Ultimo Aggiornamento:
21 giugno 2025
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Renzi: serve il classico “chiarimento politico”

Paolo Pombeni - 29.10.2015

A fronte di una situazione che sembra impazzita servirebbe proprio impostare quello che una volta si chiamava “un chiarimento politico”. Perché ci pare difficile si possa andare avanti con un panorama che rischia di diventare la classica notte nera in cui tutte le vacche sono nere.

Vediamo di mettere in fila alcune considerazioni. Partiamo dalla puntata attuale della soap opera Marino. Adesso il sindaco, dimissionario ma non troppo, accentua la sua immagine di novello tribuno e il PD romano non pare in grado di prendere una solida posizione sul suo caso. Certo in un clima in cui tutti temono per il proprio futuro, visti i foschi responsi dei sondaggi, domina il dire e non dire, il dissimulare senza mettersi in urto con la dirigenza nazionale del partito, ma resta il fatto che a contrastare l’agitazione mediatica del novello Cola di Rienzo non c’è alcuna autorevole controparte.

Passiamo alla situazione interna al PD nazionale. Ogni scusa è buona da parte della minoranza per dare contro al governo. Non si tratta di diversità di posizioni sempre legittime, si tratta della strumentalizzazione di qualsiasi episodio. Il grido dell’on. Speranza,”giù le mani dalla dr. Orlandi”, era abbastanza surreale, visto che: a) il governo, almeno ufficialmente, non aveva sfiduciato la direttrice dell’Agenzia delle Entrate; leggi tutto

Renzi alla prova della stabilità

Paolo Pombeni - 27.10.2015

Sembra un gioco di parole, ma il nuovo nome della legge finanziaria, che ora, come si sa, si chiama legge di stabilità, è molto appropriato per sottolineare il delicato momento che attraversa il governo Renzi. Infatti sembra che le sue opposizioni “interne” non demordano dal tentativo di azzopparlo (che lo facciano le opposizioni “esterne” fa parte ovviamente delle regole del gioco, anche se forse dovrebbero chiedersi quanto queste mosse siano convenienti per loro).

Come sanno tutti quelli che hanno pratica di queste cose, la ex “finanziaria” è uno dei momenti peggiori nella gestione della politica nostrana: alla fine il confronto su di essa assomiglia più ad un suk arabo che ad una ragionevole gestione dei bisogni economici del paese. La relativa novità è che oltre al solito gioco del lobbismo, che c’è ma che si tende a non far vedere, oltre alle manovre delle burocrazie ministeriali che infilano nel testo qualche veleno a traccia delle loro idiosincrasie e lotte di potere, questa volta assistiamo da uno scontro che chiamare ideologico è nobilitare inutilmente una manovruccia politica.

Fallito il tentativo di accendere le passioni sull’esenzione da IMU e TASI di castelli e ville (scomparsa), adesso la battaglia si sta concentrando sull’evocazione di un altro spettro: l’innalzamento del limite dell’uso del contante a tremila euro. leggi tutto

Cosa succede tra Roma e Bruxelles?

Paolo Pombeni - 22.10.2015

Lo scambio aspro di opinioni (chiamiamole così) fra Roma e Bruxelles merita qualche considerazione perché a nostro avviso è una ulteriore spia della crisi che attraversa l’Unione Europea come istituzione. Non andiamo lontani dal vero se lo inquadriamo nell’eterna questione dello scontro fra “sovranisti” e “comunitaristi”, cioè fra coloro rifiutano di considerare Bruxelles come il potere para-federale a cui le nazioni sovrane devono far riferimento e coloro che invece quel potere vorrebbero vedere riconosciuto e se possibile rafforzato.

Naturalmente non ci sfugge che questo rizzar di code nelle euroburocrazie arrivi perché si sta parlando di Italia. Nulla di simile si era visto contro interventi ben più significativi che si rifacevano alla sovranità nazionale da parte della Gran Bretagna o della Corte Costituzionale tedesca. Ad essere maligni verrebbe da pensare che dipenda dal peso che le rappresentanze di quei paesi hanno nella alta burocrazia europea dove invece gli italiani sono sottorappresentati (e secondo alcuni molto timidi nel reclamare le loro radici nazionali). Noi non vogliamo far peccato e col rischio di sbagliarci respingiamo questa ipotesi e più banalmente osserviamo che quei paesi hanno un peso politico maggiore del nostro.

Ci interessa di più promuovere una riflessione su una ragione profonda di questo scontro fra i burocrati di Bruxelles e i politici di Roma. Si sarà notato l’imbarazzo dei vertici della commissione che sono di estrazione politica, i quali si sono esibiti nel funambolico gioco di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. leggi tutto

Renzi, la destra e la sinistra

Paolo Pombeni - 20.10.2015

Chissà se la sinistra dem considera anche Deng Xiaoping poco di sinistra. Probabilmente sì, visto che l’uomo che andò al timone della Cina dopo la liquidazione della rivoluzione culturale e la fine della banda dei quattro non era solo quello che sosteneva che il capitalismo non era incompatibile col comunismo, ma anche quello che affermava che non importava se i gatti erano rossi o neri, l’importante era che pigliassero i topi.

Non stiamo buttando lì battute, perché la questione è piuttosto seria. Alla obiezione che diminuire le tasse non sarebbe di sinistra, Renzi ha risposto, come era prevedibile, che non si trattava di fare una cosa di destra o di sinistra, ma di fare la cosa giusta. Risposta dialetticamente forte e adatta al grande pubblico, ma che non affronta appieno la questione del perché in Italia stiamo ancora a giocare la partita politica con queste battaglie sull’ortodossia ideologica delle scelte anziché ragionare su cosa serva veramente ad un paese come il nostro che ogni giorno mette a nudo sempre di più la disastrata situazione delle sue strutture.

A stare a quanto appassiona una parte della classe politica del PD la questione fondamentale sarebbe decidere se sia meglio tornare ad una prospettiva “ulivista” o se valga la pena di andare avanti nella linea della creazione del “partito della nazione”. leggi tutto

Non buttate le regioni

Paolo Pombeni - 15.10.2015

La riforma del Senato è stata approvata sebbene per il suo varo definitivo come legge costituzionale si debbano ancora attendere nuovi passaggi a Camera e Senato con un iter la cui conclusione è prevista fra marzo e aprile del prossimo anno. Tuttavia danno tutti per scontato che a questo punto saranno solo passaggi formali (anche se in politica non si può mai dire …) e dunque celebrano o criticano la riforma come un fatto compiuto.

Una delle perplessità più condivise riguarda la centralità delle regioni nel nuovo contesto. Si fa notare che si tratta di istituzioni squalificate da una serie di scandali, che esprimono una classe politica che viene presentata come non di prima grandezza, per non dire di peggio. Per questo si accoglie con favore la ri-centralizzazione di competenze che il nuovo assetto sembra favorire.

Si tratta di un tema che merita di essere sottratto alla cattiva stampa di cui gode, perché una articolazione dei poteri sul territorio è una modernizzazione del sistema di governo a cui non pare opportuno rinunciare. Anche uno stato di grande tradizione “centralista” come la Francia si è convertita al regionalismo e, per citare un altro esempio più controverso, la Gran Bretagna ha fatto della “devolution”, cioè del riconoscimento di poteri ampi a componenti storiche del suo “regno unito”, un qualcosa di più e di diverso rispetto alla sua tradizione storica di riconoscimento del “local government”, cioè del conferimento di alcuni compiti ad organi locali insediati sui territori. leggi tutto

Renzi e il PD dopo Marino

Paolo Pombeni - 13.10.2015

La vicenda del sindaco di Roma Ignazio Marino travalica i pasticci di un personaggio innalzato dal teatrino mediatico a ricoprire un ruolo per il quale palesemente non aveva le qualità. Certo si trattava quasi della classica “mission impossibile”, ma il Nostro ha rivelato di non avere avuto neppure la capacità di comprendere il guaio in cui si andava a cacciare.

Detto questo, rimane il fatto che la vicenda romana apre un capitolo incognito nello sviluppo della crisi italiana. Proprio mentre Renzi si avvia a portare a casa la riforma del senato, mentre sta per varare una ambiziosa legge finanziaria (vedremo poi se ci riesce) , e dunque mentre stava per cogliere una sorta di incoronazione per la sua leadership, il panorama si complica perché sulle prossime amministrative di primavera torna ad aprirsi una sfida all’equilibrio politico che si andava delinenado.

Va bene che anche in politica come in altri campi gli esami non finiscono mai, ma il passaggio che si profila rischia di essere particolarmente difficile. Da un lato infatti esso diventerà una prova sullo stato del PD e di conseguenza sulla tenuta del suo segretario; dal lato opposto Renzi non potrà giocare la partita disponendo direttamente i pezzi sulla scacchiera. Certo ci si aspetta che sia lui in prima persona a far campagna elettorale in tutte le città chiave, ma poi la gente voterà principalmente per i candidati sindaco e sceglierà inevitabilmente e giustamente in base alla fiducia o meno che si può avere in loro quanto a gestione del futuro delle città. leggi tutto

Passaggi complicati

Paolo Pombeni - 08.10.2015

Anche se non devono impressionare più di tanto le fibrillazioni che affliggono i lavori del senato nei passaggi finali della approvazione del ddl Boschi, sarebbe miope non vedere che la situazione politica è meno serena di quel che si era immaginato dopo il superamento degli scogli sulla votazione dei primi articoli di quella riforma.

In campo resta l’incognita di come si potranno gestire alcuni passaggi finali di questa impresa con una minoranza PD molto nervosa (essendosi accorta di non avere esattamente registrato delle vittorie colle sue barricate) e con un quadro di partiti ancora in tensione per la nebulosità delle strategie da scegliere in vista delle prossime elezioni amministrative. In particolare all’interno del Nuovo Centro-Destra ci sono spaccature e problemi che potrebbero portare a delle crisi significative: da un lato c’è il nervosismo per l’invasione di campo di Verdini (il che porta a qualche tentativo di intesa con Fitto); dal lato opposto c’è la faccenda della legge sulle unioni civili dove il partito rischia di perdere una quota dell’appoggio tradizionalista (ed ecclesiastico) che è una parte non facilmente rinunciabile del suo bacino elettorale.

Al di là di questo si affacciano però due questioni ben più importanti: la prima è il ruolo che deve assumere l’Italia nella coalizione internazionale anti califfato islamico; la seconda è l’annuncio di uno scontro molto duro fra industriali e sindacati in vista del rinnovo dei contratti. leggi tutto

Renzi: partirà la fase due?

Paolo Pombeni - 06.10.2015

E’ possibile capire, al netto delle titolazioni dei giornali e dei siparietti più o meno canori dei vari uomini politici, se con l’approvazione dei fatidici articoli 1 e 2 del ddl Boschi Renzi è riuscito ad entrare nella fase due della sua avventura politica? In tempi di celebrazioni del centenario della prima guerra mondiale verrebbe da ricordare che allora si scoprì che la vecchia teoria della “battaglia risolutiva” non funzionava e infatti la guerra durò cinque lunghi anni. Forse qualcosa di simile, speriamo per un periodo meno lungo, è ipotizzabile per questa fase della politica italiana.

Renzi è stato indubbiamente abile a circondare ed a prendere alle spalle i suoi avversari, ma lo ha fatto commettendo a nostro avviso due errori: 1) ha contato troppo sul marasma trasformistico del senato attuale; 2) ha sottostimato le difficoltà di una legge di riforma che presenta alcune debolezze che non sono riducibili alle impennate della minoranza dem.

Il primo punto ha preso il volto del senatore Verdini e della sua invenzione di una pattuglia di renziani di complemento. Se è vero sia che il senatore toscano non è il mostro di Loch Ness sia che i voti in politica raramente puzzano, rimane il fatto che fare perno per una riforma costituzionale su un ambiguo gruppo trasformistico non è una scelta lungimirante. leggi tutto

L’Italia e il vento europeo

Paolo Pombeni - 29.09.2015

Mentre si è momentaneamente placato il dibattito-scontro sulla riforma del senato (ma riprenderà, statene certi), sarebbe da valutare l’attuale posizione del nostro paese nel contesto europeo. Non è solo questione dei suoi rapporti diciamo così istituzionali con l’Unione sulla questione migranti come su quella della legge di stabilità, ma si tratta del più ampio problema di come le classi dirigenti italiane vogliano rapportarsi ai venti di inquietudine che scuotono il vecchio continente.

Proviamo ad elencare alcune recenti questioni che sono arrivate sul tappeto. Dapprima c’è stato l’esito della crisi greca con la riconferma della leadership di Tsipras a cui ha fatto da controcanto la salita di Jeremy Corbyn alla leadership del Labour Party in Gran Bretagna. Due eventi che sembravano spingere in direzioni opposte quanto ad interpretazioni su come deve o dovrebbe muoversi oggi una sinistra politica. Poi abbiamo avuto la vittoria in Catalogna degli indipendentisti (vittoria piuttosto risicata in verità), evento che ha riproposto il tema delle tensioni scissioniste che albergano all’interno dei vecchi stati nazionali. Infine, quasi in contemporanea, la presa di distanza del governo italiano dalle operazioni francesi nella guerra contro l’Isis. Il tutto per non parlare dei riflessi che avrà la questione Volkswagen (al di là degli aspetti economici su cui interverranno i nostri redattori competenti in materia) su quella che sembrava, dopo gli interventi di Merkel sulla politica per i profughi,  una ritrovata leadership della Repubblica Federale Tedesca come “potenza civile” che aspira a guidare la nuova Europa. leggi tutto

Giro di boa?

Paolo Pombeni - 24.09.2015

A giudicare dai commenti e dalle reazioni alla riunione della direzione PD di lunedì 21 settembre si dovrebbe presumere che sulla questione riforme siamo al giro di boa. Renzi ha vinto, non sappiamo ancora se una battaglia o la guerra, e la minoranza dem non è uscita annientata, almeno non la sua componente maggiore. Tutto infatti al momento sembra andare verso un onorevole compromesso che consentirebbe a tutti di uscirne bene.

Se pensiamo che non sia ancora detto, è perché il compromesso è inevitabilmente ambiguo, basato com’è più su un astratto riconoscimento di due principi altrettanto astratti (l’impianto della riforma non si tocca; sì, ma il senato deve rimanere elettivo) che non su una reale convergenza circa l’assetto “politico” da conferire alla seconda Camera.

Renzi, che è un comunicatore e un tattico molto abile, è riuscito a mettere in angolo la sua opposizione interna prospettandole un quadro difficilmente obiettabile: al paese della riforma del senato interessa pochissimo, la questione che appassiona la gente è se saremo o meno in grado di uscire da questa crisi. Dunque le politiche economiche e il governo delle emergenze (a cominciare da quella molto visibile dell’immigrazione) sono possibili soltanto se non si manda al macero il ministero guidato dall’attuale segretario del partito. Vedete voi (oppositori) cosa volete fare, sapendo che comunque in parlamento ci sono più forze di quel che immaginate pronte a far in modo, più o meno apertamente, che non salti tutto. leggi tutto