Un paese diviso fra indifferenti e fan club
La vicenda della Sea Watch 3, come era prevedibile, ha messo a nudo un paese che ormai si divide fra indifferenti e fan club degli opposti fronti, i truci e le anime belle. A dispetto dell’enfasi che i media dedicano all’episodio non si può dire che nel paese ci sia realmente una grande mobilitazione né in un senso né nell’altro: ne è prova proprio il fatto che le guide delle due fazioni soffiano sul fuoco in continuazione, proprio per evitare che si spenga.
Ad una mente che voglia esercitare l’arte della ragione ripugnano sia le intemerate senza limite di Salvini e compagni (è giunto a definire “criminale di guerra” la capitana della nave) sia le sceneggiate a difesa di quelli che invocano a vanvera i diritti universali dell’uomo e l’improbabile parallelo con il personaggio di Antigone.
Quel che stupisce di più è che in questo spettacolo, ormai chiaramente teatrale, vengano attirate come in un gorgo anche persone che dovrebbero avere un maggiore uso della ragione. Francamente sentire certe sentenze dal presidente della Repubblica Federale Tedesca fa un po’ senso, visto che il suo paese ci rimanda indietro i cosiddetti “dublinanti”, cioè quei profughi che approdati ed identificati in Italia sono poi riusciti a raggiungere
Un’Europa dispersa nelle nebbie
Si può guardare al problema da un’ottica italiana, visto quanto pesa su di noi, ma è altrettanto giusto considerarla da un punto di vista più generale. Ci riferiamo alla situazione attuale dell’Unione Europea mentre si sta avviando la nuova legislatura. I problemi sono molteplici, vorremmo quasi dire che quello italiano è il minore, anche se ha una sua importanza.
Quel che colpisce di più in questo momento è l’assenza di un soggetto, individuale o istituzionale, che sembri essere in grado di gestire questo difficile passaggio: difficile anche solo perché quel che sta succedendo in Gran Bretagna, con la prospettiva di una Brexit disordinata, ma spalleggiata da un irresponsabile Trump, dovrebbe essere sufficiente a ridare fiato ad un decente progetto europeista. Invece a dominare sembra essere più che altro la confusione.
L’attuale Commissione si appresta a lasciare il campo senza passare alcun tipo di eredità. Juncker non è certo stato un presidente di “visioni” e la sua squadra non ha brillato. Certo sia lui che i suoi commissari erano stati accuratamente scelti in modo da non fare ombra ai principali capi di stato, così come del resto era stato fatto anche in precedenza. Basterà richiamare qualche dato per rendersene conto.
Chi si è occupato di questioni leggi tutto
Fibrillazioni da Transizione di Sistema?
Continuiamo a vivere in una fase di turbolenza diffusa. Dovrebbe essere finita la campagna elettorale continua, ma così non è per una ragione banale: non si può ancora escludere che sarà riaperta a breve per scioglimento anticipato della legislatura. L’impressione che si ricava da quanto è successo è che la geografia del potere dei partiti sia in forte movimento. Non un movimento che va davvero in una direzione precisa, ma qualcosa di sussultorio che sposta continuamente simpatie ed adesioni, non solo in termini di voti ma anche in termini di scelte di schieramento delle classi dirigenti, senza che sia possibile capire quando finirà questo sciame sismico e soprattutto quale sarà il paesaggio che ci lascerà in eredità.
A destra certamente al momento la Lega sembra avanzare senza ostacoli verso l’occupazione stabile della leadership di sistema, ma ci sono due fenomeni che potrebbero diventare interessanti. Il primo e più importante è la crescita costante di Fratelli d’Italia, che potrebbe essere il segnale che una parte almeno del mondo della destra si prepara ad una alleanza con Salvini da un punto di forza. C’è da tenere conto di un consueto meccanismo della politica italiana: quando si crede di aver individuato un vincitore, piuttosto di accorrere nelle leggi tutto
Il richiamo della foresta
Tutti a interrogarsi su cosa abbia determinato la virata del premier Conte verso un’immagine da severo uomo delle istituzioni, fino a spingere qualcuno a parlare di un novello Monti forgiato in qualche officina dei ceti dirigenti (al Quirinale?). Su quella china si è immaginato una specie di commissariamento del governo con la triade Conte-Tria-Moavero per marginalizzare i due azionisti della maggioranza. Che ci sia una certa inclinazione in quelli che i polemisti anti-establishment chiamano “i giornaloni” ad accreditare questa possibilità può anche essere, ma temiamo sia più la ricerca di una speranza di sottrarsi al destino della preminenza di Salvini, che non l’analisi di quanto sta realmente succedendo.
A noi sembra che nella nuova situazione che si è delineata dopo la recente orgia elettorale più banalmente ciascuno risponda ad una sorta di richiamo della propria foresta di provenienza. Sono costretti a farlo da un contesto che non consente per ora il passaggio chiarificatore della crisi di governo, la quale però resta sullo sfondo come ciò con cui prima o poi si dovranno fare i conti.
Ecco dunque che il presidente Conte pensa al dopo, quando difficilmente potrà avere ancora un ruolo politico e dovrà tornare al suo mestiere, cioè a quello del leggi tutto
Un’altra puntata della telenovela governativa
Più che a una vicenda politica, quella di questo governo assomiglia ad una puntata del mitico Beautiful, dove si susseguono rotture, tradimenti e riconciliazioni. Dunque non è facile capire se la pace scoppiata tra Salvini e Di Maio possa considerarsi una svolta (personalmente ne dubitiamo).
La situazione è piuttosto quella che deriva da un evidente impasse che mescola il risultato delle urne di maggio con la estrema difficoltà di sciogliere la legislatura (non parliamo del trovare maggioranze alternative in questa). Salvini ha ottenuto un grosso successo e Di Maio una pesante sconfitta che cambiano la prospettiva degli equilibri interni alla coalizione, ma non incidono sulla situazione parlamentare. Tuttavia chi sarebbe in teoria avvantaggiato dall’attuale geografia delle Camere, cioè M5S che ha una larga prevalenza sulla Lega in termini di seggi, non può sfruttarla, perché non se la sente di andare ad una crisi con elezioni anticipate da cui uscirebbe sicuramente ridimensionato, probabilmente in modo molto significativo.
In parallelo la Lega non sa bene se da un nuovo ricorso alle urne potrebbe guadagnare abbastanza da poter essere veramente egemone in una nuova situazione, sicché valuta le convenga godersi questa egemonia virtuale che già esercita con un alleato disarticolato.
Aggiungiamoci, come è già stato detto leggi tutto
Il cambiamento non si risolve in una notte
Dunque finalmente le urne hanno parlato e dovremmo avere un quadro di cosa ci aspetta dopo mesi di battaglie fra i partiti senza esclusione di colpi. La realtà però è più sfuggente, se non vogliamo limitarci a registrare i successi che ci sono stati in questa lotta di tutti contro tutti.
Da questo punto di vista è semplice fare il quadro. Salvini ha stravinto, ma anche la Meloni con FdI ha avuto un risultato di gran lunga superiore alle previsioni. Il PD ha recuperato bene se si considera il trend non favorevole alle tradizionali forze socialiste, ha riconquistato città importanti come Milano e Roma, ma è lontano dalle cifre di quando era il dominus della politica italiana. Malissimo sono andati i Cinque Stelle che non hanno capito che non si vive solo di artifici verbali dopo che si è stati messi alla prova del governo. Sostanzialmente male è andato Berlusconi che ha dovuto constatare che la sua immagine non trascina più e di conseguenza FI è diventata un partito marginale.
Fuori di questi non c’è storia, a dimostrazione che se si mette una soglia di sbarramento ragionevole e si impediscono i giochetti delle finte coalizioni elettorali non c’è spazio per le ambizioni dei numerosi piccoli gruppi leggi tutto
Un post-elezioni che dovrà fare i conti con la realtà
Che dopo la tornata elettorale del prossimo 26 maggio si dovranno fare i conti con la realtà lo dicono tutti, ma in genere si allude al problema economico che si presenterà con la stesura della legge di bilancio. Ci sono dai 23 ai 30 miliardi da trovare per evitare che il deficit superi la linea di guardia fissata dall’Europa (che peraltro in questo caso è ragionevole) e non viene detto dove si potranno trovare se non aumentando le tasse, vuoi quelle indirette come l’IVA, vuoi avventurandosi in quelle dirette come sarebbe la famosa “patrimoniale”.
Tutto vero indubbiamente, ma, ci si perdoni il gioco di parole, non è tutto. L’incognita maggiore riguarda l’equilibrio del sistema politico italiano, che è, lo si voglia o no, la pre-condizione perché da un lato si possa “fare politica” e dall’altro ci sia abbastanza fiducia perché si mantengano e possibilmente crescano gli investimenti economici. Purtroppo al momento non sembra che questa incognita verrà sciolta con i risultati delle prossime urne.
A meno di impennate dell’ultima ora non sembra essere alle viste un esito elettorale che incoroni un vincitore. Diciamo subito che già di loro le elezioni europee sono poco adatte alla bisogna: tutti ricordano l’irrilevanza finale del 40% raccolto da Renzi la volta precedente. leggi tutto
Baruffe sul nulla
Possiamo consentirci una pausa nell’analisi dello stucchevole duello Salvini-Di Maio e delle conseguenti aspettative su una crisi o meno del governo giallo-verde? Lo facciamo dedicandoci a due temi, uno molto dibattuto, l’altro meno.
Partiamo dal polverone sollevato sulla presenza al Salone del libro di una casa editrice che pubblica in maggioranza libri legati all’ideologia dell’estrema destra. Nella grande commedia dell’arte che è diventato il palcoscenico pubblico italiano si sono immediatamente esibiti quelli che fanno la parte degli antifascisti difensori della costituzione e quelli che per contrapposizione devono fare la parte dei liberali che difendono a prescindere la libertà di pensiero. A noi sembra francamente che le cose siano un po’ più complicate.
Prescindiamo ovviamente dal fatto che il proprietario della casa editrice in questione sia un militante di una formazione dichiaratamente fascista, fosse pure “del terzo millennio”, come è Casa Pound, e che abbia partecipato a manifestazioni non esattamente pacifiche e rispettose della libertà di opinione promosse da quel movimento. Se ci sono responsabilità penali andranno indagate ed accertate dalla magistratura. Qui la questione è un’altra: hanno diritto il suddetto soggetto e la sua casa editrice ad esprimere e pubblicare opinioni che sostengono un’ideologia antidemocratica?
La risposta prudente è che possono farlo fino a leggi tutto
Anche le parole sono pietre
Non sappiamo ovviamente come andrà a finire il Consiglio dei Ministri di mercoledì 8 maggio, perché questo articolo sarà pubblicato prima che si sia svolto. Il presidente Conte ha dichiarato che affronterà e risolverà il caso Siri, ma che non ci sarà nessuna “conta” (cioè non si voterà facendo spaccare il CdM fra leghisti e pentastellati) e non ci sarà nessuna crisi di governo. Sull’ultimo punto si dichiarano preventivamente d’accordo Di Maio e Salvini, anche se l’uno chiede esattamente il contrario dell’altro.
Quale sarà il coniglio che estrarrà dal cappello Conte-Silvan non lo sappiamo: le scappatoie che consente un uso avvocatesco di leggi e regolamenti sono varie. Quel che crediamo di sapere è che si illude chi continua a pensare che le parole siano acqua fresca che scorre via e non lascia segno. La lunga sceneggiata a pro di occupazione del palcoscenico mediatico è indubbiamente riuscita, perché si parla solo di quella e tutte le altre forze politiche sono state relegate sullo sfondo. E’ divenuta tanto importante da spingere il presidente Conte ad approfittarne per uscire dal suo cono d’ombra e costruirsi una parte di co-protagonista: a quale fine non è chiaro, a parte quello, intuibile, di uscire in maniera dignitosamente di scena quando il suo governo cadrà. leggi tutto
Una repubblica fondata sul lavoro
In un intreccio continuo di ritualità festive, alcune più solenni e certificate, altre più inventate per vari usi (molto spesso commerciali), si sta perdendo il senso delle “celebrazioni” che dovrebbero essere atti collettivi fra degli officianti che rappresentano qualche cosa e un popolo che si fa coinvolgere e trasformare in quella rappresentazione. È inutile strapparsi le vesti per la perdita del senso di sacralità della maggior parte delle festività che giudichiamo importanti e in senso tecnico significative (lo si è appena fatto a proposito del 25 aprile). Il coinvolgimento non si può imporre per legge e troppo spesso coloro che si appropriano di questo sentimento finiscono per farne una cosa settaria poco capace di attrarre a sé chi per varie ragioni non riesce ad esserne partecipe.
Il problema profondo è che per le feste civili come per quelle religiose è necessaria un’opera di acculturazione continua che renda comprensibili e condivisibili i valori che si vogliono rappresentare e onorare evitando di trasformarli in retoriche celebrative.
Per ragioni di calendario vogliamo applicare questa riflessione al Primo Maggio, festa del lavoro, ricorrenza comune a molti paesi, ma di particolare significato nel nostro che si definisce nella sua Carta fondamentale “una repubblica fondata sul lavoro”. leggi tutto