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Il massacro dell'Ucraina, tra impliciti ed evidenze
Il 24 febbraio 2022 iniziava l’invasione su larga scala dell’Ucraina, definita eufemisticamente da Putin “operazione militare speciale”. Se quest’ultimo l’avesse presentata per ciò che realmente è, cioè una guerra, quello stesso giorno sarebbe stato smascherato in primis davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU facendone espellere la Federazione Russa –che ne è discutibilmente membro permanente con diritto di veto- per dichiarazione unilaterale di guerra. Nei salotti televisivi e domestici italiani, sui social media e da certa stampa negazionista la realtà è sempre stata posta in forma dubitativa, quasi come se quell’aggressione militare punitiva e vigliacca fosse in qualche modo stata provocata. Ciò che Putin confidava essere un ‘blitzkrieg’ che in tre giorni gli avrebbe consentito di prendere Kyiv defenestrando Zelensky, s’è rivelata essere l’operazione fallimentare speciale più insensata della Storia moderna. Tuttavia, sospinta da un forte antiamericanismo latente e da un filoputinismo implicito, quella pletora di pacifinti ha proseguito sui media compiacenti la più mendace e vergognosa campagna di mistificazione storica dei fatti. A sinistra si sono posizionati gli intellettuali più cogitanti, che con fare più o meno accondiscendente hanno invitato a comprendere le presunte ragioni dell’aggressore rispolverando immaginifiche realtà storiche inesistenti, annessioni volontarie che non ci sono mai state e violando il principio dell’autodeterminazione dei popoli. leggi tutto
Una Autonomia oltre i confini. De Gasperi e il primato del bene comune
Organizzato dalla Fondazione Trentina “Alcide De Gasperi” .si è tenuto a Pieve Tesino (TN) l’annuale Seminario di Studi sulla figura del grande Statista. L’autorevole relatrice incaricata di esporre la ventesima lectio degasperiana si è soffermata in modo magistrale sul significato del concetto di confine nella vita di De Gasperi, entro il tema dell’autonomia. Il senso di confine e quello di autonomia si sono intrecciati in una storia comune. De Gasperi non visse mail il confine come un muro da abbattere o un recinto entro cui serrare un hortus conclusus ma come linea di collegamento, una cerniera per unire. Rispetto ad un popolo che aspirava ad autogovernarsi è stata in lui centrale l’idea concreta dell’autonomia: non di quella astratta, parlata o ideologica ma di quella legata alle azioni politiche da compiere, per realizzare il buon governo, il bene comune, relazioni positive, la buona amministrazione, l’interesse generale. la pacifica convivenza. Non si rinvengono molte definizioni di autonomia negli scritti degasperiani. Uomo di confine accomunato ad altri grandi protagonisti che con lui hanno fatto l’Europa si misurò nelle situazioni in cui si trovò ad operare come uomo politico, facendo pratica costante in rapporto a situazioni di confine sempre decise altrove che traevano origine dalla storia dei popoli: leggi tutto
Piano con le parole
Un tempo l’estate era il momento del libero sfogo delle provocazioni politiche: li chiamavano “ballon d’essai” e si pensava servissero a buttare dei sassi nello stagno di un’estate in cui la gente, sotto l’ombrellone o sui monti, lasciava correre dando a quelle parole il peso inconsistente che avevano.
Non è più così, un po’ perché i periodi di ferie si sono ridotti anche per i politici, un po’ perché nella pubblica opinione le preoccupazioni per il futuro crescono: sia quelle dipendenti dalle angosce esagerate a cui indulge la comunicazione, sia quelle che nascono da analisi più serie su una contingenza che non si capisce ancora come potrà evolversi.
Proprio per questo sarebbe bene che i politici imparassero a misurare le parole in vista delle scadenze che ci attendono. Un esercizio certo non facile con la pressione dei talk show e con la convinzione che se non si sta costantemente sotto i riflettori non si guadagnano voti. Eppure, come si è visto più volte, il buttarsi in spericolati esercizi retorici porta poi a vedersi chiedere conto di quel che si è promesso e delle intemerate sui più diversi argomenti propalate a piene mani.
Sarebbe bene che tutti iniziassero a prendere in considerazione il fatto leggi tutto
Le regole realizzano e custodiscono i valori
Come diceva Georges Bernanos “non siamo noi che custodiamo le regole ma sono le regole che custodiscono noi”.
Dimentichiamo spesso – infatti – che il rispetto delle buone regole non costituisce solo un vincolo, magari fastidioso, a cui non possiamo sottrarci perché prevede obblighi e sanzioni ma anche una preziosa risorsa per essere gratificati da protezioni individuali e certezze sociali.
In un contesto esistenziale dove prevalgono la fragilità interiore e lo sbandamento emotivo ci accorgiamo quanto sia rassicurante poter contare sulla socializzazione dei valori.
Le tradizioni, le consuetudini, le istituzioni in cui la società si riconosce sono involucri che contengono la sedimentazione del pensiero e delle azioni, quello che resta dei vissuti, il deposito delle esperienze, la convenzione condivisa dei comportamenti che ci permette sia di vivere in una rete di relazioni che hanno un significato, in cui possiamo identificarci, sia di scambiarci messaggi reciprocamente comprensibili.
Il frettoloso elogio del cambiamento fine a sé stesso, oggi tante volte ricorrente nelle aspettative sociali e nelle aspirazioni individuali ma spesso imperativo categorico della globalizzazione e metafora perdente della progettualità, non può privarci della ineguagliabile, rassicurante condizione mentale di stabilità che ci deriva dalla certezza di possedere i punti di riferimento che ci siamo dati. leggi tutto
Elogio della moderazione
Nella società dei localismi e della globalizzazione, attraversata da contrasti, sovrapposizioni di identità, difetto di motivazione partecipativa ma caratterizzata da soggettività radicate e polarizzazioni “forti”, spetterebbe soprattutto alla politica il ruolo del dialogo, della mediazione e della ricomposizione.
Il condizionale è d’obbligo visto che proprio la politica è invece molto spesso il luogo della differenziazione, delle diaspore e della inconciliabilità.
La stessa parcellizzazione interna del quadro politico, così come si è configurata nella lunga deriva di riposizionamento ideologico successiva alla fine della cosiddetta “prima Repubblica” (e ai suoi immaginifici derivati: seconda, terza e persino quarta…), esprime un’evidente difficoltà di rappresentazione e aggregazione del contesto sociale di cui pure è espressione.
Una sorta di riproposizione in chiave sociologica della contrapposizione tra paese legale e paese reale, anche se la vocazione autentica della politica è quella di stabilire le regole per il governo della società. C’è un quadro d’insieme caratterizzato da instabilità, disaffezione, debolezza sistemica.
Dove sono finite le ideologie che hanno attraversato il secolo scorso consegnando il declino dei partiti al sistema bipolare?
Certamente molta parte della loro ragion d’essere si è spenta, oltre la crisi del sistema, in una società complessa dove la differenziazione ideologica non è più la chiave d’accesso, di lettura e di spiegazione dei leggi tutto
Demagogia Fiscale
La riproposizione da parte di Matteo Salvini dell’usurato slogan della pace fiscale ho suscitato un coro di critiche non solo da parte delle opposizioni, ma anche da ogni commentatore che non voglia svendersi all’adulazione della maggioranza in carica. Il leader della Lega è un demagogo sperimentato e quindi intuisce temi che gli consentono di allargare il suo spazio: non tanto conquistando elettori, quanto consolidando una sua posizione all’interno del blocco della destra-centro.
Nessuno dei tre partiti che lo compongono è alieno dal predicare il mantra di uno stato oppressore che succhia il sangue del povero contribuente: si tratta di un argomento classico, specie nel nostro paese abituato storicamente a considerare lo stato come un potere esterno ed estraneo. Se era relativamente comprensibile in epoche assai lontane in cui le tasse servivano più che altro a sostenere spese che magari una parte dei cittadini non rilevava come incisive nella sua vita (difesa, amministrazione, comunicazioni, ecc.), lo dovrebbe essere molto meno oggi quando prevale la domanda di servizi gratuiti (sanità, istruzione, previdenza), anzi questa si allarga a dismisura con continue richieste di accollare alle casse dello Stato e dei poteri locali la soddisfazione delle più diverse esigenze (dal ristoro nelle calamità, ai bonus, al leggi tutto
Droga e armi alimentano la violenza giovanile
La cronaca è ormai dominata da episodi di violenza agìta da giovani e giovanissimi con l’uso di armi. Contemporaneamente si allarga la diffusione di ogni tipo di droga senza limiti di target di ceto o di età, dal consumo allo spaccio, come epifenomeno di un cancro sociale radicato.
Tutti i casi sono emblematici e la loro crescita è stata esponenziale e drammatica.
Inoltre il connubio armi-droga è tanto devastante quanto pervasivo, c’è un nesso di causa effetto sull’azione violenta ma anche un rapporto di interesse economico che unisce i due fenomeni: a diversi livelli di incidenza con il denaro si vende la vita e si compra la morte.
Quali strategie sono necessarie per arrestare questo coinvolgimento?
Dalla più grande democrazia occidentale ai Paesi delle guerre la risposta è una sola: investire nella scuola, nell’istruzione, nell’educazione. Perseguire le vie della pace, della tolleranza, della legalità. Questo implica una radicale e profonda riflessione sulla modernizzazione dei sistemi scolastici, dagli investimenti sulla ricerca educativa, alle risorse umane e alle dotazioni organiche e strumentali di cui fornire gli istituti scolastici.
L’esponenziale disponibilità di armi usate dai giovani è alimentata da interessi commerciali, da consuetudini importate da altri Paesi ma ci sono tuttavia diversi indicatori che confermano una deriva leggi tutto
Giustizia: un nodo da sciogliere
Non dovrebbe essere vittima di una coazione a ripetere lo scontro del sistema giudiziario con il mondo politico: come hanno autorevolmente detto alcuni commentatori responsabili non giova a nessuna delle due parti e nuoce gravemente al paese. Tangentopoli non ha migliorato il nostro sistema, anzi lo ha inutilmente avvelenato. Andare oltre quella fase sarebbe un bene per tutti.
Il punto centrale è che bisogna superare una reciproca delegittimazione. Da un lato il sistema giudiziario è pesantemente gravato dall’accusa di essere in mano ad una corporazione che cerca di salvare le sue abitudini di lavoro e che cede non di rado alla volontà di guadagnare spazi usando a sproposito i suoi poteri inquisitori. Dal lato opposto il sistema politico è presentato come profondamente corrotto, una casta rinserrata nei propri fortilizi che vorrebbe porsi al di riparo dalle incursioni dei magistrati che puntano a costituirsi arbitrariamente come un tribunale di salute pubblica.
Non è certo difficile trovare casi che portino l’acqua al mulino tanto dell’una quanto dell’altra parte. Che però questo riguardi il funzionamento dell’intero sistema giudiziario e dell’intero sistema politico è sostanzialmente falso. Come sempre nell’uno e nell’altro campo tendono ad occupare gli spazi della comunicazione pubblica coloro che approfittano degli opposti stereotipi per consolidare il rispettivo potere. leggi tutto
Insidie metropolitane
Gli agglomerati urbani sono giganteschi contenitori di polveri sottili, reticoli senza identità, luoghi di addensamento e solitudine.
Ma sono anche affascinanti barnum di contaminazioni etniche, crocevia di incontri cosmopoliti, multiproprietà dei sentimenti condivisi, contesti di vita vera.
Qui uno spazio, pur minimo, quasi rubato, è pur sempre appannaggio di chi arriva primo: uno può sostare e osservare, passeggiare e indugiare, il palcoscenico è grande, ci sono tante comparse e non si paga il biglietto.
Nel suo genere ogni città sa ospitare democraticamente.
Le città e le metropoli assomigliano a enormi mantici che ogni giorno aspirano e soffiano i mille indistinti rivoli di varia e colorata umanità.
Uno esce al mattino ed è subito inghiottito da questi flussi che ondeggiano come serpenti ubriachi.
In città non ci si muove mai da soli.
È come se ci si sentisse trasportati da un invisibile tappeto volante con infinite code svolazzanti: tutti al bar, tutti, in autobus, tutti in metropolitana, tutti in coda.
Finché non si arriva alla meta – il luogo di lavoro, l’ambulatorio, la scuola, il negozio – si è come mescolati in un impasto di gambe che corrono, di mani che gesticolano, di voci che si coprono, di rumori che si sovrastano. leggi tutto
Centrosinistra: ripartire dai territori
I risultati delle ultime elezioni amministrative e regionali segnano una difficoltà del centrosinistra nel guadagnare posizioni. Per essere più precisi, nei capoluoghi di provincia la partita con la destra è finita male, tranne che in alcuni casi (come Vicenza) dove il candidato si connotava come civico e aperto alla società civile. Eppure, l'analisi della sconfitta fatta dal Pd - Molise compreso, dove l'abbraccio col M5s si è dimostrato come sempre letale - non è esaustiva. Sembra che, in fin dei conti, tutte le energie e le prospettive siano volte verso la "battaglia finale" delle europee del 2024, quando si voterà con la proporzionale. È come andare a giocare alla roulette e puntare tutta la posta su un singolo numero. Bisognerebbe invece considerare che i capoluoghi di provincia, le grandi città (anche le piccole e medie che non sono state ancora perse) e le poche regioni rimaste (Toscana, Emilia-Romagna, Campania e Puglia: al prossimo turno il Pd è certo di riconquistarle?) sono l'unico patrimonio di un partito in crisi di identità e di risultati. Quando il centrosinistra (anche prima della nascita del Pd) ha dovuto affrontare lunghe "traversate nel deserto", durante i governi di centrodestra guidati da Berlusconi, c'era una forte presenza sul territorio. Il controllo della stragrande maggioranza leggi tutto