Adesso viene il bello…
Risultato a sorpresa quello delle elezioni Europee, che hanno confermato, nelle peculiari circostanze di questo momento, la loro natura di test sul sistema politico italiano. Non ci si aspettava un successo tanto clamoroso di Renzi, così come non si immaginava un arretramento del consenso a Grillo. Il modesto risultato di un Berlusconi ormai icona della sua stessa decadenza era invece atteso da molti osservatori.
Citiamo i nomi dei leader e non dei partiti, perché la prova del 25 maggio scorso è stata un confronto fra personalità e non una questione di scelta per questo o quel programma o ideologia. Infatti chi non disponeva di un leader forte e visibile è risultato perdente, mentre la stessa Lega Nord ha potuto avere un rilancio grazie al suo segretario Salvini che ha combattuto una sua spregiudicata battaglia di immagine.
Tuttavia quel che si è visto non è l’emergere di una stabilizzazione, ma piuttosto l’avvio di una fase, probabilmente turbolenta, di risistemazione del quadro politico.
Renzi è indiscutibilmente il vincitore della lotta per il consenso personale, perché il risultato trionfale del PD si deve quasi integralmente al suo fiuto ed alla sua capacità di tenere la scena. Ha inaugurato un nuovo modo di essere “di sinistra” che fa uscire il suo partito dalla scomoda posizione di semplice erede del consenso al PCI (che risultati simili non li ha mai neppure sfiorati) , con qualche appendice di consenso che veniva della ex “sinistra cattolica”, però ha ancora una rappresentanza parlamentare (e una struttura di militanza e di sostegno di opinione) per lo più legata a quel passato. leggi tutto
Questione italiana, questione europea
Ci sono due affermazioni che circolano abbondantemente e sulle quali è bene soffermarsi a riflettere. La prima è che in questa campagna per l’elezione del parlamento di Bruxelles-Strasburgo si è parlato poco, o addirittura quasi per niente di Europa. La seconda è che i risultati del voto di domenica 25 maggio non sarebbero un test sulla politica italiana. Sono due affermazioni vere solo molto parzialmente.
E’ naturalmente sotto gli occhi di tutti che di questioni europee non ha parlato quasi nessuno, a meno che non si vogliano considerare argomenti in questo campo le varie sciocchezze che sono circolate sull’uscita dall’euro e sulla restaurazione di una non meglio specificata sovranità nazionale. C’è però da chiedersi se c’erano davvero a disposizione dei politici impegnati nella campagna elettorale argomenti “europei” in grado di muovere l’interesse di una platea vasta. Chi pensa che potesse esserlo il potere, peraltro abbastanza incerto, di queste scelte elettorali di designare il vertice della Commissione, evidentemente non vive in mezzo alla gente normale che per l’elezione del successore di Barroso ha lo stesso trasporto che potrebbe avere per la nomina di un nuovo vertice, che so, della BBC. Può non essere giusto, ma è un fatto che la Commissione non viene considerata una sede di rappresentanza della democrazia.
Aggiungeteci il fatto che le liste di candidati sono state fatte da tutti i partiti a prescindere dall’obiettivo di mandare a Bruxelles-Strasburgo gente che potesse avere i numeri per esercitare una leadership “transnazionale” (le eccezioni sono pochissime) e capirete perché non parlare di Europa sia stata la scelta obbligata da parte di chi era interessato a farsi almeno ascoltare. Ovvio che invece di Europa parlassero coloro che usavano quell’argomento in funzione di capro espiatorio per indicare alla gente il “colpevole” dei mali di oggi. leggi tutto
Voglia di sfascio?
C’è uno strano clima in queste ultime settimane di campagna elettorale. Sappiamo bene che a ridosso delle urne quasi tutti cercano di alzare la voce per attrarre consensi senza badare troppo, non diremo alla correttezza, ma neppure a tener almeno un minimo conto del fatto che le elezioni saranno senz’altro un passaggio importante, ma è dubbio siano una specie di giudizio di Dio sul mondo politico. Tuttavia vedere che si sta giocando la partita senza preoccuparsi di compromettere definitivamente il nostro sistema-paese ci sembra un pessimo segnale.
La crisi in cui versiamo è un dato acquisito e le sue conseguenze anche. Sul piano politico sembra esserci in Italia una duplice tendenza suicida: la prima è a cercar salvezza nell’estremismo populista, la seconda è a fuggire da ogni responsabilità e coinvolgimento rifugiandosi nell’astensionismo. Questo è ciò che appare emergere dai sondaggi, ma questo è anche ciò che si percepisce vivendo a contatto con la gente. leggi tutto
Renzi e il partito
Inutile girarci intorno: ormai una questione chiave di questa fase politica è diventato il rapporto di Renzi col suo partito. Non è tanto una banale questione di strutture “bersaniane” (nei gruppi parlamentari come negli organismi dirigenti) che farebbero fatica ad adattarsi al cambiamento, perché se c’è un mestiere in cui i politici di solito eccellono è quello di riposizionarsi rispetto al cambiamento degli equilibri. La questione è più complicata: si tratta del mutamento complessivo del significato della “forma partito” in generale e del PD in particolare.
Quando Berlusconi si inventò Forza Italia si versarono i tradizionali fiumi di inchiostro per discutere della novità che quella formazione aveva introdotto nella politica italiana: il “partito di plastica”, il partito leaderistico, il partito ammucchiata, e via elencando. La tradizione opposta, che sopravviveva nella fusione delle due grandi militanze strutturali storiche, quelle della DC e del PCI, sembrava capace di sopravvivere e di rilanciare il significato della tradizionale “forma partito”, chiave della democrazia costituzionale post-bellica. leggi tutto
Presidenzialismo: niente tabù, ma vari problemi
Berlusconi sventola la bandiera del presidenzialismo per marcare una sua presenza sulla scena delle riforme, consapevole che si tratta di un tipo di una proposta che in Italia si scontra con vecchi tabù, ma ignaro dei non indifferenti problemi che quel sistema comporta. E’ dai tempi della Costituente che il tema viene agitato e cassato. Meuccio Ruini, il presidente della Commissione dei 75 che alla Costituente lavorò a redigere il progetto della Carta, lo disse chiaramente nel dibattito su quella proposta. Ribattendo a Vittorio Emanuele Orlando che aveva propugnato la causa di un presidente della repubblica eletto dal popolo, Ruini ammise: “Anch’io lo preferisco. Si ristabilirebbe un po’ di fronte al Parlamento, l’altro pilone del regime di Gabinetto”. Si aveva in mente allora l’esempio positivo del sistema politico degli USA. Dovette però subito aggiungere: “Vi è contro, lo ha detto un collega, lo spettro di Cesare, di Bonaparte, di Hitler, ed è una preoccupazione che in molti prevale su ogni altra”. leggi tutto
Fra Battute, Illusioni, Intuizioni
Sembra che l’economia dia qualche piccolo segnale di ripresa, almeno nel settore manifatturiero legato all’export. Insomma dove si fanno “cose” che funzionano e bene, si riesce anche a conquistare posizioni. Esattamente il contrario sembra accadere nello spazio della politica dove si producono più che altro battute, illusioni, intuizioni, a tutto scapito della produzione di “cose”, cioè di provvedimenti dotati di una qualche solidità.
Il governo ha provato a rovesciare il trend, ma l’impresa si sta rivelando davvero impervia. Il fatto è che produrre risultati richiede tempo, mentre buttar lì battute o sventolare illusioni si può fare a ritmo molto veloce. E allora i progetti restano fermi ad intuizioni di cose da fare, anche con una notevole capacità di capire cosa si aspetta il paese, ma col rischio, inevitabile, che se le intuizioni non si potranno poi concretizzare si finisca per produrre disillusione e disorientamento. leggi tutto
Fondata sul lavoro. Ma quale?
Il primo maggio è una data canonica e merita la riflessione di rito in un paese come il nostro che oggi celebra, giustamente, la solenne affermazione dell’art. 1 della propria Costituzione, secondo cui siamo “una repubblica fondata sul lavoro” e che al contempo conta 3 milioni 249 mila disoccupati. Non stupisce certo che quasi tutti, sindacati in testa, richiamino allora alla contraddizione di celebrare una festa del lavoro quando il lavoro non c’è per troppe persone. Stupisce invece, e non poco, che non si avvii una seria riflessione pubblica ed estesa su come si può tornare a creare lavoro in questa specifica congiuntura.
Ovviamente più o meno tutti ci risponderanno che è esattamente quello che “loro” stanno tentando di fare, proponendo le ricette più banali e al tempo stesso più miracoliste: rilanciare i consumi, aumentare gli investimenti, tornare massicciamente ai lavori pubblici (magari ecologicamente impegnati: fa sempre fino) e via elencando. leggi tutto
Quando il gioco si fa duro
Si dice semplicemente che ora la campagna elettorale per le Europee entra nel vivo, ma questa volta si tratta di qualcosa di più. Sembra chiaro che ci si sta rendendo conto di quale sia il disegno strategico implicito nella proposta di Renzi e che, da fronti opposti, si è deciso di provare a farlo fallire.
Certo ragionare di politica è sempre rischioso, perché le variabili e le contingenze inaspettate sono talmente tante che è facilissimo essere smentiti da quel che succederà. Ma questo modesto foglio elettronico è nato proprio nella convinzione che ragionare in politica serva, e dunque ci proviamo.
Partiamo da una premessa: il sistema politico italiano ad essere bipolare nel senso classico del termine (ammesso e non concesso che il bipolarismo esista davvero così come viene descritto nei manuali) non c’è mai riuscito. Abbiamo sempre avuto coalizioni che facevano perno su un “partito cardine” con cui gli alleati condividevano una certa quota di obiettivi, ma che al tempo stesso cercavano di… scardinare contenendone il potere di indirizzo. leggi tutto
Trappole parlamentari
La vicenda del cosiddetto Jobs Act è rivelatrice di una politica nonostante tutto ancora lontana dall’aver trovato una qualche stabilizzazione. Il panorama degli errori e delle leggerezze commesse su questo delicatissimo terreno è quasi sconfortante, soprattutto se si pensa che si sta cercando di aiutare in qualche modo una disoccupazione ormai alla cifra record del 13% (e quella giovanile è messa molto peggio).
Che occorra far presto lo capisce chiunque abbia un minimo di buon senso: il limite di sopportazione della gente è ormai stato raggiunto e non essendo possibile offrire soluzioni immediate, bisogna soprattutto dare il messaggio che non si sta perdendo tempo per avviare qualche rimedio. Ebbene cosa succede invece? Troppi sembrano fare di tutto per anteporre le proprie ragioni di parte agli interessi generali. leggi tutto
Il travaglio del centro-destra
Gli attacchi dei pretoriani di Berlusconi ad Alfano e compagni sono testimonianza di un travaglio nelle fila di quello che è stato il fenomeno nuovo del ventennio trascorso, cioè la creazione di una poderosa aggregazione esplicitamente di centro-destra. Essa è stata a lungo al governo in forza di un consenso elettorale notevole che le ha consentito, grazie ad alleanze con la destra vera e propria, di proporsi come la guida della trasformazione del paese dopo il crollo degli equilibri politici che erano ancora gli eredi della stabilizzazione post 1948.
Il fenomeno era nuovo, perché proprio quella stabilizzazione era stata costruita sul presupposto che la legittimazione al governo non stesse nella proposizione della classica dialettica fra destra e sinistra, ma nella sua sterilizzazione con la concentrazione del potere al “centro”, dove un grande partito “popolare” , la DC, conteneva al suo interno tanto componenti di destra quanto componenti di sinistra e per questo poteva agire al tempo stesso da collettore e da sterilizzatore di quella dinamica. leggi tutto