Ultimo Aggiornamento:
10 maggio 2025
Iscriviti al nostro Feed RSS

Il mito della politica radicalizzata

Paolo Pombeni - 24.01.2024

Sarà per la battaglia elettorale ormai avviata a tutta forza, sarà per l’avvento al potere di nuove generazioni politiche allevate più al movimentismo che alla ricerca di soluzioni da proporre e governare, sta di fatto che ogni giorno che passa cresce la radicalizzazione della comunicazione di partito.

Scriviamo della comunicazione e non necessariamente della politica in sé, perché abbiamo l’impressione che siamo di fronte più ad un universo retorico che non ad un contesto in cui si faccia azione di governo, vuoi come maggioranza, vuoi come opposizione. Il messaggio che si cerca di far passare per tenere compatte le proprie schiere è che siamo ormai in una lotta finale fra il bene e il male e dunque non c’è spazio se non per un confronto che non ammette punti di sintesi e di incontro.

Per la verità, accanto a questo teatro politico c’è ancora nei meandri dei contatti più o meno riservati qualche spazio in cui si cerca di uscire dalle sceneggiate da talk show (per inciso: vi siete accorti che anche quelle sedi diventano sempre più palcoscenici per duelli senza alcun interesse a dare agli spettatori strumenti per valutazioni equilibrate?). Non stupisce dunque che la grande attesa dei media non leggi tutto

Una politica senza memoria

Paolo Pombeni - 17.01.2024

Mentre le crisi nel mondo diventano sempre più incombenti (dalla guerra fra Israele e Hamas con tutti i vari coinvolgimenti, alla situazione dell’Ucraina dove quel paese rischia di non avere più gli strumenti per contenere l’espansionismo russo), la politica italiana è ingessata su questioni veramente di poco conto: come spartirsi le candidature (a destra come a sinistra), se avere o no il grande duello Meloni-Schlein, come continuare nel giochino della contrapposizione fra chi si dichiara antifascista e chi evade la domanda giusto per non dare soddisfazione all’avversario.

Quest’ultima rappresentazione di maniera è fatta passare per una questione di mantenimento della memoria. Sarà, ma temiamo che questo paese la memoria corta ce l’abbia strutturalmente e non solo per eventi che peraltro hanno già avuto la loro condanna definitiva dalla storia. Ci colpisce molto di più che non si riesca ad affrontare la memoria delle radici di molti fallimenti con cui dobbiamo fare i conti.

Tanto per dire, non si capisce perché dobbiamo spendere energie in una inchiesta parlamentare sulla gestione dell’epidemia di Covid-19 (o meglio lo capiamo benissimo: solo per farne una zuffa politica senza capo né coda), mentre su una autentica tragedia che incombe sull’equilibrio del nostro paese, come è quella del futuro

  leggi tutto

La partita che si giocherà in Europa

Paolo Pombeni - 10.01.2024

L’attenzione verso la politica si concentra su aspetti certo non marginali, ma non per questo decisivi: molta eccitazione per il previsto duello televisivo Schlein-Meloni (spettacolo più che altro), conflitto interno alla maggioranza sulle candidature alle regionali in Sardegna (ma qualcosa di non troppo diverso c’è anche a sinistra), polemichette varie su parlamentari pistoleri, manifestazioni neofasciste, inchieste per corruzione. Eppure la questione fondamentale per il nostro futuro si colloca in Europa e su questo, almeno pubblicamente, l’interesse sembra scarso.

La tornata di elezioni per il parlamento della UE che si terrà il 9 giugno è vissuta dalla nostra classe politica come una specie di grande sondaggio certificato: l’obiettivo è testare quanto consenso avrà ciascun partito e magari anche ciascun leader. Della quota di elettorato che non si pronuncia nei sondaggi, circa il 40%, ci si preoccupa poco, nonostante che visto quel che è successo nelle precedenti tornate elettorali ci sia da aspettarsi una quota anche maggiore di astensionismo. Temiamo che in fondo i politici non vogliano impegnarsi più di tanto a risvegliarlo, per la semplice ragione che nessuno sa in quali direzioni si orienterebbe (ovviamente in pubblico ogni partito sostiene che il ritorno in campo degli astenuti farebbe crescere il suo bottino elettorale, ma sono parole al vento). leggi tutto

Un 2024 da affrontare ad occhi aperti

Paolo Pombeni - 03.01.2024

Il tradizionale discorso di fine anno del Presidente della Repubblica costituisce ormai un’occasione chiave per valutare la pedagogia politica che intende svolgere il Quirinale. Mattarella si attiene a questa consolidata tradizione e lo fa, come è ovvio, con il suo stile e il suo linguaggio. Parla alla gente perché usa parole ben comprensibili e un fraseggio che si può seguire senza fatica in una serata particolare come è quella di San Silvestro. Al tempo stesso manda dei messaggi alle classi dirigenti, che non sono solo quelle politiche e parlamentari, perché è ben consapevole che la formazione dell’opinione pubblica dipende dall’azione del complesso dei media che trasmettono informazioni, riflessioni, e non di rado anche manipolazioni.

È stato la costruzione di un comune sentire ciò che ha fatto da filo conduttore ad un discorso che ha voluto fare perno su due polarità: non tacere sul momento difficile, persino drammatico in cui ci tocca vivere, proclamare con la consapevolezza di questo che la speranza è possibile ed è affidata a tutti, ma in particolare alle giovani generazioni.

Certamente Mattarella si è fatto carico di presentare un catalogo il più ampio e articolato possibile dei problemi chiave che il paese, ma più in generale il nostro mondo ha davanti a sé. leggi tutto

Bipolarismo? Si fa per dire …

Paolo Pombeni - 20.12.2023

L’idea che la politica si fondi su una contrapposizione secca destra/sinistra è una costante nella storia politica europea dall’Ottocento in avanti. La sua incarnazione esemplare doveva essere il confronto fra due partiti come si riteneva fosse avvenuto nel mitico modello inglese del XIX secolo, ma proprio dal secolo successivo anche lì le cose si erano complicate perché era arrivato il partito laburista e il confronto non era più stato rigidamente a due. Si era ripiegato sulla sublimazione del modello statunitense, ma anche questo caso sarebbe un po’ complicato inquadrare rigidamente repubblicani e democratici in uno schematico confronto destra/sinistra.

In Italia, visto che il bipartitismo non è mai esistito se non come qualcosa di “imperfetto” secondo la brillante definizione di Giorgio Galli nel 1966, ce la siamo cavata con la mitizzazione del “bipolarismo”, la banale semplificazione per cui sarebbe sempre esistito un polo di destra (conservatore?) ed uno di sinistra (progressista? riformista?), con buona pace della DC che si teneva dentro l’uno e l’altro e nella sua azione pencolava fra i due. Naturalmente se vogliamo farla facile possiamo anche accettare la banalizzazione per cui in politica coesistono sempre le due componenti di chi vuol più o meno tenersi le cose come stanno e di leggi tutto

L’eterno problema delle coalizioni

Paolo Pombeni - 13.12.2023

Una volta si pensava che fosse una questione solo italiana, almeno fra gli stati più rilevanti, perché Gran Bretagna, USA, la stessa Repubblica Federale Tedesca fino agli anni Ottanta avevano sistemi sostanzialmente bipolari. La Francia aveva ottenuto quel risultato col semipresidenzialismo. Perciò chi vinceva le elezioni non doveva misurarsi più di tanto con coalizioni di partito, al massimo con fibrillazioni interne che però venivano contenute dal prevalere di un partito chiave.

In Italia non è mai stato così. Anche quando la DC aveva percentuali rilevanti intorno al 35% il suo obbligo a fare coalizioni la metteva sotto il ricatto dei suoi alleati, i quali poi abilmente giocavano sulle lotte interne fra le sue correnti per metterne in crisi il ruolo centrale. La tradizione, se vogliamo chiamarla così, non si è mai interrotta. Dopo il crollo dei partiti storici della prima repubblica abbiamo avuto coalizioni di vario tipo, ma sempre sottoposte al problema di dover tenere insieme componenti non esattamente fraterne nei loro rapporti reciproci. Così è stato per le formazioni di centrodestra federate da Berlusconi, peggio ancora per quelle di centrosinistra federate da Romano Prodi. Non parliamo delle coalizioni che non avevano alla testa personaggi di quel calibro.

La situazione si ripropone oggi con leggi tutto

La discriminante europea

Paolo Pombeni - 06.12.2023

Giorgia Meloni è sempre più attesa al varco delle elezioni europee: ci saranno fra sei mesi, ma la battaglia, come tutti ripetono, è già cominciata e non certo in sordina. Non è soltanto questione di sparate da comizianti, tipo quella organizzata da Matteo Salvini a Firenze domenica scorsa. Quella è roba per far un po’ di spettacolo televisivo, neppure riuscita veramente bene, visto che metteva insieme di tutto e di più: da partiti robusti, per quanto poco attraenti come quelli di Marine Le Pen e di Geert Wilders (per tacere della impresentabile tedesca AfD) a partitelli insignificanti che propugnavano teorie che non si sa definire folkloristiche o pazzoidi. Non è da ammucchiate di quel genere che ci si può aspettare una svolta in Europa.

Il tema chiave è il ruolo che il governo italiano e il suo vertice possono scegliere di giocare oggi in una Unione Europea percorsa da tensioni e fratture. Lo si vedrà ben prima della scadenza elettorale del giugno 2024, perché è in questi mesi che si affrontano alcuni nodi cruciali, il primo dei quali è indubbiamente la decisione sul sistema di bilancio che si sceglie per la UE post pandemia. Come si sa, il tema è molto dibattuto, perché non si trova l’accordo fra la difesa leggi tutto

Una fine d’anno impegnativa

Paolo Pombeni - 29.11.2023

Da vari punti di vista l’attuale congiuntura complessiva non va male per il governo. Certo la sua propaganda gonfia un poco i dati, ma fa parte del gioco. Prendete la vicenda del PNRR. Abbiamo ottenuto le revisioni richieste, le tranche arriveranno, non sono alle viste conflitti con Bruxelles. È il frutto senz’altro di un lavoro abile del ministro Fitto e dei vari uffici ministeriali (è un po’ deprimente che nessuno riconosco il lavoro positivo di una parte almeno della burocrazia pubblica, mentre quasi tutti sono pronti a darle addosso per indubbie inefficienze di altre componenti).

I risultati positivi sono stati però agevolati da una sorta di … mal comune. Praticamente tutti gli stati che hanno avuto finanziamenti hanno rinegoziato piani che erano stati preparati non solo con una certa fretta, ma anche in fasi diverse da quelle che si sono succedute dalla pandemia in poi, per cui diventava difficile per gli uffici della Commissione UE mettersi a fare i severi maestrini. In più in fase ormai pre-elettorale, con scossoni non proprio insignificanti all’interno di vari stati membri, sarebbe stato autolesionista mettersi a fare i rigoristi con il governo italiano, il quale, al contrario delle aspettative, si è mostrato consapevole del quadro complessivo in cui doveva muoversi. leggi tutto

Nelle spire della radicalizzazione

Paolo Pombeni - 22.11.2023

Nonostante l’orribile tragedia della giovane Giulia brutalmente assassinata dal suo ex fidanzato abbia per un po’ oscurato il chiacchiericcio politico, la corsa alla radicalizzazione del quadro politico non accenna a fermarsi. Al di là di frasi di rito, tipo quelle sul confronto che si fa in parlamento (impresa piuttosto complicata di questi tempi), è una gara a strumentalizzare ogni evento.

Le agenzie di rating non bocciano drasticamente la politica economica del nostro paese? Anziché notare che gli economisti che conoscono il mestiere l’avevano già previsto, pur notando che questo non significa che navighiamo in splendide acque (leggersi le analisi dell’ottimo Carlo Cottarelli), ci si precipita da una parte ad affermare che il mondo ci ammira e dall’altra che stiamo andando a sbattere. Così si lascia campo libero alle velleità di chi vuol distribuire ancora qualche mancetta, mentre le cosiddette “contromanovre” sembrano, perché non le abbiamo ancora viste, orientate all’eterno sogno di allargare la spesa pubblica, che è proprio quello che si deve evitare.

C’è un problema di percezione di insicurezza nella gestione dell’ordine pubblico: gli uni sfornano nuovi reati da colpire con pene severe, gli altri denunciano politiche repressive che sarebbero senza senso. Ben pochi si pongono il tema del perché molti leggi tutto

Torna la questione sindacale

Paolo Pombeni - 15.11.2023

In questo paese che non riesce a liberarsi dal meccanismo dell’eterno ritorno stiamo marciando all’indietro verso la querelle che infiammò l’origine della nostra repubblica: il tema dello sciopero politico. La frattura fra la CGIL di Landini, che si è annessa in qualche modo una UIL sempre più debole, e la CISL di Sbarra è un fenomeno che meriterebbe più attenzione di quella che le destina la solita polemica di basso profilo che si incarica di aprire un Salvini disposto a tutto pur di tenere in qualche modo la scena.

Se nella prima fase della nostra repubblica il conflitto era tra un sindacato che era chiaramente una appendice del partito comunista e un sindacato che era nato dall’impulso del mondo cattolico a liberarsi da quella sudditanza (e che avrebbe cercato poi di costruire una sua diversa forma di sindacalismo), con il tramonto della guerra fredda e delle sue contrapposizioni quella spaccatura era andata dissolvendosi. Non a caso era cresciuta la domanda di unità sindacale, che non si era mai compiutamente realizzata, se non per un breve periodo nel settore dei metalmeccanici. Per il resto le “macchine” organizzative non amano dissolversi e le alleanze si potevano anche fare, e si sono fatte, ma ciascuno leggi tutto