Ultimo Aggiornamento:
01 maggio 2024
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La padella e la brace

Paolo Pombeni - 01.02.2017

Gran dibattito se convenga andare presto ad elezioni, massimo entro giugno, o far lavorare di più governo e legislatura, minimo fino a settembre, magari fino alla scadenza della legislatura l’anno prossimo. E’ la classica scelta fra la padella e la brace, perché la questione centrale è come si possa gestire una fase molto difficile con una lotta continua fra partiti e capi e capetti dei partiti, lotta che non può non riflettersi sul governo e sulla credibilità del nostro sistema e che in ogni caso non sembra possa cessare.

La congiuntura difficile dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti: sistema bancario in crisi (adesso anche Unicredit, seconda banca, è in difficoltà), disoccupazione che non si riesce a contenere, ripresa che non decolla, richiesta della UE di una manovra di bilancio che rispetti le regole comunitarie. E tacciamo dell’emergenza terremoto. Non bastasse, si presentano alcune condizioni internazionali di cui sarebbe opportuno tenere conto. Non ci sono solo le incognite dell’avvio della presidenza Trump e delle turbolenze per l’avvio della Brexit, che già non sarebbero poca cosa. Le due tornate elettorali in Francia e in Germania sono altrettanto problematiche perché costringono i sistemi politici di due paesi chiave della UE a tenere conto

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La politica e i capponi di Renzo/i

Paolo Pombeni - 18.01.2017

Qualcuno si ricorderà della metafora suggerita dal Manzoni ne “I Promessi Sposi” quando descrive  Renzo che va dall’avvocato Azzeccagarbugli portandogli in dono quattro capponi che tiene in mano stringendoli per le zampe legate insieme e a testa in giù, con le povere bestie “ le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. Se Manzoni avesse in mente una riflessione generale sull’umanità o alludesse all’incapacità degli italiani di far causa comune per il loro futuro è materia di discussione. Può essere che siano vere entrambe le cose. Certo la metafora, nell’uno e nell’altro senso, è più che mai valida oggi.

La politica italiana è messa di fronte ad una situazione quanto mai complicata, ma le forze politiche che dovrebbero governarla assomigliano davvero ai famosi quattro capponi: sia perché stanno a testa in giù e sono nelle mani di una congiuntura piuttosto difficile, sia perché in queste condizioni pensano solo a beccarsi fra loro.

L’elenco delle nostre difficoltà è sempre quello e la cosa potrebbe risultare noiosa, non fosse che invece dovrebbe preoccupare proprio il fatto che non si riesce ad archiviarlo. Monte dei Paschi e le banche sono sempre lì, così la nostra debole situazione nel contesto UE, leggi tutto

Una fase complicata

Paolo Pombeni - 11.01.2017

Non è un momento facile per la politica italiana, sebbene guardando alla situazione da un altro angolo di osservazione la si potrebbe ritenere molto più tranquilla di quanto si prevedeva agli inizi di dicembre. Se infatti ci limitiamo a considerare l’avvio del governo Gentiloni, non possiamo far a meno di notare che esso non è, almeno per ora, né la fotocopia o l’avatar del governo Renzi, ma neppure un esecutivo fantasma messo lì solo per scaldare la sedia. Con tutti i limiti che gli impone la contingenza, Gentiloni e i suoi ministri chiave (su altri è opportuno stendere un velo pietoso) stanno assolvendo in maniera più che dignitosa il compito di gestire la “amministrazione” (e in qualche caso “il governo”) di una delicata fase di passaggio.

Infatti il tema centrale è proprio dato dalla precarietà in cui il paese è immerso circa la ridefinizione degli equilibri politici delle sue classi dirigenti: a cominciare da quelle parlamentari e governative, ma poi a cascata tutte le altre, perché in Italia tutto è connesso.

La prima delicatissima questione che verrà in campo, proprio quando i lettori avranno davanti questo articolo, è la posizione e il ruolo che verrà ad assumere la Corte Costituzionale. Una spericolata scelta delle classi politiche è stata quella di chiederle di scendere in campo dirimendo, leggi tutto

L’enigma Grillo

Paolo Pombeni - 07.01.2017

Se c’è una cosa che va riconosciuta a Grillo è un certo fiuto politico: sarà anche quello del demagogo, ma sempre di fiuto politico si tratta. Così all’inizio di un anno elettorale, con un panorama politico che cerca di ritrovare una sua stabilizzazione, il fondatore dei Cinque Stelle capisce che è di fronte ad un passaggio cruciale e si organizza per affrontarlo.

Come sempre lo fa in modo contorto, anteponendo i colpi di teatro a qualsiasi strategia politica meditata, senza riuscire a proporre un vero progetto che legittimi la sua ricerca di leadership sul paese, ma questo non significa che non agisca in modo da consolidare la sua posizione. Una analisi ravvicinata degli ultimi eventi può aiutarci a capire.

In primo luogo Grillo è tornato in campo in prima persona, consapevole che lui solo è il perno del sistema che ha messo in piedi. I suoi uomini lo imitano malamente, ma nessuno di loro ha la sua capacità istrionica o il suo fiuto nel cogliere gli andamenti della pubblica opinione. Solo lui fa veramente notizia e questo lo obbliga a fabbricarne una ogni giorno, altrimenti le notizie sul M5S finiscono per essere un danno, tanto deboli sono i suoi “portavoce” (quando, peggio, non siano fonte di notizie negative come nell’ormai stracitato caso di Roma). leggi tutto

Un anno decisivo?

Paolo Pombeni - 04.01.2017

I pronostici di inizio anno sono un genere letterario del giornalismo e diventano quasi obbligatori nei momenti di crisi. Prevedere è sempre un esercizio rischioso, ma lo è particolarmente nella sfera politica dove è impossibile pronosticare tutte le variabili con cui si dovranno fare i conti nel corso dei prossimi dodici mesi. E’ invece relativamente facile cercare di analizzare la situazione di partenza, cioè quali sono i problemi sul tappeto e come oggi si preparano, o non si preparano ad affrontarli le forze in campo.

La domanda che domina su tutte è quella che per certi aspetti ha meno a che fare con le questioni strutturali con cui saremo chiamati a misurarci. Ci si chiede infatti se e quando l’Italia andrà al voto.

Più o meno tutte le forze politiche pensano che sia un traguardo a cui si arriverà al massimo entro l’autunno a meno che non intervenga qualche fattore esterno ad impedire lo scioglimento anticipato della legislatura. Si dovrebbe però immaginare qualcosa di molto grave e dunque c’è da augurarsi non sia così, anche perché comunque la legislatura si chiuderà a febbraio 2018, dunque non è che sarebbe risolutivo anche in presenza di gravi turbamenti tirare avanti qualche mese in una situazione ormai evidente di rissa politica generalizzata. leggi tutto

Alla ricerca della pietra filosofale (politica)

Paolo Pombeni - 21.12.2016

Siamo all’ennesimo dibattito per la ricerca di una legge elettorale che rimetta in sesto il nostro disastrato sistema politico. Se ci è consentito, vorremmo dire che si tratta di un dibattito stucchevole che appassiona solo i politici di professione (per l’ovvia ragione che ne va del loro futuro personale), mentre coinvolge molto poco la gente normale che non si raccapezza in astruserie e tecnicismi di cui non comprende le ragioni. Il fatto è che ormai per la classe politica italiana, dalla crisi della prima repubblica in avanti, la questione elettorale è diventata quello che nel medioevo era il tormento per la ricerca della pietra dei filosofi a cui si attribuiva la capacità di trasformare per semplice contatto i metalli vili in oro.

In fondo tutti vorrebbero credere che esista un sistema mirabile grazie al quale si può perfettamente combinare rappresentatività e governabilità, stabilità e mobilità, in modo che il voto degli elettori ci consegni un paese emendato dalle pecche della nostra decadenza politica (che, naturalmente, ciascuno vede nell’impossibilità di diventare “lui” il perno decisore del sistema).

Spiegare che un tale sistema non esiste, né se lo si immagina a prescindere dai vincoli esistenti, né se cinicamente lo si riduce a “porcata” con cui battere gli avversari, leggi tutto

Un governo di transizione?

Paolo Pombeni - 14.12.2016

E’ troppo semplicistico liquidare il governo Gentiloni come “fotocopia” o come “avatar” di quello Renzi. La situazione è ben più complessa e proviamo ad analizzarla.

Il primo dato è prendere consapevolezza che è stata rifiutata dalla maggioranza delle forze politiche qualsiasi ipotesi di un governo istituzionale di tregua. Basandosi su una analisi tutta da verificare, quella che vorrebbe interpretare il risultato referendario come bocciatura irreversibile del renzismo, coloro che più o meno apertamente si sono intestati quel risultato hanno ritenuto che fosse conveniente costringere la compagine renziana a continuare a logorarsi al governo. Di qui la sostanziale preclusione ad avere una soluzione che consegnasse il passato alla storia varando una compagine che apparisse e possibilmente fosse al di sopra dei conflitti politici attuali,  in attesa che fossero le urne a decidere la nuova geografia politica del potere. Aggiungiamoci subito che questa soluzione non andava bene neppure al premier disarcionato malamente dal risultato referendario.

Si doveva di conseguenza varare un governo politico che avesse a sostegno una maggioranza parlamentare: impresa molto complicata quando si era in presenza del partito di maggioranza relativa dilaniato da lotte interne e perennemente sull’orlo di una crisi di nervi.

Al tempo stesso questo governo doveva apparire come una costruzione solida e non come un tappabuchi tanto per far passare il tempo necessario per tornare alle urne. leggi tutto

E adesso?

Paolo Pombeni - 10.12.2016

Che in democrazia il voto popolare debba sempre essere rispettato come determinante è una ovvietà. Ritenere che sia un metro infallibile per giudicare la bontà o meno di una causa è una sciocchezza smentita dalla storia: vox populi, vox Dei è un aforisma da cui guardarsi. Ma su questo la riflessione è stata più che latitante, preferendo, per spiegarsi il grande successo dei contrari alla riforma costituzionale, rincorrere le spiegazioni più banali: quelle in politichese puntate sulla “antipatia” di Renzi, e quelle sociologiche che hanno attribuito la preponderanza del sì alle zone prospere e quella del no alle zone a più forte depressione economica.

Ci permettiamo di chiamare in campo qualche altro elemento, perché, se davvero il nostro paese vuole uscire da questa prova con qualche guadagno, è opportuno che si lasci alle spalle l’orgia di anticultura che ha connotato la passata campagna politico-elettorale.

Un primo dato da tenere in conto potrebbe essere la singolare posizione di una parte della sinistra che si è buttata a magnificare il consenso popolare al rigetto della riforma marcata Renzi, sostenendo che l’attuale segretario del PD non aveva capito da che parte stava il popolo, giudicato ovviamente sano. Singolare che quando quello stesso popolo votava massicciamente per Berlusconi avesse passato il suo tempo a parlare di una opinione pubblica drogata e manipolata. leggi tutto

Passata la tempesta

Paolo Pombeni - 03.12.2016

Anche se scriviamo questo articolo prima del fatidico 4 dicembre, esso sarà letto anche dopo, quando l’esito del voto referendario sarà noto e si inizierà, speriamolo, a ragionare su come disintossicare il paese dalle droghe e dai veleni che gli sono stati iniettati in questi lunghi mesi di scontri che definire “politici” sarebbe troppo generoso.

Ci permettiamo di richiamare l’attenzione sulle precondizioni che hanno indebolito il sistema italiano rendendolo sin troppo recettivo alla seduzione delle droghe messe in libera vendita in occasione del referendum. Temiamo che senza una presa di coscienza di queste debolezze strutturali non ci sarà ricostruzione possibile: e quella ricostruzione sarà necessaria qualunque sia l’esito della battaglia.

Va di moda cavarsela sempre con attacchi al “populismo” come se si trattasse di un virus importato dall’esterno. Forse è il caso di ricordare che la delegittimazione del nostro sistema ha una storia lunga, costantemente tenuta viva da un complesso di forze culturali che hanno costruito gli stereotipi su cui è attecchito quel complesso di richiami di pancia il cui successo comincia ad impensierire, per fortuna, chi ama ancora ragionare di politica.

Cominciamo dalla questione della “casta”. Dipingere la classe politica come un complesso di corrotti e intrallazzatori non è una invenzione dei grillini. leggi tutto

La politica degli aruspici

Paolo Pombeni - 23.11.2016

L’aruspice, ci spiegano i dizionari, era nell’antica Roma il sacerdote incaricato di esaminare le viscere degli animali sacrificati, in origine per verificarne la purezza, poi per trarre indizi sul futuro. Ci sembra che qualcosa di simile stia accadendo nella politica italiana e non solo: ovviamente non sacrifichiamo più animali agli dei, ma in senso figurato ci diamo da fare per trovare un sostituto alle viscere da esaminare per trarre indizi sul futuro e interpretare la volontà misteriosa di quel nuovo dio che è il sentimento popolare.

Le moderne viscere su cui si esercitano i politici-aruspici sono i sondaggi, le zuffe mediatiche in TV e sui giornali, le analisi che offrono i cosiddetti spin doctor delle più varie scuole. Non sappiamo se siano metodologie che danno risultati migliori di quelli che gli antichi aruspici ricavavano dall’esame delle viscere delle vittime sacrificali. Sappiamo che la moda ha effetti non poco distorsivi.

Oggi sembra che a dominare sia la tesi che l’unica cosa che conta è solleticare la pancia del paese secondo uno slogan che potrebbe essere questo: a populista, populista e mezzo. E’ la scelta che sta cavalcando Renzi, ma è anche quella verso cui si sta dirigendo Berlusconi. Gli altri non sono da meno, leggi tutto