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Una nuova fase politica?

Paolo Pombeni - 31.08.2016
Terremoto di Amatrice

Il terremoto non ha solo squassato un pezzo d’Italia: può darsi che abbia rimesso in moto una politica che rischiava di isterilirsi nel bizantinismo di un dibattito di corto respiro sul referendum costituzionale e sul significato che poteva assumere.

Il quadro che i prossimi mesi ci mettono davanti non è esattamente idilliaco. Quasi tutti gli istituti e i centri di ricerca concordano nel prevedere che continui la stagnazione economica e la stessa percezione dell’opinione pubblica va in quella direzione. Sul fronte internazionale le previsioni segnano peggioramento. La politica turca sempre più arrembante, il grande risiko che sembra muovere la strategia di Putin, la situazione libica che non trova soluzione, per non parlare dei molti focolai di tensione accesi qua e là nel mondo, ci mettono nell’incertezza sui possibili sviluppi dell’equilibrio internazionale. I riflessi di questo sulle dinamiche delle grandi migrazioni sono intuibili.

L’Europa entra in una delicata fase in dipendenza di scadenze elettorali l’anno prossimo in Francia e in Germania e anche questo non è un dato da sottovalutare. Significa una ulteriore complicazione nel gestire la già ingrippata macchina dell’Unione Europea. Aggiungiamoci l’appuntamento di novembre con le elezioni presidenziali americane.

In quest’ottica la politica italiana deve valutare quanto convenga proseguire sulla via di ridurre tutto alla sfida pro o contro Renzi, perché questo è il vero tema sul tappeto. Dalla sinistra dem fino al lepenismo di Salvini, passando per la sempre meno decifrabile politica dei Cinque Stelle (che davvero non si capisce a che gioco stiano giocando) sino a ieri sembrava che tutto dovesse decidersi nella mitica scelta fra il sì e il no alla riforma costituzionale Renzi-Boschi.

Lasciamo perdere per carità di patria di rilevare le numerose invenzioni che si mettono in campo nell’uno e nell’altro fronte, ma non riusciamo a tacere sulla trovata proposta da D’Alema che ci informa che per sostenere il “no” al prossimo referendum elaborerà, ovviamente con costituzionalisti esperti, una proposta di vera riforma in due paginette. Noi non siamo costituzionalisti, ma da modesti studiosi di storia politica ci permettiamo di chiedergli come pensa poi di farla diventare una legge costituzionale. Se la memoria non ci inganna non ci riuscì quando presiedeva una Bicamerale, ed erano tempi in cui aveva più potere e credito di quanti ne abbia oggi.

Al di là di questi che sono siparietti del teatrino politico, in realtà la scena politica si sta muovendo. Renzi ha trovato colla gestione del post terremoto l’occasione per lanciare la questione di una politica di coesione nazionale in grado di affrontare quello scenario che abbiamo abbozzato all’inizio. Per ragioni comunicative non si parla di questo, perché non è facile da illustrare, ma si rinvia alla necessità di unione nazionale di fronte alla catastrofe naturale: un tema che l’opinione pubblica può cogliere più facilmente, ma che è semplicemente una premessa per tutto il resto.

In questa situazione come reagiscono le forze politiche? La novità maggiore a nostro avviso arriva da Berlusconi, che ha subito colto il cambio di contesto e che ha dichiarato piena disponibilità ad una politica di solidarietà nazionale sul tema del post terremoto. Naturalmente ha sottolineato che con ciò non cambiava il suo atteggiamento su tutte le altre questioni, ma si capisce che questo fa parte della retorica politica a pro della sua opinione pubblica (e anche delle fibrillazioni interne al suo partito). Dove si potrebbe andare a parare lo si è visto dal cambio di stile di Salvini, che dopo dichiarazioni barricadiere contro il governo fatte nell’immediatezza della tragedia, ora si riposiziona su disponibilità a concorrere alle cose buone e opportune (che è il trucco retorico consueto di chi cambia posizione).

Ci si chiede perché questo accada, essendo poco credibile che tutto dipenda solo dal buon cuore e dai buoni sentimenti. E’ probabile che Berlusconi intravveda la possibilità che a conclusione della diatriba referendaria si profili l’opportunità di governi di larghe intese, magari promossi dal complicarsi della situazione economica e internazionale. In quest’ottica si potrebbero aprire nuovi spazi per i “moderati” e l’ex Cavaliere vuole presentarsi rilegittimato all’appuntamento. Ne consegue che in questo caso alla Lega si presenterà la scelta se farsi definitivamente tagliar fuori dall’area di governo o accodarsi all’impresa e Salvini sa bene che una parte cospicua del suo elettorato e della sua classe dirigente non ama essere fuori dal potere.

Rimane in questo quadro l’enigma dei Cinque Stelle. Il problema del movimento di Grillo è nella sua incapacità di costruire coalizioni politiche e nel rifiuto ad entrare in quelle messe in piedi da altri. A meno che non si vada ad elezioni con l’Italicum, dove potrebbe darsi arrivasse ad ottenere il premio di maggioranza (e nel contesto della nuova costituzione che toglie al Senato il voto di fiducia), M5S sarà in grosse difficoltà. Di qui una linea barricadiera, ma senza strategia.

Insomma tutto lascia pensare che andiamo incontro ad una ripresa autunnale che ci metterà di fronte ad evoluzioni significative.