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01 maggio 2024
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Una stabilizzazione impossibile?

Paolo Pombeni - 03.09.2016

Il problema più grave che ha la politica italiana in questo momento è l’incapacità di trovare una qualche forma di stabilizzazione, almeno nel breve periodo, cioè sino alla scadenza naturale della legislatura nella primavera del 2018. Non si tratta di rincorrere l’utopia del vogliamoci tutti bene, che è senza senso, quanto di misurarsi con l’orizzonte turbolento che abbiamo davanti.

La stagnazione economica è un serio problema e non vale mettersi a discutere se qualche decimale in più del PIL ci autorizzi a proclamare che ci sono stati anni in cui andava peggio. Quella finisce per essere una magra consolazione, perché tutti sanno che la ripresa è figlia di un sentimento se non proprio di fiducia, almeno di atteggiamento positivo verso l’avvenire. Ed è proprio quello che oggi manca, sia a livello di opinione diffusa sia fra gli operatori economici, restii ad investire soldi (che pure ci sono: basti pensare ai depositi bancari e affini) in nuove iniziative di sviluppo.

Del resto il quadro di quello che una volta si definiva “lo spirito pubblico” non è dei migliori. Ogni giorno emergono comportamenti a dir poco sconcertanti a livello di società nel suo complesso. La tragedia del terremoto ha scoperchiato la realtà di amministrazioni che gestiscono in maniera a dir poco dilettantesca le risorse disponibili, leggi tutto

Una nuova fase politica?

Paolo Pombeni - 31.08.2016

Il terremoto non ha solo squassato un pezzo d’Italia: può darsi che abbia rimesso in moto una politica che rischiava di isterilirsi nel bizantinismo di un dibattito di corto respiro sul referendum costituzionale e sul significato che poteva assumere.

Il quadro che i prossimi mesi ci mettono davanti non è esattamente idilliaco. Quasi tutti gli istituti e i centri di ricerca concordano nel prevedere che continui la stagnazione economica e la stessa percezione dell’opinione pubblica va in quella direzione. Sul fronte internazionale le previsioni segnano peggioramento. La politica turca sempre più arrembante, il grande risiko che sembra muovere la strategia di Putin, la situazione libica che non trova soluzione, per non parlare dei molti focolai di tensione accesi qua e là nel mondo, ci mettono nell’incertezza sui possibili sviluppi dell’equilibrio internazionale. I riflessi di questo sulle dinamiche delle grandi migrazioni sono intuibili.

L’Europa entra in una delicata fase in dipendenza di scadenze elettorali l’anno prossimo in Francia e in Germania e anche questo non è un dato da sottovalutare. Significa una ulteriore complicazione nel gestire la già ingrippata macchina dell’Unione Europea. Aggiungiamoci l’appuntamento di novembre con le elezioni presidenziali americane.

In quest’ottica la politica italiana deve valutare quanto convenga proseguire sulla via di ridurre tutto alla sfida pro o contro Renzi, leggi tutto

La politica d’autunno

Paolo Pombeni - 24.08.2016

Anche se la ripresa vera e propria dell’attività politica tarderà ancora una decina di giorni si intravvedono le prime mosse su quelli che saranno i posizionamenti in vista di ciò che si preannuncia come la grande battaglia d’autunno. Al suo centro ci sarà, come ormai sanno tutti, il referendum sulla riforma costituzionale e il suo esito, ma le prospettive sono diverse da quel che si prospettava all’inizio dell’estate.

La situazione nel PD dovrà per forza di cose trovare un chiarimento. Renzi ha capito che trasformare il referendum in un plebiscito sulla sua persona non lo portava da nessuna parte e di conseguenza sembra avere cambiato strategia. Par di capire che si è messa da parte la prospettiva secondo la quale una vittoria del “no” avrebbe determinato da parte sua una drammatizzazione che doveva spingere alla fine della legislatura. Ovviamente la prima ragione per spiegare il cambiamento è che, come avevano notato vari commentatori, il potere di scioglimento è nelle mani del Capo dello Stato sentiti i presidenti di Camera e Senato (non esattamente due figure che lavorano in sintonia col premier). Ciò significa che in caso di vittoria dei contrari alla riforma le inevitabili dimissioni del governo in carica avrebbero semplicemente aperto una fase di ricerca di soluzioni alternative leggi tutto

Pausa d’estate?

Paolo Pombeni - 03.08.2016

Piena estate con affievolimento quasi totale della presenza della politica: un classico della nostra storia, pur con qualche eccezione. Tuttavia altrettanto classico era il fiorire di provocazioni, uscite estemporanee e cose simili tanto per vedere l’effetto che fa. Si poteva saggiare qualche reazione senza pagare pegno e approfittare del fatto che i giornali, che devono pur riempire pagine, sono più di bocca buona nel selezionare le notizie.

Quest’anno tutto è molto sottotono, almeno al momento. Si potrebbe discutere se si tratti di una strategia studiata nel tentativo di non stancare un’opinione pubblica che già non ama molto i chiacchiericci dei politici, oppure della presa d’atto che “esternare” non porta più di tanto un aumento di consensi. Forse sono presenti entrambe le cose.

Di fatto l’unica novità rilevante parrebbe essere quella dell’incarico a Stefano Parisi di rabberciare in qualche modo Forza Italia. Non si sa se sia veramente il preludio al varo di una revisione della grande alleanza di centrodestra oppure se siamo in presenza di una delle solite giravolte di Berlusconi che lancia e brucia qualche nuovo personaggio giusto per tenere viva la scena. Probabilmente la faccenda può prendere l’una o l’altra piega a seconda delle reazioni che si registreranno all’operazione Parisi. leggi tutto

Riforme costituzionali e transizioni politiche

Paolo Pombeni - 27.07.2016

C’è un intreccio fra le riforme costituzionali (spiegherò l’uso del plurale) che andranno alla prova del referendum e la transizione che sta affrontando ormai da qualche tempo il nostro sistema dei partiti. Le prime cercano di stabilizzare la seconda, mentre quelle determinano la resistenza a quei cambiamenti.

Si è usato il plurale perché la riforma Renzi-Boschi è in realtà il concentrato di alcuni interventi che non sono di per sé strettamente coordinati e che non si collocano tutti sullo stesso piano. Il cuore di questo intervento è nella riforma del sistema del bicameralismo paritario, che certo in parte si collega con l’introduzione di un nuovo sistema elettorale, ma che non può essere ridotto a questo.

La razionalità di fondo, non sappiamo quanto consapevolmente percepita, è di redistribuire la dialettica politica su due fronti senza per questo ridurla alla sola lotta per il mantenimento  o la caduta del governo. Un senato privo del ruolo di dare o togliere la fiducia al governo diventerà, se solo la stupidità della classe politica non lo affosserà riempiendolo di personale inadatto al ruolo, una sede d controllo e di dialettica rispetto a varie istanze: la Camera per il suo potere di richiamarne le leggi e di formulare proposte su di esse; alcuni organi dello stato per poteri di intervento diretti nelle nomine (corte costituzionale) leggi tutto

La toppa e il buco

Paolo Pombeni - 13.07.2016

Peggio la toppa del buco: così suona un vecchio detto veneto ed è quanto c’è da chiedersi con la ripresa di fibrillazioni sullo (s)combinato disposto riforma elettorale – riforma costituzionale.

Per un po’ era parso prendesse quota l’ipotesi dello “spacchettamento”, poi era parso tramontasse, ma non si sa, perché ormai si vive di ipotesi buttate lì per vedere l’effetto che fa. Tecnicamente ci si è forse resi conto che la strategia di dividere il quesito da sottoporre agli elettori in tanti sottoquesiti non è che funzioni tanto bene. In primo luogo perché se si accetta il principio, astrattamente concepibile, di chiedere una pronuncia su ogni punto in cui si articola la riforma si dovrebbero fare molti quesiti e gli elettori ne uscirebbero frastornati. Anche in quel caso infatti la cosa più probabile è che su un lungo elenco di quesiti prevalga la presa di posizione generale (ed a priori) per il sì o per il no, sicché si sarebbe punto e a capo. A meno che qualcuno non consideri un possibile successo un voto in massa per la sola abolizione del CNEL.

La possibilità di contraddizioni è dietro l’angolo. Facciamo un esempio facile: si propongono quesiti distinti per decidere se il Senato deve avere o no gli stessi poteri della Camera e se il senato debba o no essere composto da rappresentanti dei consigli regionali. leggi tutto

Una politica in panne

Paolo Pombeni - 06.07.2016

Renzi fa Renzi e l’opposizione dem fa l’opposizione dem. Risultato: una stucchevole commedia dell’arte. Questo è stata la direzione PD, rinviata di una settimana per via della Brexit, ma che ha dimostrato che il tempo non sempre porta consiglio.

L’impressione è che ormai le direzioni dei partiti, obbedendo alla regola fintamente democratica di doversi svolgere in pubblico (via streaming), siano appunto delle rappresentazioni in cui ogni personaggio recita sé stesso a pro della sua audience. Veri discorsi politici, analisi degne di questo nome non se ne sentono, tanto che ormai tutti parlano apertamente di “narrazioni” come se ogni cosa dovesse ridursi a come raccontarla, anziché ragionare su come cambiarla.

In teoria si doveva discutere sul come e sul perché il PD ha perso alcune città importanti. Curioso che nessuno, se non ci siamo distratti, si sia soffermato a ragionare su come se ne è conservata una, certo non secondaria, come Milano.

La narrazione, perché qui il vocabolo è appropriato, che si è perso perché ci si è disinteressati delle “periferie” non è affatto convincente. Infatti gli avversari del PD hanno vinto soprattutto perché su di loro si sono concentrati voti provenienti dalla destra dello schieramento politico, destra che non ci risulta essere stata particolarmente interessata a risolvere quel problema. leggi tutto

Una storia lunga

Paolo Pombeni - 22.06.2016

Evitiamo di interpretare quello che è successo nelle elezioni amministrative con le categorie semplicistiche dell’antirenzismo o del cambio generazionale. Ci sono anche quei fattori, ma non sono tutto. Se non collochiamo quel che è successo in una storia più lunga non solo ci precludiamo di capire cosa è successo, ma rischiamo di non ragionare bene su ciò che potrà succedere.

La spinta che ha portato i Cinque Stelle ad ottenere un notevole successo nelle urne del 19 giugno è un episodio di quella transizione della politica italiana che è emblematicamente iniziata nel 1992-1994 con la crisi del sistema dei partiti della prima repubblica e la discesa in campo di Berlusconi. E’ da quel biennio che la domanda di una «nuova classe politica», che peraltro circolava già da anni (e Craxi a suo tempo l’aveva intuita, pur sbagliandone completamente la gestione) è divenuta un elemento destabilizzante del nostro sistema. Destabilizzante perché non è ancora riuscita a produrre un nuovo equilibrio ragionevole, che è quello in cui tutte le componenti si riconoscono parte di un medesimo destino che sono impegnate a non compromettere.

Sino ad oggi un’opinione pubblica sempre più disorientata è corsa ad inseguire quella che in termini classici si definisce «l’alternativa». Prima ha creduto di trovarla in Berlusconi che si proponeva di aprire le porte delle varie stanze dei bottoni leggi tutto

La politica dei veleni

Paolo Pombeni - 15.06.2016

L’importanza del risultato dei ballottaggi del 19 giugno si capisce dal clima avvelenato che sta infestando la politica nazionale e, in misura minore, quella locale. Non sembri questa differenza  un paradosso, perché invece è una prova ulteriore del fatto che gli scontri nelle città hanno solo relativamente a che fare con le candidature in campo, e molto più con la questione complessiva del ricambio o meno di classi dirigenti e al tempo stesso dell’interpretazione delle vie per uscire dalla crisi in corso.

Diventa cruciale la domanda se la «santa alleanza», come l’ha definita Renzi, che si è formata contro l’attuale guida del governo riuscirà se non a spuntarla almeno a segnare molti punti a proprio favore nei ballottaggi che interessano i comuni più significativi dal punto di vista simbolico. Il governo non cadrà in caso di esito favorevole alla santa alleanza, ma certo sarà difficile che nel paese esso non venga letto come la riprova dell’inizio di una fase calante del consenso a Renzi. E si sa che in politica queste «letture» pesano.

Quel che emerge da una analisi di quanto sta accadendo è che non si contrastano trend di medio periodo con fuochi di artificio da lanciare negli ultimi quindici giorni. Nessun candidato sindaco aveva nei suoi depositi qualcosa di eclatante, leggi tutto

Dopo le elezioni. Un paese disorientato?

Paolo Pombeni - 08.06.2016

Lasciamo agli esperti le analisi sui flussi e sulle statistiche elettorali, perché è sono cose serie (ma noi abbiamo il nostro ottimo Luca Tentoni che ci copre in questo settore). Cerchiamo invece di ragionare sul significato che si può attribuire a questo test elettorale. E’ un test limitato, condizionato dalla sua natura amministrativa, ma ciò nonostante assai simbolico.

Il primo dato è la crisi delle tradizionali appartenenze partitiche. Di fatto, se lasciamo da parte i Cinque Stelle di cui diremo dopo, tutti hanno perso voti, in una certa misura per trasmigrazioni da una parte all’altra, in misura maggiore per un ulteriore incremento dell’astensionismo. Dipende dal fatto che c’è una fuga dalla politica? Ci permettiamo di dire che dipende molto di più dal fatto che la politica ha poco da dire.

Non c’è stato in queste elezioni da parte di nessuno il lancio di uno o più grandi temi che guardassero al futuro. Si è assistito solo o a geremiadi sulla inadeguatezza che ciascuno rinfacciava ai propri avversari (non siete competenti, non siete onesti, non volete bene ai poveri, vi preoccupate solo dei vostri interessi, e via elencando), o a generici appelli «all’impegno all’ascolto» della gente, come se fosse la gente ad avere già pronte le soluzioni alla crisi in corso e non invece si aspettasse di sentirsele illustrare da coloro che chiedevano il suo voto. leggi tutto