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La crisi europea sui media cinesi

Laura De Giorgi * - 10.01.2015
UE e RPC

Il 2 aprile 2014 il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese (RPC) ha pubblicato il suo secondo policy paper sulla relazioni fra Cina e Unione Europea (UE), definite come  “the world's most representative emerging economy and group of developed countries respectively”.

Il documento delinea la futura direzione di sviluppo per la partnership strategica fra Cina ed Europa, avendo sullo sfondo due elementi: da un lato la crisi economica e del debito sovrano di alcuni Stati dell’Unione, e dall’altro l’ascesa della RPC a seconda economia mondiale, che si è accompagnata alla nuova strategia di go global delle imprese cinesi. A proposito delle difficoltà europee, il documento cinese evidenzia come in questi anni sia emersa inevitabilmente la necessità di procedere a riforme strutturali indirizzate a favorire una maggiore integrazione economica, fiscale, finanziaria e politica.

A giudicare dal documento, agli occhi della dirigenza cinese le difficoltà dell’Unione Europea non ne hanno diminuito l’importanza come global player in ambito economico e partner politico imprescindibile per la costruzione di un mondo  multipolare. Tuttavia, l’impatto della crisi sulle relazioni fra Cina ed Europa e sulla strategia cinese rispetto alla UE è stato inevitabile, e costituisce da alcuni anni un tema di riflessione e indagine per gli analisti di entrambe le parti.

L’Unione Europea è, in effetti, il secondo partner commerciale della Repubblica Popolare Cinese: il volume del traffico commerciale fra UE e RPC è stato calcolato nell’ordine di un miliardo di euro al giorno mentre la Cina è il principale fornitore di beni di consumo e beni intermedi per le industrie europee, come dimostrato dal deficit commerciale europeo nei confronti della RPC. Al tempo stesso il mercato cinese, a prescindere dai persistenti limiti in ingresso, si sta rivelando quello di maggior crescita per le imprese del Vecchio Continente. Il processo di costruzione europea, inoltre, è stato studiato con interesse da parte cinese in quanto modello di integrazione regionale. Non è un caso che in Cina la visibilità mediatica dell’Europa sia più elevata rispetto a quanto lo sia in altri paesi asiatici. Tuttavia la situazione europea è, in genere, vista in primo luogo attraverso la lente dell’economia, e le relazioni fra Unione Europea e Cina sono delineate, coerentemente con la tradizionale tendenza cinese a privilegiare i rapporti bilaterali, soprattutto attraverso l’informazione su quelle con singoli Stati: con il risultato che il ritratto complessivo dell’Europa sui media cinesi è in gran parte frammentario e parziale, dato che tende a rispecchiare soprattutto l’articolarsi delle relazioni fra Cina e Germania, fra Cina e Francia e fra Cina e Gran Bretagna. Non può sorprendere che l’Unione Europea sia percepita sul piano politico come un partner strategicamente meno rilevante per la Cina rispetto a Stati Uniti e vicini asiatici.

La crisi economica e le sue ripercussioni politiche hanno certamente inciso sull’immagine e sulla percezione dell’Europa, e soprattutto dell’Unione Europea, in Cina. Nei fatti, la crisi europea è stata, in modo più meno esplicito, letta soprattutto in rapporto e in funzione delle possibili o reali conseguenze sulla crescita economia cinese. Sui principali media, il cui editore di riferimento è il Partito Comunista Cinese, lo spazio dedicato all’informazione sull’Europa è cresciuto in modo evidente, anche se è rimasto sempre molto inferiore rispetto a quanto dedicato ad altra aree. Questa maggiore attenzione si è accompagnata, nondimeno, a un più marcato scetticismo riguardo alla capacità della UE nel suo insieme di riprendere competitività e di fronteggiare le possibili ricadute della crisi del debito sovrano degli Stati dell’Europa meridionale sulla tenuta del sistema europeo e dell’euro. Questo scetticismo non è stato immediatamente evidente. Una recente indagine svolta da due ricercatori cinesi sull’immagine della EU in Cina dopo lo scoppio della crisi sul debito (Suet-Yi Lai,  Li Zhang, Challenging the EU’s Economic Roles? The Impact of the Eurozone Crisis on EU Images in China, Baltic Journal of European Studies, 3, 3, 2013) sui principali media cinesi giunge a conclusioni interessanti, che tuttavia vanno viste anche alla luce della strategia comunicativa ufficiale degli organi d’informazione presi in esame dai due ricercatori.  Da un lato, infatti, essi sottolineano come in Cina la recessione europea, nonostante le possibili ripercussioni possa avere anche sulla crescita economica cinese in termini di diminuzione dello scambio commerciale e degli investimenti europei in Cina, sia stata per lungo tempo in gran parte inquadrata essenzialmente come un problema interno all’Unione. Dall’altro, essi rilevano come i media cinesi abbiano soprattutto puntato a mettere in enfasi il ruolo della Cina come attore di crescente importanza nell’aiutare le economie europee a uscire dalle difficoltà. Cosa che è in effetti avvenuta in particolare attraverso  un aumento degli investimenti cinesi nei settori energetici e manifatturieri europei. Secondo una ricerca commissionata dal Parlamento Europeo, nel 2012 gli IDE cinesi in Europa hanno costituito solo lo 0,7% degli investimenti esteri in Europa, ma quello che colpisce è la rapida crescita che si è registrata dopo il 2009, quando la crisi del debito ha reso sempre più attrattivi gli investimenti in questa zona per le imprese cinesi: dati destinati ad aumentare negli anni successivi, come anche di recente la stampa italiana ha dato conto.

Infine, con l’evolversi della crisi sempre più spazio è stato dedicato all’informazione a carattere economico, mentre altre dimensioni importanti  per la partnership strategica sino-europea, da quello politico e quello scientifico, sociale e di protezione ambientale, sono state messe in secondo piano.

Dal 2012 in poi, nondimeno, crescenti dubbi della Cina sulla capacità dell’Unione di rispondere alla crisi in modo efficace sono suggeriti dall’aumento delle notizie negative rispetto all’Eurozona. Nel 2012, il quotidiano in lingua inglese China Daily, nella sua versione on-line, ha dedicato una pagina alla situazione europea, significativamente intitolata “The pinch of the Euro’s debt crisis”, pur sottolineando gli sforzi cinesi a sostegno dei paesi in difficoltà e dell’euro. Come oramai usuale su gran parte dei media cinesi, vi era anche incluso un sondaggio fra gli utenti per rilevare l’opinione rispetto alla tenuta della moneta unica. Quasi la metà dei lettori che vi hanno partecipato si diceva convinta che la crisi del debito avrebbe finito con il distruggere il sistema dell’Eurozona. Sulla stessa scia, un’intera sezione è stata dedicata alle opinioni di esperti economici cinesi sull’impatto sull’economia della RPC di una possibile uscita della Grecia dall’Euro, tutte concordi a esprimere che i veri rischi, anche per la Cina, potrebbero nascere più da una possibile uscita dalla moneta unica di altre economie dell’Europa meridionale, quali l’Italia e la Spagna, e che per la Cina è in ogni caso necessario rivedere  la strategia economica cinese, diminuendo la dipendenza dall’export e dagli investimenti esteri. Gli analisti accademici, a loro volta, concordano come la prima causa della crisi sia da identificarsi sul piano politico e strutturale nell’impossibilità di accordare la moneta unica con la frammentarietà e diversità dei sistemi fiscali e finanziari dei vari Stati che compongono l’Unione.

Non più modello di integrazione economica, la fotografia dell’Unione Europea in Cina sembra in ogni caso destinata a restare dominata dal grigio dell’incertezza e dell’instabilità. Al di là dell’attenzione dedicata specificatamente al suo significato per l’Europa, per l’economia globale e per la Cina, il ritratto della crisi europea passa, almeno in parte, anche dalle cronache. Per quanto più rari rispetto all’informazione politica ed economia, alcuni articoli suggeriscono l’impatto delle difficoltà economiche sulla società europea, minando quell’immagine dell’Europa come potenza economica dominante fino a pochi anni fa. La crisi del welfare e le future difficoltà del sistema pensionistico a causa dell’invecchiamento della popolazione, la disoccupazione, la crisi dei consumi, tanto quanto la necessità di rilanciarli, sono parte dell’immagine. Proprio qualche giorno fa, all’inizio del 2015, un reportage del corrispondente cinese nell’Europa settentrionale ha raccontato ai lettori dell’organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, il Quotidiano del Popolo, come la lunga crisi economica stia ridisegnando lo stile di vita e i consumi europei, facendo il caso di Belgio e Olanda, dove a causa della crisi, gli acquisti di abbigliamento sono esclusivamente orientati al low-cost, e gli Europei stiano inevitabilmente riscoprendo la sobrietà e il risparmio. “A causa della crisi economica, sempre più Europei stanno imparando a vivere in modo frugale”, commenta il giornalista. Difficile dire quanto questa visione sia consolidata per l’opinione pubblica cinese, che in realtà è relativamente interessata a quanto avviene dall’altra parte del continente eurasiatico, se non per le dirette implicazioni che possono esserci per la Cina. La descrizione delle difficoltà dell’Europa serve soprattutto a raccontare al pubblico l’ascesa globale del “leone” cinese, o a ricordare che, per proseguire con la crescita, anche nella RPC sarà necessario portare avanti nuove riforme.  

 

 

 

 

 

 

* Professore Associato presso l'Università "Ca' Foscari" di Venezia, dove insegna Storia della Cina".