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La digitalizzazione pervasiva alimenta la disintermediazione sociale
La poderosa avanzata della digitalizzazione ha le sembianze della cancel culture. Da sempre la nostra vita è un’alternanza di abitudini, stili comportamentali e stilemi comunicativi ma con l’introduzione delle tecnologie sempre più avanzate nella nostra quotidianità il cambiamento ha impresso una vistosa accelerazione, le stesse dimensioni spazio temporali dell’essere e dell’agire vanno perdendo i limiti angusti dei confini e delle costrizioni. La galassia di internet, l’universo del web, il metaverso, l’I.A., la robotica e tutte le infinite applicazioni e i loro ulteriori cascami tecnici e operativi costituiscono mondi paralleli dove il virtuale si confonde e si sostituisce al reale. Ciò crea scompensi e dissonanze, non tutto ciò che circola viene dal basso, molto è introdotto nel circuito comunicativo-relazionale da network e media con finalità commerciali e di profitto, influencer e creator sono ad esempio figure professionali nuove che realizzano fatturati mostruosi introducendo nei comportamenti, specie tra i giovani, induzioni e convincimenti, persuasioni e modelli che sovente sono in aperta distonia con le regole che si apprendono a scuola o in famiglia. L’identità digitale va sostituendo quella anagrafica, i social sono potenti strumenti di informazione e di trasmissione di dati, di motivazione a comportamenti disparati: molto di quanto accade ha una potenzialità di leggi tutto
La diatriba infinita sulle riforme costituzionali
Crediamo non ci sarebbe modo migliore di ricordare la straordinaria personalità di Giorgio Napolitano di quello di riprendere con serietà il tema delle riforme costituzionali, cui dedicò grande attenzione intellettuale (basta rileggersi le antologie dei suoi discorsi) e intenso impegno quale inquilino del Quirinale (ricordiamo lo sfortunato tentativo di promuovere un lavoro comune di esperti nella commissione guidata dal ministro Gaetano Quagliariello).
Potrebbe sembrare che anche il nuovo governo di Giorgia Meloni abbia ripreso l’interesse ad intervenire in questo delicato campo oggetto di discussioni e scontri fin dagli anni immediatamente successivi alla fine del lavoro dei Costituenti. Temiamo non sia così e semplicemente perché anche questo esecutivo, come quelli che lo hanno preceduto su questi terreni, non riesce ad afferrare il bandolo della matassa e cede ad una visione manipolatoria della revisione costituzionale.
Per dirla in termini semplici: si è lavorato e ancora si lavora non per costruire un sistema che stia in piedi a prescindere dagli interessi più o meno nobili della classe politica che di volta in volta vuol mettere in atto le riforme, ma per raggiungere attraverso qualche marchingegno l’obiettivo di consolidare l’equilibrio di potere che crede di avere in mano le regole del gioco. leggi tutto
Carta, penna e libri non possono essere rimossi dalla scuola
L’inizio del nuovo anno scolastico impone una coraggiosa riflessione sull’introduzione delle nuove tecnologie che negli ultimi anni, in parte complice la DaD, hanno modificato in modo incisivo la didattica - intesa come applicazione delle metodologie di insegnamento-apprendimento e dei loro contenuti- fino allo stesso concetto di formazione, delle finalità educative, e dei modi di espletamento di questo fondamentale pubblico servizio. Ciò non ha riguardato solo gli alunni ma ha comportato una profonda e radicale trasformazione delle competenze richieste ai docenti, poiché l’uso massivo dell’informatica e la digitalizzazione pervasiva hanno di fatto imposto loro il possesso di requisiti aggiornati e di una professionalità innervata nel volano dell’innovazione.
La vecchia metafora di Elio Damiano della società-lepre che fugge e della scuola-tartaruga che la insegue non è più accreditabile e non corrisponde al vero: nel 2024 celebreremo i 50 anni di vita dei cd. ’decreti delegati’ e lo faremo immersi in una realtà organizzativa e funzionale sideralmente lontana da quella riforma di cui resta – è pur vero - l’impianto di fondo anche se l’introduzione dell’autonomia scolastica ha configurato un quadro d’insieme parcellizzato, difforme, a volte persino sfuggente rispetto all’esigenza inderogabile di conservare l’unitarietà del sistema scolastico nazionale.
Temi come il diritto allo studio, l’uguaglianza delle opportunità educative, la leggi tutto
Il gioco pericoloso con la questione europea
Una volta di più la questione dei flussi migratori scuote la politica italiana e quella europea. C’è la solita guerra di numeri, in cui ciascuno gioca a dir poco disinvoltamente. Il ministro francese degli interni Darmanin (un giovane leone che sembra punti a correre alle prossime presidenziali per succedere a Macron) dice che la Francia non può farsi carico di parte degli sbarcati a Lampedusa perché ha già accolto più dell’Italia: secondo Eurostat 93mila persone contro le 62mila presenti in Italia. Prontamente si accodano Germania ed Austria, ma anche tutti gli altri stati che evitano però di dirlo.
Facciamo qualche piccolo raffronto semplicemente preso da Internet ed è quello delle dimensioni. L’Italia secondo i dati ufficiali 2021 ha un territorio di 302.068 kmq, e 59,11 milioni di abitanti; la Francia occupa 551.695 kmq ed ha 67,75 milioni di abitanti; la Germania 357.592 kmq e 83,2 milioni di abitanti. Dunque i problemi non sono quelli della capienza per l’accoglienza.
Il problema è chiaramente quello del rapporto che ogni paese ha con le proprie opinioni pubbliche interne che sono poco disponibili a vedere incrementi nel numero di immigrati sul loro territorio. Del resto il Front National in Francia è forte, in grande crescita AfD in Germania e via elencando. Per scaricarsi la leggi tutto
L'equivoco culturale che sta rovinando l'autonomia scolastica
In un articolo comparso su Il Messaggero del 27/8 u.s., il presidente della Consob Giuseppe Vegas esordisce con un breve escursus storico che partendo dalla legge Casati del 1859 e passando attraverso la Costituzione Repubblicana del 1948 fino a giungere all’istituzione della Scuola media unica nel 1963 intende rendere ragione dei progressi che il sistema scolastico italiano ha registrato in tema di estensione a tutta la popolazione in età scolastica del diritto all’accesso agli studi e l’innalzamento dell’obbligo, come grandi conquiste sociali che hanno accompagnato la crescita del Paese. La sintesi è efficace: mancano tuttavia almeno la Riforma Gentile, i programmi della scuola elementare del 1955, la legge 820/1971 sul tempo pieno, i decreti delegati del 1974 (che compiranno 50 anni l’anno prossimo), la legge 517/1977 sul diritto allo studio e l’integrazione degli alunni disabili e con difficoltà, il DPR 275/1999 sulla cd autonomia scolastica. Per soffermarsi brevemente sui passaggi più significativi che ci hanno portato al presente. Non volendo scrivere un trattato sulla storia del sistema scolastico nazionale l’analisi di Vegas si sofferma tuttavia con particolare efficacia sulla crescente discrasia tra programmi scolastici e loro attualità, nonostante (e forse anzi a cagione) della crescente e pervasiva introduzione delle nuove tecnologie nelle metodologie dell’insegnamento-apprendimento, anche a motivo di una non corrispondente leggi tutto
È finita la luna di miele del governo
In queste ultime settimane il governo di Giorgia Meloni ha iniziato a perdere dei colpi. Sia in politica internazionale, un campo in cui aveva collezionato buone performance, sia in politica interna, dove da tempo non era andata così bene, si registrano difficoltà, ma soprattutto un certo raffreddamento nella considerazione di commentatori e analisti che pure fino a poco tempo fa avevano valutato positivamente il lavoro della attuale premier (e almeno di alcuni fra i suoi ministri).
La prova di Meloni e dei nostri governativi al G 20 in India non ha brillato, ma ad onor del vero in quel contesto era difficilissimo fare di più. Piuttosto ha suscitato molte giuste critiche l’attacco della premier al commissario europeo Gentiloni accusato di non fare gli interessi dell’Italia. Va detto che l’intervento seguiva a ruota quello, al solito sopra le righe, di Salvini che per primo aveva attaccato il commissario europeo all’economia bollandolo come un politico che non giocava con la maglia della nostra nazionale. Probabilmente Meloni, preoccupata delle iniziative del leader leghista per sottrarle voti con argomenti bassamente populisti, non ha voluto lasciargli il privilegio di essere l’unico a proporre argomenti da bar.
Ovviamente il più modesto dei consiglieri politico-diplomatici avrebbe fatto notare leggi tutto
Omicidi, prima i coltelli poi i palloncini. Qualcosa non va
Quando sento parlare della nostalgia del passato, dei tempi di una volta, sempre migliori e più rassicuranti e vivibili mi sovvengono le periferie delle città in crescita demografica, polverose e buie, le strade non asfaltate e piene di pozzanghere, i malandrini nascosti nei luoghi dello squallore e del degrado, stanziali o itineranti nelle campagne, dediti al brigantaggio, alle violenze, ai furti, agli omicidi e agli occultamenti dei cadaveri. Ogni tanto si scoprono fosse comuni di infanti e minori violentati e uccisi negli orfanotrofi o negli educandati, anche negli Stati ora definiti più evoluti e civili. Si può risalire alla notte dei tempi o girare l’urbe terracqueo alla ricerca di un posto o di un tempo felice ma si scopre che essendo la malvagità e la cattiveria una componente dell’animo umano la storia è sempre stata un mix altalenante di fatti e misfatti. Certo seguendo i media e frequentando i social si ha in questo periodo – manco a dirlo - impastato di criticità di ogni tipo (guerre, pandemia, catastrofi climatiche, migrazioni disperate ecc.) l’impressione di una montante escalation della violenza, trasversale ai target sociali, sempre più emergente tra i giovani, in special modo perpetrata verso le donne, con azioni criminali che si superano leggi tutto
Una contingenza difficile
Non è un momento facile per la politica italiana. Innanzitutto perché il bilancio dello stato non è messo bene: arrivano al pettine i nodi di politiche avventurose (bonus più o meno super dispensati alla leggera), la situazione economica dei nostri partner essenziali per le esportazioni non è buona (a cominciare dalla Germania), l’inflazione non è ancora sotto controllo né si capisce quando e come lo sarà. Tutto questo mentre ci sarebbe bisogno di interventi di sostegno al welfare: al di là del pur grave tema della povertà in espansione, c’è un sistema sanitario che funziona a macchie di leopardo (in piccola parte ottimo, in un’altra parte accettabile, in una grande porzione non funziona affatto) e c’è il tema del basso livello di troppi salari, in parte insufficienti per vivere adeguatamente, in parte comunque contratti tanto da non poter permettere la ripresa della domanda interna.
Sarebbe sbagliato sostenere che il governo non si renda conto della situazione: almeno una parte dei ministri (dalla premier a Giorgetti e a qualcun altro) ha davanti il quadro e se ne preoccupa. Che poi da questo riesca a trarre indicazioni su come uscirne, è un altro paio di maniche.
Come si è detto molte volte gli appetiti elettorali dei partiti, specie leggi tutto
Dalla partitocrazia all'oligocrazia
Il progresso sta allontanando i rappresentanti dai rappresentati. La disintermediazione sta trasformando il rapporto fra cittadini ed eletti in quello fra followers e leader. Durante la Prima Repubblica, fino alle prime Tribune politiche (1960) nessuno aveva mai potuto vedere un personaggio politico se non guardando le foto sui giornali o partecipando ai comizi. I partiti "entravano in casa", o quasi: avevano sezioni dovunque, erano presenti in alcuni casi persino sui posti di lavoro o comunque si facevano vivi attraverso associazioni di categoria o sindacati collaterali ai principali soggetti politici. Il rapporto fra leader e cittadini era dunque quasi "fisico", almeno per il primo ventennio della Repubblica, ma anche in seguito, fino alla metà degli anni Novanta, era ancora basato su una rete di contatti e di relazioni che passavano per strutture di partito (un po' meno per i comizi, perché la televisione cominciava a far conoscere meglio i leader, che iniziavano a partecipare negli anni '76-'80 - da "Bontà loro" in poi - ai primi talk show). Il numero degli iscritti ai partiti, sebbene in costante calo, restava a quote comunque ragguardevoli. Il crollo della Prima Repubblica ha - di fatto - portato allo smantellamento di questo sistema (tranne che per pochissimi partiti). leggi tutto
Adolescenti in balia della violenza, una questione sociale urgente
Abbiamo quasi esaurito il lessico delle esecrazioni utili per commentare le vicende di violenza di cui quotidianamente abbiamo notizia. Colpiscono la reiterazione dei fatti, lo scatenarsi delle pulsioni a sfondo sessuale fino allo stupro e i femminicidi, senza riguardo all’età, lo sfociare di queste azioni criminose e di sopraffazione in gesti di deliberato e predeterminato annientamento delle vite umane, l’associazione a delinquere di giovani e giovanissimi- molti ancora minorenni- il senso di impunità che spiega la ripetizione di questi fatti di cronaca.
I più recenti avvenimenti sono accaduti in questi giorni a Palermo e nel napoletano, ma veramente uno sovviene all’altro e rimuove dalla memoria quelli precedenti, è stata un’estate calda e distruttiva, come se un morbo inguaribile avesse soverchiato le regole del vivere civile: ma mettendo in fila tutti gli omicidi, i femminicidi, gli stupri solitari e di gruppo la linea del tempo ci porta molto indietro, contarli dall’inizio di ogni anno è solo un fatto statistico. Quando la violenza diventa inarrestabile deriva sociale, quando gli istinti e le pulsioni accecano la coscienza fino ad annullarla qualche interrogativo va posto. Che cosa sta succedendo in noi e intorno a noi? Certamente il coinvolgimento dei minori come attori di questa rimozione dei