Argomenti
Cittadini del mondo
Dopo quasi due millenni bisogna plaudire l’imperatore Marco Aurelio quando sostiene che “schiavo è colui che si sente sottomesso ad una natura capricciosa, cittadino del Mondo è chi riconosce di vivere in mezzo ad una natura governata da leggi rigorose” (I Pensieri”, Mondadori 1974). L’aforisma è quanto mai attuale perché dà origine ad interpretazioni opposte degli eventi “naturali” che si susseguono, fra cui l’attuale pandemia. La visione capricciosa della natura rende l’organizzazione sociale rigida, nello stesso tempo incerta, financo evanescente, e favorisce la concezione misterica dei molti mali che attanagliano i popoli: guerre, carestie, razzismi, sfruttamenti, diseguaglianze, dittature, malattie, epidemie...
E’ quanto è accaduto nel corso dell’emergenza attuale: prima e dopo l’evento acuto scaturito in Cina ha prevalso l’inerzia, finalmente sono state adottate misure organizzativo-socio-sanitarie di contrasto mentre si andavano affinando misure cautelative e strumenti diagnostico-terapeutici. A parte l’incertezza iniziale, tutto ben fatto di fronte alla pandemia conclamata, preceduta dall’epidemia in Wuhan che qualcosa avrebbe dovuto insegnare sotto ogni punto di vista, scientifico e operativo.
E’ bene osservare che le epidemie osservano una certa ciclicità e la loro insorgenza e i loro effetti clinici sono sufficientemente prevedibili e, almeno in parte, conosciuti, evitabili e prevenibili. Sta nell’incrocio del virus con gravi guasti ambientali e defedamenti leggi tutto
La Cina e la pandemia: prove di soft power?
C’è molta Cina negli aggiornamenti di attualità che scandiscono queste inedite settimane di quarantena. Se da principio l’informazione sul paese estremorientale, forzatamente scarsa e frammentaria, ha riguardato soprattutto l’estensione del contagio da Covid-19 e le misure messe in atto per contrastarlo, lo spostamento del focus sull’emergenza di casa nostra ha comportato anche una nuova rappresentazione della Cina Popolare come interlocutore privilegiato, in virtù del suo manifesto desiderio di aiutare gli altri paesi sulla base della propria esperienza. Non è certamente sfuggito a nessuno che gli atti concreti di aiuto e i messaggi di incoraggiamento, per i quali è giusto essere grati, siano stati sostenuti da uno sforzo mirato e organizzato per dare loro la più ampia pubblicità possibile. Chi conosce gli equilibri interni alla Cina ben più del sottoscritto, sostiene che l’offensiva propagandistica abbia anche finalità domestiche: soprattutto le trovate più grossolane, come l’applauso collettivo rivolto al personale sanitario italiano dai balconi e trasformato dai media cinesi in un ringraziamento agli esperti inviati da Pechino, dovevano servire a distogliere l’attenzione pubblica dai ritardi e dagli errori del regime sul fronte domestico e a mostrare, per così dire, come la situazione all’estero fosse peggiore di quella leggi tutto
Chi siamo, dove andiamo? La Pasqua difficile della Chiesa russa
“Non tradirete Cristo non recandovi in chiesa, ma lo farete se a causa vostra qualcuno si ammalerà”. Cosi il 31 marzo il responsabile delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hillarion, cercava di trovare un compromesso tra le usanze pasquali della Russia ortodossa e le esigenze sanitarie dello Stato. Secondo il calendario giuliano il cristianesimo orientale celebra la Passione di Cristo una settimana dopo quello occidentale. Quest’anno però almeno la metà delle parrocchie russe, obbedendo ai decreti dell’autorità secolare, ha vietato ai parrocchiani l’accesso in chiesa. Scelta difficile visto che la Settimana Santa è l’avvenimento principale dell’ortodossia slava e dato il livello di misticismo con cui i fedeli russi glorificano la resurrezione di Cristo. Comprensibili dunque i malumori dei credenti, i dissensi tra il clero e le precauzioni con cui i religiosi hanno affrontato i divieti. Misure su cui il Patriarcato inizialmente non ha nascosto il proprio dissenso. Cosi è successo dopo il messaggio alla nazione del 25 marzo con cui Putin incaricava i governatori regionali di far rispettare le restrizioni sociali. Al governatore di San Pietroburgo che il giorno dopo vietava fino al 30 aprile ogni ingresso nei luoghi di culto, il Patriarca si opponeva sostenendo che “in mancanza di una legge federale leggi tutto
Europa, Germania, Italia alla prova del coraggio
“Qualcosa di utile alla mia patria ma dannoso all’Europa o qualcosa di utile all’Europa ma dannoso al genere umano, per me sarebbe un crimine”. Parole, scritte nel XVIII secolo da Montesquieu, da tenere presenti mentre un rabbioso dibattito lacera il nostro continente. La crisi che viviamo è un prisma dalle molte facce. Dal punto di vista sanitario una pandemia imparagonabile a quelle del passato, da nuovo volto a questioni antiche. Quella tra razionalità e irrazionalità. Quella tra vite umane da salvare e i costi della recessione. Quella tra autocrazie e diritti dei popoli. Infine quella tra la costruzione o la dissoluzione europea. Un’equazione che in Italia sembra dipendere solo dalla questione tedesca. O meglio dal suo eterno ritorno.
Il processo europeo di integrazione, non è stato altro che il costante tentativo di armonizzare “un sistema di distinzioni”. Chi si occupa di relazioni internazionali deve onestamente riconoscere la storia europea come un susseguirsi di continuità e discontinuità. La vita delle nazioni e quella del continente è da sempre un intreccio tra fratture e linearità. A ciò si aggiunge il lungo “dissidio tra Germania ed Europa”, la “sua lontana preparazione” e il momento, ancora recente, della “sua terribile esplosione”. Anche questa discordia però non è altro leggi tutto
Il nome della cosa
Quando lessi le 40 pagine di evidenze scientifiche, priorità e raccomandazioni ai governi redatte dal 29/4 al 4/5 2019 in sede OCSE, dai rappresentanti di 130 Paesi aderenti all’Ipbes ( la piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi) per esaminare un Rapporto dell’ONU stilato in 3 anni di lavoro da parte di oltre 150 esperti, volto allo studio e all’approfondimento dei rischi delle biodiversità, ebbi la sensazione di un imminente “tsunami” globale che potrebbe portare in tempi definiti “relativamente brevi” all’estinzione di una serie di specie viventi che popolano i mari e la Terra, fino ad 1/8 di quelle attualmente censite pari ad una cifra mostruosa di circa un milione di ‘specie’ animali e vegetali.
In questo caso oggetto di studio e dei risultati della ricerca condotta dagli scienziati era l’erosione lenta ma graduale della “biodiversità”: in pratica il pericolo paventato e sottoposto alla responsabilità dei governanti a livello planetario riguarda la scomparsa di specie viventi- animali e vegetali – a causa del deterioramento della “salute” degli ecosistemi che inglobano l’uomo e le altre forme di vita.
Ciò che influisce sull’alterazione delle biodiversità esistenti sono i comportamenti umani: sfruttamento del suolo e delle risorse naturali, come leggi tutto
Tutti a casa. Il virus è arrivato in Russia
La crisi sanitaria è arrivata a Mosca. Secondo quanto scrive lunedì la Nezavisimaja Gazeta la scorsa settimana nel paese il numero delle persone malate di coronavirus è cresciuto di 3,5 volte al giorno. Con un ritmo simile a metà aprile in Russia vi sarebbero 200mila contagiati. In queste condizioni ci sarebbe bisogno di 30mila letti per rianimazione con costi per il bilancio statale pari a 6 miliardi di rubli al giorno. Cifre che hanno costretto la leadership del paese ad attivarsi.
Mentre infatti nel resto d’Europa opinione pubblica e classi dirigenti si trovavano da tempo sotto lo stordimento dell’epidemia da Coronavirus, mercoledì 18 marzo Putin dalla Crimea definiva la situazione nella Federazione “complessivamente sotto controllo”. Soprattutto la pandemia non doveva guastare i festeggiamenti per il sesto anniversario dell’annessione della penisola. A quel punto gli sforzi del Cremlino per diffondere fiducia tra la popolazione si limitavano alla chiusura delle frontiere e la quarantena per chi rientrava dai paesi considerati a rischio. Un invito alla calma sociale basato sui numeri relativamente bassi dell’infezione. Che in Russia esistesse un certo livello di inquietudine per lo stato reale della pandemia lo dimostra però il fatto che da tempo chiunque dovesse incontrare il presidente era obbligato al tampone.
“QU’EST CE QUE EST L’EUROPE?”
In questi giorni drammatici per l’Italia, per i Paesi europei e il Mondo intero si assiste ad una sostanziale assenza della Unione europea, come anche di Organismi internazionali: principalmente l’ONU con la sua Agenzia che risponde al nome di Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Mancano progetti e coordinamenti sovranazionali comuni per fronteggiare l’avanzata del virus. La dichiarazione, inevitabile, di “pandemia” non esaudisce le attese, che conferirebbero valore ad Unione europea ed Organizzazioni internazionali, di un coordinato soccorso scientifico e materiale che, ovviamente, non può che essere realizzato globalmente e con metodo interlocutorio con le realtà epidemiche rapidamente cangevoli che si affacciano in ogni istante in tutte le Regioni geografiche del Pianeta. Nella realtà ed in sostanza, ogni Stato pensa a sé stesso come se i confini politico-geografici possano limitare, differenziare e addirittura impedire l’impatto dell’onda epidemica.
Ridiventa così attuale, in verità senza mai aver perso i suoi connotati amletici, l’antico aforisma del XVII secolo coniato da Bernard le Bouyier le Fontenelle, membro della Académie Royale des Sciences de Paris, applicabile alle attività di varie Organizzazioni e Assemblee internazionali: leggi tutto
Quando il potere è solo stupido
Mentre ci laviamo le mani, è il momento di chiederci “in che mani siamo?” noi cittadini del mondo, di fronte a un nemico che non conosce confini. Nessun leader e nessuna entità sovranazionale è stata all’altezza della situazione. E non lo sono stati tanti guru della “governance” globale, di solito prodighi di previsioni e scenari futuribili.
La Cina ha tardato a informare il mondo, ha nascosto il problema a se stessa, ha punito o lasciato morire qualche medico coraggioso, prima di organizzare la quarantena di un’intera regione.
E mentre i cinesi si chiudevano in casa, nessun capo di stato o di governo è sembrato preoccuparsi più di tanto: nessun provvedimento d’emergenza è stato preso subito, come era logico e doveroso. Business as usual, prima l’economia, poi la salute. Ciò che stava accadendo in Cina, è stato vissuto come un rischio lontano, una carestia o una guerra che possono affliggere angoli del mondo abituati alla sofferenza e alla tragedia, non il nostro mondo ricco e progredito. Cominciavano a preoccuparsi settori come l’automobile e la moda, ma per la dipendenza dal mercato cinese, non per la salute di clienti e impiegati. Si cominciava a provare la febbre in qualche aeroporto e a protestare se una crociera o leggi tutto
Lo scetticismo dei paesi verso il partner economico cinese
Il mondo guarda alle mosse del partner economico cinese con diffidenza. Un umore che non ha nulla a che fare con le difficoltà dovute al corona virus ma che i modi opachi con cui il paese ha mosso i primi passi alla lotta contro l’infezione ha però giustificato. Già prima dell’esplosione del virus, gli Stati Uniti avevano avviato una guerra commerciale con Pechino. Limitandosi al nostro continente, la Germania aveva iniziato a elevare i livelli di controllo del commercio estero con l’Impero di mezzo. Con la durezza dei nuovi approcci normativi, Berlino vuole allontanare dal paese centro-europeo gli investitori asiatici meno desiderati. Ma è soprattutto nell’Europa orientale che il calo di prestigio del colosso asiatico è impressionante. Anche qui i finanzieri del lontano oriente, spesso caratterizzati per la loro vicinanza allo Stato, sono sempre meno graditi. L’acquisto di immobili e fabbriche, la costruzione di ponti e centrali energetiche, in una parola la componente economica del progetto Nuova via della seta, nei partner/sudditi est-europei risveglia l’impressione di un piano dalle venature egemoniche e imperiali. Tra questi paesi il primo ad appiccare il fuoco alle polveri dei dissidi con Pechino è stata la repubblica Ceca. Ossia lo Stato che finora sembrava quello meglio disposto a leggi tutto
Vent'anni di Putin: 3) La politica estera. La potenza come culto
Un nuovo ordine mondiale dentro schemi tradizionali? Per illustrare percorsi e risultati della politica russa degli ultimi due decenni è utile partire dalla recentissima attualità. Un reticolo di avvenimenti cosi composto: 15 gennaio, Putin all’Assemblea federale della Duma afferma il bisogno di modifiche costituzionali; 16 gennaio, Michail Mischustin diventa il nuovo capo del governo; 17 gennaio, in un intervista alla RIA Novosti il vice responsabile del MAE russo, Sergej Rjabkov, afferma la “piena continuità” della politica estera del nuovo esecutivo; 23 gennaio, 75° della liberazione di Auschwitz, Putin al memoriale dello Yad Vashem illustra il progetto di una conferenza dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, (P5), allo scopo di “contrastare le minacce alla pace globale”. Un idea che il presidente aveva già esposto, in maniera più articolata, all’Assemblea Federale. Si delinea cosi un intreccio istituzionale segnato dal continuum tra politica russa interna ed internazionale. Come se per concentrarsi sul consolidamento interno Mosca sentisse il bisogno di tirare il fiato all’esterno. Come se il dislocamento dei poteri nazionali per avere successo dovesse avvenire dentro cornici internazionali accettabili.
Stabilizzare le avanzate geopolitiche dell’ultimo decennio e legittimarne i risultati. Ecco i fattori che secondo il Cremlino permetterebbero una transizione interna meno traumatica possibile. E quale scenario migliore leggi tutto