Argomenti
Romero non è solo. Il Perù, la violenza e la valenza politica delle nuove beatificazioni.
Lo scorso 3 febbraio papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i decreti per la beatificazione di cinque persone. Quattro di loro sono stati dichiarati martiri. Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, fu ucciso “in odio alla fede” il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte legati al governo autoritario del Paese. È un riconoscimento invocato da molto tempo. L’attesa ha indotto parte della Chiesa e dell’opinione pubblica a interrogarsi sul perché né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI abbiano compiuto il passo fatto invece da Bergoglio. Meno noto è il caso di Michal Tomaszek e Zbingiew Strzałkowski, francescani polacchi, e di Alessandro Dordi, sacerdote bergamasco, assassinati dai guerrieri maoisti di Sendero Luminoso il 9 e il 25 agosto 1991, a Pariacoto, diocesi di Chimbote (Perù costiero settentrionale). Vittime, i martiri, di violenze politiche provenienti da estremismi di desta e di sinistra e oggi uniti nella beatificazione, con una scelta che svela un equilibrismo politico poco casuale.
Roma: una Chiesa spaventata
Era allora vescovo di Chimbote Luis Bambarén Gastelumendi, gesuita, il quale iniziò presto il procedimento di beatificazione dei tre missionari, chiedendone il riconoscimento quali martiri uccisi in odio alla fede, proprio come Romero. La decisione per la beatificazione presumibilmente non è estranea alla visita che Bambarén Gastelumendi, oggi vescovo emerito di Chimbote, ha fatto al confratello Jorge Mario Bergoglio il 22 ottobre 2014. leggi tutto
Il dito, la luna e “Numero Zero” di Umberto Eco
Sembra quasi di vederlo, l’intrepido giornalista della testata cui daremo il nome fittizio di “Indipendente”. Il volto illuminato dal monitor e nel cuore la missione perentoria impartita dal caposervizio: screditare “l’intellettuale” (orrore) “di sinistra” (doppio orrore), scovando l’inevitabile magagna celata tra le pieghe del suo ultimo parto letterario. A un tratto sobbalza il giornalista: un account Twitter (non lui, ché ha troppo da scrivere per perder tempo a leggere) ha trovato un passaggio del libro copiato pari pari da Wikipedia! E allora via, la “notizia” finisce in bella evidenza sul sito del quotidiano, condita da allusioni alla polemica scatenata sui social network (leggi: che il giornalista sta montando ad arte). Certamente si può soprassedere quando simili episodi accadono a “persone qualunque”, giornalisti inclusi: ma se in ballo c’è “uno dei più importanti intellettuali italiani”... Poi l’ultima raffica, pane per i più fini palati complottisti: il passaggio incriminato risulta oggi “improvvisamente modificato” nella popolare enciclopedia online. “Solo una coincidenza? Misteri della letteratura …”.
Chissà se il giornalista, prima che il rimestio nel torbido divenisse il suo pane quotidiano, ha mai sognato di diventare l’autore del grande romanzo che gli desse fama e gloria. Se così fosse, si consoli: col minimo sforzo ne è divenuto almeno l’interprete involontario. La sua parabola ricorderebbe quella altrettanto ingloriosa del protagonista di “Numero Zero”, l’ultimo romanzo di Umberto Eco oggetto dei suoi strali. leggi tutto
Una donna al Quirinale
Mai come in occasione di questa elezione presidenziale l’ipotesi che venga eletta una donna al Quirinale è al centro di una pubblica discussione nel circuito politico -mediatico. Segno questo che, effettivamente, dopo lunghi decenni in cui la classe politica italiana non ha mai davvero affrontato il problema dell’esigua rappresentanza femminile in politica, oggi è in atto un cambiamento rispetto al modo di percepire il ruolo delle donne. Una tendenza che ha già prodotto risultati evidenti. In primo luogo, le ultime elezioni hanno visto aumentare notevolmente il numero di donne in Parlamento. In secondo luogo, la presenza femminile negli esecutivi risulta assai più rilevante che in passato. Già a partire dal governo Monti tre donne sono state poste in ministeri chiave, rompendo quella che, escluse pochissime eccezioni, era la prassi consolidata di confinare la componente femminile in ministeri cosiddetti “da donne”, ovvero quelli che hanno a che fare con la cura, come istruzione, sanità, ambiente e pari opportunità. In seguito, entrambi i governi Letta e Renzi hanno proseguito nel potenziamento della presenza femminile sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista dell’attribuzione di ministeri di primaria importanza. Il clima d’opinione sembra, quindi, essere diventato più favorevole all’impegno politico delle donne nonché a una loro ascesa alle più altre cariche. leggi tutto
Dove muoiono le tigri: corruzione e potere nella Cina di Xi Jinping
Durante i dieci anni a capo del Partito-Stato cinese tra il 2002 ed il 2012, l’amministrazione centrale dell’ex leader Hu Jintao concentrò gli sforzi nella lotta anti-corruzione su coloro che l’attuale Presidente Xi Jinping ha definito come “le mosche”, i corrotti funzionari a livello locale che hanno illegalmente prosperato a partire dall’inizio delle riforme di Deng Xiaoping nel 1979. Il nuovo leader Xi Jinping ha tuttavia promesso sin dall’inizio del suo mandato circa due anni fa di estendere per la prima volta la lotta alla corruzione anche alle “tigri”, quelle figure di primo piano nel sistema politico cinese ritenute intoccabili durante gli anni di Hu Jintao.
Dopo la condanna delle prime vittime eccellenti Bo Xilai e Zhou Yongkang (rispettivamente ex capo del Partito a Chongqing, ed ex-membro del Comitato Permanente del Politburo – il politico cinese di più alto rango ad essere arrestato dai tempi della Banda dei Quattro), la morsa della lotta alla corruzione negli ultimi mesi si è progressivamente stretta attorno ad una serie di figure chiave della politica cinese negli anni di Hu Jintao,facendo in particolare due vittime eccellenti: Ling Jinhua e Ma Jian. Ling è stato il principale aiutante dell’ex leader, precedentemente a capo del potente Ufficio Generale, mentre Ma, è stato fino al recente arresto il vice-ministro della sicurezza nazionale e una delle figure chiave dell’intelligence cinese. leggi tutto
Il petrolio e il conflitto politico in Medio Oriente
Con il passare delle settimane i fattori che hanno portato all’attuale crollo del prezzo del petrolio sembrano farsi più chiari ed evidenziano una situazione che ricorda nei suoi aspetti fondamentali quanto già avvenuto nel corso dei “lunghi” anni Settanta.
La decisione da parte di Arabia Saudita e delle altre monarchie del Golfo, cioè i maggiori produttori di petrolio, e detentori di riserve a livello globale, di non ostacolare la caduta del prezzo del barile di greggio dal giugno scorso è certamente frutto della desiderio di garantire le proprie quote di mercato rispetto a concorrenti, vecchi e nuovi. La “razionalità” economica qui non sembra fare una grinza. E tuttavia, la decisione si situa all’interno di una strategia più ampia di confronto politico interno al Medio Oriente, i cui risvolti non possono che essere anche di carattere internazionale.
I Paesi arabi del Golfo, riuniti nel Gulf Cooperation Council, sono tra i pochi esportatori di greggio a poter affrontare mesi, o addirittura un anno, di prezzi del greggio molto bassi. Per questi Paesi gli introiti derivanti dalla vendita all’estero del proprio greggio costituiscono la principale, se non l’unica, voce di entrata fiscale dello stato e delle famiglie regnanti. Con questi introiti finanziano i servizi pubblici, lo sviluppo sociale dei “pochi” sudditi e le rispettive politiche estere. Gli arabi o europei che risiedono in questi Paesi viaggiano comunque in seconda classe, le persone di origine asiatica in terza o nei vagoni merci del “treno” del Golfo. leggi tutto
L'Italia del governo Renzi e le priorità della politica internazionale
"La politica estera si conferma grande assente nel dibattito pubblico in Italia. Eppure la pace nel Mediterraneo non ce la regalerà nessuno". Così Gad Lerner, in un tweet del 9 gennaio, descrive in maniera esauriente e precisa l'approccio dell'opinione pubblica e della politica italiana di fronte alle crisi internazionali che circondano il paese. Occuparsi di politica estera forse non è un'opzione ritenuta utile per la creazione di posti di lavoro e, soprattutto, non è argomento che fa presa sull'elettorato. Salvo poi ritrovarsi costretti a fare i conti con le tragiche conseguenze delle crisi internazionali, in grado – queste sì – di spostare consensi e complicare l'attività dei governi.
Fin da quando l'attuale segretario del PD e presidente del Consiglio ha ritenuto il partito e l'Italia "scalabili", si è avvertita chiaramente l'assenza di riflessioni utili ad affrontare le questioni internazionali di diretto interesse del paese, dal Nord-Africa, al Medio Oriente, per arrivare all'Est Europeo. L'orizzonte internazionale di Renzi sembra fermarsi a Bruxelles e a Berlino, tutto concentrato sulla partita economico-monetaria che si sta giocando in Europa. Le poche volte che ha varcato i limiti di questo ristretto ambito d'azione è stato per promuovere il made in Italy, cercando spazi e partner per le imprese nostrane. Tutto importante, necessario e funzionale all'azione riformatrice del premier e al rilancio dell'economia, tuttavia non sufficiente leggi tutto
Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell’ONU: la scadenza si avvicina
Era il 6 settembre 2000 quando al Quartier Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York si apriva il cosiddetto “Vertice del Millennio”, una riunione dei capi di Stato e di governo di tutto il mondo chiamati a delineare il ruolo dell’ONU nel XXI secolo. Compito non semplice dinanzi alle aspettative globali della definizione di linee programmatiche per una strategia in grado di ridurre la povertà estrema e di raggiungere una serie di standard di benessere in tutto il mondo entro un termine ben preciso, l’anno 2015.
Cos’è la Dichiarazione del Millennio
Altisonante. Solenne. Cruciale. Non può essere definita diversamente la Dichiarazione espressa da quel consesso. Il potente simbolismo dato dall’ingresso nel nuovo millennio unito alla straordinaria partecipazione di tanti leader, che fece del vertice di New York la tribuna politica di più alto profilo che il mondo avesse mai visto, non potevano che far scaturire una Dichiarazione di intenti epocale, allo scopo di ribadire la “fede nell’Organizzazione e nel suo Statuto quali fondamenta indispensabili di un mondo più pacifico, prospero e giusto”. Libertà, uguaglianza, solidarietà, tolleranza, sviluppo sostenibile e responsabilità multilaterale furono identificati come la comune piattaforma di dialogo dei 189 Stati membri dell’ONU che si impegnarono in quella data simbolica a dare priorità di azione a 8 obiettivi-cardine. I cosiddetti “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” spaziano dall’impegno a costruire un’effettiva alleanza globale alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile, dall’arresto della diffusione delle malattie leggi tutto
La crisi europea sui media cinesi
Il 2 aprile 2014 il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese (RPC) ha pubblicato il suo secondo policy paper sulla relazioni fra Cina e Unione Europea (UE), definite come “the world's most representative emerging economy and group of developed countries respectively”.
Il documento delinea la futura direzione di sviluppo per la partnership strategica fra Cina ed Europa, avendo sullo sfondo due elementi: da un lato la crisi economica e del debito sovrano di alcuni Stati dell’Unione, e dall’altro l’ascesa della RPC a seconda economia mondiale, che si è accompagnata alla nuova strategia di go global delle imprese cinesi. A proposito delle difficoltà europee, il documento cinese evidenzia come in questi anni sia emersa inevitabilmente la necessità di procedere a riforme strutturali indirizzate a favorire una maggiore integrazione economica, fiscale, finanziaria e politica.
A giudicare dal documento, agli occhi della dirigenza cinese le difficoltà dell’Unione Europea non ne hanno diminuito l’importanza come global player in ambito economico e partner politico imprescindibile per la costruzione di un mondo multipolare. Tuttavia, l’impatto della crisi sulle relazioni fra Cina ed Europa e sulla strategia cinese rispetto alla UE è stato inevitabile, e costituisce da alcuni anni un tema di riflessione e indagine per gli analisti di entrambe le parti.
L’Unione Europea è, in effetti, il secondo partner commerciale della Repubblica Popolare Cinese: il volume del traffico commerciale fra UE e RPC è stato calcolato nell’ordine di un miliardo di euro al giorno mentre la Cina è il principale fornitore di beni di consumo e beni intermedi per le industrie europee, come dimostrato dal deficit commerciale europeo nei confronti della RPC. leggi tutto
Mrs Clooney e la guerra padellata egiziana
Mrs. Clooney rischierebbe il carcere. Secondo quanto annunciato dal quotidiano britannico The Guardian, i magistrati egiziani non sopporterebbero più le dure critiche pronunciate da Amal Alamuddin, la moglie del celebre attore di Hollywood. In un rapporto datato febbraio 2014 redatto dalla stessa avvocato e da altri colleghi per conto di un’associazione internazionale, Alamuddin avrebbe infatti denunciato le «falle» del sistema legale egiziano.
Il condizionale è però d’obbligo. Appena la notizia – pubblicata più sulle pagine di cronaca rosa che su quelle estere - ha iniziato a circolare, il Ministero degli Interni egiziano ha infatti negato di aver minacciato di arrestare la penalista già celebre, ancora prima del suo matrimonio, per i suoi precedenti clienti: Julian Assange, Yulia Timoshenko e l’ex gheddafiano Abdullah Senussi.
L’avventura di Alamuddin in Egitto è iniziata prima che lei diventasse protagonista della cronaca rosa quando è stata scelta come avvocato difensore da uno dei tre giornalisti di Al-Jazeera in cella dal 2013 con l’accusa di aver fiancheggiato gli ormai banditi Fratelli Musulmani. La settimana scorsa, un tribunale del Cairo ha annullato le vecchie condanne (dai 7 ai 10 anni di detenzione), leggi tutto
Putin e lo spirito di conquista
Quando nelle settimane scorse è stato ricordato il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, un’immagine è risultata ricorrente in molti commenti: quella di un ufficiale del KGB di stanza nella Repubblica democratica tedesca rimasto profondamente turbato da quell’evento, che rappresentò la fine del suo mondo, della causa per la quale aveva combattuto.
L’ufficiale, è noto, era Putin e in molti si sono domandati se, soprattutto in questo ultimo anno, con i fatti ucraini, il Presidente russo non si sia mosso per vendicare quella umiliazione. Kissinger nel suo ultimo libro World Order scrive di “enigma russo”; in America, con Michael Ignatieff e Lawrence Summers, si è discusso negli scorsi mesi se l’”autoritarismo mercantilista” del regime putiniano (e di quello cinese) potesse rappresentare un modello dotato di maggiore attrattività rispetto a quello delle “inefficienti” democrazie occidentali. Certo il procedimento in corso in Russia per la chiusura di parte delle attività di Memorial, l’organizzazione per i diritti umani fondata da Sacharov, sembra indicare, anche sul piano simbolico, l’esaurimento di una fase, il consumarsi del sogno di una Russia europea.
Le analisi sull’attuale realtà russa rischiano sempre di essere naïf: che le coscienze liberali non possano che essere ripugnate dai comportamenti di Putin è evidente. Proprio per questo, però, occorre andare oltre una critica astratta ed astorica. Ed allora una suggestione risulta inevitabile, quella di qualificare l’attuale regime russo come bonapartista, una definizione più calzante di quella di “regime ibrido” avanzata in passato dalla scienza politica. leggi tutto