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12 febbraio 2025
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La trasformazione della politica

Paolo Pombeni - 15.03.2016

Più che guardare ai trasformismi dei voltagabbana, che sono un fenomeno più o meno stabile della politica specie quando questa si professionalizza molto, varrebbe la pena di prendere in seria considerazione la trasformazione della sfera politica senza farsi condizionare dai guardiani delle vecchie ortodossie. Anche quello è un fenomeno stabile che si ripresenta in ogni trasformazione.

Oggi il tema sul tappeto è duplice: da un lato la difficoltà di marginalizzare la centralità del governo tornando a promuovere la centralità del parlamento; dal lato opposto la domanda di una ideologia che compatti il corpo sociale nell’analisi della transizione in corso senza buttare tutto nel canale di scarico del populismo.

Difficile non vedere oggi l’enorme trasformazione che è iniziata. Proprio oggi una collega economista ci ricordava che un analista americano ha previsto che in un lasso di tempo non ampio cesseranno di esistere il 47% dei mestieri oggi praticati. Giorni fa qualcuno ricordava in TV che tra alcuni decenni si prevede che le migrazioni fuori dall’Africa supereranno i 200 milioni di individui. Non siamo certo in grado di certificare l’attendibilità scientifica di queste previsioni (la storia è piena dell’annuncio di catastrofi che poi non si sono verificate o non almeno nelle proporzioni previste), ma rimane il fatto che c’è una fortissima attesa di cambiamenti radicali. leggi tutto

Piccola e grande politica

Paolo Pombeni - 10.03.2016

Curiosa coincidenza: martedì 8 marzo è stato contemporaneamente il giorno dello scandalo delle primarie a Napoli e del bilaterale Hollande-Renzi. Cioè: un caso di piccola e miserabile politica e un caso di almeno tentata grande politica.
La documentazione di una gestione delle primarie nella città partenopea non esattamente al di sopra di ogni sospetto è un episodio brutto, reso ancor peggiore da una reazione dei vertici PD non all’altezza della situazione. Che in un contesto come quello napoletano il ricorso ad uno strumento delicato e poco strutturato come sono le primarie potesse dare luogo a pasticci tutto poteva essere tranne che un evento inaspettato. Non c’era ragione per pensare che il costume degradato che si era avuto nell’occasione precedente svanisse per effetto di magia, soprattutto quando c’era in campo una sfida molto difficile fra un personaggio con una robusta storia alle spalle e il candidato di un apparato di partito che voleva riprendersi il campo di gioco.

Ciò che in questo caso è inaccettabile è che i vertici del partito nazionale se la cavino minimizzando, timorosi di dare spazio alle opposizioni interne. Invece è proprio comportandosi così che le rafforzano e che legittimano quello scollamento con una parte del loro elettorato la cui esistenza non è una invenzione della sinistra dem (che si limita ad enfatizzarlo). Sarebbe stato molto più serio un intervento radicale dal centro con una severa inchiesta rapida e la radiazione immediata di quei membri del partito colti con le mani nella marmellata. leggi tutto

Renzi dopo le primarie

Paolo Pombeni - 08.03.2016

L’interpretazione delle primarie è una doppia cabala. Misurare tutto in rapporto al numero di partecipanti che si erano presentati nella precedente occasione non è troppo utile. Gli umori dell’opinione pubblica dipendono da molti fattori volatili e non c’è certezza che i dati precedenti rispecchiassero una realtà più “solida” di quella con cui ci si confronta oggi. Dunque su quel terreno è meglio avventurarsi con cautela.

Interpretare i risultati è altrettanto complicato, ma qualche tentativo si può fare. Almeno a livello di impressione è che in questa tornata abbia dominato la forza della residua organizzazione del PD. Per la verità lo si era già visto nelle primarie per le elezioni regionali in Emilia Romagna dove la “macchina” del partito aveva vinto col risultato poi di un flop di partecipazione alle elezioni vere, compensato dal fatto che il candidato scelto aveva comunque vinto ed al partito questo bastava. Anche in questa tornata l’impressione è che ovunque abbiano vinto i candidati sostenuti dall’apparato dominante, da Milano fino ai centri minori. Se ne deduce che la struttura del PD è ormai fortemente “renziana” (magari con qualche correntina interna al raggruppamento) e che la vecchia guardia non risale la china.

Ciò sembra particolarmente evidente a Roma, nonostante le grandi traversie del PD in quella città. Il candidato della minoranza dem non è andato oltre un risultato discreto, persino meno bene di come era andata a Milano. leggi tutto

Lo scoglio libico

Paolo Pombeni - 03.03.2016

E’ bene non sottovalutare l’impatto che a questione libica potrebbe avere sulla navigazione del governo Renzi. Rischia di diventare uno scoglio piuttosto difficile da evitare, comunque la si inquadri.

Innanzitutto sta già facendo riemergere un pacifismo puramente ideologico che da qualche anno era entrato in sonno. Naturalmente torna il solito argomento fasullo della presunta violazione dell’articolo 11 della Costituzione che, secondo queste valutazione vieterebbe qualsiasi guerra che non fosse puramente difensiva contro un aggressione esterna. Non è così, perché il “ripudio della guerra” la riguarda “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e non è facile immaginare che opporsi all’avanzata dell’Isis offenda la libertà di qualche popolo, né che un tentativo di pacificare la Libia possa essere inquadrato come risoluzione di una controversia internazionale.

Il fatto è che la nostra Carta parlava di “guerra” nei termini in cui la si poteva concepire nel 1946-48 ed è curioso che quelli che ritengono che la definizione che essa dà della “famiglia” vada storicizzata a quel momento non ritengano necessario fare altrettanto per la nozione relativa alla guerra.

Ovviamente altra cosa è discutere se un intervento militare nel caos libico sia in grado di raggiungere i risultati di pacificazione del territorio a cui mira. leggi tutto

La politica liquida

Paolo Pombeni - 01.03.2016

Si è parlato anche troppo e a sproposito di “società liquida”. Forse è venuto il tempo di trattare della politica liquida, almeno per quanto riguarda l’Italia. L’andamento delle ultime settimane infatti ci rivela un panorama che non riesce a superare le frammentazioni infinite della stagione in cui si stanno dissolvendo le tradizionali formazioni dei partiti. E non riesce a farlo neppure in presenza di scadenze che un tempo spingevano al serrate le fila: scadenze elettorali (le amministrative), leggi di particolare impatto sociale (le unioni civili), crisi economiche che non sembrano avviarsi a soluzione.

Il panorama è a dir poco sconcertante. Partiamo dal maggior partito, il PD, che  è preda al suo interno di una lotta di logoramento infinita fra gruppi dirigenti senza che si veda dove questa vorrebbe approdare. La minoranza sembra non riuscire a liberarsi dall’ossessione sulla presunta perdita dell’identità di sinistra del partito. Nessuno capisce veramente, neppure i promotori della battaglia, che cosa questo possa veramente significare alle soglie del XXI secolo e del resto nessuno lo spiega veramente: ci si limita a denunciare che si stanno facendo cose che per definizione non sarebbero di sinistra, come far passare le proprie proposte di legge con voti che provengono da altre forze. Inutile chiedere se pensano che sarebbe meglio non farle passare piuttosto che subire quell’onta, perché è un linguaggio che ai critici appare incomprensibile. leggi tutto

Prima la governabilità …

Paolo Pombeni - 25.02.2016

La scelta che Renzi sembra sia riuscito a far accettare ai senatori del PD è in fondo quella di sempre: prima viene la governabilità e non è ancora tempo di andare alle elezioni. Ci pare sia questo il senso della decisione di votare il disegno di legge sulle unioni civili in maniera da tenere compatta, il più possibile, la maggioranza di governo anche rinunciando a quanto si era programmato in precedenza.

Francamente non sappiamo se davvero il disegno del leader del PD fosse quello “blairiano” che gli attribuivano alcuni osservatori: lasciar passare una legge connotata nel senso di una “sinistra radicale” per difendersi dalle accuse di essere un politico incline solo a misure che i suoi avversari interni definiscono “di destra”. In effetti qualche indizio in questa direzione c’era, perché aveva lasciato la faccenda in mano al partito parlamentare, perché aveva fatto la voce grossa col cardinal Bagnasco, perché aveva preso pubblicamente posizione per non arretrare.

Ora è sospetto che si sia accorto solo all’ultimo momento che “i numeri non ci sono” e che lo abbia fatto perché improvvisamente ha realizzato che i Cinque Stelle sono gente da agguati parlamentari più che da solide intese. Pare più probabile che abbia fatto qualche conto sui costi politici di una operazione condotta in polemica con i suoi alleati di governo e senza che trovasse nella pubblica opinione quel sostegno massiccio che cercano di accreditare gli appelli dei soliti schierati per il politicamente corretto. leggi tutto

La politica che deve scegliere

Paolo Pombeni - 23.02.2016

Non è semplice decifrare questa fase politica e ancor meno lo è decifrare Renzi. Il suo intervento all’assemblea del PD è stato un atto di battaglia anche se non si riesce a capire quale ne sia l’obiettivo. Indubbiamente il premier-segretario ha deciso di entrare in prima persona nella battaglia parlamentare sul ddl Cirinnà, cambiando linea rispetto a quel che aveva fatto sino ad ora. Ma non si è limitato a questo e bisogna tenere conto anche del resto.

Sul problema delle Unioni civili sembrerebbe che si sia scelta una linea di accordo con la coalizione che sostiene il governo, sino al punto di ventilare la possibilità che sul punto venga posta la questione di fiducia. E’ una sfida alla sinistra interna del PD e un cambiamento rispetto a quella che sembrava la scelta precedente, cioè di usare quel ddl per fare la famosa “cosa di sinistra” che lo coprisse verso una quota del suo elettorato. Se oggi si cambia registro, significa che quel risultato non viene più ritenuto garantito e che si preferisce non mettere a rischio la tenuta del governo.

Ovviamente in questo gioco di machiavellismi c’è da tenere conto anche dello scontro con il M5S, a cui Renzi vuole addebitare la impossibilità di portare a casa il risultato “di sinistra”. Prontamente Di Maio si è invece dichiarato disponibile a votare il ddl così com’è, consapevole che in questo caso probabilmente si porterebbe a casa la sua approvazione integrale, ma col risultato di mettere in seria crisi la coalizione di governo. leggi tutto

Lincoln: i dilemmi di una leadership

Paolo Pombeni - 20.02.2016

Per tutti gli appassionati storia e di politica il volume che Tiziano Bonazzi ha dedicato al presidente della guerra civile americana è una lettura da non perdere (T. Bonazzi,  Abraham Lincoln. Un dramma americano, Bologna, Il Mulino, 2016, pp. 306, € 22). Prima di tutto perché è un libro scritto in maniera splendida, il che purtroppo sta diventando raro. L’autore crea un gioco di sfondi e di primi piani sul suo eroe che non solo è molto godibile, ma che ci porta davvero “dentro” una storia tutt’altro che semplice da dipanare.

Bonazzi è un grande specialista di storia americana, ma è uno di quegli specialisti che comprendono come i lettori non lo siano e quindi come abbiano bisogno di essere introdotti in un mondo che non è il loro: non solo perché si parla di un altro continente e di un’altra cultura, ma perché si parla di un’altra epoca, che va dagli inizi dell’Ottocento sino al 1865. Non è uno spazio di tempo breve come sembra, perché in quel lasso temporale cambia il mondo: gli Stati Uniti passano dall’universo della colonizzazione britannica con i suoi retaggi culturali, alla fase del grande stato che deve costruirsi come “nazione” inglobando la “frontiera” e il sistema economico di piantagione, l’industrializzazione e il commercio su larga scala, la religione del puritanesimo cristiano e quella del risveglio evangelico. leggi tutto

Quando manca un timoniere

Paolo Pombeni - 18.02.2016

La vicenda del rinvio di una settimana del dibattito in Senato sul ddl Cirinnà dimostra una cosa che tutti sapevano già: impossibile arrivare ad una legge decente in una materia difficile se non la si è preparata nel paese e se non c’è un timoniere che guidi la nave nei marosi della politica attuale.

Il primo aspetto dovrebbe indurre a riflessioni più generali, ovverosia a chiedersi se si possa andare avanti con una politica che su aspetti molto delicati lascia tutto in mano alle piazze guidate dai pasdaran di opposte fazioni nonché alla spettacolarizzazione dei dibattiti nei talk show televisivi dove si fa a gara a scavalcarsi in estremismo. Perché esattamente questo è quanto è accaduto e continua ad accadere sulla delicata questione delle unioni civili.

Solo una classe politica superficiale poteva immaginarsi che regolamentare un cambiamento di costumi che tocca impostazioni secolari potesse essere una passeggiata. Ammettiamo pure che sia difficile capire in questo momento dove penda la bilancia della pubblica opinione, ma che questa bilancia oscilli pericolosamente è cosa certa. Di conseguenza non ci voleva molto a capire che i partiti si sarebbero buttati a corpo morto alla ricerca del “trofeo” da esibire ai loro elettorati, vuoi intestandosi la promozione della legge “attesa da anni”, vuoi gloriandosi di averla bloccata, vuoi facendo i pesci in barile cercando di dare il classico colpo al cerchio e l’altrettanto classico colpo alla botte. leggi tutto

Dove va la destra italiana?

Paolo Pombeni - 16.02.2016

Non sappiamo se davvero le prossime amministrative saranno quel test rivelatore del vero stato della politica italiana così come sostengono in molti. Certamente però serviranno ad aiutare a capire a che punto siano giunti i sommovimenti a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni.

Per la destra italiana c’è davvero bisogno di comprendere dove portino dei percorsi che sino ad oggi sono stati più che ondulatori. La tre componenti più solide di questo universo non riescono infatti né a trovare una sintesi, né a conoscere la vittoria di una componente sulle altre. Da questo punto di vista il percorso di selezione delle candidature in alcune città chiave è stato piuttosto rivelatore.

Il primo dato che colpisce è come in questo frangente colui che sembrava l’astro nascente della destra italiana, cioè Matteo Salvini, sia finito in un cono d’ombra. In nessuna delle grandi città chiamate al voto c’è un candidato della Lega in pole position. Anzi in senso proprio solo a Bologna quel partito ha ottenuto di far convergere la destra sul suo candidato, che però è un candidato debole e di scarso appeal che nessuno accredita della possibilità di impensierire la candidatura al secondo mandato dell’attuale sindaco, il PD Virginio Merola, che peraltro è tutto fuori che un personaggio dotato di carisma e di solida presa elettorale. leggi tutto