Ultimo Aggiornamento:
16 marzo 2024
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In ordine sparso

Paolo Pombeni - 11.03.2020

Dunque ci stiamo rendendo conto che l’epidemia di Covid-19 è una faccenda più seria della “poco più che banale influenza” a cui si cercò di ridurla all’inizio per evitare panico sociale. Il risultato è che non solo è arrivato il panico sociale (in cui va compresa specularmente anche l’ottusa negazione che ci sia ragione di preoccuparsi), ma si è accentuata la percezione di un paese la cui rete istituzionale ha una capacità di tenuta piuttosto modesta. Sono dati destinati a pesare non solo sui prossimi mesi, ma sui prossimi anni della nostra vicenda politica.

Il groviglio di problemi con cui dobbiamo e dovremo fare i conti è piuttosto impressionante. Prendiamo in considerazione un dualismo banale, ma molto rilevante. Da un lato c’è un tema istituzionale, ed è il riordino necessario del sistema dei poteri ridotto in condizioni pietose dalla rincorsa dietro ai miti della cosiddetta “devolution”. Dal lato opposto c’è il tema culturale, ed è la carenza nel nostro paese di spirito civico in senso “repubblicano” che non si riesce a riattivare perché mancano le figure di riferimento.

Abbiamo evitato per anni di discutere seriamente sul riordino e in parte sul ripensamento del nostro sistema costituzionale. Nel farlo non c’era alcuna mancanza di riguardo verso i padri leggi tutto

I nodi arrivano al pettine?

Paolo Pombeni - 04.03.2020

Non ci spingiamo a fare l’elogio delle emergenze che ci costringono a fare i conti con le nostre manchevolezze: personalmente saremmo della tesi di Brecht, “beata la patria che non ha bisogno di eroi”. Però è innegabile che con le emergenze alcune problematiche assumono contorni più chiari.

Nel caso dell’epidemia da Covid-19 oltre al tema della frammentazione della catena di comando per la gestione abbastanza disinvolta che è stata fatta della cosiddetta “devolution” dei poteri di governo della sanità emerge ora la questione di quale risposta si può dare alla crisi economica che vediamo avanzare a grandi passi. Non stiamo parlando di qualcosa di semplice che si possa affrontare semplicemente nella logica dei sussidi (temporanei?) da distribuire a settori che vengono e che verranno toccati dagli effetti indotti da questa emergenza sanitaria che sta assumendo dimensioni internazionali. Anzi il problema sarà proprio quello di evitare che tutto si riduca alla logica dei sussidi, che è un antico peccato del nostro modo di affrontare le difficoltà dell’economia nazionale.

Si parla ora con varie trovate verbali di qualcosa di assai impegnativo: cura da cavallo, interventi choc, nuovo piano Marshall. Questo fa pensare alla necessità di avere un governo molto solido, non solo per maggioranze politiche leggi tutto

La politica all’epoca dell’allarme pandemia

Paolo Pombeni - 26.02.2020

Dopo giorni in cui sembrava che la situazione politica italiana potesse esplodere si è arrivati ad una specie di tregua, non sappiamo se pacifica o armata, a seguito del verificarsi di una epidemia dovuta al corona virus che in Cina ha interessato migliaia di casi. In numeri assoluti sarebbe improprio parlare di emergenza (qualcosa più di 200 casi al momento in cui scriviamo) e anche gli eventi letali sono limitati (6 casi di persone anziane già con problemi sanitari), ma ovviamente quel che fa impressione è il fatto che l’Italia sia incomparabilmente il paese occidentale con il maggior numero di contagi e che si tratti di un virus molto aggressivo sin qui sconosciuto come portatore di malattie per l’uomo e contro cui non esistono al momento vaccini né cure specifiche (sebbene un mix di quelle tradizionali stia dando in moltissimi casi buoni risultati).

Lo choc per quanto sta avvenendo, ma soprattutto per quel che potrebbe avvenire dato che non si sa come potrà svilupparsi il contagio, è stato molto alto, tanto da creare allarme sociale e da far parlare di emergenza. La conseguenza è stata un appello scontato a dar prova di quella che si usa chiamare solidarietà nazionale. E’ partito tanto dal Presidente della Repubblica leggi tutto

L’ora dei politicanti

Paolo Pombeni - 19.02.2020

Capirci qualcosa nell’attuale avvitarsi su sé stessa della nostra politica è impresa titanica. Naturalmente ognuno accusa gli altri di giocare allo sfascio, ma nessuno fa nulla per evitare che si arrivi a quel punto, a meno che non consideriamo impegni per uscire dal pantano le manovre messe in piedi da una classe politica vittima del suo autismo.

Apparentemente tutta la questione ruoterebbe intorno a Renzi e alla necessità di mettere fine alla sua guerra da corsa nel quadro di questa politica instabile. Difficile negare che il leader di Italia Viva sia una volta di più vittima del suo limite, che ci permettiamo di definire la sindrome di Napoleone. Come il grande Corso, Renzi è condizionato dalla sua storia di successi iniziali, quando, assai giovane, è riuscito a rovesciare avversari molto più agguerriti osando sfidarli in battaglie campali. Così pensa di non poter recedere da quello schema e lo ripropone in continuazione senza rendersi conto che così ha sperperato il capitale che aveva accumulato. In politica non basta infatti il fiuto di intestarsi battaglie di grande significato: bisogno sapere controllare l’uso della forza. Così Renzi ha buttato alle ortiche i successi del suo governo per una gestione dissennata della riforma costituzionale, ed ora si leggi tutto

Una maggioranza senza politica

Paolo Pombeni - 12.02.2020

Nel 1979 Federico Fellini girò quello che lui definì un filmetto. S’intitolava Prova d’orchestra e metteva alla gogna un’orchestra con i vari strumentisti incapaci di fare appunto il lavoro corale che veniva loro richiesto, bisticciandosi, astraendosi e evitando di seguire qualsiasi indicazione del direttore. Venne interpretato come un grido di allarme e di rigetto della politica italiana incapace di ritrovare il senso del suo stare insieme in uno stato di grave disgregazione (un anno prima era stato assassinato dalle BR Aldo Moro)..

E’ una pellicola che andrebbe riproposta alla più che confusa classe politica attuale. La vicenda della crisi intorno alla norma sulla riforma della prescrizione, frettolosamente introdotta ormai un anno fa da grillini alla ricerca del plauso dei loro fan club giacobini, mette in luce non modi diversi, magari opposti di intendere la soluzione degli impasse del sistema giudiziario italiano, ma un degrado complessivo della nostra cultura istituzionale.

Non è solo questione della valutazione in sé della norma, che è quasi certamente incostituzionale per ragioni che sono state ribadite più volte da autorevoli commentatori. Quel che è peggio è come si sta cercando di gestire il pastrocchio che ci si trova davanti.

Tutto è stato ridotto alla più trita lotta fra fazioni politiche, leggi tutto

L’instabilità del quadro politico italiano

Paolo Pombeni - 05.02.2020

Il quadro politico italiano rimane instabile, perché è privo di centri capaci di organizzarlo in maniera tanto accettabile, quanto adeguata alle sfide che sono sul tappeto. Parliamo di centri al plurale, perché continuiamo a credere che sia un falso problema quello della ricostruzione di un mitico “Centro” così come per un quarantennio sarebbe stata la Democrazia Cristiana.

Quel partito fu, almeno per una lunga fase, certamente tale per la sua contrapposizione alla “sinistra” identificata nell’alternativa del comunismo che pretendeva di egemonizzarla. Non lo fu in assoluto perché, anche qui per un tratto non breve, si considerò una componente essenziale del riformismo italiano. Come sempre nella storia si può discutere sulla tipologia di quel riformismo, ma è difficile negare che molte delle trasformazioni dell’Italia dal dopoguerra alla fine degli anni Settanta furono gestite dalla DC in rapporto, dialettico, ma fino ad un certo punto, col riformismo laico, prima dei repubblicani e presto, superati un po’ di muri ideologici, anche dei socialisti.

Certo il riformismo democristiano stava in un partito che teneva dentro anche una forte componente conservatrice (in alcune appendici assai contigua alla destra), ma ciò avveniva per l’imposizione da parte della Chiesa dell’unità politica dei cattolici. Vale invece maggiormente la pena di leggi tutto

Radicalismo e centrismo: due miti della politica italiana

Paolo Pombeni - 01.02.2020

La tornata elettorale di domenica 26 gennaio ha riportato in auge due eterni miti della politica italiana: il radicalismo e il centrismo. In verità mentre il primo si tira in ballo a proposito, il secondo è stato richiamato in maniera strumentale, ma tant’è: sono due vecchi concetti che si rincorrono in tutte le lotte politiche e non solo in quelle del nostro paese.

Il radicalismo, che qui, lo chiariamo subito, non ha niente a che fare con la storia e l’ideologia del partito radicale italiano, è quell’approccio che muove dalla convinzione che per conquistare il consenso sia necessario portare all’estremo le argomentazioni che si propongono. Spesso si coniuga con la demagogia, ma di per sé non necessariamente. Di radicalismo ha fatto largo uso la Lega per propria tradizione, ma ultimamente Matteo Salvini ci ha aggiunto una dose massiccia di demagogia. La sostanza di queste proposte è che il mondo si divida nettamente in due: i buoni e i cattivi, gli angeli e i demoni, i prescelti dal Signore e quelli destinati a priori alla dannazione.

Non si tratta di una prerogativa della destra, perché è uno schema di lotta ampiamente usato anche a sinistra. Proprio le elezioni regionali in Emilia Romagna (non sapremmo dire se leggi tutto

Manca davvero poco all’alba?

Paolo Pombeni - 22.01.2020

Tutti aspettano l’alba del 27 gennaio quando si conosceranno finalmente i responsi delle urne di Emilia Romagna e Calabria. La si vive come l’alba di un nuovo giorno, discutendo solo se lo sarà per la destra o per la sinistra. Se si invita a considerare con un po’ di freddezza quel che potranno dirci quei risultati, si passa o per furbini che non vogliono rischiare smentite o per cinici i quali pensano che comunque vada nulla cambia mai.

In realtà la situazione è davvero complicata. Da un lato questa lunga e defatigante campagna elettorale che si trascina da agosto ha mutato in maniera irreversibile il quadro politico italiano. Dall’altro ha finito per mettere in ombra i grandi problemi che il paese ha davanti, diffondendo l’illusione che prima si dovesse stabilire chi poteva detenere l’egemonia della politica italiana rinviando a dopo i conti con le nostre difficoltà.

Il mutamento del quadro politico ha visto l’affermarsi di una demagogia di destra che sembra avere il sostegno del 40% circa dell’elettorato. E’ un fatto nuovo. Berlusconi, con tutti i suoi numerosi difetti, non era espressione di questo tipo di cultura, né lo era Gianfranco Fini. Il loro tentativo di costruire un partito saldamente conservatore è miseramente fallito.

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Tra color che son sospesi

Paolo Pombeni - 15.01.2020

Tutto è sospeso nella politica italiana, sempre in attesa di qualcosa: il pronunciamento della Corte Costituzionale sul referendum Calderoli, quello della giunta per le autorizzazioni del Senato sul caso Salvini-Diciotti, quello che uscirà dalle urne di Emilia Romagna e Calabria il prossimo 26 gennaio. Nel frattempo si annunciano grandi progetti, ma molto vaghi, senza avere il coraggio di affrontare il vero nodo della debolezza attuale: la crisi dei Cinque Stelle che getta una grande ambiguità su tutta la situazione.

Infatti è quello il fattore che da un lato impedisce ai ministri pentastellati di lasciar perdere le loro bandierine logore (prescrizione, punizione dei Benetton, ecc.) e dall’altro frena gli alleati al governo (soprattutto il PD e lo stesso Conte) dal mettere Di Maio e soci di fronte alle loro responsabilità. La speranza, vedremo se fondata, è che i risultati elettorali di fine gennaio risolvano da soli il rebus.

In che modo? La risposta è più semplice di quel che si pensi. Se davvero, come sembra, M5S avrà un cattivo risultato in quelle urne, ci sarà un ridimensionamento automatico del peso dei suoi ministri. Potrebbe anche darsi che a seguito di quel risultato la rappresentanza parlamentare pentastellata conoscesse abbandoni e cambi di casacca, mutando così anche la composizione della maggioranza di governo. leggi tutto

La piccola Italia nella tempesta mediorientale

Paolo Pombeni - 08.01.2020

L’Europa non sta facendo una gran figura nella crisi mediorientale, acuitasi dopo la decisione di Erdogan di mandare truppe turche direttamente a sostegno di Tripoli e dopo quella di Trump di uccidere il generale dei pasdaran iraniani Qassem Soleimani. L’Italia però la sta facendo peggiore, non tanto per l’incapacità di avere un ruolo in questa complicatissima contingenza (inutile chiedere l’impossibile), ma per l’incapacità di capire che a fronte dell’evoluzione nel teatro mediorientale deve porsi con serietà il problema di rafforzare il prestigio del proprio sistema politico.

È una domanda da fare senz’altro alla coalizione che regge il Conte 2, ma dalla quale non può essere esentata l’opposizione, perché il “sistema” dovrebbe essere qualcosa che interessa tutti. Purtroppo il tema non viene minimamente affrontato. Non bastano certo le generiche prese di posizione del premier o quelle ancor più generiche del ministro degli esteri: sono frasi di vuoto buonismo che potrebbe esprimere chiunque. Quanto all’opposizione siamo poco distanti: al massimo c’è il solito Salvini che corre a schierarsi con Trump, tanto per fare un altro po’ di campagna elettorale.

La compagine governativa sembra concentrata soltanto sui suoi problemi interni, peraltro senza alcuna capacità di affrontarli seriamente. La faccenda della prescrizione naviga sempre nella nebbia.

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