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18 maggio 2024
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Argomenti

Referendum: e se ragionassimo sul dopo?

Paolo Pombeni - 25.05.2016

E’ un po’ ingenuo meravigliarsi per i toni sopra le righe che sta prendendo con largo anticipo la battaglia per il voto al referendum confermativo della riforma costituzionale: era difficile non accadesse viste le premesse, cioè l’accusa a Renzi di voler mettere in piedi un sistema autoritario, le sempiterne storielle sulla “costituzione più bella del mondo”, la troppo facile polemica fra progressisti e conservatori. Da questo punto di vista rassegniamoci, sarà così sino alla fine, anche perché il palcoscenico mediatico delle polemiche attira i pasdaran dei diversi schieramenti come il miele le mosche.

Chiediamoci invece, almeno noi che abbiamo messo in piedi questo modestissimo organo per il piacere di ragionar di politica, come mai non si discuta per nulla delle prospettive che si hanno in mente, dall’una e dall’altra parte, per il dopo referendum. Qui non vogliamo parlare del problema del sì o no a Renzi, la sua eventuale uscita dalla scena politica o i suoi regolamenti di conti dopo una vittoria. Sono cose importanti, ma sono effetti collaterali, per quanto potenzialmente distruttivi.

Vorremmo invece affrontare semplici domande che sarebbe opportuno porre, la prima a chi sostiene il no, la seconda a chi sostiene il sì.

Ai sostenitori in buona fede della bocciatura della riforma bisogna chiedere se davvero il loro obiettivo è continuare con l’organizzazione costituzionale così come è. leggi tutto

Il "bipolarismo comunale"

Luca Tentoni - 21.05.2016

Con le elezioni amministrative del 5-19 giugno anche il sistema politico dei grandi comuni italiani sembra destinato ad abbandonare la lunga stagione del bipolarismo. Come abbiamo accennato nello scorso intervento su Mentepolitica, la pluralità di candidature competitive rende più che probabile la dispersione del voto e l'arrivo al ballottaggio di personalità che forse insieme rappresenteranno poco più della metà degli elettori votanti al primo turno. In questo modo potrebbe essere certificata la fine, anche a livello locale, della ventennale stagione del confronto fra due coalizioni che aveva caratterizzato la Seconda Repubblica fino alla svolta rappresentata dalle “politiche” del 2013. Se ci si riflette, è proprio dall'introduzione del nuovo sistema per l'elezione diretta dei sindaci che si afferma, all'inizio degli anni Novanta, l'epoca della politica fondata sul successo dei leader e sulla necessità di costruire alleanze e coalizioni competitive. La caratteristica dei sistemi elettorali comunali e di quelli nazionali era, fino al '92, la rappresentazione proporzionale delle preferenze politiche dei cittadini. Le maggioranze in Parlamento e nei comuni - anche se ampiamente annunciate in precedenza - si concretizzavano al momento di scegliere, in assemblea, la giunta (locale) o il governo (nazionale). I partiti, che prima negoziavano sulla base dei risultati elettorali e dei rapporti di forza, si sono invece trovati – dal ’93 - ad allearsi per superare la prova del voto. leggi tutto

Appesi al referendum?

Paolo Pombeni - 18.05.2016

La prova delle amministrative sembra passata al momento in secondo piano, il tema centrale che domina è l’esito del referendum sulle riforme costituzionali. I sondaggi che danno per problematica la vittoria sicura dell’una o dell’altra parte hanno scaldato una situazione che qualcuno riteneva dagli esiti scontati grazie ad un massiccio disinteresse della pubblica opinione verso un tema che si supponeva di difficile popolarità. Nel momento in cui si è invece visto, sempre da una parte e dall’altra, che la battaglia poteva anche portare a svolte importanti, si è innescato un clima piuttosto teso.

Naturalmente il contenuto specifico della riforma non è il tema dominante: troppo facile presentare, soprattutto da parte dei fautori del “no”, un quadro fantasioso delle questioni in campo, riducendole a stereotipi che preoccupano (sconvolgimento dei valori costituzionali, fine del sistema rappresentativo e scempiaggini simili). Nel marasma di queste diatribe sul nulla si sono buttati non solo forze politiche di opposizione a cui interessa solo buttar giù il governo Renzi, perché questo rientra tutto sommato nelle regole del gioco. Ci si potrebbe aspettare un po’ più di senso di responsabilità nazionale anche da parte delle opposizioni, ma nella storia è un fenomeno raro.

Più difficile da comprendere sono alcune prese di posizione di vertici di associazioni come l’ANPI che non si capisce in nome di cosa parlino: leggi tutto

Le comunali "arcobaleno"

Luca Tentoni - 14.05.2016

Sebbene ci siano alcuni precedenti importanti, come il voto a Parma nel 2012 e le politiche del 2013 (così come, in parte, le scorse regionali, nelle quale il M5S talvolta non è stato molto competitivo), le elezioni amministrative del 2016 sono la prima grande competizione multipolare della Seconda Repubblica. In tutti i sette capoluoghi di regione dove si vota nessun candidato e nessuno schieramento sono accreditati del 50% più uno dei consensi: i ballottaggi sono dati per scontati. Non è una novità: anche quando si confrontavano Unione e Cdl c'erano parecchi casi nei quali si ricorreva al secondo turno. Il sistema per l'elezione dei sindaci, inoltre, favorisce una competizione a due perchè permette al secondo arrivato, sia pure se svantaggiato di parecchie lunghezze al primo turno, di giocarsi tutto al ballottaggio. Per venti anni, però, la dinamica politica è stata piuttosto semplice. C'erano tre risultati possibili: la conferma della maggioranza (o anche del sindaco) uscente, la vittoria della coalizione avversaria o un secondo turno con in lizza i rappresentanti di Unione e Cdl. Le rare eccezioni confermavano la regola. Ora non è più così. Stavolta non sarà tanto importante aggiudicarsi il comune al primo turno (sebbene ci siano una o due città dove teoricamente, guardando i risultati di un tempo, potrebbe essere un’ipotesi da valutare, sia pure come remota) ma arrivare al ballottaggio. leggi tutto

Generazione perduta. O no?

Gianpaolo Rossini - 11.05.2016

Media e firme di rango continuano a insistere. E ai giovani tocca di subire quotidianamente un bombardamento fatto di falsità e proclami basati su proiezioni sballate che hanno come effetto unico di trasferire alle nuove generazioni vecchie e nuove paure e in più i rimorsi e i vuoti delle vecchie generazioni.   Che invece di risolvere i problemi pragmaticamente  non trovano di meglio che fare terrorismo informativo.

Cominciamo con un argomento tanto trito quanto errato, ma che ahimè continua come un vecchio ritornello ad uscire da bocche e penne senza distinzione di parte politica e spesso anche da colleghi un po’ appannati. Si tratta della questione del  debito pubblico. Alto o basso che sia è sempre presentato come un peso sulle spalle delle generazioni future. Un macigno che ogni giovane eredita da genitori incoscienti. Una  vera tragedia. Ma per fortuna è una balla colossale. Perché? L’Italia, nel suo complesso fatto di settore pubblico e settore privato,  è un paese  pressoché in pareggio nei confronti del resto del mondo.  Ovvero non è indebitata. Lo è all’indomani della seconda guerra mondiale a causa dei costi della ricostruzione e della necessità di importare beni strumentali  e di prima necessità  in un paese con una base produttiva fortemente danneggiata. Gli italiani adulti  “scaricano”  gli errori di una guerra crudele e costosissima sui loro figli. leggi tutto

La battaglia di Roma

Luca Tentoni - 07.05.2016

La decisione di Berlusconi di sostenere, alle comunali romane, il candidato centrista Alfio Marchini anzichè la candidata di FdI e Lega Giorgia Meloni, è la prova che nel centrodestra è in corso una resa dei conti. Si tratta di un appuntamento rinviato troppo a lungo e ormai necessario, perchè nulla esclude con certezza che si possa tornare ad elezioni politiche (anticipate) già nella primavera del 2017. Col vecchio "Porcellum" (il sistema elettorale utilizzato per eleggere i parlamentari nel 2006, 2008 e 2013) bisognava formare una coalizione per sperare di aggiudicarsi il premio di maggioranza alla Camera. Tre anni fa l'alleanza fra Pdl, Lega e destra si fece: anche se il centrodestra era in fase calante, Berlusconi mancò per poco il sorpasso nei confronti del centrosinistra di Bersani (pur restando sotto quota 30%, tuttavia). Il partito del Cavaliere e il Carroccio attraversavano una fase critica, che per Berlusconi si è aggravata mentre per la Lega si è mutata in una contingenza positiva: il nuovo leader Salvini, infatti, ha riportato il suo partito verso percentuali di rilievo. Da una situazione nella quale la leadership di Berlusconi e il peso elettorale della componente vicina al PPE era preponderante rispetto alla destra si è passati ad una fase di debolezza reciprioca (2012-2013) delle due "anime" della coalizione e, infine, alla situazione attuale. leggi tutto

Alla ricerca di scenari politici futuri

Paolo Pombeni - 04.05.2016

Per cercar di capire i tormenti della politica italiana attuale bisogna riflettere sul fatto che siamo di fronte ad una notevole incertezza circa gli scenari futuri con cui essa dovrà misurarsi. Altre volte abbiamo cercato di attirare l’attenzione sui punti caldi nell’evoluzione della politica internazionale. Questa volta cercheremo di analizzare alcuni passaggi della politica interna.

La grande incognita è ovviamente l’esito del referendum confermativo delle riforme costituzionali previsto per ottobre. Non sarà una prova da cui uscirà semplicemente un equilibrio “renziano” oppure un equilibrio alternativo, perché le incognite sono molte nell’uno e nell’altro caso.

Vediamo innanzitutto cosa cambia nel caso di una vittoria del sì. Avremo un senato che è un’incognita in termini di incidenza sulla vita politica. Chi parla di un corpo privo di poteri non ha letto il testo della riforma o quantomeno non lo ha capito. Il nuovo senato ha molti poteri, alcuni espressamente previsti, altri possibili con un uso abile della nuova normativa. p { margin-bottom: 0.25cm; direction: ltr; line-height: 120%; text-align: left; widows: 2; orphans: 2; }a:link { }

Infatti può intervenire su varie materie in cui il suo assenso è obbligatorio. Citiamo soltanto, per brevità, le leggi che si rifanno a normative europee. Chi le ha messe in mano al nuovo organo pensava probabilmente che si trattasse di leggi sulla quantità di cacao da mettere nella cioccolata o sullo standard da imporre per le lampadine elettriche. leggi tutto

Referendum costituzionale, la partita è aperta

Luca Tentoni - 30.04.2016

Ogni sondaggio relativo al referendum costituzionale di ottobre è attualmente poco più d'un embrionale tentativo di "saggiare il terreno". Abbiamo ancora quasi sei mesi di campagna elettorale (compresa quella per le comunali, che si concluderà col voto del 5 e 19 giugno) quindi non stupisce che - su cento intervistati da Euromedia Research per “Ballarò” del 19 aprile scorso - ben 46 (il 45,9%, per l'esattezza) non sappiano se andranno a votare o, per ora, non siano intenzionati a farlo. Lo stesso risultato del sondaggio, relativamente alla preferenza di chi invece andrebbe ai seggi, è poco significativo: il 26% degli interpellati approverebbe la riforma, mentre il 28,1% la respingerebbe. Non è solo un dato rientrante nel margine d'errore statistico, ma è anche suscettibile di variazione nel corso dei mesi. Detto questo, però, il sondaggio della Ghisleri non è affatto inutile, perchè delinea alcune tendenze già molto chiare. Secondo la rilevazione, la consultazione sulla riforma costituzionale sembra già una sorta di referendum pro o contro Renzi: voterebbe “sì” il 69% degli elettori centristi di governo (Ncd-Udc) e il 65,2% di quelli del Pd (il “no” si fermerebbe rispettivamente al 6 e al 5%, con un tasso di indecisi o non votanti fra il 25 e il 30%). Solo gli elettori di Sel avrebbero una marginale propensione al "sì" maggiore rispetto a quella di altri partiti d'opposizione: 26,6% contro l'11% di FI e Lega, il 7% di FdI e l'8,5% del M5S. leggi tutto

Giochi pericolosi

Paolo Pombeni - 28.04.2016

La politica italiana sta scivolando su una china sdrucciolevole: il revival di inchieste giudiziarie su casi di corruzione politica (da ritenersi presunti sino a che non si giunga a sentenza) e l’inasprirsi del confronto politico vanno ritenuti qualcosa di più e di diverso da un più o meno normale scontro fra forze contrapposte? Questa è la domanda che ci si sta ponendo, a volte apertamente a volte attraverso sottintesi.

Ciò che non depone a favore della normalità dello scontro è l’assenza di una proposta alternativa praticabile. Quando il vecchio PCI attaccava l’egemonia DC poneva attenzione non solo a proporsi come alternativa, ma a mettere in opera ogni strumento per dimostrare quanto esso potesse costituire una alternativa matura ed affidabile. Oggi è arduo vedere nella concentrazione di forze che cercano di giungere alla sconfitta del governo Renzi qualcosa di paragonabile. Di conseguenza c’è da pensare che caduto questo governo, per quanti limiti si possano attribuirgli, finiremmo nel caos di una diaspora senza prospettive. Se è lecito dirlo, qualcosa di simile a quel che sta accadendo alla Spagna o che tempo fa è accaduto al Belgio.

Naturalmente si può obiettare che non si può sostenere un governo che funziona male solo perché si teme che in sua assenza le cose andrebbero peggio. E’ vero, ma nella valutazione del grado di efficienza di un governo bisogna sforzarsi di non finire nel patetico del partito preso antipolitico. leggi tutto

Politica e giustizia: e se uscissimo dall’impasse?

Paolo Pombeni - 26.04.2016

Torna la preoccupazione per un rinnovato scontro fra politica e giustizia: qualcosa di cui proprio nella difficile contingenza presente non si sente davvero il bisogno. Soprattutto se lo scontro è in definitiva più uno scontro fra poteri che un confronto fra differenti ragioni, come temiamo tenda di nuovo ad essere.

Siamo convinti che invece anche in questo campo sia possibile ragionare, ammesso che tutti conoscano i termini entro cui inquadrare il problema senza chiudersi in preconcetti e pregiudizi che non aiutano nessuno.

Per la verità non possiamo fare a meno di notare che lo scontro più che fra politica e magistratura è fra una certa rappresentanza dei pubblici ministeri e una classe politica che si sente sotto tiro. Non è una cosa banale: avrete fatto caso che tutti quelli che intervengono nel dibattito sul fronte della magistratura sono parte della funzione inquirente piuttosto che di quella giudicante, mentre è la seconda che, in verità, sarebbe la detentrice a pieno titolo del famoso “terzo potere”. Altrimenti è poi inutile stupirsi se un avviso di garanzia equivale ad una condanna e se si tende ad individuare il potere giudiziario come un potere di polizia (con conseguente calo della fiducia pubblica nel sistema della giustizia).

Detto questo, va altresì notato che la superficialità con cui la classe politica ha affrontato e continua ad affrontare il problema della corruzione è molto preoccupante. leggi tutto