Ultimo Aggiornamento:
08 maggio 2024
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Argomenti

Sarà come l’arca di Noé?

Paolo Pombeni - 13.12.2017

Matteo Salvini ha proclamato che non vuole che il suo partito, e se possibile la coalizione di cu fa parte, diventi l’arca di Noé in cui si fanno salire i rappresentanti delle varie specie politiche per preservarle dall’annegamento nel diluvio elettorale prossimo venturo. Sarebbe anche un ragionamento condivisibile, non fosse che alla fine lo stesso segretario della Lega quando gli fa comodo non fa più di tanto lo schizzinoso quanto a compagni di strada: bene per Alemanno e Storace, e poi al Sud si imbarca di tutto, perché lì di leghisti col pedigree specchiato ce ne sono pochini (e quelli, probabilmente, non hanno voti da portare).

Ora il fenomeno che un poco stupisce l’osservatore di questa campagna elettorale non è la presenza di personaggi variegati che si mettono in coda per trovare posto in qualche lista: è roba che, un po’ più pudicamente o con maggiore sfrontatezza, si è sempre vista. Quando una persona può portare ad un partito voti in misura significativa è difficile che gli chiudano la porta in faccia (salvo ovviamente casi estremi). Quello che ora si è accentuato è la pretesa di chi ambisce ad infilarsi in qualche compagine che spera vincente di esservi accolto con lo status di rappresentante di un leggi tutto

Nel nostro futuro c'è la Prima Repubblica?

Luca Tentoni - 09.12.2017

Osservando i dati dei sondaggi, che stimano due forze politiche intorno al 25-30% dei voti e due fra il 10 e il 15%, alcuni parlano di "ritorno alla Prima Repubblica". Se l'espressione denotasse la necessità di formare governi di coalizione sorretti da molti partiti, si potrebbe dire che la Prima Repubblica non è mai finita: le maggioranze di centrodestra e di centrosinistra che - con l'intermezzo di governi tecnici e grandi coalizioni - hanno caratterizzato il periodo fra il 1994 e il 2017 non sono mai state monocolori. Non ci sono riusciti neanche Forza Italia nel 2001 e il Pd nel 2013 (entrambi possessori di un gran numero di seggi, ma insufficiente per non dover cercare alleati). Neppure l'impianto prevalentemente uninominale maggioritario del "Mattarellum" ridusse i partiti parlamentari e i partecipanti alle coalizioni di governo. Semmai, l'unica differenza fra l'eventuale esito delle elezioni del 2018 e di quelle del periodo 1994-2013 è che potrebbe non essere possibile formare alcuna maggioranza (ci sono partiti, infatti, che non intendono coalizzarsi oppure che sono dichiaratamente e reciprocamente incompatibili con altri): invece, nella Prima Repubblica, ci si è in qualche modo sempre riusciti (nessuna legislatura, inoltre, è durata meno di tre anni, mentre nell’ultimo quarto di secolo ben tre non hanno superato i due anni). Allora Pci (eccetto il leggi tutto

C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nella politica italiana

Paolo Pombeni - 06.12.2017

A dar credito ai discorsi di molti leader politici e anche di vari osservatori le prossime elezioni sarebbero giocate all’insegna di varie novità, ma se guardiamo da vicino quel che sta avvenendo ci pare che tutto sappia molto di déja vu, insomma di antico.

Cominciamo da quella che sembrava la più eclatante delle novità, l’avvio ufficiale del nuovo partito che si colloca a sinistra del PD e che adesso sappiamo si chiamerà “liberi e eguali”. Ci vuole molta fantasia per classificarlo come cosa nuova. Segue infatti quasi in tutto la liturgia corrente nell’inventare nuovi partiti: la retorica è quella sentita tante volte, basata sullo schematismo del “noi siamo i buoni, gli altri sono cattivi” perché non solo non ci sono vere proposte innovative (tali non possono essere considerate le riposizioni di vecchie ricette, o meglio parole d’ordine del sinistrismo di maniera), ma i modi di procedere sono più o meno quelli soliti. Si ricorre infatti al solito “papa straniero” (in questo caso Grasso) nella consapevolezza che nessuno dei leader che hanno guidato l’operazione ha la statura per agglomerare abbastanza consenso: se poi il presidente del senato sarà capace di fare il miracolo che riuscì a suo tempo a Romano Prodi è leggi tutto

Il "doppio binario" della prossima campagna elettorale

Luca Tentoni - 02.12.2017

Sebbene preveda una competizione "all'inglese" per assegnare il 36,8% dei seggi in altrettanti collegi uninominali, la nuova legge elettorale (165/2017) ha un impianto quasi puramente proporzionale, attenuato in minima parte dalla soglia di sbarramento al 3% e dal premio eventuale e di incerta misura che si può conseguire aggiudicandosi una quota di seggi "maggioritari" superiore alla propria percentuale di voti (e seggi proporzionali) nazionali. Vincere in 116 dei 232 collegi in palio (il 50%), per esempio, avendo il 35% dei voti, può voler dire salire da un numero teorico di seggi di 220 (il 35% del totale complessivo, eletti "esteri" inclusi) a 255 (40,5% dell'intera Assemblea di Montecitorio, nel nostro esempio). Non un grandissimo premio, a guardar bene, ma è verosimile che nel prossimo Parlamento persino una manciata di seggi in più possa favorire la creazione (o impedire la formazione) di una coalizione di governo. Ciò non vuol dire affatto, tuttavia, che assisteremo ad una campagna elettorale giocata solo a livello locale, nei 232 collegi per la Camera e nei 116 per il Senato. Quella uninominale sarà però una delle due "gare" del prossimo marzo, insieme a quella (nazionale) per la quota proporzionale (e per il raggiungimento della soglia del 3%, per i partiti minori). In pratica, si è passati da un sistema (1994-2001) nel quale i leggi tutto

Vi stupiremo coi nostri effetti speciali?

Paolo Pombeni - 29.11.2017

Ci si chiede se questa campagna elettorale ormai ben avviata sia davvero un momento di confronto, anche aspro, ma comunque confronto fra i partiti politici o se sia una continua girandola di trovate, fuochi di artificio lanciati nella speranza di catturare l’attenzione di un pubblico che si teme piuttosto distratto. Siamo insomma al solito “vi stupiremo coi nostri effetti speciali”, che sarebbero poi promesse mirabolanti e attacchi agli avversari a base di vecchie battute. Naturalmente ciascuno accusa gli altri di essere dei “dischi rotti” che ripetono sempre le stesse cose, ma in realtà tutti ripropongono all’infinito i soliti copioni nella convinzione che la ripetizione ossessiva degli slogan serva ad instillarli nel cervello degli ascoltatori.

E’ difficile in queste condizioni tentare una qualsiasi analisi delle proposte che i contendenti mettono in campo, ma soprattutto valutare il loro grado di credibilità. Al momento i maggiori contendenti sono lì a rubarsi i panni in più di una occasione, sino ad arrivare al limite dell’incredibile, come quando il candidato premier pentastellato Di Maio dice che farà lui la “rivoluzione liberale” che ha promesso e non realizzato Berlusconi. Uno malizioso potrebbe chiedersi se Di Maio abbia idea di cosa sia una rivoluzione liberale, ma si leggi tutto

Elezioni 2018: l'ipotesi del "doppio voto"

Luca Tentoni - 25.11.2017

Per la prima volta nella storia della Repubblica, si ipotizza che la prossima legislatura possa terminare nel giro di poche settimane, con un nuovo ricorso alle urne a poca distanza dall’insediamento delle nuove Camere. Del resto, nel 2013 sembrava impossibile rieleggere un Capo dello Stato uscente, ma è accaduto, così com'è accaduto, nel 1992-'94, che un sistema dei partiti strutturato crollasse in pochi mesi. Il doppio voto "politico" del 2018, dunque, è uno scenario non improbabile, soprattutto perché la combinazione fra un'offerta politica "plurale" e il sistema elettorale vigente può non assicurare una maggioranza ad un qualsiasi nuovo governo. Molte forze politiche, infatti, non sono coalizzabili fra loro: né prima, né dopo il voto. L'ipotesi di un "governo del Presidente", stavolta, potrebbe non avere i consensi necessari in Parlamento. Resta da verificare - lo faremo in questa sede - se tecnicamente sia davvero possibile andare a nuove elezioni entro giugno, dopo quelle di marzo. Procediamo per gradi. In primo luogo, lo scioglimento delle attuali Camere dovrebbe aver luogo nei primi giorni del 2018: le elezioni si terrebbero verosimilmente il 4 o l'11 marzo. Assumiamo per buona la prima data: in tal caso, la prima riunione delle Camere della XVIII legislatura si terrebbe non oltre venti giorni, quindi probabilmente fra leggi tutto

Italia: la Germania ci insegna qualcosa?

Paolo Pombeni - 22.11.2017

I meno giovani ricorderanno tutto il gran discorrere che si fece a metà anni Settanta sul tema se l’Italia aveva davanti a sé lo stesso destino della Repubblica di Weimar. Il “modell Deutschland” fu ampiamente dibattuto, ma poi tutto finì in una bolla di sapone: il nostro terrorismo fu sconfitto, la conflittualità sociale riportata in termini normali, i partiti incapaci di gestire il paese sembrano ritrovare durante gli anni Ottanta qualche capacità di guidare la situazione.

Poi tutto cambiò e di paralleli con la Germania, né con quella storica né con quella contemporanea, si parlò più. Semmai ci fu qualche propensione a considerare il sistema politico tedesco degno di grande considerazione visto che aveva superato la prova della riunificazione e governava una nazione in continua espansione. Il suo sistema elettorale venne considerato del massimo interesse tanto che, pasticciandolo un bel po’, lo si voleva adottare anche da noi.

Visto come si sta evolvendo la situazione dopo le elezioni tedesche di fine settembre ci si sta buttando sul versante opposto a dire che quel sistema non funziona e che la Germania non può più dare lezioni a nessuno. Eppure, per certi versi almeno, i problemi che ha oggi la politica tedesca leggi tutto

Parole povere. Il linguaggio della Seconda Repubblica

Luca Tentoni - 18.11.2017

Le elezioni che si avvicinano saranno vinte più imponendo le priorità e la "narrazione" che ingaggiando battaglie di idee. È così, ormai, da lungo tempo, non solo (ma soprattutto) dall'inizio della Seconda Repubblica. L'elettorato è cambiato, ha mutato - in media, al ribasso - gusti e sensibilità, però il prodotto che la politica gli ha offerto è diventato, col passare degli anni, sempre più scadente. Una sorta di junk food, che in un bel libro uscito per Laterza pochi mesi fa ("Volgare eloquenza") Giuseppe Antonelli definisce icasticamente così: "in principio c'era il politichese, fatto di parole latine e oscuri riferimenti colti; oggi c'è il politicoso: un linguaggio che sta alla politica come il petaloso sta ai fiori". Come spiega l'autore, con l'ausilio della televisione, dei nuovi media e soprattutto di tecniche di marketing, si è scelto di raggiungere un elettorato sempre più distante dalla politica facendo ricorso alla "retorica dell'abbassamento". L'eloquenza di molti politici, afferma, "può essere definita volgare proprio a partire dall'uso distorto che fa della parola e del concetto di popolo (vulgus)", così, "nel momento stesso in cui si mitizza il popolo sovrano, lo si tratta in realtà come un popolo bue: qualcuno a cui rivolgersi con frasi ed espressioni terra terra, cercando di leggi tutto

Un marziano e le difficili coalizioni a sinistra

Paolo Pombeni - 15.11.2017

Lasciateci giocare con la storiella del marziano che sbarca sulla terra e cerca di capire la nostra politica. Il povero extraterrestre si imbatte nel seguente fenomeno che non riesce a spiegarsi. C’è il problema di fare una coalizione fra forze di sinistra per avere una qualche (minima) speranza di poter vincere le prossime elezioni politiche. Il partito più forte di questa ipotetica coalizione, almeno in termini di consensi passati e di quelli stimati dai sondaggi per il futuro, è anche il maggiore azionista dei governi della legislatura che sta per finire. Ad esso, da un nuovo partito, ben più piccolo e formato per scissione dalle fila della sua classe dirigente, viene posta come condizione perché venga accettata una coalizione, intesa o quant’altro con lui che dichiari che la sua gestione della politica di governo è stata tutta sbagliata e fallimentare e che di conseguenza si sbarazzi del segretario che si è eletto.

Il povero marziano è ovviamente spiazzato. La regola è che nelle competizioni elettorali chi non ha governato attacchi coloro che lo hanno fatto bollandoli come falliti e chiedendo, di conseguenza, che gli elettori affidino a lui il futuro governo. Sempre con un minimo di logica verrebbe da dire che è inutile competere per una leggi tutto

La "retrotopia", il pericolo del nostro tempo

Luca Tentoni - 11.11.2017

Il passaggio dall'età delle garanzie (i "Trenta gloriosi": 1945-1975) a quella della globalizzazione ha prodotto conseguenze sociali e politiche che la crisi economica dell'ultimo decennio ha accentuato. In molti sondaggi condotti nei più grandi paesi occidentali si nota una costante percezione, da parte dell'opinione pubblica, che non solo il tenore di vita, ma in generale il mondo che si lascerà alle prossime generazioni saranno caratterizzati da una maggiore insicurezza, da una più elevata disuguaglianza economica fra i ceti e da un impoverimento della classe media e di quella già ora meno abbiente. La risposta "emotiva", diciamo così, è un rovesciamento di prospettiva: se non si riesce a credere ad un futuro di "magnifiche sorti e progressive" e non si accetta il presente, si prova a puntare sul passato. Un passato idealizzato, una sorta di Arcadia nella quale anche gli aspetti più negativi sono oggi visti in modo meno doloroso, quasi sfumato. Questa chiusura si riverbera nel desiderio - che sembra guadagnare terreno nell'opinione pubblica - di un ritorno ai vecchi stati nazionali, all'elogio dell'unità che presuppone il rifiuto della diversità. Secondo Zygmunt Bauman (nel libro scritto poco prima di morire: "Retrotopia", Laterza 2017) stiamo sperimentando una nuova stagione di "nostalgia": citando Svetlana Boym, l'autore ricorda leggi tutto