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L’esempio felice del Portogallo nella lotta al COVID -19

Alessandro Micocci * - 29.04.2020
Portogallo Coronavirus

In questo periodo di profonda crisi europea sembra risultare difficile trovare un paese che abbia fornito un modello adeguato di difesa contro la pandemia di Coronavirus. La Germania aveva i mezzi sanitari ed economici per fronteggiare il virus e li ha dispiegati, riuscendo a garantire ai propri cittadini una difesa contro le conseguenze devastanti dell’epidemia. Tuttavia anche un paese economicamente e politicamente meno importante rispetto ai giganti europei sta imponendosi come un modello virtuoso di gestione della pandemia: il Portogallo.

Il paese aveva invece tutti i presupposti per entrare nella lista della nazioni che più avrebbero ricevuto il duro colpo del Coronavirus: una delle popolazioni con la più alta percentuale di ultraottantenni d’Europa, seconda solo all’Italia, una percentuale di posti in terapia intensiva più bassa rispetto alla popolazione (4,2 ogni 100 mila abitanti). Eppure il paese risulta avere intorno ai 20.000 casi accertati di contagio da Covid-19, un dato sorprendente se paragonato ai numeri del vicino spagnolo. La tesi secondo cui il Portogallo si sarebbe “salvato” in ragione della sua posizione periferica non regge al fatto che gli scambi con la Spagna sono intensi e dunque forieri di una più drammatica diffusione del virus.

Le ragioni di questo piccolo miracolo portoghese sono da ricercare nella rara solidità e tempestività mostrata dal comparto politico, e dalla estrema solidarietà mostrata anche dalle opposizioni: un dato che stride enormemente con gli atteggiamenti tenuti dai partiti politici italiano e spagnolo, impegnati in una guerra demagogica per giungere a un redde rationem con i governi in carica. Proprio la reazione previdente e la coesione politica stanno generando interesse nei confronti del “miracolo portoghese”.

Il paese ha reagito tempestivamente, senza delegare la gestione temporale e sanitaria della quarantena alle regioni, come successo nel caso italiano. Ciò è spiegato dalla centralizzazione del sistema amministrativo, comportando una risposta più rapida  e coesa in tutto il territorio.

La coesione solidale spiega anche la capacità del governo socialista di António Costa di muoversi senza dover cercare di rispondere ad attacchi continui dall’opposizione. In tal modo è stato possibile addirittura concedere il permesso di soggiorno provvisorio a tutti gli immigrati presenti nel paese, una misura che sarebbe stata accolta con grande sdegno e odio dall’opinione pubblica di altri paesi, Italia in primis.

Questo provvedimento, in prospettiva, potrebbe risolvere in un colpo solo due enormi problemi. Da una parte evita il propagarsi del contagio nella categoria che detiene meno diritti e protezioni, evitando il crearsi di una situazione emergenziale potenzialmente incontrollabile. Dall’altra potrebbe riuscire in una fusione pacifica e semplice, quasi naturale, degli immigrati nella società portoghese. In sintesi, il modello portoghese potrebbe fornire interessanti spunti per i paesi che tali situazioni stanno gestendole a colpi di demagogia populista o di continui rimpalli di responsabilità.

Proprio la questione della responsabilità è il fulcro del successo portoghese. Se si osserva la situazione in Italia o Spagna non si trova altro che una serie di accuse pesanti di una fazione politica  verso l’altra: tutte le tattiche dialettiche di ogni partito politico, che sia in carica o all’opposizione, sono incentrate sul trovare disperatamente un colpevole, una strega da offrire al popolo per essere condannata al rogo. Il dato comune che sembra denotarsi è quello di una politica basata sull’offesa reiterata dell’avversario e, allo stesso tempo, su un continuo rimpallo di responsabilità. Il virus,  invece di essere compreso, temuto e curato, sulla scorta delle disgrazie italiane, ha assunto una funzione potenzialmente radicale per smascherare i limiti dei governi in carica, non risparmiando  anche le opposizioni. Nessuno ha osato prendersi la responsabilità di scontentare l’opinione pubblica, riuscendo a creare ancor più sconforto e sfiducia nei confronti dell’Europa, ma anche degli stessi stati sovrani, e mettendo a nudo ancor di più una incapacità globale dei partiti europei, di governo e di opposizione, ad uscire da una dimensione puramente di disputa dialettica. In compenso, si offre ai cittadini un quadro dialettico completamente distorto, in grado di distogliere questi ultimi dal focus primario: fermare un virus che miete vittime umane e mette in ginocchio l’economia globale.

Il virus, dunque ha colpito anche le destre sovraniste, incapaci, come i governi in carica, di assumersi tempestivamente la responsabilità storica di combattere la pandemia senza calcoli propagandistici: esempio palese di ciò sono le imbarazzanti polemiche tra presidenti di regione in Italia e il recente scandalo del Pio Trivulzio nella Lombardia di Fontana, membro appunto del partito di opposizione par excellence: la Lega.

Ebbene, proprio la reazione concorde e di responsabilità del governo portoghese potrebbe essere un primo punto di ripartenza per l’Europa. Proprio ciò che gli altri paesi hanno temuto più del virus stesso, ossia la capacità di uno stato di far comprendere a tutti i cittadini l’emergenza e il momento di inevitabile crisi, ha consentito al governo di Costa di programmare e prevenire senza rivolgere i propri timori all’epidemia più temuta dagli altri governi: la demagogia spietata e la mancanza di senso di responsabilità verso un paese intero, e non verso i potenziali elettori.

 

 

 

 

* Laureato magistrale in Scienze Storiche, Università di Bologna