Terremoto in casa socialista
La campagna elettorale per il voto presidenziale francese è stata dominata, nell’ultima settimana, da due questioni fondamentali.
Da un lato i recenti sondaggi, sulla cui esattezza è sempre meglio essere cauti, fotografano la candidatura socialista di Benoit Hamon come in caduta libera. Praticamente tutti gli istituti lo collocano attorno al 10%, addirittura superato di 4-5 punti dal candidato di estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon.
Dall’altro è giunta l’attesa dichiarazione dell’ex Primo ministro Manuel Valls: il 23 aprile Valls voterà per Emmanuel Macron. Considerata la campagna elettorale che sta conducendo il vincitore delle primarie socialiste, tutta orientata a sinistra e con l’obiettivo di portare ad un complessivo riaggiornamento del PS e non certo nella direzione di una moderna socialdemocrazia europea, non c’era da attendersi altro da Valls. Che i rumors siano diventati realtà fa però una certa differenza.
Ebbene queste due evoluzioni possono avere ricadute di una certa rilevanza.
Partendo dalla presa di distanza di Valls dal candidato ufficiale del PS si deve prima di tutto notare che a questo punto il voto del 23 aprile si accompagnerà anche al rischio concreto di implosione del Partito socialista. Risulta difficile pensare a Hamon e Valls, per non parlare di tutti gli ex ministri socialisti che da tempo hanno espresso il loro endorsement per il leader di En Marche!, uniti in una stessa maggioranza parlamentare. L’unità del PS è davvero a rischio.
Un secondo dato da non trascurare riguarda quello che dovrà essere un ripensamento del meccanismo delle primarie per designare il candidato alla presidenziale. Da un lato ha formalmente ragione Hamon quando accusa Valls di contravvenire alle regole statutarie, che esplicitamente impongono agli iscritti, e ancor di più agli eletti socialisti, di sostenere il candidato democraticamente designato. Ma dall’altro lato ha tutte le ragioni politiche Valls quando si dice contrario a sostenere un candidato la cui linea politica è in totale opposizione rispetto ai cinque anni di governo socialista del Paese.
Una terza questione riguarda poi l’eventuale scenario del dopo primo turno. Gli attacchi violenti, in particolare nei confronti di Valls e della sua supposta slealtà politica, stanno scavando un solco profondo tra il candidato ufficiale socialista e tutti quei socialisti che hanno scelto e sceglieranno Macron. Se come i sondaggi fotografano ci si troverà ad un ballottaggio Macron-Le Pen, per forza di cose i toni dovranno abbassarsi e bisognerà trovare una qualche forma di conciliazione, con l’obiettivo di fare barrage a Madame Le Pen. Per non parlare poi delle legislative di giugno. Il rischio è duplice e riguarda sia i socialisti, sia il movimento En Marche!. Il PS rischia una debacle parlamentare simile a quelle storiche del 1968 (ancora SFIO) o del 1993. D’altra parte il desiderio di Macron di presentare candidati solo En Marche! (e di conseguenza che hanno rinunciato all’investitura socialista), metà dei quali senza precedenti mandati in Parlamento, potrebbe offrirgli un Assemblée nationale ingovernabile o perlomeno una maggioranza composita, più stile IV che modello V Repubblica.
Vi è un’ultima questione legata al sostegno che Valls ha offerto a Macron. Come si è notato il giovane enarca non ha espresso particolare entusiasmo dopo l’endorsement pubblico dell’ex Primo ministro. Le voci che si sono subito sentite sono invece state quelle di Fillon e Marine Le Pen, pronti ad affermare che a questo punto ogni dubbio è dissipato: Macron è il candidato di Hollande. Complice un’opinione pubblica diffusamente ostile e la scelta di passare attraverso le primarie, Hollande avrebbe ritirato la sua ricandidatura e a quel punto lasciato il passo al “suo candidato”, appunto Emmanuel Macron. Una narrazione di questo genere non è certo apprezzata dal leader di En Marche! il quale si sta costruendo un’immagine di outsider, di uomo nuovo, capace di scomporre per poi ricomporre il clivage sinistra/destra. Ma soprattutto un candidato che in tutta la sua campagna elettorale su un punto è sempre stato chiaro: non fare alcun riferimento ai quattro anni trascorsi accanto al presidente Hollande, prima all’Eliseo come consigliere economico e poi a Bercy come ministro dell’Economia. Fillon che lo apostrofa come “Emmanuel Hollande” non gli fa certo un complimento….
Una breve considerazione merita anche il calo continuo nelle previsioni di voto ad Hamon. Se dovesse concretizzarsi la sera del 23 aprile uno scenario con Hamon quinto, con il 10% o addirittura meno, non si potrebbe non pensare al precedente del 1969. L’allora candidato socialista, il sindaco di Marsiglia Gaston Defferre, si fermò al 5%, con poco più di un milione di voti. Quella debacle dell’allora SFIO fu il colpo definitivo che condusse alla rifondazione del socialismo francese e portò due anni dopo Mitterrand alla guida del partito. È evidente che la scommessa politica di Hamon si sta rivelando fallimentare. La sua vittoria alle primarie si è giocata tutta sul voto di quella parte di militanti del PS, ma anche dell’estrema sinistra non socialista, che nel corso del quinquennato di Hollande si sono opposti fermamente alla sua svolta social-liberale (nel PS si trattava dei cosiddetti frondeurs). La candidatura Hamon aveva l’obiettivo di fare il pieno a sinistra, togliendo progressivamente spazio politico al movimento de La France insoumise di Mélenchon. Sta avvenendo semplicemente il contrario.
Il punto è che ad inizio anni Settanta circolava un signore, di nome Mitterrand, che da circa un decennio lavorava per una nuova sintesi socialista, finalizzata alla conquista dell’Eliseo. Oggi si aggirano tra la sinistra e il centro due brillanti prospetti politici. Uno sembra però aver puntato tutto sul superamento del clivage destra e sinistra e di conseguenza scommettere in una dissoluzione e ricomposizione dei due soggetti politici cardine del bipolarismo francese. L’altro pareva destinato alla réserve, al lavoro nell’ombra e ad uscire una volta conclusa la presidenziale per rifondare il socialismo. Il suo sostegno esplicito a Macron accelera, ma allo stesso tempo rende meno lineare il quadro. Un dato è certo: dalla sera del 7 maggio molto cambierà al 10, rue Solférino.
di Luca Tentoni
di Michele Marchi