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Il "doppio binario" della prossima campagna elettorale
Sebbene preveda una competizione "all'inglese" per assegnare il 36,8% dei seggi in altrettanti collegi uninominali, la nuova legge elettorale (165/2017) ha un impianto quasi puramente proporzionale, attenuato in minima parte dalla soglia di sbarramento al 3% e dal premio eventuale e di incerta misura che si può conseguire aggiudicandosi una quota di seggi "maggioritari" superiore alla propria percentuale di voti (e seggi proporzionali) nazionali. Vincere in 116 dei 232 collegi in palio (il 50%), per esempio, avendo il 35% dei voti, può voler dire salire da un numero teorico di seggi di 220 (il 35% del totale complessivo, eletti "esteri" inclusi) a 255 (40,5% dell'intera Assemblea di Montecitorio, nel nostro esempio). Non un grandissimo premio, a guardar bene, ma è verosimile che nel prossimo Parlamento persino una manciata di seggi in più possa favorire la creazione (o impedire la formazione) di una coalizione di governo. Ciò non vuol dire affatto, tuttavia, che assisteremo ad una campagna elettorale giocata solo a livello locale, nei 232 collegi per la Camera e nei 116 per il Senato. Quella uninominale sarà però una delle due "gare" del prossimo marzo, insieme a quella (nazionale) per la quota proporzionale (e per il raggiungimento della soglia del 3%, per i partiti minori). In pratica, si è passati da un sistema (1994-2001) nel quale i leggi tutto
Vi stupiremo coi nostri effetti speciali?
Ci si chiede se questa campagna elettorale ormai ben avviata sia davvero un momento di confronto, anche aspro, ma comunque confronto fra i partiti politici o se sia una continua girandola di trovate, fuochi di artificio lanciati nella speranza di catturare l’attenzione di un pubblico che si teme piuttosto distratto. Siamo insomma al solito “vi stupiremo coi nostri effetti speciali”, che sarebbero poi promesse mirabolanti e attacchi agli avversari a base di vecchie battute. Naturalmente ciascuno accusa gli altri di essere dei “dischi rotti” che ripetono sempre le stesse cose, ma in realtà tutti ripropongono all’infinito i soliti copioni nella convinzione che la ripetizione ossessiva degli slogan serva ad instillarli nel cervello degli ascoltatori.
E’ difficile in queste condizioni tentare una qualsiasi analisi delle proposte che i contendenti mettono in campo, ma soprattutto valutare il loro grado di credibilità. Al momento i maggiori contendenti sono lì a rubarsi i panni in più di una occasione, sino ad arrivare al limite dell’incredibile, come quando il candidato premier pentastellato Di Maio dice che farà lui la “rivoluzione liberale” che ha promesso e non realizzato Berlusconi. Uno malizioso potrebbe chiedersi se Di Maio abbia idea di cosa sia una rivoluzione liberale, ma si leggi tutto
Elezioni 2018: l'ipotesi del "doppio voto"
Per la prima volta nella storia della Repubblica, si ipotizza che la prossima legislatura possa terminare nel giro di poche settimane, con un nuovo ricorso alle urne a poca distanza dall’insediamento delle nuove Camere. Del resto, nel 2013 sembrava impossibile rieleggere un Capo dello Stato uscente, ma è accaduto, così com'è accaduto, nel 1992-'94, che un sistema dei partiti strutturato crollasse in pochi mesi. Il doppio voto "politico" del 2018, dunque, è uno scenario non improbabile, soprattutto perché la combinazione fra un'offerta politica "plurale" e il sistema elettorale vigente può non assicurare una maggioranza ad un qualsiasi nuovo governo. Molte forze politiche, infatti, non sono coalizzabili fra loro: né prima, né dopo il voto. L'ipotesi di un "governo del Presidente", stavolta, potrebbe non avere i consensi necessari in Parlamento. Resta da verificare - lo faremo in questa sede - se tecnicamente sia davvero possibile andare a nuove elezioni entro giugno, dopo quelle di marzo. Procediamo per gradi. In primo luogo, lo scioglimento delle attuali Camere dovrebbe aver luogo nei primi giorni del 2018: le elezioni si terrebbero verosimilmente il 4 o l'11 marzo. Assumiamo per buona la prima data: in tal caso, la prima riunione delle Camere della XVIII legislatura si terrebbe non oltre venti giorni, quindi probabilmente fra leggi tutto
Italia: la Germania ci insegna qualcosa?
I meno giovani ricorderanno tutto il gran discorrere che si fece a metà anni Settanta sul tema se l’Italia aveva davanti a sé lo stesso destino della Repubblica di Weimar. Il “modell Deutschland” fu ampiamente dibattuto, ma poi tutto finì in una bolla di sapone: il nostro terrorismo fu sconfitto, la conflittualità sociale riportata in termini normali, i partiti incapaci di gestire il paese sembrano ritrovare durante gli anni Ottanta qualche capacità di guidare la situazione.
Poi tutto cambiò e di paralleli con la Germania, né con quella storica né con quella contemporanea, si parlò più. Semmai ci fu qualche propensione a considerare il sistema politico tedesco degno di grande considerazione visto che aveva superato la prova della riunificazione e governava una nazione in continua espansione. Il suo sistema elettorale venne considerato del massimo interesse tanto che, pasticciandolo un bel po’, lo si voleva adottare anche da noi.
Visto come si sta evolvendo la situazione dopo le elezioni tedesche di fine settembre ci si sta buttando sul versante opposto a dire che quel sistema non funziona e che la Germania non può più dare lezioni a nessuno. Eppure, per certi versi almeno, i problemi che ha oggi la politica tedesca leggi tutto
Parole povere. Il linguaggio della Seconda Repubblica
Le elezioni che si avvicinano saranno vinte più imponendo le priorità e la "narrazione" che ingaggiando battaglie di idee. È così, ormai, da lungo tempo, non solo (ma soprattutto) dall'inizio della Seconda Repubblica. L'elettorato è cambiato, ha mutato - in media, al ribasso - gusti e sensibilità, però il prodotto che la politica gli ha offerto è diventato, col passare degli anni, sempre più scadente. Una sorta di junk food, che in un bel libro uscito per Laterza pochi mesi fa ("Volgare eloquenza") Giuseppe Antonelli definisce icasticamente così: "in principio c'era il politichese, fatto di parole latine e oscuri riferimenti colti; oggi c'è il politicoso: un linguaggio che sta alla politica come il petaloso sta ai fiori". Come spiega l'autore, con l'ausilio della televisione, dei nuovi media e soprattutto di tecniche di marketing, si è scelto di raggiungere un elettorato sempre più distante dalla politica facendo ricorso alla "retorica dell'abbassamento". L'eloquenza di molti politici, afferma, "può essere definita volgare proprio a partire dall'uso distorto che fa della parola e del concetto di popolo (vulgus)", così, "nel momento stesso in cui si mitizza il popolo sovrano, lo si tratta in realtà come un popolo bue: qualcuno a cui rivolgersi con frasi ed espressioni terra terra, cercando di leggi tutto
Un marziano e le difficili coalizioni a sinistra
Lasciateci giocare con la storiella del marziano che sbarca sulla terra e cerca di capire la nostra politica. Il povero extraterrestre si imbatte nel seguente fenomeno che non riesce a spiegarsi. C’è il problema di fare una coalizione fra forze di sinistra per avere una qualche (minima) speranza di poter vincere le prossime elezioni politiche. Il partito più forte di questa ipotetica coalizione, almeno in termini di consensi passati e di quelli stimati dai sondaggi per il futuro, è anche il maggiore azionista dei governi della legislatura che sta per finire. Ad esso, da un nuovo partito, ben più piccolo e formato per scissione dalle fila della sua classe dirigente, viene posta come condizione perché venga accettata una coalizione, intesa o quant’altro con lui che dichiari che la sua gestione della politica di governo è stata tutta sbagliata e fallimentare e che di conseguenza si sbarazzi del segretario che si è eletto.
Il povero marziano è ovviamente spiazzato. La regola è che nelle competizioni elettorali chi non ha governato attacchi coloro che lo hanno fatto bollandoli come falliti e chiedendo, di conseguenza, che gli elettori affidino a lui il futuro governo. Sempre con un minimo di logica verrebbe da dire che è inutile competere per una leggi tutto
La "retrotopia", il pericolo del nostro tempo
Il passaggio dall'età delle garanzie (i "Trenta gloriosi": 1945-1975) a quella della globalizzazione ha prodotto conseguenze sociali e politiche che la crisi economica dell'ultimo decennio ha accentuato. In molti sondaggi condotti nei più grandi paesi occidentali si nota una costante percezione, da parte dell'opinione pubblica, che non solo il tenore di vita, ma in generale il mondo che si lascerà alle prossime generazioni saranno caratterizzati da una maggiore insicurezza, da una più elevata disuguaglianza economica fra i ceti e da un impoverimento della classe media e di quella già ora meno abbiente. La risposta "emotiva", diciamo così, è un rovesciamento di prospettiva: se non si riesce a credere ad un futuro di "magnifiche sorti e progressive" e non si accetta il presente, si prova a puntare sul passato. Un passato idealizzato, una sorta di Arcadia nella quale anche gli aspetti più negativi sono oggi visti in modo meno doloroso, quasi sfumato. Questa chiusura si riverbera nel desiderio - che sembra guadagnare terreno nell'opinione pubblica - di un ritorno ai vecchi stati nazionali, all'elogio dell'unità che presuppone il rifiuto della diversità. Secondo Zygmunt Bauman (nel libro scritto poco prima di morire: "Retrotopia", Laterza 2017) stiamo sperimentando una nuova stagione di "nostalgia": citando Svetlana Boym, l'autore ricorda leggi tutto
Lezioni siciliane?
Tutti a scrutare come antichi aruspici le viscere delle elezioni siciliane per indovinare cosa ci aspetterà in futuro nella politica italiana. Ovviamente sarebbe stupido sostenere che si tratti di elezioni con valenza puramente locale, ma ci pare altrettanto ingenuo sostenere che si tratti del preludio certo di quel che avverrà alle prossime elezioni nazionali. Passerà molta acqua sotto i ponti e bisognerà vedere cosa trasporteranno quelle acque.
Quel che vale la pena di esaminare è se quanto successo ci può indicare o meno alcune linee di tendenza che vanno al di là delle peculiarità siciliane. Il primo dato è sicuramente l’ampiezza dell’astensionismo. Siamo stati sotto il 50% ma a testimoniare che non è solo questione sicula c’è il dato contemporaneo delle amministrative ad Ostia dove si è stati sotto il 40%. Sommessamente ricordiamo che nelle ultime regionali in Emilia Romagna il 23 novembre 2014 aveva votato il 37,1%. Nelle amministrative dello scorso giugno solo nel caso di Cuneo si è superato di poco il 50% al primo turno, altrove si è rimasti sotto, talora anche sotto il 30%.
Non lo diciamo solo per rimarcare il fatto, rilevantissimo, che la volontà di partecipare direttamente alla scelta delle proprie classi dirigenti è drammaticamente in calo. Può dipendere da scarsa affezione per la politica, ma anche, temiamo leggi tutto
Centro-periferia, le radici storiche del voto lombardo-veneto
Nelle ultime due settimane, l'esito dei referendum consultivi in Lombardia e Veneto è stato analizzato sotto moltissimi aspetti. L'Istituto Cattaneo, per esempio, ha confermato l'apporto essenziale della Lega (che con i suoi due presidenti di regione ha fatto da traino alla consultazione) e il contributo degli elettori del M5S (in misura maggiore rispetto a Pd e Forza Italia) all'affluenza. Si è sfiorato, in alcune analisi, un tema che tuttavia ci appare cruciale nella piena comprensione delle dinamiche di questo voto: il differente comportamento degli elettori dei capoluoghi rispetto a quello degli aventi diritto al voto che vivono negli altri comuni. La maggiore affluenza "in provincia" è dovuta alla forza della Lega, che nelle città principali ottiene sempre percentuali molto più basse che altrove, mentre nel caso del M5S c'è una maggiore omogeneità. L'"impronta leghista", dunque, spiega molto, ma a nostro giudizio non tutto. C'è una correlazione forte fra i voti al Carroccio e l'affluenza, ma c'è anche una differenza strutturale che risale addirittura alle elezioni per l'Assemblea Costituente. La "disomogeneità elettorale" che si riscontra confrontando le percentuali dei partiti nei capoluoghi e nei non capoluoghi è un elemento che in Lombardia e ancor più in Veneto ha contrassegnato l'intera storia repubblicana. Inoltre, non è affatto leggi tutto
Legge Rosato: aspettando la prova del budino
Si sa che, come dicono gli inglesi, la prova del budino consiste nel mangiarlo. La legge Rosato sulle normative elettorali non sfuggirà a questo destino, ma, anche qui come è d’uso, molti si affannano a prevedere in anticipo quale sarà l’esito di questa prova. Non si fa però troppo caso al fatto che come funzionerà la legge sarà determinato anche (forse in buona parte) da come verrà usata dalle forze in campo.
Tradurre semplicemente quanto previsto dai sondaggi in voti da contare secondo quanto previsto da questa normativa non ci sembra tenere conto delle novità che essa inserisce e del clima di fortissima mobilità politica che esiste nell’elettorato. Vediamo di fare qualche ragionamento.
Avremo i collegi uninominali e i listini corti, il che significa una forte visibilità delle persone che i vari partiti proporranno al loro elettorato. Certo un po’ di furberie nella confezione della legge sono pensate nell’ottica di elettori che mettono davanti a tutto la loro scelta ideologica: se io sono per il centrodestra, per M5S, per il PD, per l’estrema sinistra, trangugerò qualsiasi designazione e non defletterò dalla scelta del mio simbolo del cuore. Ma sarà davvero così? Per una certa parte dell’elettorato è possibile che lo schema di leggi tutto