Ultimo Aggiornamento:
16 marzo 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

La lezione inglese

Paolo Pombeni - 18.12.2019

Ci si interroga sul significato più generale che possiamo dare a quanto si è verificato nella tornata elettorale in Gran Bretagna. Iniziamo col dire che, complice il fatto che di problemi a casa nostra ne abbiamo in dose sufficiente, questa volta di interpretazioni degli eventi britannici che miravano a dare spiegazioni in sintonia con i desiderata italiani ce ne sono state poche. La nostra destra fa fatica ad assimilarsi al pur scoppiettante Boris Johnson. Va tenuto presente che appiattirsi su di lui avrebbe significato esprimersi in senso anti europeista, cosa che, almeno formalmente, nessuna delle tre forze politiche che la compongono vuole fare (la tesi ufficiale non è per l’uscita dalla UE, ma per la sua “radicale riforma”). Così non si è di fatto andati oltre un generico apprezzamento per il prevalere di un vento di destra.

L’incerto e confuso centro nostrano non aveva modo di trarre fasti auspici: i liberali britannici, che si poteva presumere avrebbero profittato della svolta a sinistra del Labour non hanno ottenuto da essa la spinta per un significativo salto di posizione.

La sinistra che aveva promosso Jeremy Corbyn ad idolo dei nuovi fasti del para-marxismo del XXI secolo ha dovuto registrare che aveva scambiato i suoi sogni leggi tutto

Divisi e senza meta

Paolo Pombeni - 04.12.2019

Come è uscita la maggioranza dalla corrida parlamentare sul Meccanismo Europeo di Stabilità? Come era da aspettarsi: divisa, senza una leadership riconosciuta, ma soprattutto senza una meta verso cui tendere sia pure muovendo lungo itinerari diversi. Del resto non c’era solo il MES come argomento di contrapposizione: la questione della prescrizione è un’altra non piccola pietra d’inciampo.

È poco utile ritornare su una valutazione appropriata del MES, che non è ovviamente un testo sacro, ma non è neppure quel meccanismo infernale immaginato per stritolare i risparmiatori italiani come vorrebbero far credere Salvini e Meloni. I temi da affrontare sono altri. Senz’altro quello, abbondantemente dibattuto sulla stampa e alla TV, di un provvedimento che è stato progettato quando al governo c’erano quelli che adesso gli sparano contro e che allora evidentemente si occupavano d’altro. Tuttavia va anche detto che gli stessi attuali sostenitori dell’impresa, a cominciare da Conte, non si può dire non abbiano avuto delle distrazioni nel lasciar passare qualche normativa ambigua.

Il fatto è che quando si negozia da posizioni di debolezza è difficile far ascoltare la propria voce: e quando il Conte 1 sedeva ai tavoli europei in cui si ragionava del “salva-stati”, i nostri rappresentanti non erano guardati con particolare considerazione positiva. leggi tutto

Confusamente avanti?

Paolo Pombeni - 27.11.2019

Della politica italiana non si sa più cosa dire. La destra tira dritto per una strada di imposizione della sua presenza, ma senza capacità propositiva. Berlusconi è sparito, perché quello che appare ogni tanto per amore della presenza televisiva è un suo zombie e i suoi uomini e donne non riescono a guadagnarsi una qualche rilevanza. Nella Lega ogni spazio deve essere lasciato a Salvini. Anche chi come Giorgetti avrebbe cose sensate da dire è relegato ai margini. La Meloni cerca di ricavarsi qualche visibilità, guadagna consensi, ma non propone nulla. Se si guarda questo panorama viene da chiedersi come faccia la destra a conservare le sue posizioni nei sondaggi.

Il fatto è che non è la destra ad essere forte, ma sono le alternative ad essa che sono particolarmente deboli. Obiettivamente si fa fatica ad individuare una qualsiasi proposta di visione da parte di Salvini e compagni che non sia semplicemente l’affermazione che la sinistra e M5S fanno tutto male e che loro farebbero molto meglio. Non dicono come, non mettono in chiaro un disegno di gestione delle nostre difficoltà, si limitano a ripetere che l’attuale maggioranza di governo è solo capace di mandare a rotoli il paese. Chi però continua credere che arriverà il leggi tutto

Il PD va a sinistra?

Paolo Pombeni - 20.11.2019

Sembra che il risultato della kermesse di Bologna sia stato uno spostamento a sinistra dell’asse identitario del PD. In verità l’impressione è che si tratti più di slogan che di riflessioni, anche se ci sono stati tre giorni di dibattiti e di tavoli di lavoro, di cui però sulla stampa e più in generale sui media è arrivato molto poco, al massimo qualche citazione degli interventi dei big o presunti tali. Perciò si parla di una accentuazione della collocazione a sinistra, perché così suonano gli slogan, specie alcuni, e perché così sostengono i giornali. Cosa poi voglia dire si vedrà.

Chi studia storia non può fare a meno di rilevare che lo spostarsi dei partiti di sinistra più a sinistra quando sono in difficoltà è una specie di riflesso di Pavlov. Basterebbe rileggersi la storia del Labour Party in Gran Bretagna per rendersene conto, ma anche per constatare che così facendo quel partito non ristabiliva le proprie sorti. Anzi ritornava al potere quando c’erano personaggi come Wilson o Blair che lo riportavano verso posizioni centriste. L’attuale esperienza di Corbyn è per esempio emblematica: almeno a stare ai sondaggi nonostante abbia di fronte un avversario assai poco attraente come Boris Johnson è circa 14 punti dietro il leggi tutto

I nodi al pettine

Paolo Pombeni - 13.11.2019

L’ex sottosegretario Giorgietti ha notato sornione che adesso anche il PD avrebbe capito cosa significa governare coi Cinque Stelle. Difficile dargli torto visto come si sta sviluppando la vicenda dell’Ilva, anche se bisogna aggiungere che l’irresponsabilità non alberga solo nelle fila pentastellate. Sta di fatto che quella vicenda sarà inevitabilmente il banco di prova della tenuta del governo: inutile pensare che possa andare diversamente.

Se si studia bene la tematica, e per farlo basta leggere l’ampia riflessione che il segretario della FIM-CISL Marco Bentivogli ha pubblicato lunedì 11 sul “Foglio”, si capisce quanto tutto non solo derivi da improvvisazione e mancanza di capacità manageriale, ma sia stato complicato da una politica incapace di tenere sotto controllo una situazione cruciale per la nostra economia, ma complicata da gestire. Il dramma è che questa impreparazione continua e non solo nelle fila grilline, perché una cultura antindustriale e succube di tutte le leggende metropolitane diffuse da un ambientalismo di maniera prospera anche nelle fila della sinistra. Così abbiamo risentito i ministri Boccia (uomo del governatore Emiliano, che di guai ne ha combinati parecchi) e Speranza rilanciare la tesi della decarbonizzazione, quando basta leggere il saggio di Bentivogli per capire che il tipo più pregiato di

  leggi tutto

Un paese in crisi profonda

Paolo Pombeni - 09.11.2019

Talora a mettere drammaticamente in chiaro situazioni ambigue intervengono fatti imprevisti: è esattamente quel che sta accadendo con la vicenda dell’Ilva. La disgraziata storia di questa grande fabbrica è stata ricostruita in abbondanza dai giornali e già nel ripercorrerla si legge il declino di un paese abituato a pasticciare coi problemi anziché ad affrontarli. Ma siccome il nostro motto nazionale è, come dice la canzone, “scurdammoce ‘o passato”, tutto si concentra sull’ultima puntata, cioè sulla decisione dell’ultimo prospettato compratore (per il momento affittuario), il colosso franco-indiano Arcelor-Mittal, di abbandonare il campo.

Si discute se la ragione addotta dall’azienda, la cancellazione del promesso “scudo legale” a tutela di chi farà l’azione di risanamento ambientale, sia davvero il motivo o sia una scusa per uscire da un’impresa che non si giudica più fattibile. Purtroppo sono vere entrambe le facce della medaglia, cioè da un lato è verosimile che Arcelor-Mittal abbia finito per giudicare quasi infattibile il recupero dell’Ilva, dall’altro lato a questa conclusione è giunta perché la vicenda dello scudo legale ha messo in luce tutti gli elementi che rendevano più che problematica la riconversione.

Giustamente è stato notato che ha complicato non poco il quadro la crisi indotta sul mercato internazionale dell’acciaio dalla guerra commerciale fra i leggi tutto

In ordine sparso

Paolo Pombeni - 06.11.2019

Dice l’on. Marattin, esperto economico di Renzi, di non capire tutto questo stupore per la intensa discussione sui provvedimenti da inserire nella manovra di bilancio: non è stato forse sempre così? A questa domanda, non sappiamo quanto ingenua, si possono dare due risposte banali, ma che non vanno nella direzione che l’esperto economico dei renziani sembra suggerire.

La prima è che effettivamente è da un pezzo che le leggi di bilancio si scrivono a colpi di sgambetti, interventi a favore di questa o quella lobby, inseguimento di questa o quella tendenza del dibattito sui media, peccato che i risultati che si sono accumulati manovra dopo manovra siano stati piuttosto deludenti, per non dire di peggio.

La seconda risposta è che c’è un tempo per ogni cosa e non tutti i tempi sono eguali. Quando le cose vanno bene, quando la maggioranza di governo è solida e ben guidata, le componenti della coalizione possono anche premettersi qualche scarto a lato, giusto per esibire con evidenza la propria presenza. Non ci sembra però che adesso il contorno sia quello appena descritto, sicché quando l’opposizione sembra avere buone chance di buttar giù il governo, i membri della coalizione al potere dovrebbero capire che hanno tutto l’interesse a serrare leggi tutto

I nodi al pettine

Paolo Pombeni - 30.10.2019

Discutere se il voto in Umbria abbia o no valenza nazionale è una disputa accademica: non dipende da quel voto in sé, ma da quanto ne scaturirà. Il problema è la tenuta del quadro politico che si è tentato di costruire dopo il dissolversi dell’alleanza gialloverde: se questo riesce a ritrovare le ragioni del nuovo assetto e si consolida il voto umbro verrà considerato un segnale di pericolo a cui è eseguita una pronta reazione; se quel quadro va a pezzi lo si considererà il primo passo verso un nuovo assetto stabile della politica italiana.

Al di là di quel che viene detto a favore di telecamere e taccuini dei cronisti, più o meno tutti sono consapevoli di questa banale verità. Il dibattito che si svolge fuori della luce dei riflettori riguarda infatti il tema di come si deve andare avanti “dopo” quel che ha rilevato il voto regionale del 27 ottobre. Ne discutono tanto i perdenti, cioè M5S e per converso il PD, quanto i vincitori, cioè in primis Salvini, ma anche Berlusconi e la Meloni.

La debacle a Cinque Stelle che si è registrata mostra, se si vuole guardare le cose con un certo realismo, la crisi profonda in cui versa un agglomerato di leggi tutto

Obbligati all’accordo, refrattari all’intesa

Paolo Pombeni - 23.10.2019

Dunque un’altra puntata della telenovela sulla manovra sembra essersi conclusa. Rinvia alla prossima puntata, questa volta invece che con la formula “salvo intese” con quella di rimandare il perfezionamento delle norme al passaggio parlamentare: una scelta pericolosa, visto come vanno le cose alle Camere, ma soprattutto sottoposta alla valutazione di quel che uscirà domenica 27 ottobre dalle urne dell’Umbria.

Perché il vero nodo della questione è tutto lì. È in quell’esito che si verificheranno più elementi: se tiene la coalizione PD-M5S o se Salvini straborda; come i Cinque Stelle usciranno dalla partita, perché se non ne uscissero bene l’era Di Maio sarebbe al tramonto; come il PD dimostrerà o meno di avere superato la sua doppia crisi, quella di lungo corso dopo il marzo 2018 e quella subita a breve con la scissione di Renzi. Il dibattito parlamentare sul passaggio della legge di bilancio si svolgerà avendo davanti i risultati dell’Umbria che proietteranno la loro ombra sul confronto previsto in gennaio in Emilia Romagna e Calabria: inutile girarci intorno.

Per ora la maggioranza è obbligata a trovare l’accordo, perché una crisi di governo in piena sessione di bilancio è impensabile. Inoltre annunciarla di fatto alla vigilia della prova del 27 ottobre sarebbe leggi tutto

Governare è decidere e scegliere

Paolo Pombeni - 16.10.2019

Che la scrittura della legge di bilancio sia un passaggio complicato lo sanno tutti: è sempre stato così da metà Ottocento ad oggi e non solo in Italia, ma ovunque si sia avuto un sistema di libera concorrenza fra partiti. Quando poi ci sono governi di coalizione, i problemi sono anche più complicati. Quel che stupisce dunque di questa fase della nostra politica non sono le difficoltà di trovare una sintesi fra le richieste dei quattro partiti al governo, ma piuttosto che non si siano prese da subito misure per contenere le tensioni.

In fondo la coalizione gialloverde era stata più furba, premurandosi di mettere a base del suo accordo un simulacro di “contratto” in cui ciascun contraente si garantiva che l’altro lo avrebbe supportato nel raggiungere certi obiettivi (poi non ha funzionato tanto, ma questa è un’altra storia). È vero che per arrivare a quella conclusione allora c’era stato più tempo, mentre la crisi di agosto ha costretto i partiti a chiudere in fretta senza predisporre alcun programma comune degno di questo nome. Tuttavia adesso i nodi del mancato accordo di quadro stanno venendo al pettine.

Ogni componente ha due problemi da risolvere: farsi vedere il più possibile (perché ci sono un leggi tutto