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20 aprile 2024
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C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nella politica italiana

Paolo Pombeni - 06.12.2017

A dar credito ai discorsi di molti leader politici e anche di vari osservatori le prossime elezioni sarebbero giocate all’insegna di varie novità, ma se guardiamo da vicino quel che sta avvenendo ci pare che tutto sappia molto di déja vu, insomma di antico.

Cominciamo da quella che sembrava la più eclatante delle novità, l’avvio ufficiale del nuovo partito che si colloca a sinistra del PD e che adesso sappiamo si chiamerà “liberi e eguali”. Ci vuole molta fantasia per classificarlo come cosa nuova. Segue infatti quasi in tutto la liturgia corrente nell’inventare nuovi partiti: la retorica è quella sentita tante volte, basata sullo schematismo del “noi siamo i buoni, gli altri sono cattivi” perché non solo non ci sono vere proposte innovative (tali non possono essere considerate le riposizioni di vecchie ricette, o meglio parole d’ordine del sinistrismo di maniera), ma i modi di procedere sono più o meno quelli soliti. Si ricorre infatti al solito “papa straniero” (in questo caso Grasso) nella consapevolezza che nessuno dei leader che hanno guidato l’operazione ha la statura per agglomerare abbastanza consenso: se poi il presidente del senato sarà capace di fare il miracolo che riuscì a suo tempo a Romano Prodi è leggi tutto

Vi stupiremo coi nostri effetti speciali?

Paolo Pombeni - 29.11.2017

Ci si chiede se questa campagna elettorale ormai ben avviata sia davvero un momento di confronto, anche aspro, ma comunque confronto fra i partiti politici o se sia una continua girandola di trovate, fuochi di artificio lanciati nella speranza di catturare l’attenzione di un pubblico che si teme piuttosto distratto. Siamo insomma al solito “vi stupiremo coi nostri effetti speciali”, che sarebbero poi promesse mirabolanti e attacchi agli avversari a base di vecchie battute. Naturalmente ciascuno accusa gli altri di essere dei “dischi rotti” che ripetono sempre le stesse cose, ma in realtà tutti ripropongono all’infinito i soliti copioni nella convinzione che la ripetizione ossessiva degli slogan serva ad instillarli nel cervello degli ascoltatori.

E’ difficile in queste condizioni tentare una qualsiasi analisi delle proposte che i contendenti mettono in campo, ma soprattutto valutare il loro grado di credibilità. Al momento i maggiori contendenti sono lì a rubarsi i panni in più di una occasione, sino ad arrivare al limite dell’incredibile, come quando il candidato premier pentastellato Di Maio dice che farà lui la “rivoluzione liberale” che ha promesso e non realizzato Berlusconi. Uno malizioso potrebbe chiedersi se Di Maio abbia idea di cosa sia una rivoluzione liberale, ma si leggi tutto

Italia: la Germania ci insegna qualcosa?

Paolo Pombeni - 22.11.2017

I meno giovani ricorderanno tutto il gran discorrere che si fece a metà anni Settanta sul tema se l’Italia aveva davanti a sé lo stesso destino della Repubblica di Weimar. Il “modell Deutschland” fu ampiamente dibattuto, ma poi tutto finì in una bolla di sapone: il nostro terrorismo fu sconfitto, la conflittualità sociale riportata in termini normali, i partiti incapaci di gestire il paese sembrano ritrovare durante gli anni Ottanta qualche capacità di guidare la situazione.

Poi tutto cambiò e di paralleli con la Germania, né con quella storica né con quella contemporanea, si parlò più. Semmai ci fu qualche propensione a considerare il sistema politico tedesco degno di grande considerazione visto che aveva superato la prova della riunificazione e governava una nazione in continua espansione. Il suo sistema elettorale venne considerato del massimo interesse tanto che, pasticciandolo un bel po’, lo si voleva adottare anche da noi.

Visto come si sta evolvendo la situazione dopo le elezioni tedesche di fine settembre ci si sta buttando sul versante opposto a dire che quel sistema non funziona e che la Germania non può più dare lezioni a nessuno. Eppure, per certi versi almeno, i problemi che ha oggi la politica tedesca leggi tutto

Un marziano e le difficili coalizioni a sinistra

Paolo Pombeni - 15.11.2017

Lasciateci giocare con la storiella del marziano che sbarca sulla terra e cerca di capire la nostra politica. Il povero extraterrestre si imbatte nel seguente fenomeno che non riesce a spiegarsi. C’è il problema di fare una coalizione fra forze di sinistra per avere una qualche (minima) speranza di poter vincere le prossime elezioni politiche. Il partito più forte di questa ipotetica coalizione, almeno in termini di consensi passati e di quelli stimati dai sondaggi per il futuro, è anche il maggiore azionista dei governi della legislatura che sta per finire. Ad esso, da un nuovo partito, ben più piccolo e formato per scissione dalle fila della sua classe dirigente, viene posta come condizione perché venga accettata una coalizione, intesa o quant’altro con lui che dichiari che la sua gestione della politica di governo è stata tutta sbagliata e fallimentare e che di conseguenza si sbarazzi del segretario che si è eletto.

Il povero marziano è ovviamente spiazzato. La regola è che nelle competizioni elettorali chi non ha governato attacchi coloro che lo hanno fatto bollandoli come falliti e chiedendo, di conseguenza, che gli elettori affidino a lui il futuro governo. Sempre con un minimo di logica verrebbe da dire che è inutile competere per una leggi tutto

Lezioni siciliane?

Paolo Pombeni - 08.11.2017

Tutti a scrutare come antichi aruspici le viscere delle elezioni siciliane per indovinare cosa ci aspetterà in futuro nella politica italiana. Ovviamente sarebbe stupido sostenere che si tratti di elezioni con valenza puramente locale, ma ci pare altrettanto ingenuo sostenere che si tratti del preludio certo di quel che avverrà alle prossime elezioni nazionali. Passerà molta acqua sotto i ponti e bisognerà vedere cosa trasporteranno quelle acque.

Quel che vale la pena di esaminare è se quanto successo ci può indicare o meno alcune linee di tendenza che vanno al di là delle peculiarità siciliane. Il primo dato è sicuramente l’ampiezza dell’astensionismo. Siamo stati sotto il 50% ma a testimoniare che non è solo questione sicula c’è il dato contemporaneo delle amministrative ad Ostia dove si è stati sotto il 40%. Sommessamente ricordiamo che nelle ultime regionali in Emilia Romagna il 23 novembre 2014 aveva votato il 37,1%. Nelle amministrative dello scorso giugno solo nel caso di Cuneo si è superato di poco il 50% al primo turno, altrove si è rimasti sotto, talora anche sotto il 30%.

Non lo diciamo solo per rimarcare il fatto, rilevantissimo, che la volontà di partecipare direttamente alla scelta delle proprie classi dirigenti è drammaticamente in calo. Può dipendere da scarsa affezione per la politica, ma anche, temiamo leggi tutto

Legge Rosato: aspettando la prova del budino

Paolo Pombeni - 01.11.2017

Si sa che, come dicono gli inglesi, la prova del budino consiste nel mangiarlo. La legge Rosato sulle normative elettorali non sfuggirà a questo destino, ma, anche qui come è d’uso, molti si affannano a prevedere in anticipo quale sarà l’esito di questa prova. Non si fa però troppo caso al fatto che come funzionerà la legge sarà determinato anche (forse in buona parte) da come verrà usata dalle forze in campo.

Tradurre semplicemente quanto previsto dai sondaggi in voti da contare secondo quanto previsto da questa normativa non ci sembra tenere conto delle novità che essa inserisce e del clima di fortissima mobilità politica che esiste nell’elettorato. Vediamo di fare qualche ragionamento.

Avremo i collegi uninominali e i listini corti, il che significa una forte visibilità delle persone che i vari partiti proporranno al loro elettorato. Certo un po’ di furberie nella confezione della legge sono pensate nell’ottica di elettori che mettono davanti a tutto la loro scelta ideologica: se io sono per il  centrodestra, per M5S, per il PD, per l’estrema sinistra, trangugerò qualsiasi designazione e non defletterò dalla scelta del mio simbolo del cuore. Ma sarà davvero così? Per una certa parte dell’elettorato è possibile che lo schema di leggi tutto

I costi di una politica senza riforme

Paolo Pombeni - 25.10.2017

La politica italiana si è concentrata su due vicende: lo scontro, o se si preferisce la baruffa sul problema della Banca d’Italia; l’interpretazione del significato da dare ai due referendum “regionalisti” di Lombardia e Veneto. Messa così può sembrare che non ci siano nessi fra le due vicende, che effettivamente sono di tipo assai diverso. Non fosse che per un punto, che ci pare molto importante: entrambe hanno radice nella cronica incapacità delle nostre classi dirigenti di affrontare il tema delle riforme di sistema.

Cominciamo con la vicenda della Banca d’Italia, dove sembra che tutta la questione sia riconfermare o meno il governatore Visco. Lasciamo perdere i populismi a cui si abbandonano i politici, a cominciare da Renzi che ciancia di un partito che sta coi risparmiatori invece che coi salotti. Concentriamoci invece sul rilievo fatto da lui e da tanti altri circa una certa inefficienza dei controlli di Bankitalia per impedire esiti disastrosi delle crisi bancarie.

Bene, la difesa dell’Istituto di via Nazionale è affidata ai numeri: elenchi di migliaia di ispezioni fatte, di centinaia di provvedimenti di vario genere che sono stati attivati. Dunque è difficile dire che non si è vigilato. Accusare di questo il governatore è giusto un diversivo.

Il problema leggi tutto

L’enigma di una legge elettorale con scarso consenso

Paolo Pombeni - 18.10.2017

Per quanto i sostenitori della attuale proposta di legge elettorale si diano da fare per sostenere la tesi di un testo non perfetto, ma il migliore possibile, resta il fatto che si tratta di un sistema cervellotico e molto poco attraente. Non che questo sia abbastanza per augurarsi una debacle di Renzi, perché non si può fare a meno di ragionare su cosa ci attende dopo, ma bisogna pur ammettere che non si sta lavorando nel migliore dei modi.

Partiamo a ragionare dall’inizio. Giustamente il Capo dello Stato aveva sempre chiesto che si procedesse per una riforma elettorale basata su un ampio consenso parlamentare. Ci si era andati vicino con la proposta simil-tedesca (neppure quella un capolavoro, a dire il vero), ma che comunque aveva il pregio di basarsi su un accordo ampio che includeva i Cinque Stelle. E’ stata fatta fallire per l’incapacità di Forza Italia e dei grillini di tenere a freno le pulsioni al protagonismo becero di Biancofiore e Fraccaro su un tema delicatissimo come il meccanismo particolare per la rappresentanza in Sudtirolo. Stupisce che nessuno nei due partiti che pure sono stati danneggiati da questo improvvido comportamento li abbia in qualche modo sanzionati.

Fallito quel tentativo leggi tutto

Confusione a sinistra: come nei grandi scismi religiosi?

Paolo Pombeni - 11.10.2017

La sinistra è tradizionalmente un campo sconvolto dalle lotte per l’ortodossia. Una volta c’era lo scontro fra socialisti e comunisti, poi c’è stato quello fra Pci e cosiddetti extraparlamentari (che peraltro, tutte le volte che ci sono riusciti, in parlamento non hanno mancato di andarci), poi la polverizzazione delle sigle nella confusione che seguì il crollo del comunismo reale, e adesso la querelle fra PD e scissionisti che, in buona compagnia, perdono tempo a discutere se Renzi sia davvero di sinistra.

Per capire quel che sta succedendo si deve appunto tenere conto che di lotte para-religiose per la difesa dell’ortodossia si tratta, oggi come ieri. La regola fondamentale in questi casi è che chi lascia la chiesa madre perché a suo giudizio è finita preda del demonio non può tornare indietro e fare la pace. Leggersi la storia della grande divisione protestante nel XVI secolo per capire: i concili, tardivi, servivano per rimettere ordine nella chiesa madre, non per far tornare all’ovile gli scissionisti.

D’Alema e compagni, che sanno il fatto loro, l’hanno capito benissimo e infatti sono schierati tetragoni contro la vecchia chiesa madre che ha eletto papa Renzi e sanno che se accettassero di tornare indietro accettando una alleanza col “demonio”

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Una campagna elettorale senza programmi?

Paolo Pombeni - 04.10.2017

Siamo da tempo di fatto in campagna elettorale e quel che assolutamente manca sono i programmi. Almeno se alla parola vogliamo dare un significato pieno, non accontentandoci di considerare programmi quelli che sono generici libri dei sogni o promesse/premesse di tipo banalmente ideologico. In questo caso qualche soggetto, a cominciare dai Cinque Stelle può pretendere di averne già uno, ma vari non ce l’hanno neppure a prendere per buone quelle accezioni di cui sopra.

Ciò di cui si discute sono leggi elettorali, con relative possibili manipolazioni dei voti, e coalizioni verso cui spingere dosando il bastone del “altrimenti non andrete mai al governo” con la carota del “se vi coalizzate vi premiamo anche”. Poi c’è qualche rodomontata tipo Di Maio che minaccia i sindacati di riformali lui quando andrà al governo, oppure le solite tiritere su chi è davvero di destra o di sinistra, chi è populista e chi no, chi è capace di cogliere al volo le domande della sua “gente” e chi invece si limita a frequentare le proprie cerchie ristrette, quale che sia il nome che vogliamo dare loro.

Eppure il paese ha più che bisogno di programmi seri attorno a cui coagulare, anche dialetticamente, l’opinione pubblica. Non che manchino leggi tutto