Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

L’Ucraina di Poroschenko ancora sospesa tra Ovest ed Est

Carlo Reggiani * e Yevgeniya Shevtsova ** - 26.05.2015
Bandiera Ucraina

A poco più di un anno dall’inizio degli scontri nella parte orientale del paese e dall’elezione del Presidente Poroschenko, l’Ucraina si trova ancora incastrata tra il ferro dell’Unione Europea e l’incudine di Mosca. La già debole economia Ucraina ha vissuto un anno difficilissimo a seguito delle sanzioni imposte a uno dei suoi principali partner commerciali, la Russia, e la conseguente crisi del rublo. A febbraio, ad esempio, la Grivna aveva perso più di due terzi del suo valore rispetto al dollaro prima di una debole ripresa. Cosa è stato fatto e cosa si dovrà fare per cercare di uscire da questa lunga e logorante crisi?

 

Il nuovo governo e la difficile strada delle riforme

Durante la campagna elettorale e all’indomani della trionfale elezione, Poroschenko ha discusso un numero di progetti e delineato alcune priorità da realizzare a breve nel corso della sua presidenza. La stampa Occidentale è piuttosto positiva sull’operato del nuovo governo[1] a cui viene, in particolare, riconosciuto il merito di aver fatto fronte con velocità alla crisi del debito, tramite accordi con l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Non tutte le promesse, tuttavia, sono state realizzate. In particolare, Poroschenko ha identificato il maggiore problema dell’economia Ucraina nella presenza di potenti oligarchi, che si sono impossessati delle risorse produttive del paese all’indomani dell’indipendenza del paese. La credibilità della lotta agli oligarchi è stata messa in discussione perchè Poroschenko stesso è un’importante uomo d’affari, essendo la quattordicesima persona più ricca del paese e proprietario della Roshen, produttrice della più famosi cioccolatini Ucraini. Uno dei primi impegni di Poroschenko era proprio la vendita di tutte le sue attività imprenditoriali. Il tentativo, affidato all’italiano Giovanni Salvetti di Rothschild, non ha ancora avuto successo e il Presidente adduce il motivo di tale fallimento all’impossibilità di trovare compratori credibilmente interessati. Di conseguenza, le azioni contro oligarchi come Kolomoysky e Firtash sono state interpretate più come mosse selettive per eliminare o indebolire rivali potenti e indesiderati piuttosto che una vera e propria sistematica lotta all’oligarchia.

In generale, la strada delle riforme necessarie per ridare un futuro all’economia Ucraina passa per la lotta alla corruzione dilagante a tutti i livelli nel paese. La “think-tank” indipendente Vox Ukraine ha sviluppato un indice per monitorare mensilmente il passo delle riforme intraprese e “Governance e misure anti-corruzione” ne costituiscono la prima componente.[2] L’ex-ambasciatore Americano, John Herbst, ha di recente criticato i progressi del paese in questa direzione come troppo lenti e insufficienti per portare l’Ucraina a liberarsi definitivamente, perlomeno dal punto di vista economico, delle problematiche dell’era post-sovietica. La ragione di tale lentezza è da rintracciarsi nella corruzione della stessa classe dirigente, che si oppone e rallenta il cambiamento in tutti i modi possibili. L’ex-ambasciatore fa un’interessante confronto con la Georgia: i maggiori successi dell’altra repubblica ex-sovietica nella lotta alla corruzione e nelle riforme sono da mettere in relazione al completo cambiamento della classe dirigente del paese all’epoca del governo Saakashvili a metà dello scorso decennio.

L’Ucraina, che flirta con la possibilità di diventare in futuro membro dell’Unione Europea, è stata ripresa di recente anche da Bruxelles per la mancanza di progressi in alcune importanti aree come la sicurezza dei confini, l’adozione del passaporto biometrico e, soprattutto, la lotta al crimine organizzato e al riciclaggio di denaro sporco.

Guerra e pace nella Repubblica Popolare di Donetsk  

Uno dei parziali successi del governo Poroschenko è stato il “Protocollo di Minsk” che in Febbraio ha decretato il cessate il fuoco, più stabile dei tentativi precedenti, nelle regioni dell’Ucraina Orientale. In particolare, l’accordo ha segnato un vero e proprio confine tra Ucraina e le non riconosciute Repubblica Popolare di Donetsk e di Lugansk, occupate da ribelli filo-russi. Il confine sta garantendo la pace con sporadici confronti a fuoco, che si sono ad esempio acuiti a fine Aprile, per poi sopirsi nuovamente. La regione rimane comunque allo stremo. I servizi sono inesistenti: per lunghissimi periodi è stato impossibile prelevare denaro da banche e bancomat in tutta Donetsk e ancora i servizi postali non sono stati ripristinati. L’economia locale, basata sulle miniere e l’industria metallurgica-siderurgica, e già duramente provata dalla crisi globale, ha subito perdite durissime e farà fatica a rialzarsi nel breve o medio periodo. In particolare, l’oligarca locale Rinat Ahmetov ha trasferito la sede e gli uffici delle sue imprese a Kiev. La sua squadra di calcio, lo Shakthar Donetsk, gioca ora a Lvyv, all’estremità occidentale del paese. La guerra, tuttavia, ha fermato o rallentato il ciclo produttivo delle acciaierie e, quindi, influito in maniera importante sul sul valore delle sue attività. Finché non sarà trovata una soluzione definitiva e stabile per la regione, le attività produttive potranno proseguire a ritmo ridotto e tutta l’Ucraina farà fatica a riprendersi senza il contributo del principale motore industriale del paese.

 

                                           Figura 1. L’accordo Minsk II, Febbraio 2015 (www.theguardian.com.uk).



[2] L’ultima valutazione è disponibile qui: http://voxukraine.org/2015/05/16/index-for-monitoring-reforms-imore-release-9/ mentre maggiori dettagli sulla metodologia si trovano qui: http://imorevox.in.ua/?page_id=30.

 

 

 

 

* Economista presso l’Università di Manchester (GB).

** Economista presso l’Università di Liverpool (GB).