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La fragile indipendenza del Kosovo
Manca poco meno di una settimana al referendum indipendentista della Scozia, guardato con profonda attenzione dall’Europa intera e soprattutto da quelle minoranze che anelano ad analoghe forme di espressione della propria autodeterminazione. Intanto i riflettori hanno smesso di essere puntati sui Balcani, laddove continua la sua stentata esistenza come Stato indipendente quella regione principalmente di etnia albanese che anni fa ha invece optato per la soluzione armata. Auspicabilmente, nel prossimo decennio l’apertura delle carte d’archivio consentirà di ricostruire con maggiore chiarezza il conflitto che contrappose tra il 1996 e il 1999 le forze serbe e quelle kosovare albanesi, e di valutare la lungimiranza politica delle forze leggi tutto
Etica del fine vita. I casi di Gustavo Cerati e Hans Küng
Lo scorso 4 settembre è scomparso a Buenos Aires Gustavo Cerati, cinquantacinque anni, uno dei più celebri esponenti della storia della musica argentina. Era in coma dal 15 maggio 2010, quando era stato colpito da un ictus dopo un concerto tenuto in Venezuela con la sua band.
Medicina e speranza
Per comprendere la rilevanza del musicista nella cultura argentina e latinoamericana in genere al lettore italiano può essere utile qualche rimando. La presidenta Cristina Kirchner ha decretato due giorni di lutto nazionale, i principali quotidiani sudamericani hanno riservato le prime pagine alla notizia della sua scomparsa. Nel periodo della malattia di Cerati si sono messe a confronto le opinioni di chi si chiedeva il senso del prolungamento di una vita vegetativa e chi invece si appellava alla speranza, prima tra tutte Lilian Clark, madre di Gustavo. Lo stesso direttore della clinica ALCLA, dove l’artista ha finito i suoi giorni, ha dichiarato che leggi tutto
Qatar annus horribilis
Un anno può stravolgere l’immagine di un Paese. Soprattutto se questo si trova in un Medio Oriente in continua fibrillazione. È quello che è successo al Qatar, stato del Golfo che nel giugno 2013 aveva attirato i riflettori del mondo in occasione del rarissimo cambio generazionale che stava compiendo. Con la regia della moglie,
l’emiro Sheik Hamad Bin Khalifa al Thani aveva infatti annunciato di abdicare a favore di suo figlio Sheikh Tamim. Quando è uscito di scena, Sheikh Hamad si è lasciato alle spalle un impero fondato sul soft power che aveva fatto sentire la sua influenza in tutta la regione.
A quindici mesi di distanza, Sheikh Tamim sembra però aver dilapidato quasi tutto l’appeal guadagnato dal padre negli ultimi decenni. leggi tutto
La violenza della politica identitaria in Medio Oriente
Nelle scorse settimane i Governi europei hanno deciso di inviare armi al Governo Regionale Curdo in Iraq e al Governo centrale a Baghdad per fermare l'avanzata delle milizie dello Stato Islamico (Islamic State, IS). Stati Uniti, Gran Bretagna e probabilmente anche Francia contribuiscono anche con attacchi aerei e la presenza di "consiglieri militari" sul campo, ossia forze speciali. La brutalità delle azioni dello Stato Islamico è ormai evidente a tutti gli osservatori. La decapitazione dei due giornalisti statunitensi non è che la punta mediatica delle pratiche di persecuzione e vessazione a cui i militanti dell'autoproclamato Califfo Abu Bakr al Baghdadi costringono le popolazioni sottomesse a cavallo tra Siria e Iraq. Se ne parla poco perché sono i "loro" morti, ma decine e decine di civili e soldati siriani, iracheni o curdi hanno fatto una fine simile.
Un aspetto tanto macroscopico quanto spesso dimenticato è rappresentato dal rischio che l'intera area dell'antica Mesopotamia, dal Golfo Persico alle coste orientali del Mediterraneo perda una delle sue grandi ricchezze: la presenza di innumerevoli comunità linguistiche e confessionali. La modernità ha spesso comportato una violenta omogeneizzazione delle identità, ad esempio sotto le bandiere del nazionalismo a base linguistica o confessionale. Il Medio Oriente non è esente da questo processo. leggi tutto
Quello che non si è chiesto a Lindau
Sono reduce da tre giorni passati a Lindau al convegno dei Nobel laureates in economia con studenti venuti da 80 paesi del mondo ad ascoltare i loro messia.
Gli interventi sono stati molto vari. Stieglitz naturalmente si e’ occupato della dirompente diseguaglianza fra redditi di lavoro e di capitale e dell’accentuata concentrazione della ricchezza. Alcuni teoretici dei giochi hanno presentato in grande dettaglio giochi astrusi, Merton ha riscoperto il credito e l’azzardo morale, altri hanno presentato dei modelli a fronte dei quali mi sono posto la domanda se l’output del modello non fosse gia’ pre-determinato dagli assiomi e dalle boundary conditions.
Ho avuto un senso di déjà vu. Nel 1995 mentre facevo un sabbatico ad Imperial College cercavo invano di convincere gli accademi a studiare i CDS (credit derivative swaps) prevedendo che lì si sarebbe svolta la prossima grande battaglia finanziaria. Gli accademici erano invece intenti a raffinare i loro modelli di opzioni sui tassi di interesse, cosa di valore aggiunto assai marginale per il buon operare dei mercati. leggi tutto
Verso la “nuova Turchia”: potere e dissenso
Il 10 Agosto 2014, Recep Tayyip Erdogan, già Primo Ministro della Repubblica turca, vince al primo turno le elezioni presidenziali in Turchia. Primo presidente eletto direttamente dal popolo, diventa capo dello stato con il 51,8% dei voti. Nei giorni successivi indica come suo successore alla guida dell’esecutivo di Ankara e del partito della Giustizia e Sviluppo (AKP), il suo fedelissimo Ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu. La coppia Erdogan - Davutoglu guiderà dunque la Turchia verso le elezioni parlamentari del 2015 e secondo le ambizioni di Erdogan verso il 2023, centenario della Repubblica turca.
La “nuova Turchia” di Erdogan
L’11 Agosto Erdogan, appena eletto, tiene ad Ankara, il suo “balcony speech”, dichiarando “l’inizio di una nuova era” e ponendo fra gli obiettivi prioritari della “nuova Turchia” una nuova costituzione. L’obiettivo prioritario di Erdogan è quello di sostituire la democrazia parlamentare con un sistema semipresidenziale. Obiettivo che spera di raggiungere con una vittoria del suo partito alle elezioni generali del prossimo anno e con un rafforzamento della maggioranza parlamentare. Nei discorsi di Erdogan è ricorrente il richiamo al “nuovo” e nell’ultima decade il “nuovo” in Turchia è stato un affare unidimensionale e quasi assoluto, legato esclusivamente alle scelte politiche offerte o imposte da Erdogan e dal suo partito. leggi tutto
La «potenza civile» tedesca alla prova della crisi ucraina
Nel tardo pomeriggio di domenica 17 agosto si è tenuto a Berlino un vertice straordinario sulla crisi ucraina. Oltre al ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, all’incontro hanno preso parte gli omologhi di Francia, Russia e Ucraina. Preceduto da un colloquio telefonico tra la Cancelliera Merkel e il Presidente Putin avvenuto il giorno di ferragosto, il summit era stato convocato per far fronte alle nuove tensioni che sono state registrate lungo la frontiera orientale ucraina, in concomitanza con il crescente flusso di materiali bellici, consiglieri militari e personale armato proveniente dalla Russia. L’obiettivo dichiarato da Steinmeier alla vigilia dell’incontro era «una tabella di marcia verso un cessate il fuoco e una cornice per garantire controlli effettivi alle frontiere». Tuttavia, dalle prime indiscrezioni trapelate il vertice di Berlino non sembrerebbe aver prodotto alcun risultato concreto in vista dell’auspicata soluzione politica della crisi. leggi tutto
L’Ucraina tra Putin e l’Occidente
“Chiediamo alla popolazione di non restare in strada e di rifugiarsi in luogo sicuro”. Le autorità municipali di Donetsk, roccaforte dei filorussi nell’Est dell’Ucraina, lanciano appelli ai civili sulla scorta di quelli emessi dell’esercito di Kiev, la cui offensiva non si arresta. Dopo aver riconquistato il 75% dei territori inizialmente occupati dai ribelli, le forze militari ucraine hanno rigettato sabato scorso la proposta di un cessate il fuoco avanzata dai separatisti al fine di impedire una “catastrofe umanitaria”. Secondo le stime dell’ONU, il numero dei profughi ha superato i 700 mila. Dall'inizio del conflitto, scoppiato ad aprile, le vittime sono più di 1500; i feriti quasi 4000.
A dispetto di un crescente nervosismo delle cancellerie occidentali, Kiev non sembra disposta ad arrestare le operazioni militari mentre Mosca risponde alle sanzioni di Stati Uniti ed Unione Europea con un embargo dei prodotti agroalimentari e ammassa 20.000 truppe sul confine con l’Ucraina (secondo Kiev, si tratterebbe di 45,000 ad oggi. Ma le cifre non sono ancora state verificate). Contro queste ultime, e il loro possibile utilizzo pretestuoso, si è pronunciata la NATO che teme un’invasione russa sotto forma di “operazione umanitaria”. La Casa Bianca ha immediatamente rilasciato una dichiarazione in cui rende noto che il Presidente Obama, in accordo leggi tutto
Eterni ritorni e silenzi. Gli intellettuali e il dramma di Gaza
Era facile prevedere che la radicalizzazione del conflitto israelo-palestinese di queste settimane sarebbe stata accompagnata da appelli e prese di posizione pubbliche volte a condannare la sanguinosa strage che si sta perpetrando nella striscia di Gaza, e a riflettere sulle possibili vie di soluzione di uno dei nodi più intricati della storia internazionale dell’ultimo secolo.
La voce degli intellettuali
Nel dibattito pubblico che accompagna il confronto infuocato tra le ragioni del popolo palestinese e quelle degli israeliani uno spazio di rilievo è tradizionalmente occupato dalle opinioni degli intellettuali, che anche in queste settimane, almeno nel dibattito internazionale, non hanno fatto mancare la propria voce.
Zygmunt Bauman, l’intellettuale polacco di origini ebraiche che ha riflettuto a più riprese sui limiti della coesistenza pacifica nei territori palestinesi, ha stigmatizzato pubblicamente le logiche della violenza e della vendetta che sembrano orientare, ben più degli ideali della coabitazione pacifica, entrambi i fronti. «Ciò a cui stiamo assistendo - ha sostenuto Bauman criticando apertamente leggi tutto
La nuova geografia della Chiesa. Storia di un prete in Nicaragua.
Ha avuto notevole eco la notizia che papa Francesco ha dato il suo assenso perché sia revocata la sospensione a divinis dell’ottantunenne padre Miguel d’Escoto Brockmann, religioso nicaraguense membro negli anni ottanta del governo sandinista.
Perché una notevole eco? Per comprenderlo serve fare un passo indietro e guardare alla storia recente della Chiesa latinoamericana.
Il viaggio di Giovanni Paolo II
In Nicaragua nel 1979 la rivoluzione sandinista riuscì a deporre la lunga dittatura della dinastia Somoza. Nel nuovo governo la presenza della Chiesa locale non era affatto marginale. Per fare alcuni esempi: D’Escoto aveva assunto la carica di ministro degli esteri, il gesuita Fernando Cardenal quella di ministro dell’educazione, suo fratello Ernesto quella di ministro della cultura. Erano gli anni in cui molti aderenti alla teologia della liberazione guardavano al marxismo come a un efficace metodo di analisi, di promozione della consapevolezza delle storture dell’ordine costituito. Lo consideravano anche un possibile leggi tutto