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I civili come nemici
Se qualcuno avesse chiesto negli anni ’80 o ’90 del secolo scorso, a un passante in una qualsiasi parte del mondo, le ragioni per cui l’umanità avrebbe potuto trovarsi sull’orlo di una guerra nucleare nel 2022, molto probabilmente si sarebbe sentito rispondere che una simile guerra avrebbe avuto inizio solo per questioni legate a grandi scenari strategici, come la lotta per la conquista dello spazio, o a gravi questioni ambientali, ad esempio una guerra per il controllo dell’acqua potabile, oppure a tentativi di imporre programmi cibernetici planetari. Sarebbe stata grande la sorpresa del passante interpellato se gli avessero svelato che, nel XXI secolo, la guerra potenzialmente devastante per l’umanità, era deflagrata per le stesse ragioni che erano state alla base dei conflitti già visti nel XIX e nel XX secolo, vale a dire l’invasione di un Paese confinante da parte di una potenza intenzionata a difendere il prestigio nazionale e il riconoscimento dello status di autorità imperiale. Anche per noi oggi è triste constatare che Putin ha avviato un drammatico conflitto solo per restituire alla Russia quella posizione che deteneva nella seconda metà del XX secolo. Un’impresa fuori tempo massimo, al di là dei risultati contingenti che potrà ottenere nell’immediato. Quel ruolo leggi tutto
La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino
Quello che l’economista Giuseppe Sabella ha consegnato all’editore Rubbettino (che lo sta diffondendo con grande successo a 1,99 euro e proventi per l’Ucraina) è qualcosa di più di un saggio breve, un paper come si dice in gergo: è un’originale ed approfondita analisi delle motivazioni prodromiche che hanno scatenato l’aggressione militare della Russia all’Ucraina e delle varie concause che l’hanno determinata e sostenuta. Abituati agli estenuanti e spesso stucchevoli dibattiti televisivi dove i tuttologi esprimono congetture, interpretazioni, punti di vista, opinioni sovente non suffragate da analisi competenti, forse più preoccupati di prendere posizione o di esporre suggestioni quasi mai aderenti alla realtà, si resta sorpresi nel leggere questa trentina di pagine dove Sabella espone in modo chiaro alcune riflessioni più che plausibili.
Egli scrosta le apparenze e le suggestioni che coprono la realtà (come una sorta di “cappa” direbbe Veneziani) e riporta ogni approfondimento sul piano dell’approccio geopolitico ma soprattutto geoeconomico: è da tempo convinto assertore della matrice e della genesi economica, tecnica e scientifica di ciò che sta accadendo a livello planetario. Allievo di un grande filosofo della Scienza, il compianto Prof. Giulio Giorello (ho avuto l’onore di conoscere e intervistare entrambi e di coltivare una consonanza di interessi culturali con l’amico Giuseppe, leggi tutto
La guerra in Ucraina come guerra trasformativa e le sue conseguenze culturali
La guerra in Ucraina mi pare stia diventando una guerra trasformativa che pone fine ai trent'anni successivi alla caduta dell'Unione Sovietica nei quali la Russia non era tanto vista come una minacciosa concorrente quanto come un partner commerciale fornitore di materie prime e prodotti agricoli e la Cina acquistava potere e influenza senza sconvolgere gli equilibri internazionali ancora fondati sulla centralità, sia pur ridimensionata, degli Stati Uniti. La minaccia più immediata era l'islamismo radicale in medio Oriente e in Africa; una minaccia a cui l'Arabia Saudita e i paesi del Golfo ponevano un freno politico. Oggi, tuttavia, Russia e Cina stanno apertamente facendo della guerra in Ucraina una leva per uno scontro frontale con i paesi occidentali non solo a livello di politica di potenza; ma a un livello più profondo, culturale e ideologico, tendente a smontare la narrazione storica e politica della democrazia occidentale. La Russia lo fa con il suo nazionalismo slavista e imperiale raccolto attorno alla figura carismatica del leader e alla Chiesa ortodossa che tutto legittima con il manto della verità divina. La Cina con un nazionalismo fondato sulla sua storia millenaria di Impero di mezzo, centro dell'intero mondo e dei suoi popoli, nutrito di tradizione leggi tutto
Una nuova battaglia del saliente? Sloviansk nel Donbass, la nuova Kursk, 80 anni dopo?
Fallito il tentativo di prendere Kiev e deporre il governo Zelensky, i satelliti spia e la ricognizione sul terreno stanno rilevando come le forze russe si stiano riposizionando verso l’Ucraina orientale, in particolare nella contesa regione del Donbass. È lì secondo, diversi analisti militari, che a breve, potrebbe scatenarsi uno scontro su vasta scala, per il controllo di questo strategico territorio.
L’area è importante, sia per le risorse naturali che contiene, sia perché costituisce, simbolicamente, la giustificazione stessa dell’intervento russo in Ucraina: la liberazione dei “fratelli oppressi” della minoranza russa nel Donbass. Infine la sua conquista potrebbe rappresentare per Putin, finalmente, quella vittoria sul campo che finora è mancata, per risollevare in patria, le sorti delle sue forze armate, la cui reputazione è scesa ulteriormente dopo gli insuccessi sul terreno e l’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva, ammiraglia della Flotta del Mar Nero.
Una considerazione così bassa dell’efficienza militare russa in azioni offensive, da rievocare – tra gli analisti di questioni militari - la fallimentare performance dell’Armata rossa nella “Guerra d’inverno” russo-finlandese del 1939-40. Un conflitto quasi dimenticato che sta riproponendo però curiose analogie con quello attuale. (Anche allora i russi, in soverchiante superiorità di forze, pensavano di venire accolti dalle popolazioni “liberate”, a braccia aperte e che l’esercito leggi tutto
Credevamo di essere i padroni del mondo. Non lo eravamo e non lo siamo
Nel 2008 il politologo Fareed Zakaria pubblicò un libro dal titolo a effetto, The Postamerican World, che fu un immediato successo e si impose nel dibattito crescente sulla fine del mondo unipolare teorizzato alla fine della Guerra fredda. Un mondo fondato sugli Stati Uniti in quanto “nazione indispensabile”, come li definì Madeleine Allbright nel 1997, decisore di ultima istanza a livello internazionale nonché modello dell'unico sistema politico universalmente valido, la liberaldemocrazia. Erano i tempi fra i due millenni di Condoleeza Rice e della famosa contrapposizione del neoconservatore Robert Kagan fra gli europei figli di Venere, molli, legati al compromesso e al soft power, sostanzialmente imbelli, e gli americani figli di Marte, sempre pronti alla guerra in difesa della democrazia. Una decina soltanto di anni dopo le cose erano cambiate. Cina, India e mondo islamico del petrolio, ma non solo, avevano acquisito un'assertività e un'autonomia economica e politica che costringevano a parlare di un nuovo ordine multipolare. Le cose dal 2008 sono andate molto oltre tanto che due classici argomenti a sostegno della superiorità della democrazia occidentale, la sovranità popolare e il diritto di autodeterminazione dei popoli, sono stati formulati in modo del tutto nuovo nel Libro bianco sulla democrazia approvato dal Consiglio di leggi tutto
La guerra, i due Sasha e tutti gli altri bambini vittime innocenti
La bandiera ucraina che sventola sul pennone accanto alla colonna di Majdan Nezaležnosti (Piazza Indipendenza) e nei palazzi governativi che le stanno attorno al centro di Kiev, sarà l’ultimo presidio della resistenza a capitolare, se le armate russe prenderanno possesso della capitale esautorando il Governo di Zelens’kyi, oppure sarà il simbolo attorno al quale si stringerà idealmente il popolo che è rimasto a difendere ciò che resterà di una mattanza, se l’indipendenza del Paese sarà conservata.
Mentre scrivo ogni esito è incerto: le trattative proseguono a fatica mentre la carneficina dei civili locali e dei militari dei due eserciti segna ogni giorno un nuovo drammatico evento. Mariupol è la città simbolo del massacro, dopo l’ospedale pediatrico, le scuole e le case è stato bombardato il teatro dove avevano trovato rifugio centinaia di civili, tutti rimasti sotto le macerie: conta sapere chi è morto e chi sopravvissuto?
Nel suo messaggio video al Parlamento italiano, Zelens’kyi ha paragonato per dimensioni del disastro Mariupol a Genova: pensandoci, vengono i brividi.
La morte è atroce ma restare perdendo tutto, casa, famiglia, lavoro e sopravvivere in un contesto surreale, devastato, spegne le energie residue e le speranze. L’eccidio dei 13 cittadini di Chernihiv, un sobborgo nei pressi di Kiev, che erano leggi tutto
L’Italia nella crisi ucraina
Ha suscitato qualche apprensione la sparata di un medio funzionario del Ministero degli Esteri russo sulle “conseguenze irreversibili” che peserebbero sull’Italia nel caso continuasse ad appoggiare una politica sanzionatoria nei confronti del suo paese. Come si sa queste uscite sono sempre ambigue. Non è facile capire se il funzionario, con un passato di console russo a Milano e vari rapporti col nostro paese da cui ha ricevuto anche onoreficenze, parlasse su iniziativa personale per conquistarsi dei meriti o se agisse per mandato dei suoi vertici. Quali possano poi essere queste conseguenze irreversibili non è poi molto chiaro, perché qualsiasi ritorsione è di per sé reversibile, sia pure magari a fatica.
Si è subito parlato di un attacco a quello che è considerato “l’anello debole” della UE e della Nato, per aprire una breccia dove si riteneva più facile farlo, considerando anche la presenza da noi di un dibattito pubblico da politica spettacolo, dove c’è una buona presenza di “alternativi” a vario titolo alle attuali politiche concordi con UE e Nato. Resta il fatto che bisogna capire quali siano le ritorsioni in grado di colpirci così duramente. Certamente ci sono le nostre dipendenze da alcuni settori dell’export russo (il gas è la punta di diamante), ma si leggi tutto
Gli spettri della guerra
Ogni guerra tende a dilatare, nel tempo e nello spazio, il proprio spettro di azione tanto che le devastazioni socio-sanitarie colpiscono mortalmente nove persone su una deceduta direttamente a causa delle incursioni belliche (OMS). A questo tragico fenomeno sono ascrivibili la regressione dei Servizi pubblici di assistenza e controllo, le deficienze sanitarie, la divaricazione nelle diseguaglianze sociali, la crescita esponenziale della povertà, le instabilità politico-istituzionali conseguenti, le migrazioni forzate foriere di rapide e lunghe scie di diffusioni di malattie infettive. Bisogna segnalare che queste regressioni si instaurano, in toni meno drammatici ma sempre inquietanti, nelle condizioni di difficoltà politico-economiche. In Venezuela, ad esempio, la crisi acuta di qualche anno fa, e ormai cronicizzata, ha determinato un numero significativo di infezioni da poliomielite, la ricomparsa della malattia tubercolare e una significativa impennata della mortalità infantile per malattie esantematiche.
Nell’attuale guerra perpetrata dall’esercito russo nei confronti dell’Ucraina i rischi a cui si è fatto cenno sono tutti presenti per l’intero Paese aggredito, ma anche per i Paesi limitrofi e per tutta l’Europa con possibili soffusioni che vanno ad irraggiarsi all’intero globo, viste le facili e insopprimibili opportunità di emigrazione e di immigrazione dentro e fuori i continenti con conseguenti funzioni vettoriali. leggi tutto
Alcune osservazioni sul conflitto Russia - Ucraina sotto il profilo delle ricadute economiche e finanziarie
Una interessante videoconferenza promossa dal Bristol Talk (TRC Bologna) e condotta da Lorenzo Benassi Roversi ha proposto il tema dell’invasione dell’Ucraina, osservato dal punto di vista dell’Europa.
Ospiti illustri il teologo Vito Mancuso, il politologo Gianfranco Pasquino e l’economista ed esperto finanziario Rudi Bogni.
In questa sede, tra i temi trattati vorrei riproporre particolarmente le considerazioni di natura economica e finanziaria.
Secondo Bogni – che vive da anni nella City e si divide tra Londra e Basilea- il tema degli ‘oligarchi’ e delle sanzioni a loro carico è un problema di interesse per i media, la politica e la pubblica opinione, ma non tale da poter veramente influire sul corso della guerra.
Più interessanti sono le ricadute della guerra e delle sanzioni comminate dal mondo occidentale sulla Russia, sui mercati finanziari e la vita dei cittadini, in ordine alle preoccupazioni finanziarie
Le riserve della Banca Centrale russa sono circa 600 e più miliardi dollari equivalente, di cui la metà in titoli e obbligazioni occidentali, 150 miliardi sono invece con banche dell’Occidente, il 20% in oro depositato materialmente in Russia ed il resto in valuta cinese. Bloccata sul fronte dell’Occidente, quello che la Russia può fare è continuare ad esportare gas e petrolio: il petrolio più facilmente leggi tutto
Putin e l'Illuminismo
Putin, purtroppo per noi, combatte una molto pericolosa battaglia di retroguardia che ci costringe a distogliere lo sguardo da altre in cui sarebbe più utile essere coinvolti. È una battaglia per l'eterna anima russa, legata a difendere la grandezza imperiale e spirituale della patria, la sua unità attorno alla Chiesa ortodossa e a un capo. Pare di leggere, con le dovute, profonde differenze storiche e intellettuali, le Considerazioni di un impolitico di Thomas Mann apparso nel 1918 e scritto negli anni immediatamente precedenti. Anche allora vi era una guerra, la Grande guerra, e Mann si poneva a difensore del nazionalismo contro l'universalismo illuminista e sosteneva l'assoluta superiorità della Kultur tedesca, spirituale, pura, una e imperiale, sulla Zivilisation britannica e francese, tutta tecnica e dibattito, materialista e distruttrice dell'anima dei popoli. Mann, però, era un grande ed ebbe il coraggio di diventare antinazista. A livello non di intellettuali, ma di popolo, abbiamo il caso dei sudisti statunitensi che per quanto in maggioranza non possedessero schiavi combatterono furiosamente contro il Nord per difendere “il focolare e la famiglia”, il loro tradizionale modo di vita identificato con la propria comunità prima che con la Confederazione. Un modo di vita fondato su un rapporto personale con leggi tutto