Ultimo Aggiornamento:
12 luglio 2025
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Scenari internazionali e questioni domestiche

Paolo Pombeni - 28.05.2025
Guerre

È difficile non tenere conto del peggiorare della congiuntura internazionale. Sul fronte ucraino è ormai evidente che Putin non ha alcuna intenzione di arrivare ad una qualche composizione del conflitto, perché è convinto di avere la vittoria a portata di mano. L’analisi va fatta sempre con molta cautela, perché c’è tanta tattica comunicativa in quello che si fa circolare: le notizie vengono diffuse per creare certe aspettative nell’opinione pubblica in modo che questa condizioni le decisioni dei diversi governi.

Certo i massicci bombardamenti russi sulle città chiave dell’Ucraina non sono notizie, ma fatti, però non è detto che il loro scopo non sia anche quello di fiaccare la disponibilità occidentale a sostenere la capacità di resistenza di Kiev confermando la tesi che ormai le armate di Mosca siano ad un passo dalla vittoria. Naturalmente i governi hanno a disposizione informazioni più precise, ma anche loro lasciano filtrare quelle che ritengono utili alle rispettive politiche. Così non è facile capire se veramente l’avanzata dei russi sia lenta e costosissima in termini di perdita di uomini e di materiali, anche se è noto che nella tradizione bellica di quel paese il tributo in vite umane sia preso a dir poco alla leggera secondo il vecchio mito che il paese ha una riserva molto cospicua in termini di popolazione (anche per una parte non piccola in condizioni economiche precarie per cui la paga del soldato e la pensione del soldato morto fanno gola…).

Altrettanta cautela deve essere usata nell’interpretare le esternazioni di Trump, personaggio notoriamente poco prevedibile. L’affermare una certa volontà di tirarsi fuori dalla guerra russo-ucraina, non senza aver dato del pazzo a Putin e aver bacchettato Zelensky, non è detto corrisponda ad una reale decisione di lasciar campo libero ai russi. È probabile faccia a sua volta parte di una cortina fumogena per ingannare i russi spingendoli ad azioni spregiudicate nella convinzione che il sistema americano di intelligence non fornirà più informazioni agli ucraini, mentre invece può continuare a farlo dando loro gli strumenti per colpire i nemici a fondo con i droni, visto che come risorse di uomini sono in difficoltà.

Non ha molto senso per noi che siamo solo osservatori del tutto esterni speculare su come stiano realmente le cose. Possiamo invece fissare la nostra attenzione sul fatto che comunque la si metta il ruolo dell’Europa si sta complicando. Una vittoria di Putin contro Kiev avrebbe ricadute pesanti sugli equilibri europei, ma per evitare questo risultato è necessario che ci si impegni in un sempre più corposo sostegno a Kiev. Significa spendere ancora molte risorse (e già questo è un problema), ma soprattutto arrivare ad un coordinamento nella direzione degli interventi di sostegno, cioè accentuare la ricerca di una leadership unitaria, che non è esattamente quello che i vari governi sono disposti ad accettare.

Teniamo presente che a complicare il quadro c’è la questione di Gaza. La scellerata politica del governo Netanyahu nella Striscia sta giustamente scatenando un’ondata di ripudio in tutta Europa e non solo, ma è una prospettiva tutt’altro che riducibile ad una semplice questione di condanna di azioni militari di sterminio che sono inaccettabili. Ora, siccome le opinioni pubbliche non possono occuparsi con grande intensità se non di una questione alla volta, si può ben pensare che vari strateghi della guerra ibrida stiano pianificando di promuovere il concentrarsi delle proteste sulla condanna alla politica del governo di Israele in modo che la questione ucraina registri degli ulteriori cedimenti nel sostegno del pubblico.

I governi e i sistemi politici si troveranno così sempre più alle prese con spaccature nello spirito pubblico dei diversi paesi, il che renderà difficili azioni di intervento razionali: tutti sappiamo in che situazione di spaesamento e di confusione si trovino le opinioni pubbliche dei diversi paesi europei. Ciò vale anche per l’Italia, dove sono facilmente visibili le spaccature che interessano sia le forze politiche che i vari mezzi di comunicazione. Cavarsela chiedendo azioni diplomatiche e distribuendo più o meno salomonicamente condanne e censure serve a poco, quando poi comunque il nostro governo, sperabilmente con un adeguato e trasversale consenso parlamentare, deve muoversi nel contesto di una situazione internazionale molto surriscaldata.

In un quadro del genere fa un po’ specie che si discuta se la recente tornata di amministrative abbia rafforzato il cosiddetto campo largo e se il destra-centro stia perdendo il consenso dei cittadini. Quando si discute di problemi locali, si possono anche trovare ragioni di aggregazione fra forze diverse per vincere una partita limitata, mentre diventa più complicato farlo se si devono elaborare analisi e risposte condivise sulla grande crisi degli equilibri mondiali, che è quello su cui poi deve decidere un paese se vuole rimanere con un ruolo nel contesto europeo e internazionale. I cittadini queste difficoltà le vedono, le ipocrisie per far finta di andare d’accordo quando non lo si è (vale per il destra-centro come per il cosiddetto campo largo) non servono a molto, e tutto questo spiega sia il permanere di un alto tasso di astensionismo, sia la illusione da parte di troppi politici che la soluzione sia radicalizzare le rispettive posizioni.