Ultimo Aggiornamento:
12 luglio 2025
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Forse un tornante nella politica internazionale

Paolo Pombeni - 14.05.2025
Papa Leone XIV

Senza perderci a parlare di miracoli in conseguenza dell’elezione di papa Leone XIV, dobbiamo notare che forse qualcosa si sta muovendo nella politica internazionale. Intanto sembra depotenziata la crisi fra India e Pakistan e non è poco: non solo per il potenziale impiego di armi atomiche (per fortuna poco credibile), quanto per ciò che significherebbero la destabilizzazione di un paese come il Pakistan che ha una forte componente di integralismo islamico e la delicata posizione in cui si troverebbe l’India che ha un ruolo chiave fra i cosiddetti BRICS.

Qualcosa sembra muoversi anche nella guerra russo-ucraina. Non sappiamo se gli incontri fra le due parti ad Istanbul giovedì 15 maggio ci saranno e se concluderanno qualcosa, ma l’aver costretto Putin a fingere almeno di accettarli è una novità. Certo lo zar russo non ha accettato, almeno per ora, di sospendere le ostilità in vista dei colloqui, il che significa che è intenzionato ad andare avanti con le sue operazioni belliche, ma comunque è stato costretto a prendere atto che si trova sempre più isolato nel perseguire i suoi sogni imperiali. I suoi sostenitori, anche in Italia, magnificano varie presenze alla parata di Mosca il 9 maggio, ma non sono state gran che. L’amicizia della Cina è quel che si dice una amicizia pelosa, animata solo dalla volontà di mantenere una spina nel fianco degli USA, mentre per il resto c’erano autocrati di modesto peso o qualche antiamericano per default, tipo il brasiliano Lula. In realtà persino Trump e la sua amministrazione si sono convinti che Putin vuole l’impossibile, cioè non un semplice corridoio verso al Crimea e una garanzia di Kiev fuori dalla Nato (cose che, con un certo cinismo, gran parte delle potenze internazionali erano disposte a concedergli), ma l’allargamento dell’impero russo fino a comprendere il vassallaggio dell’Ucraina.

Di conseguenza la posizione di Zelensky si è rafforzata, anche perché non è affatto vero che il suo paese sta perdendo la guerra: il fatto che possa continuare a tenere impegnata una superpotenza come la Russia senza cedere, che rafforzi le sue capacità militari, è già una mezza vittoria. Chi è abbastanza anziano da aver vissuto la vicenda della guerra del Vietnam, vedrà paralleli interessanti, pur senza cadere nelle illusioni che tutto si replichi tale e quale.

Anche la decisione dell’Europa dei “volonterosi” di sostenere Kiev non va sottovalutata come stupidamente fanno alcuni osservatori interessati. Francia, Germania, Gran Bretagna hanno risorse e capacità militari che non vanno sottovalutate e con l’aggiunta della presenza polacca possono condizionare non poco le capacità offensive della Russia. Ne consegue che Putin verrà a più miti pretese? Sarà bene non farsi illusioni, perché dovrebbe ammettere di essere stato messo all’angolo nel suo progetto di assalto al potere mondiale e questo sarebbe molto pericoloso per la tenuta della sua dittatura personale, se non altro perché a tregua conclusa non sarà facile giustificare e gestire il “costo” spropositato per una operazione di modesta conquista territoriale (si tenga conto che la Crimea già ce l’aveva dal 2014 e non c’erano prospettive che gliela togliessero).

In questa contingenza c’è il piccolo problema della semi-assenza o semi-presenza (scegliete voi) dell’Italia nella missione dei volonterosi a Kiev (Giorgia Meloni si è collegata in videoconferenza). L’interpretazione semplicistica di questa scelta è stata che la nostra premier avesse fatto così per compiacere Trump, ma non regge. Il presidente USA è in rapporto con il trio che ha promosso l’incontro, specie con il premier britannico Starmer, e non sembra vedere di mal occhio un impegno europeo nel garantire la sistemazione della situazione ucraina, se non altro perché sgrava di costi gli americani (che nel frattempo si sono garantiti lo sfruttamento delle terre rare).

La spiegazione, banale, è piuttosto un’altra: Meloni deve fare i conti con una maggioranza che ha una componente, la Lega, molto filo Putin e comunque contraria ad una partecipazione italiana ad operazioni militari. Del resto questo è un sentimento largamente presente nel nostro paese, senza che i partiti siano in grado di far uscire l’opinione pubblica da un atteggiamento di pacifismo di maniera che dovrebbe aver fatto il suo tempo. E dovrebbe capirlo perfino Salvini che corre a mettersi in prima fila davanti a Leone XIV, che giustamente invoca la pace, ma nella giustizia “per il martoriato popolo ucraino” (papa Prevost non ha mai mostrato tolleranza per l’aggressione russa). Quanto a Conte, almeno ha il buon gusto di star zitto e la Schlein continua a fare il pesce in barile.

Naturalmente questo non giova a consolidare il ruolo dell’Italia nell’evoluzione del quadro internazionale, ma si capisce che nell’immediato a Meloni interessi non mettere in crisi la sua maggioranza in un momento in cui si parla di modificare la legge elettorale e si ipotizzano addirittura elezioni politiche anticipate (per quel che vale, noi non ci crediamo). È comprensibile, ma francamente non è da statista, che è quello che la premier vorrebbe essere (certo il non avere concorrenza su quel terreno, né dentro la sua coalizione, né da parte dell’opposizione, la agevola un bel po’).