitaristi”, cioè fra coloro rifiutano di considerare Bruxelles come il potere para-federale a cui le nazioni sovrane devono far riferimento e coloro che invece quel potere vorrebbero vedere riconosciuto e se possibile rafforzato.

Naturalmente non ci sfugge che questo rizzar di code nelle euroburocrazie arrivi perché si sta parlando di Italia. Nulla di simile si era visto contro interventi ben più significativi che si rifacevano alla sovranità nazionale da parte della Gran Bretagna o della Corte Costituzionale tedesca. Ad essere maligni verrebbe da pensare che dipenda dal peso che le rappresentanze di quei paesi hanno nella alta burocrazia europea dove invece gli italiani sono sottorappresentati (e secondo alcuni molto timidi nel reclamare le loro radici nazionali). Noi non vogliamo far peccato e col rischio di sbagliarci respingiamo questa ipotesi e più banalmente osserviamo che quei paesi hanno un peso politico maggiore del nostro.

Ci interessa di più promuovere una riflessione su una ragione profonda di questo scontro fra i burocrati di Bruxelles e i politici di Roma. Si sarà notato l’imbarazzo dei vertici della commissione che sono di estrazione politica, i quali si sono esibiti nel funambolico gioco di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. leggi tutto