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Il mondo accademico, della scienza e della cultura prende posizione sui fatti dell'Ucraina
Il mondo accademico, della cultura, della scienza prende posizione sui fatti riguardanti l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Si levano appelli, si rendono pubbliche dichiarazioni, comunicati stampa, si organizzano iniziative di raccolta di firme, a livello nazionale e internazionale.
Tramite il contatto intercorso con l’Accademia nazionale dei Lincei, recentemente consolidato in occasione della recensione del libro “In un volo di storni”, del Premio Nobel per la Fisica Prof. Giorgio Parisi, ho ricevuto dall’Ufficio di Segreteria della Presidenza tre documenti di notevole rilievo, considerate le fonti da cui promanano. Il primo è la dichiarazione della Presidenza dei Lincei che aderisce al documento elaborato in sede ALLEA (la Federazione europea che riunisce le Accademie di Scienze e di Lettere) nel quale si esprime “profonda preoccupazione” per la sicurezza dei colleghi accademici ucraini. “Non c'è alcuna legittimità nelle azioni intraprese per sabotare la pace, la stabilità e l'autonomia della nazione ucraina. In questi tempi difficili, ci opponiamo agli spudorati attacchi del governo russo contro uno stato sovrano, contro la democrazia e contro persone innocenti”, così prosegue il documento che costituisce il secondo atto ricevuto dalla Presidenza dell’Accademia dei Lincei.
Il terzo documento pervenuto e riportato qui a margine consiste nell’appello di un gruppo numeroso leggi tutto
L’enigma russo e l’uomo occidentale
È urticante accorgersi che leggiamo ancora gli eventi di questi giorni con gli occhi del Novecento, che l'invasione russa in Ucraina è vissuta con le lenti degli immutabili, supremi destini della civiltà universale europea. È così per chi ha piantata nella mente la Guerra fredda, lo scontro formidabile fra due sistemi universalistici che si rifacevano all'illuminismo e al pensiero universale dei grandi del liberalismo e del marxismo. Avevamo paura, parteggiavamo; ma ci sentivamo, sentivamo l'Europa al centro del mondo perché le due superpotenze, europee entrambe anche se proiettate al di là dell'Europa, lottavano per omogeneizzare a sé un continente che era il centro del mondo in quanto aveva dato vita alla modernità, dalla Riforma alla Gloriosa Rivoluzione inglese del 1688 alla Rivoluzione francese a quella industriale ai grandi classici del liberalismo e del socialismo giù giù fino alla Rivoluzione d'Ottobre. La morte di fascismo e nazismo, le due tragiche eresie europee, non faceva che rafforzare le nostre convinzioni. Eravamo l'universale. Del fardello dell'uomo bianco negli anni della decolonizzazione si parlava poco; ma era ancora lì, fossimo di sinistra, di destra o del sempre dominante centro. Ci si aspettava che il mondo si arrendesse con gioia a uno dei due modelli avanzati dall'uomo bianco. leggi tutto
La tratta delle bambine in Afghanistan, aspetto agghiacciante di una crisi umanitaria
A sei mesi dalla caduta di Kabul (15/08/2021) per l’evacuazione precipitosa delle forze militari occidentali (ricordo le parole del Prof. Lucio Caracciolo, Direttore di Limes: “gli americani se la sono squagliata”) e la presa di potere dei Talebani, per l’Afghanistan – già dilaniato da circa 40 anni di faide e di guerre tra fazioni – questo è certamente l’inverno più terribile della sua storia più recente. L’ordine imposto dal nuovo regime non ha apportato alcun miglioramento sotto il profilo delle condizioni di vita della popolazione, consumata dalla miseria, dalla fame, dalla precarietà delle condizioni igieniche, dal clima infame, dall’inesistenza di servizi pubblici, dalla mancanza di lavoro. L’ONU – attraverso il Segretario generale Antonio Guterres, il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (PAM) David Beasley e il direttore generale della FAO, Qu Dongyu - ha ufficialmente definito quella Afghana “la più grave crisi umanitaria del pianeta”, ormai sull’orlo di una catastrofe irrecuperabile. La commissaria europea agli Interni Ylva Johansson ha spiegato: “Per evitare che la crisi umanitaria diventi una crisi migratoria, dobbiamo aiutare gli afghani in Afghanistan”. Ma l’ingresso nel Paese di aiuti esterni diventa problematico a motivo dei vincoli di accesso, delle pregiudiziali ideologiche e delle restrizioni di transito imposte da un regime che non ammette ingerenze leggi tutto
L’Afghanistan e il mondo occidentale. La lotta al terrore di Bush e la sua eredità
L’annuncio ufficiale del presidente degli Stati Uniti Joe Biden riguardante il ritiro delle truppe dal territorio afgano ha scatenato una serie di reazioni sconvolte e piccate in tutto il mondo. Il discorso di Biden ha sancito la definitiva ufficializzazione del ritorno al potere e alla gestione del derelitto paese nelle mani dei resuscitati talebani, ai quali il presidente Bush aveva dichiarato la guerra spietata al terrore, post 11 settembre 2001. Trattative per la fuoriuscita degli americani dal pantano afgano erano state già avviate dall’ex presidente Trump, come chiaro segnale della volontà USA di lasciare la patata bollente Afghanistan.
Lo scalpore maggiore è stato suscitato dal ritorno al potere dei talebani, i principali fiancheggiatori di Al Qaeda e del responsabile dell’attacco alle Torri Gemelle: Osama Bin Laden. Venti anni dopo, l’Afghanistan sembra essere ritornato ad essere una roccaforte della reazione islamica antioccidentale. Le violenti polemiche piovute sugli USA, le strazianti scene delle donne afgane e dei profughi che cercano di sfuggire alla inevitabile mannaia dell’ortodossia fanatica talebana, hanno dominato ogni social network, ogni testata giornalistica e ogni telegiornale. Sono scenari tragici, premonizioni di un futuro di regime violento sul popolo afgano, soprattutto su chi ha cercato di sfuggire il giogo dei talebani all’ombra dell’esercito statunitense. leggi tutto
Riflessioni sull'Afghanistan
Direttore Prof. Caracciolo, in un editoriale per il settimanale londinese “The Economist” Henry Kissinger ha scritto che gli USA hanno fallito la lunga missione in Afghanistanperché “gli obiettivi militari sono stati troppo assoluti e irraggiungibili e quelli politici troppo astratti e sfuggevoli”. È una valutazione sintetica ma sostanzialmente esplicativa ed attendibile?
Credo di si, la condivido in linea di massima. Il punto sta nel fatto che gli americani sono andati in Afghanistan senza un progetto che non fosse quello di dare all’opinione pubblica americana il senso della reazione all’attacco dell’11 settembre. Tutto questo è stato deciso, tra l’altro, in una atmosfera di paura e di rabbia che certamente non ha favorito una lettura strategica dell’operazione. Risultato: gli americani sono rimasti incastrati venti anni in un Paese dove non avevano nulla da fare e lo hanno lasciato in malo modo, con un grave danno di reputazione che sicuramente dovranno scontare anche in futuro.
Indubbiamente il ritiro dei militari americani dopo venti anni di presenza logorante e – alla fin fine – inconcludente ha fatto cadere come un castello di carte un equilibrio precario che ha coinvolto la politica estera USA (ripetendogli errori commessi in Vietnam) e quella del mondo occidentale.
In particolare USA ed Europa leggi tutto
Il suicidio assistito del governo Conte
Se l’opinione pubblica osservasse la realtà tenendo il binocolo con la lente d’ingrandimento puntata su un quadro più ampio, avrebbe una diversa consapevolezza della nostra “salute” sociale, economica e persino politica e del modo con cui il Paese ha affrontato nel suo complesso la pandemia.
Negli Stati Uniti (un quarto dei contagi del mondo e record di decessi, davanti a Brasile, India, Messico) la pandemia è fuori controllo, mentre Biden cerca di rimediare i guasti del “seminegazionismo” di Trump. Il virologo Fauci ha detto di essere stato considerato come “una puzzola in un pic nic”. L’assalto a Capitol Hill ci dice quanto il Paese sia diviso e quanto siano impregnate di fanatismo ideologico, razziale, religioso le trame sotterranee della violenza. Qualche cosa di molto peggio dei vari populismi e negazionismi nelle nostre case italiane ed europee.
In Gran Bretagna, la gestione ondivaga dell’emergenza sanitaria ha per conseguenza il record europeo di decessi, oltre centomila. La Brexit - scelta populista che i britannici pagheranno per anni - ha ulteriormente complicato le cose.
La Francia si appresta a decretare un altro lockdown pesante. La presunta efficienza dello Stato è stata messa a dura prova dalla somministrazione a rilento dei vaccini, mentre si pagano errori di misure contraddittorie, leggi tutto
Una proposta che merita attenzione
Probabilmente finirà in nulla, come tante altre iniziative del genere. Ci riferiamo alla bozza del disegno di legge costituzionale predisposta dal PD e presentata con una certa solennità la settimana scorsa per poi finire subito nel disinteresse generale. Era il mantenimento della promessa di affiancare il sì al referendum grillino con una proposta di sistemazione di alcune debolezze del nostro sistema parlamentare.
Anche se finirà parcheggiata nei cassetti dei progetti di legge senza sviluppo, visto che al momento nessun partito l’ha degnata di attenzione (poca anche dal PD), la proposta elaborata dal gruppo composto dai parlamentari Ceccanti e Parrini nonché da Luciano Violante e con un contributo esterno del prof. Enzo Cheli merita di essere presa in considerazione perché se fosse approvata rimodellerebbe notevolmente il nostro sistema costituzionale.
Intendiamoci: non c’è nessuna vera rivoluzione, ma solo una razionalizzazione meditata dei nodi che sono presenti nel nostro sistema attuale. Partiamo da un dato che è stato molto pubblicizzato, ma in modo approssimativo: non c’è una vera sistemazione del problema del bicameralismo, ma semplicemente il passaggio ad un monocameralismo articolato.
Al contrario di quanto speravano una parte almeno dei nostri costituenti, non abbiamo mai veramente avuto due Camere che rappresentassero due filiere diverse leggi tutto
Sanità e progetti nazionali. I rischi per il potere russo
L’11 maggio la Russia ha iniziato il rischioso esperimento di uscire dall’isolamento nonostante l’alto numero di infetti. Quel giorno infatti il presidente Putin con un messaggio alla nazione dichiarava la fine del regime delle giornate di riposo retribuite iniziato il 30 marzo. Quel lunedì il paese con un totale di 165.929 contagi si trovava al sesto posto mondiale per numero di malati. Inoltre da quattro giorni consecutivi il numero dei contaminati cresceva di 10mila unità. Dal 24 maggio i contagiati sono diventati 335882 e la Russia è balzata al terzo posto nella classifica dell’epidemia.
All’irrompere del Coronavirus l’economia di Mosca si trovava in uno stato di relativo ristagno. Secondo l’istituto pubblico di statistica, Rosstat, il primo trimestre 2020 aveva registrato una crescita dell’1,6% in termini annuali. Più ottimiste, le cifre del ministero dell’Economia valutavano in +1,8% il segno del PIL. La pandemia ha rovesciato questa atmosfera. Al momento le previsioni del dicastero economico federale mettono in conto un calo del 9,5% del PIL rispetto al 2019. Meno fosche le prognosi della Banca Centrale per cui la discesa sarà dell’8%. Sempre il dicastero economico avverte che nel 2020 la flessione del reddito reale della popolazione sarà pari al -3,8%. Il periodo più duro sarà il secondo trimestre dell’anno quando questa voce segnerà -6%. leggi tutto
Cittadini del mondo
Dopo quasi due millenni bisogna plaudire l’imperatore Marco Aurelio quando sostiene che “schiavo è colui che si sente sottomesso ad una natura capricciosa, cittadino del Mondo è chi riconosce di vivere in mezzo ad una natura governata da leggi rigorose” (I Pensieri”, Mondadori 1974). L’aforisma è quanto mai attuale perché dà origine ad interpretazioni opposte degli eventi “naturali” che si susseguono, fra cui l’attuale pandemia. La visione capricciosa della natura rende l’organizzazione sociale rigida, nello stesso tempo incerta, financo evanescente, e favorisce la concezione misterica dei molti mali che attanagliano i popoli: guerre, carestie, razzismi, sfruttamenti, diseguaglianze, dittature, malattie, epidemie...
E’ quanto è accaduto nel corso dell’emergenza attuale: prima e dopo l’evento acuto scaturito in Cina ha prevalso l’inerzia, finalmente sono state adottate misure organizzativo-socio-sanitarie di contrasto mentre si andavano affinando misure cautelative e strumenti diagnostico-terapeutici. A parte l’incertezza iniziale, tutto ben fatto di fronte alla pandemia conclamata, preceduta dall’epidemia in Wuhan che qualcosa avrebbe dovuto insegnare sotto ogni punto di vista, scientifico e operativo.
E’ bene osservare che le epidemie osservano una certa ciclicità e la loro insorgenza e i loro effetti clinici sono sufficientemente prevedibili e, almeno in parte, conosciuti, evitabili e prevenibili. Sta nell’incrocio del virus con gravi guasti ambientali e defedamenti leggi tutto
La Cina e la pandemia: prove di soft power?
C’è molta Cina negli aggiornamenti di attualità che scandiscono queste inedite settimane di quarantena. Se da principio l’informazione sul paese estremorientale, forzatamente scarsa e frammentaria, ha riguardato soprattutto l’estensione del contagio da Covid-19 e le misure messe in atto per contrastarlo, lo spostamento del focus sull’emergenza di casa nostra ha comportato anche una nuova rappresentazione della Cina Popolare come interlocutore privilegiato, in virtù del suo manifesto desiderio di aiutare gli altri paesi sulla base della propria esperienza. Non è certamente sfuggito a nessuno che gli atti concreti di aiuto e i messaggi di incoraggiamento, per i quali è giusto essere grati, siano stati sostenuti da uno sforzo mirato e organizzato per dare loro la più ampia pubblicità possibile. Chi conosce gli equilibri interni alla Cina ben più del sottoscritto, sostiene che l’offensiva propagandistica abbia anche finalità domestiche: soprattutto le trovate più grossolane, come l’applauso collettivo rivolto al personale sanitario italiano dai balconi e trasformato dai media cinesi in un ringraziamento agli esperti inviati da Pechino, dovevano servire a distogliere l’attenzione pubblica dai ritardi e dagli errori del regime sul fronte domestico e a mostrare, per così dire, come la situazione all’estero fosse peggiore di quella leggi tutto