Il mondo brucia, ma la politica italiana va avanti
La situazione internazionale è sempre più complessa e sulle sue possibili evoluzioni non ci sono analisi indiscutibili e confortanti: è tutto in vorticoso movimento, non è possibile indicare con un minimo di certezze quali sbocchi si potranno trovare per le crisi che si accumulano pericolosamente l’una sull’altra.
In questo contesto chi lamenta che l’Italia non starebbe facendo abbastanza per contribuire a trovare soluzioni sembra non capire che sta chiedendo al nostro governo di svuotare il mare con un cucchiaio. Certo ci si può rammaricare che nel complesso l’Europa non riesca ad esercitare un peso di qualche rilievo, ma anche in questo caso si sorvola sul fatto che non ha strumenti adeguati: le sanzioni si sono dimostrate armi piuttosto spuntate e misure come il bloccare i rapporti con gli stati in guerra specialmente non vendendo loro armi sono ambigue: si rischia di colpire quelle parti che hanno delle ragioni senza scalfire quelle che hanno torto. Soprattutto si mettono in atto interventi che complicano il quadro delle relazioni e che incitano i peggiori nazionalismi, piuttosto che contribuire ad un ritorno alla ragione.
Così non è il caso di perdere tempo a chiedere al governo politiche di grande respiro che non è in grado di gestire, accontentandosi di leggi tutto
Referendum: una agitazione a perdere
Si è chiusa anche la lunga agitazione per i referendum ostinatamente voluti dalla CGIL e si è chiusa con una sconfitta chiara per i promotori. Per la verità il segretario Landini ha ammesso con molta trasparenza che sin dall’inizio era cosciente che difficilmente avrebbe raggiunto l’obiettivo dell’approvazione dei quesiti, ma che considerava conseguito quello di avere portato in piazza il tema ed il ruolo del suo sindacato raccogliendo il consenso di quasi un terzo del corpo elettorale.
Si è detto che era la solita via per addolcire una sconfitta, ma non è proprio così. Per capire cosa è successo nel profondo del sistema politico bisogna guardare dalla prospettiva della battaglia del massimalismo per imporre la sua egemonia: storicamente il massimalismo è sempre relativamente interessato alle vittorie immediate, perché rinvia tutto ad un momento finale apocalittico per preparare il quale va benissimo fare intanto il più possibile “agitazione” e movimentismo.
Non dovrebbe essere questo l’obiettivo di un sindacalismo consapevole (quello “rivoluzionario” si pensa abbia esaurito il suo tempo) e infatti per esempio la CISL si tiene ben lontana da quei lidi, ma siamo davanti ad una inclinazione che ha una sua storia. Più complicato è valutare la prospettiva dal punto di vista dei partiti di sinistra o comunque
Appesi ai referendum?
Sebbene quel che sta accadendo nel mondo inviti a pensare a cose serie (crisi continua nella guerra russo-ucraina, dramma di Gaza, affermazione della destra anti Europa nelle elezioni polacche), il dibattito di casa nostra si concentra sulla questione di come andranno i referendum del 8 e 9 giugno (le manifestazioni sulla crisi mediorientale sono, purtroppo, poco più che folklore impegnato).
Lo scontro fra le parti è molto aspro, a conferma del fatto che il contenuto dei quesiti, con l’eccezione parziale di quello sulla cittadinanza, è piuttosto di bandiera, per cui il tema è come mobilitare abbastanza partecipazione per far scattare il quorum che li rende validi. A prescindere da come la si pensi sui singoli quesiti, il vero nocciolo è, come si diceva una volta, un nocciolo politico: cioè la conquista di un ruolo di egemonia da parte di una componente della sinistra (multipla e non proprio coesa al suo interno) nella battaglia per l’apertura di una nuova fase di equilibri parlamentari e governativi (passando per le elezioni regionali).
Se non si capisce questo, tutto diventa scarsamente decifrabile. Gli slogan semplicistici di chi è il vero regista dell’operazione, il segretario della CGIL Landini, sono tutti legati a suscitare un’ondata emozionale che ha scarsa connessione col contenuto dei quesiti: leggi tutto
Scenari internazionali e questioni domestiche
È difficile non tenere conto del peggiorare della congiuntura internazionale. Sul fronte ucraino è ormai evidente che Putin non ha alcuna intenzione di arrivare ad una qualche composizione del conflitto, perché è convinto di avere la vittoria a portata di mano. L’analisi va fatta sempre con molta cautela, perché c’è tanta tattica comunicativa in quello che si fa circolare: le notizie vengono diffuse per creare certe aspettative nell’opinione pubblica in modo che questa condizioni le decisioni dei diversi governi.
Certo i massicci bombardamenti russi sulle città chiave dell’Ucraina non sono notizie, ma fatti, però non è detto che il loro scopo non sia anche quello di fiaccare la disponibilità occidentale a sostenere la capacità di resistenza di Kiev confermando la tesi che ormai le armate di Mosca siano ad un passo dalla vittoria. Naturalmente i governi hanno a disposizione informazioni più precise, ma anche loro lasciano filtrare quelle che ritengono utili alle rispettive politiche. Così non è facile capire se veramente l’avanzata dei russi sia lenta e costosissima in termini di perdita di uomini e di materiali, anche se è noto che nella tradizione bellica di quel paese il tributo in vite umane sia preso a dir poco alla leggera secondo il vecchio mito che il leggi tutto
Schermaglie da comari, mentre il mondo fibrilla
La definizione di lite delle comari per uno scontro fra Beniamino Andreatta e Rino Formica nel 1982 ci è tornata in mente a proposito delle schermaglie fra maggioranza e opposizioni sul ruolo internazionale dell’Italia. Intendiamoci: i due citati sopra erano dei giganti a confronto dei propagandisti demagogici dei nostri giorni, nonostante alcuni di questi ultimi abbiano avuto o abbiano posizioni di governo. È abbastanza stupefacente che i commentatori politici non colgano la superficialità strumentale con cui tutta la faccenda è trattata.
Le relazioni internazionali sono sempre state un terreno complesso in cui non valgono le regole che si applicherebbero ai rapporti personali o anche istituzionali di altro tipo. Per esempio la questione dell’essere coinvolti o esclusi in una trattativa non è riducibile a singoli episodi, ma va inquadrata nello svolgimento complessivo delle vicende. Del resto si è visto benissimo che Meloni non ha partecipato all’incontro fra i cosiddetti “volonterosi” di Tirana, ma il ministro degli esteri del suo governo ha partecipato ad incontri più o meno simili in un altro luogo, e infine la nostra premier è tornata al tavolo con Macron, Starmer, Merz e Tusk in una successiva occasione in cui di nuovo si sono sentiti con Trump ed è poi stata ulteriormente coinvolta. leggi tutto
Forse un tornante nella politica internazionale
Senza perderci a parlare di miracoli in conseguenza dell’elezione di papa Leone XIV, dobbiamo notare che forse qualcosa si sta muovendo nella politica internazionale. Intanto sembra depotenziata la crisi fra India e Pakistan e non è poco: non solo per il potenziale impiego di armi atomiche (per fortuna poco credibile), quanto per ciò che significherebbero la destabilizzazione di un paese come il Pakistan che ha una forte componente di integralismo islamico e la delicata posizione in cui si troverebbe l’India che ha un ruolo chiave fra i cosiddetti BRICS.
Qualcosa sembra muoversi anche nella guerra russo-ucraina. Non sappiamo se gli incontri fra le due parti ad Istanbul giovedì 15 maggio ci saranno e se concluderanno qualcosa, ma l’aver costretto Putin a fingere almeno di accettarli è una novità. Certo lo zar russo non ha accettato, almeno per ora, di sospendere le ostilità in vista dei colloqui, il che significa che è intenzionato ad andare avanti con le sue operazioni belliche, ma comunque è stato costretto a prendere atto che si trova sempre più isolato nel perseguire i suoi sogni imperiali. I suoi sostenitori, anche in Italia, magnificano varie presenze alla parata di Mosca il 9 maggio, ma non sono state gran che. L’amicizia della Cina è quel leggi tutto
Alla ricerca dell’escamotage elettorale
Il mondo è senz’altro impegnato in cose più serie e talora drammatiche (guerra russo-ucraina, tensione in crescita in Medioriente, Conclave, ecc.), ma la politica italiana va avanti, come è anche inevitabile che sia. Oscilliamo sempre fra teatrini che parlano di un paese immaginario a seconda del narratore e necessità di venire a capo di scadenze che non si possono lasciare senza risposta.
A questa seconda tipologia va senz’altro ascritta la convocazione del Consiglio di Difesa che deve in qualche modo fare i conti con le problematiche relative ai progetti di difesa europei. Si tratta di un tema più che scivoloso, non solo per le spaccature che ci sono nella stessa maggioranza di governo (e tralasciamo il caos in cui sulla questione versano le opposizioni), ma per i problemi di spesa che comporta. Tuttavia l’Italia non può far finta di nulla se non vuole indebolire la sua capacità di presenza a livello internazionale, specie in questo momento che è piuttosto favorevole per ciò che riguarda il nostro paese. Vedremo se Mattarella, che presiede il Consiglio di Difesa, riuscirà a guidare il confronto verso un esito positivo.
Sul primo fronte siamo sempre alle prese coi rumors su un possibile ricorso ad elezioni anticipate. La premier leggi tutto
Un sistema internazionale sempre più in crisi
L’entusiasmo per l’immagine dello scambio di opinioni fra Trump e Zelensky nella cornice della basilica di San Pietro si è rapidamente ridimensionato: il mondo rimane intrappolato nella crisi degli equilibri internazionali, anzi la situazione con la pesante tensione fra India e Pakistan è addirittura peggiorata.
Iniziamo pure da questa novità. Può trattarsi di uno dei ripetuti scontri fra i due stati per la questione della frontiera del Kashmir, episodi che in passato sono stati più o meno riassorbiti, ma può darsi che in questo caso ci sarà qualcosa di più, considerando il ruolo sempre più importante che l’India sta assumendo nello scacchiere internazionale e la forte impronta nazional-imperialista del suo attuale governo. Non si dimentichi che entrambi i contendenti hanno a disposizione armi nucleari, il che certo non tranquillizza.
L’inserirsi di questa nuova crisi nella delicata situazione che ben conosciamo non può essere sottovalutato. L’India ha problemi storici con la Russia, è uno dei paesi chiave dei cosiddetti BRICS, si inserisce nel contesto della politica asiatica della Cina. Il Pakistan è un paese dove l’estremismo islamico è molto radicato e sappiamo cosa questo significhi con quanto è in corso nella regione mediorientale: la politica della terra bruciata che il governo israeliano continua a perseguire, selvaggiamente a Gaza, leggi tutto
In un quadro di incertezze irrisolte
La morte improvvisa di papa Francesco ha sottolineato la fase di incertezze in cui continuiamo a vivere. Non che il pontefice potesse mettere fine a questa situazione, ma la sua voce era un monito che aveva pur qualche peso, sostenuta da un lavoro discreto della diplomazia vaticana. L’avere quella “sede vacante” con le inevitabili incertezze sull’esito di un conclave che deve unificare un collegio cardinalizio di nuovo tipo è un elemento che certo non concorre a favorire una qualche stabilizzazione del quadro internazionale.
Il 70% dei cardinali è stato nominato da Bergoglio, ma si tratta anche di personalità che risiedono sparse per il mondo con limitate occasioni di contatto, il che non contribuisce alla maturazione di un comune sentire orientato sui bisogni della chiesa universale. Nelle nomine sono state in parte privilegiate figure di “pastori” (Francesco voleva persone che si portassero addosso l’odore delle loro pecore) che da un lato non è detto siano pienamente formate alla visione globale della politica vaticana e che dall’altro per inesperienza potrebbero facilmente essere catturate da quei cardinali più avvezzi alle manovre politiche. Si sa bene che ci sono lotte di gruppi, se non vogliamo chiamarli fazioni, i quali da tempo ragionano sulla successione a Bergoglio: può darsi leggi tutto
La politica nelle sabbie mobili internazionali
Benché non manchino le problematiche nel quadro della politica interna (strategie per le elezioni regionali d’autunno, avvio di progetto di nuova legge elettorale), a dominare è ancora la politica internazionale con le sue continue evoluzioni. Inevitabili i riflessi, e talora i contraccolpi sulla politica del governo e in misura limitata su quella delle opposizioni: limitata perché nessuna di esse sembra in grado di fare più di generiche prese di posizione (sensate o meno a seconda dei casi).
Il primo tema con cui deve confrontarsi Meloni è il rapporto con l’America di Trump e con l’Europa ancora abbastanza sbandata, a dispetto di qualche esibizione d’orgoglio comunitario. La sostanza del problema per quanto riguarda l’ambizione della nostra premier di essere un ponte fra Trump e la UE sta nel fatto che nessuna delle due parti sa veramente cosa vuole. Il tycoon punta ad affrontare l’enorme deficit americano arraffando entrate che gli mantengano il consenso sia dei vertici del sistema economico sia della sua base elettorale. Lo fa menando sciabolate al vento, perché privo di una seria visione di politica economica internazionale.
Per conquistare il favore dell’inquilino della Casa Bianca è necessario offrirgli spazi di guadagno alternativi a quelli che pensava potessero arrivargli con la politica leggi tutto