Ultimo Aggiornamento:
09 luglio 2025
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Renzi alla prova della scuola

Paolo Pombeni - 16.05.2015

I suoi nemici sperano che la scuola sia la Waterloo di quello che vedono come una specie di nuovo piccolo Napoleone. Forse anche Renzi si vede così, ma pensa piuttosto, per continuare con questi improbabili paragoni, che possa essere la sua Austerliz. Di fatto è un terreno su cui si misura il rapporto profondo fra riforme e paese.

Il paese è in questo caso rappresentato da tre componenti: gli insegnanti, le famiglie, gli studenti. Ciascuna di esse è in realtà un agglomerato ed è anche fatica considerarle in una prospettiva unitaria, ma emblematicamente possiamo farlo per tentare di capire. Sono esse che si misurano con il problema di riformare un sistema, quello dell’istruzione, sul cui stato di salute assai malandato convengono tutti. Peccato che non appena si tenta di mettere mano ad una qualche riforma il solito timore della scelta inutile fra la padella e la brace blocchi ogni capacità di ragionare.

Gli insegnanti rappresentano in questo frangente l’universo più difficile da conquistare. Sono contemporaneamente vittime di una situazione di estrema difficoltà ed oggetto di una solidarietà sociale del tutto pelosa. La situazione difficile è data, oltre che da un sistema retributivo certo poco adatto a sostenere il ruolo che si continua a dire essi dovrebbero rivestire (da cui, per esempio, una forte femminilizzazione della professione, leggi tutto

Le riforme della scuola comma 22

Paolo Pombeni - 09.05.2015

Molti ricordano il famoso paradosso inventato nel 1961 dal romanziere Joseph Heller in Catch 22, secondo cui un regolamento di guerra contemplava il seguente passaggio: “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”. E’ il classico esempio della decisione trappola.

Ebbene sembra che questo sia il prototipo che si deve applicare al dibattito sulla riforma della scuola. Da un lato infatti sembra ci sia una generale domanda di rimettere in sesto un sistema che fa acqua da quasi tutte le parti: docenti malpagati e frustrati, alunni che fanno fatica ad applicarsi, programmi farraginosi, edilizia scolastica poco decorosa e avanti con l’elenco. Dal lato opposto ogni volta che si è provato a riformare, gli esiti non sono stati esattamente brillanti: aggravio del burocratismo, soluzioni cervellotiche, richiesta di assunzione di compiti impossibili.

Il risultato è che nel campo della scuola domina la più grande schizofrenia immaginabile. Mancano i centri dirigenti, perché una “catena di comando” nelle scuole non esiste più da tempo, sicché non si sa chi possa assumersi l’onere di guidare la barca. Non appena però, come nel caso della riforma progettata, leggi tutto

Dopo l’Italicum

Paolo Pombeni - 07.05.2015

Il cosiddetto Italicum ora è legge a tutti gli effetti, ma, perdonateci il gioco di parole, adesso si comincerà a valutare che effetti è in grado di produrre. Ce ne sono di due tipi: quelli immediati per le modalità con cui è stato approvato; quelli che arriveranno quando verrà realmente messo alla prova in una tornata elettorale.

Sul primo fronte fioccano le previsioni di “Vietnam parlamentari” con bellicose dichiarazioni di personaggi che pensano di guadagnare così una centralità politica che non hanno. Quelli che la possiedono pur essendo in minoranza sono al momento piuttosto cauti. Far saltare il governo non sarebbe in questo momento produttivo per molti: non certo per il centro-destra che è in uno stato semi-confusionale, ma neppure per i nostalgici del radicalismo di sinistra (per non dire dei vecchi equilibri) che non si vede bene come potrebbero, in caso di elezioni a breve, gestire un passaggio con la normativa prevista dalla sentenza della Consulta: si tratterebbe di un autentico salto nel buio sia per la natura proporzionalistica di questa normativa, sia per il fatto che essa si applicherebbe, con effetti ancora meno prevedibili, al Senato che continuerebbe ad esistere.

Certo agli avversari di Renzi non mancano spazi in cui infilarsi. Le riforme, si sa, toccano tante situazioni acquisite, di cui tutti si lamentano, temendo però che ogni cambiamento peggiori le cose per cui meglio stare come si è. Lo si è visto chiaramente nello sciopero della scuola, dove è stato un tripudio di slogan vecchi e vuoti, ma che hanno ancora una buona presa sociale. leggi tutto

La Consulta e il problema del bilancio nazionale

Paolo Pombeni - 02.05.2015

La recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la riforma Fornero che bloccava la perequazione delle pensioni anche di basso importo agli andamenti dell’inflazione merita una riflessione che vada oltre i tecnicismi giuridici e finanziari su cui noi, lo dichiariamo tranquillamente, non siamo competenti.

Le sentenze della Consulta hanno spesso, specie quando si occupano di certe tematiche, un valore che va oltre il mero dato giuridico relativo alla questione che ne è l’oggetto specifico: sono, in senso alto, prese di posizione di “indirizzo politico”.

Nel caso specifico ci pare esistere una prima trappola interpretativa da evitare, cioè l’impressione che siamo davanti ad una sentenza che si pronuncia a favore della teoria della intangibilità dei presunti “diritti acquisiti”. Come si sa, questa è una interpretazione profondamente conservatrice, attraverso cui tutto il nostro sistema corporativo (che è molto ramificato) difende privilegi spesso insostenibili delle generazioni mature a scapito delle generazioni più giovani e di quelle che verranno. A leggere quel che della sentenza è riportato non ci pare proprio che questa sia stata l’ottica della Corte.

Piuttosto abbiamo visto, se non ci sbagliamo, l’affermazione di un principio molto interessante: il bilancio dello stato non è una entità manipolabile a piacimento dal potere politico giusto per far in qualche modo “quadrare i conti”. leggi tutto

E adesso?

Paolo Pombeni - 30.04.2015

Il famoso dado sembra sia stato tratto. Ci riferiamo, ovviamente al fatto che Renzi ha deciso di porre la questione di fiducia su vari passaggi dell’Italicum. Le opposizioni sono scatenate nella speranza di lucrare una loro resurrezione (FI soprattutto) o un loro rafforzamento (M5S, Lega) dalla teatralizzazione dello scontro. Non sembrerebbe che l’opinione pubblica sia particolarmente calda su questo tema e forse il più abile a fiutare il vento è il solito Salvini che fa mostra di disdegnare il dibattito attuale come un non-problema.

Non è però all’opinione pubblica che guardano le opposizioni, bensì alla crisi interna al PD che si sta avvitando su sé stesso, in un crescendo di ipocrisie e di prese di posizione fuori dalla realtà. Le ipocrisie sono quelle di coloro che fingono di essere disponibili a trovare una via d’uscita purché il governo accetti di rimandare l’approvazione definitiva della legge. Essi per primi sanno benissimo che Renzi non può scendere su quelle sabbie mobili da cui non saprebbe poi come cavarsi. Le prese di posizione fuori della realtà sono quelle che strologano su attentati alla democrazia, dittature incombenti, chiamate in causa delle coscienze, e via elencando. Anche qui non ci vuol molto a capire che si tratta delle solite esagerazioni delle campagne di opposizione. leggi tutto

Alla disfida dell’Italicum

Paolo Pombeni - 28.04.2015

La settimana che si apre sarà caratterizzata dalla disfida sull’Italicum fra Renzi e tutti i suoi numerosi oppositori. Come in tutte le faccende di questo tipo non conta il presunto argomento di discussione, che è davvero un pretesto, conta la prova di forza, e qui sta il disastro.

In queste settimane si è assistito ad un fenomeno che in astratto dovrebbe essere definito curioso. Da un lato gli oppositori che tiravano in campo tutte le profezie più catastrofiche possibili su quello che ci aspetterebbe se la legge passasse: si è andati dalla crisi della democrazia all’invocazione del “caso di coscienza” in cui far valere la libertà individuale del deputato.

Sul versante opposto si è cercato, invano, di ridimensionare queste intemerate. Si è ricordato come quello che per l’Italia viene prospettato come una debacle democratica esista in altri paesi sulla cui democraticità non ci sono dubbi. Si sono dati numerosi esempi di come quello che oggi viene descritto come l’anticamera dell’inferno sia più o meno ciò che si è auspicato in materia di riforme elettorali da trent’anni a questa parte (incluse le conclusioni della famosa commissione dei 35 “saggi” voluta da Letta e Quagliariello). Si è ricordato come non è vero che manchino casi di fiducia posta dai governi su leggi simili, anche a prescindere dai due casi della legge Acerbo e della cosiddetta “legge truffa”. Si è spiegato infine che la mancanza di vincolo di mandato per il parlamentare significa che il deputato non è obbligato a votare come il partito nella cui lista è stato eletto, ma che se non vota in conformità con le decisioni del suo gruppo con ciò cessa di farne parte pur rimanendo deputato. leggi tutto

L’Europa in crisi

Paolo Pombeni - 25.04.2015

La crisi europea non consiste tanto nella sua difficoltà di affrontare il problema delle migrazioni di massa verso i suoi territori. Quello è un problema enorme e si può ben capire che generi sgomento, perché arginare un fenomeno di quella portata, governarlo in tempi di crisi economica, è una sfida gigantesca. Quel che dovrebbe preoccupare, perché non è invece una fatalità storica, è la contrazione fortissima che si registra un po’ dovunque dello spirito europeistico.

Al fatto che nell’affrontare temi impegnativi prevalga l’Europa dei governi nazionali rispetto alle sue strutture comunitarie si era preparati da molto. Senza risalire ai tempi divenuti quasi mitici di Delors, è da dopo la presidenza Prodi che i vertici comunitari di Bruxelles non provano neppure a tenere il timone della rotta dell’Unione. Tutto è stato affidato alla leadership degli stati di maggiori dimensioni (e di maggior peso economico) e poiché non c’è più il vecchio asse franco-tedesco, anche in quel campo si è assistito ad un pluralismo che fatica a trovare momenti di sintesi.

La tanto sbandierata riforma con la creazione del presidente stabile e dell’incaricato in pompa magna della politica estera comune, riforma che doveva portare l’Europa ad avere il famoso numero di telefono a cui Kissinger chiedeva fosse reperibile, non è servita a produrre leadership. Né van Rompuy né Tusk, non parliamo della Ashton e della Mogherini, sono riusciti ad elevarsi ad un minimo livello di leadership. Un apparato diplomatico faraonico costruito quasi dal nulla a nulla serve. leggi tutto

Una politica sempre più muscolare

Paolo Pombeni - 23.04.2015

Per come si vanno evolvendo le cose , l’orizzonte politico diventa sempre più cupo. Lo scontro fra minoranza PD e leadership renziana rotola di china in china verso un baratro: c’è il rischio che i due contendenti, avvinghiati insieme ci finiscano dentro abbracciati.

Che il tema del contendere sia molto modesto è evidente ad ogni analista avvertito. Ci permettiamo di rinviare ad un bellissimo articolo di Augusto Barbera sul Mulino on line (www.rivistailmulino.it) che descrive in maniera impeccabile perché tutto il chiasso sui guai dell’Italicum non ha alcun fondamento razionale. Barbera è un costituzionalista stimato e non è sospettabile di essere uno del “giglio magico”. Dunque la questione è altra rispetto ad una preoccupazione di difesa di non si sa quale principio di coscienza.

Questo è esattamente ciò che preoccupa nella delicatezza dell’attuale momento. Renzi aveva da tempo intuito di essere lui direttamente il bersaglio delle manovre che si svolgevano intorno alla questione delle riforme istituzionali, ma aveva sottovalutato forse l’ostinazione cieca dei suoi oppositori. In fondo si era sperato (e forse si continua ancora a sperare contro ogni speranza) che la minoranza PD facesse una battaglia d’immagine, per poi arrendersi al realismo che non consentirebbe oggi di aprire una crisi di governo. Se quel che si intuisce dalle cronache che circolano venisse confermato (perché le cronache sono troppo spesso interessate più a soffiare sul fuoco che a dare un quadro della situazione), saremmo invece alla vigilia di una rottura che porta verso un non troppo distante approdo di verifica elettorale. leggi tutto

Una settimana cruciale

Paolo Pombeni - 21.04.2015

Quella che si apre rischia di essere una settimana cruciale per la politica italiana, a meno che tutto non si risolva, come suol dirsi, a tarallucci e vino. Ma anche in questo caso il passaggio non cesserebbe di avere un carattere dirimente.

Il tema fondamentale non sarà solo quello del destino della riforma elettorale, che pure mantiene tutta la sua importanza. Il dibattito parlamentare su questo tema si incrocerà quasi certamente con due fattori di politica europea ed internazionale che stanno per arrivare a dominare la scena. Il primo è la soluzione che si potrà trovare alla crisi greca, dove sono possibili anche esiti molto drammatici. Il secondo è il ritorno alla ribalta del problema della sistemazione della sponda sud del Mediterraneo, nel momento in cui le tragedie dell’immigrazione costringono i governi europei a misurarsi con la crisi libica e l’andamento della guerra al terrorismo marcato Isis non sembra produrre risultati rapidamente apprezzabili.

Avere in queste condizioni un governo impantanato nella diatriba sui capilista bloccati e sulle preferenze non giova certo alle mosse che Renzi dovrebbe poter fare sullo scacchiere internazionale. Anche critici non certo teneri verso il premier come Eugenio Scalfari hanno riconosciuto che questi sa giocarsi le sue carte a livello di contatti bilaterali, come ha dimostrato nella trasferta americana. Tuttavia si sa bene che ciò non basta, se un leader non può dimostrare di avere il controllo sulle dinamiche politiche del suo paese. leggi tutto

Un bicameralismo ben temperato

Paolo Pombeni - 18.04.2015

Sembra, ma è presto per esserne certi, che le zuffe sull’Italicum producano qualche ripensamento sulla riforma del Senato. Sebbene ci sia qualche difficoltà tecnica, perché nei prossimi passaggi parlamentari si dovrebbe poter votare solo sul testo che ha già ottenuto la prima approvazione coincidente di Camera e Senato, un ripensamento ragionato di quella riforma sarebbe da accogliere favorevolmente.

Renzi e la direzione PD si sono affrettati a ribadire che non si tratta di una gentile concessione fatta alla minoranza interna per ammorbidirne la posizione di rigetto dell’Italicum. Più probabilmente si tratta della nuova consapevolezza che in un clima generale di tensione circa l’evoluzione del nostro sistema politico, una legge scritta meglio e soprattutto pensata meglio per quel che riguarda la seconda Camera potrebbe davvero concorrere a spazzar via pregiudizi interessati, ma anche preoccupazioni non tutte infondate.

La questione non è per verità né quella di ritornare all’attuale bicameralismo paritario, che sino a poco tempo fa era criticato e condannato da tutti gli studiosi quale che fosse il loro orientamento ideologico, né quella di assecondare acriticamente il problema di avere un secondo corpo eletto direttamente dal popolo per fugare i timori di una classe politica timorosa di perdere dei posti.

Il tema vero è come creare davvero una “seconda Camera”, diversa dalla prima sia per estrazione sia, soprattutto, per rappresentatività. Perché in sostanza, il problema storico di tutte le seconde camere è sempre stato quello di come dar spazio accanto alla rappresentanza politica diciamo così primaria, quella dei cittadini-elettori possibilmente leggi tutto