La democrazia è un meccanismo delicato
C’è troppa disinvoltura da parte del governo nell’affrontare la reazione alla pandemia. Che sia un problema grave e complicato nessuno ne dubita. Che questo autorizzi a manomettere il delicato equilibrio di un sistema costituzionale non può essere accettato. Eppure sta avvenendo, per quanto ci sia poco interesse per il tema.
L’avvio della cosiddetta fase 2 ha posto drammaticamente in evidenza la scarsa o nulla sensibilità di Conte e dei suoi ministri per questi aspetti. Dopo avere pazientemente sopportato 45 giorni di sospensione delle libertà individuali per fronteggiare un’emergenza oscura i cui contorni non erano noti, la situazione dovrebbe essere maturata: adesso qualcosa di più si sa, e soprattutto si è giunti alla conclusione che almeno per un tempo non breve dovremo convivere con questo virus in circolazione. Il che significa che bisogna riflettere su come lo si deve fare senza ledere i diritti fondamentali delle persone, che non possono essere sospesi senza un adeguato inquadramento giuridico-costituzionale.
Questa valutazione non spetta alla selva di epidemiologi, virologi, medici che intasano task force, comitati e talk show. A loro spetta stabilire, se ne sono capaci, come si diagnostica il virus, come lo si cura, cosa si può individualmente e socialmente fare per prevenirlo nei limiti consentiti da una convivenza in un contesto democratico. Valutare come sopperire a tutte queste necessità è compito del sistema politico-costituzionale e non può essere delegato e tantomeno appaltato ad altri.
Vogliamo ricordare che il sistema politico-costituzionale è di natura rappresentativa? Ciò significa che per essere legittime le decisioni vanno prese da meccanismi che derivano i loro poteri da una investitura da parte del popolo, cioè da un sistema elettorale. In parole povere vuol dire che la rappresentanza della nazione risiede nel parlamento, che è il detentore del potere legislativo. Il governo agisce nell’ambito del parlamento e la sua capacità di dettare norme è regolata da quel rapporto e da quel controllo.
Possiamo dire che nella fase attuale ci si sta muovendo in questo quadro? Purtroppo no. Il governo ha agito principalmente con lo strumento dei “decreti del presidente del consiglio” (DPCM), atti di natura amministrativa che dovrebbero servire più che altro per attuare principi e strumenti già previsti da norme di carattere legislativo. Praticamente Conte, i suoi ministri, e financo i capi di qualche struttura amministrativa (Protezione Civile, Commissariati), hanno continuato a gestire l’emergenza pandemica con atti amministrativi. Sono passati attraverso le Camere solo per provvedimenti che , incidendo sul bilancio dello stato e sulle capacità di spesa, non potevano proprio essere assunti in altro modo. E sorvoliamo sul fatto che il governo attuale non ha neppure lontanamente una qualche investitura di tipo elettorale, come fu, solo per fare due esempi provocatori, per Prodi e per Berlusconi che furono in sostanza candidati premier a delle elezioni.
Ora se limitare per atto amministrativo le libertà fondamentali dei cittadini, come quelle di movimento e di culto, era ammissibile in un frangente di estrema emergenza, non è accettabile pensare che questi frangenti durino per 45 e più giorni, diventando sempre più eccezionali tanto che non li possa ricondurre ad un quadro legislativo normale. Si tenga presente che il sistema dei decreti legge, certo non ignoto ai nostri governanti (se ne è usato ed abusato in modo massiccio), consente una immediata entrata in vigore delle normative, salvo poi la ratifica nei tempi dovuti.
Cosa impediva di introdurre almeno una legge quadro che stabilisse un perimetro all’esercizio dei poteri di intervento sui diritti fondamentali, un meccanismo di controllo e di garanzie per quell’esercizio, dei limiti temporali per circoscrivere gli scostamenti consentiti rispetto agli strumenti normali? I cinici ce lo spiegano in un minuto: il governo attuale non è in grado né di predisporre un testo tanto impegnativo, né di farlo passare nell’attuale parlamento che certo non vive in condizioni di splendore.
Tuttavia questo non è sufficiente per giustificare un appannamento (e speriamo non sia di peggio) del nostro sistema di equilibri costituzionali. Preoccupa molto la scarsa sensibilità che circola su questo andazzo, se si eccettua qualche voce molto autorevole che non cessa di richiamare la delicatezza della situazione (onore a Sabino Cassese che instancabilmente tiene viva con la sua grande scienza l’attenzione sul tema). Ovviamente notiamo in giro una certa preoccupazione di non dare sostegno al populismo demagogico della destra: Salvini e Meloni come campioni del costituzionalismo non sono proprio il massimo. Certo va aggiunto che c’è scarsa riflessione su cosa starebbe succedendo nei media se a governare la pandemia e a limitare le libertà fosse stato il Conte 1 con Salvini ministro dell’interno.
C’è da sperare che si trovi presto il modo di ristabilire l’equilibrio costituzionale incrinato. Non farlo sarebbe molto pericoloso, perché altrimenti quanto si è fatto in questa fase rimarrà un precedente a cui appellarsi. Non ci si nasconda dietro l’illusione che potrebbe accadere solo in presenza di emergenze future altrettanto gravi: la storia ci insegna che le emergenze non sono così difficili da creare artificialmente con un uso accorto della demagogia.
Non sappiamo come il nostro sistema politico uscirà da questa vicenda della pandemia e quale equilibrio politico si instaurerà sulle sue rovine. Sarebbe bene essere coscienti dei rischi e metterci riparo adesso in una situazione ancora tutto sommato gestibile.
di Paolo Pombeni
di Giovanni Bernardini
di Alessandro Micocci *