Adesso si comincia a ballare ….
Col passare dei giorni la situazione politica torna a surriscaldarsi. Non che si fosse mai veramente raffreddata, ma era sembrata rimanere nell’ambito della cosiddetta pretattica politica. alla scena pubblica non trovava approvazioni né sul fronte politico, né su quello degli osservatori.
Le questioni sul tappeto sono tante, ma quella che, almeno per ora, sembra infiammarsi di più riguarda il referendum costituzionale. Come si è già avuto modo di osservare era un tema che la politica aveva preso sottogamba, convinta che la battaglia fosse decisa a priori dalla diffusione dell’antipolitica. Progressivamente questa convinzione ha cominciato a vacillare e non solo perché un numero notevole di “opinion maker” sulla stampa e in TV si stanno pronunciando per la scelta di votare no il 20-21 settembre, ma perché anche nel corpo elettorale più in generale qualcuno vede movimenti che non vanno nella direzione prevista.
La scelta di Berlusconi di schierarsi a favore del no è significativa, perché l’uomo non è di quelli che si buttano alla leggera a far operazioni di pura testimonianza. Probabilmente anche dalle parte di FI si è ragionato su quanto fosse sensato regalare ai Cinque Stelle una vittoria che avrebbe consentito loro di mettere in ombra quella che potrebbe essere una loro mezza debacle leggi tutto
Una ripartenza più che complicata
Con l’arrivo di settembre ricomincia la vita normale: basta guardare alla programmazione televisiva che riprende con le trasmissioni consuete. Così è anche per la politica, ma quest’anno tutto è più complicato del solito. C’è l’incognita sull’andamento dell’epidemia che ha ripreso ad espandersi, quella sugli assetti dell’economia (solo Gualtieri vede rosa con riprese del PIL da impennata), ma soprattutto quella dell’esito della tornata delle amministrative e del referendum costituzionale del 20-21 settembre.
A questi impegnativi appuntamenti non si arriva molto bene. Sull’epidemia ci viene detto che adesso siamo preparati, ma non è chiarissimo a cosa: basta guardare alla confusione sulla ripresa dell’attività scolastica. Quanto all’economia siamo sballottati da una previsione pessimistica ad una catastrofica e anche qui di condivisione delle linee di intervento non è che si veda gran che: governo, associazioni dei datori di lavoro, sindacati non sembra trovino una solida intesa e sono ciascuno arroccati su posizioni corporative.
Quanto al versante politico la situazione è a dir poco confusa. Le opposizioni di centrodestra sono al momento coalizzate nel tentativo di mostrare coi dati delle urne di settembre che ormai nel paese la maggioranza dei consensi è loro. Naturalmente il campione è molto esteso, ma non totale e in molti casi nelle elezioni comunali non sarà chiarissimo vedere leggi tutto
Un'estate sospesa
Difficile capire se davvero l’autunno sarà così terribile come descritto da molti. Le variabili sono molte, a cominciare da quella sanitaria per finire a quella economica, ma dipenderà anche dal clima che si diffonderà nel paese, il quale a sua volta sarà influenzato dal contesto internazionale. Se le difficoltà sono generalizzate la gente sopporta con maggiore fatalismo quello che accade, mentre, se dovessimo trovarci in condizioni peggiori dei nostri vicini, la capacità di accettare un contesto difficile si ridurrebbe notevolmente.
La politica italiana non si prepara bene all’autunno: per tante ragioni, ma principalmente per l’incapacità di costruire, o almeno di provare a costruire quel minimo di concordia nazionale necessaria per affrontare l’impegno assai oneroso di rimodulare il nostro sistema. In fondo la domanda essenziale che pone l’ingente finanziamento europeo che è atteso, sia pure in tempi meno incalzanti di quelli che talora si lasciano trasparire, è proprio questa: sarà l’Italia capace di ritrovare quel posto importante che pure ha avuto in Europa almeno sino a metà degli anni Ottanta del secolo scorso? Su questo punto non avremo indulgenze, né dai nostri grifagni avversari, ma neppure da coloro che hanno voluto scommettere sull’opportunità di un aiuto che ci consentisse la famosa “ripartenza”.
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Europa-Italia: un buon primo tempo
La chiusura del lungo vertice di Bruxelles segna la svolta nella politica europea? Può essere, se si pensa che il buon giorno dipende dal mattino. C’è da essere più cauti se si considera che quella appena conclusa non è la battaglia finale, ma solo il primo tempo di un confronto destinato a proseguire. Naturalmente si può dire che la sproporzione delle forze in campo era palese: 5 cosiddetti frugali contro 22 altri stati, 5 piccoli e poco significativi nella storia dell’Unione, fra i 22 tutti grandi paesi che ne hanno connotato in vario modo la storia. C’è però da dire che i sentimenti (perché di questo si tratta e non di “ragioni”) che i frugali hanno imposto fanno breccia in una quota non marginale dell’opinione pubblica europea nel suo complesso, e dunque la loro sconfitta non è detto sia definitiva.
Tenere conto di questa realtà è molto importante soprattutto per un paese come l’Italia, ma vale anche per il motore franco-tedesco. Al momento è giustamente prevalsa la consapevolezza che dopo aver costruito un sistema economico integrato, se si lascia saltare una componente si incepperà tutto il meccanismo. Il tabù dei sovranismi economici, che faceva comodo a tutti, ma che aveva la potente sponda britannica ora fortunatamente venuta meno leggi tutto
Le eccezioni e la regola: considerazioni sullo stato di emergenza
Ormai negli ultimi anni dell’attuale fase politica abbiamo esaurito tutti gli aggettivi che descrivono i dibattiti in corso: lunari, stellari, senza capo ne coda, improvvisati e via elencando. Vale ovviamente anche per la questione della proroga dello stato di emergenza improvvidamente buttata lì dal premier Conte e poi subito ridimensionata, pasticciata e quant’altro (ma nessuno gli ha insegnato l’opportunità di pensare prima di aprire bocca?).
Tuttavia più che insistere sulla scarsa sensibilità dell’attuale presidente del Consiglio nel valutare la portata della situazione in cui si trova ad operare, vale la pena di sottolineare come si stia perdendo l’occasione storica per regolamentare una condizione che non si pensava potesse presentarsi, ma che adesso sappiamo essere nel novero delle cose possibili. Perché il problema non è solo discutere di quanto possa essere opportuno disporre di poteri d’intervento veloci per far fronte ad emergenze molto complesse, e neppure perdersi a ragionare se Conte possa avere la tentazione di fare l’Orban de noantri, quanto piuttosto quello di prendere coscienza che in questo momento il nostro paese non ha un quadro legislativo, di profilo costituzionale, con cui gestire emergenze di grande portata.
Partiamo da una premessa: strumenti per operare in stato di emergenza ce ne sono leggi tutto
I dilemmi di una riforma elettorale
A fine mese la maggioranza, ma sarebbe meglio dire il PD, proverà a far approvare almeno alla Camera il disegno di legge che rinnova il nostro sistema elettorale. Era parte dei patti che avevano dato vita al governo giallorosso per compensare il taglio senza logica del numero dei parlamentari. I Cinque Stelle hanno portato a casa quel risultato, ma poi non hanno fatto molto per tenere fede al patto, tranne il fatto che la bozza in discussione è intitolata al loro presidente della Commissione Affari Costituzionali, l’on. Brescia.
Si tratta del cosiddetto “Germanicum”, un sistema battezzato così solo perché dal sistema tedesco prende la soglia del 5% per ammettere al conseguimento della rappresentanza parlamentare (peraltro pasticciandolo con un ambiguo “diritto di tribuna” che è una spiritosa invenzione della politica). Del sistema tedesco è l’unico elemento che prende e, a dire al verità, in questo momento anche quel sistema è messo in discussione anche in Germania per problemi vari.
Però oggi il dibattito è ripreso sul solito classico tema: ha senso andare ad un sistema proporzionale, come è nel caso della bozza in discussione, o non sarebbe meglio un sistema che obbliga a scegliere fra due coalizioni, così si sa subito chi ha vinto e chi ha perso? leggi tutto
Se adesso il gioco si fa duro
Le ripetute uscite di Zingaretti sulla assoluta opportunità per l’Italia di ricorrere al MES sono davvero una svolta nel quadro politico attuale? E’ la domanda che non possiamo evitare di porci, visto che fino a poco tempo fa era sembrato che il PD assecondasse la politica di Conte del troncare e sopire. In effetti il clima è diventato piuttosto caldo e si potrebbe dire, parafrasando una celebre battuta da film, che adesso il gioco si fa duro. Che poi, continuando nella citazione, questo sia il momento in cui i duri cominciano a giocare lo vedremo: fino ad ora di duri veri non se ne sono visti in giro.
E’ comunque un fatto che Zingaretti ha battuto un colpo e si è trattato di un colpo forte. Perché l’abbia fatto, può prestarsi a diverse interpretazioni. La più banale è che si sia stancato dell’infantilismo dei Cinque Stelle che pretendono di condizionare la politica italiana alla loro incapacità di gestire la crisi interna al movimento. Ci sarà sicuramente anche questo, ma dubitiamo che sia la ragione principale, perché avrebbe potuto accorgersene anche prima. E’ più plausibile che il segretario del PD si stia rendendo conto che i Cinque Stelle chiedono sempre attenzione alle loro problematiche, leggi tutto
Una nuova fase politica?
Non è chiarissimo, ma ci sbilanciamo a sostenere che si sta aprendo una nuova fase politica. Non è il frutto degli Stati Generali dell’Economia che sono stati una modesta occasione per raccogliere le lamentele, a volte travestite da suggerimenti, delle più varie rappresentanze di categoria, nonché per sentire qualche cosiddetta “intelligenza brillante” che non sappiamo cosa abbia esposto perché tutto si è svolto a porte chiuse.
Ciò che sta spingendo una pluralità di attori dentro e fuori il parlamento a riconsiderare il quadro sono due fattori. Il primo è la gestione di quella che si presume sarà una marea di soldi in arrivo dall’Europa. Il secondo è l’apertura anticipata della campagna per la successione a Mattarella (si può pensare sia troppo presto, ma non è così: semplicemente questa volta avviene più rapidamente allo scoperto rispetto alle precedenti).
Di fronte al problema della gestione delle risorse UE l’opposizione cerca una via diversa dal banale muro contro muro a cui si era affidata sinora. Inizia a dubitare che ci si possa aspettare un crollo della maggioranza di governo tale da consentirle la presa del potere. Ci vorrebbe un passaggio elettorale che al momento non si può ottenere a meno di una catastrofe che neppure l’opposizione può augurarsi in leggi tutto
Un governo senza pace
Conte afferma che alla fine sarebbe felice di tornare a fare il suo mestiere: se lo dice per scaramanzia o perché non ne può più di tutte le tensioni continue non sapremmo stabilirlo. Certamente lui e il suo governo, a dispetto dei sondaggi che gli assegnano una popolarità altissima, non attraversano un buon momento.
Per ora gli Stati Generali vanno così così: non male, ma neppure bene. La parata di star delle istituzioni europee solo dai suoi elogiatori professionali può essere considerata una prova dell’alta considerazione di Conte sul piano internazionale. Difficilmente potevano sottrarsi all’invito, per di più poco impegnativo come è un’incursione in teleconferenza, invito che veniva dal vertice di uno dei paesi fondatori, ma il fatto vero è che nessuno degli intervenuti ha detto più che parole di circostanza.
Il vero cuore della faccenda è se avrà successo il confronto diretto iniziato questa settimana con le varie corporazioni del paese, che è poi il modo con cui il premier punta a bypassare i partiti. La cosa non è sfuggita al “Corriere” che l’ha trovata interessante. Vedremo se avrà successo, perché per ora il gran consenso dei ceti dirigenti delle varie categorie sociali non si è visto. Conte ha proseguito sulla via degli interventi tampone, leggi tutto
L’enigma Conte
Va di moda fare l’oroscopo al governo Conte: non cade, cade, quando cade, come cade, ecc. L’unica cosa su cui c’è un consenso abbastanza ampio è che per ora regge, più che altro per mancanza di alternative (il che non è il modo migliore per reggere). Una crisi al buio, di questi tempi, non è augurabile per nessuno, neppure per l’opposizione, che certo lavora perché Conte lasci Palazzo Chigi, ma vorrebbe sapere con quali scenari per il dopo. In fondo uno sfascio totale non sarebbe nell’interesse di nessuno, neppure di Salvini e Meloni, che sono politici abbastanza navigati da sapere che il salto nel buio non è lo sport più consigliabile.
Al premier viene rinfacciata l’inclinazione al solipsismo. Ne ha data ampia prova durante la fase 1 della pandemia con l’uso eccessivo dei DPCM, la mania delle conferenze stampa che tanto somigliavano al desiderio di ergersi a colui che parla a tu per tu con la nazione. Ha proseguito in sostanza nella fase 2, mitigandosi appena un poco, ed è ricaduto nel vizio all’apertura della fase 3 con l’annuncio in solitaria di aver indetto gli Stati Generali dell’Economia.
I partiti che lo sorreggono non l’hanno presa bene, ed è comprensibile. La mossa è indirizzata ad intestarsi in prima persona la leggi tutto