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Mattarella passa la staffetta al successore
Quello del 31 dicembre è stato il congedo - nonostante alcuni sperino ancora, invano, in un ripensamento - di un fermo e coraggioso Capo dello Stato. Un vero arbitro, che è intervenuto quando necessario e che non ha esercitato funzioni "semipresidenziali": semplicemente, ha fatto quanto era in suo potere per assicurare la difesa e il buon funzionamento delle istituzioni repubblicane. Ha richiamato, nel suo settennato, diritti e doveri; in ultimo, ha censurato nuovamente l'atteggiamento dei "no vax" (ampiamente sopravvalutati dai mass media) con parole che la stragrande maggioranza degli italiani non può che sottoscrivere e condividere. Nell'ultimo discorso di fine anno Mattarella ha esaltato la compattezza degli italiani nella crisi pandemica: "il volto reale di una Repubblica unita e solidale". Sebbene il Presidente abbia certamente informazioni maggiori delle nostre, ci è parso che l'Italia non sia affatto uscita dalla pandemia (che, peraltro, è tuttora in corso) più giusta e più unita di prima. Si diceva: ne usciremo migliori; così, però, non è stato, né per i partiti, né per un popolo diviso a causa della pervicacia di pochi "evasori vaccinali". Il discorso di Mattarella ha avuto una parte politica non ampia, ma ricca, fatta di poche espressioni disseminate nel contesto, ma molto chiara. Alla Meloni che vuole un leggi tutto
"In un volo di storni"
Leggere il libro del Prof. Giorgio Parisi, Premio Nobel 2021 per la FISICA assegnatogli per la sua ricerca sui “sistemi complessi” e rimanerne affascinati è un tutt’uno: c’è la sua biografia accademica, ci sono le descrizioni scientifiche, la vita di uno scienziato però va oltre.
Non basta la passione, serve il talento: una dote intuitiva e folgorante che il giovanissimo studente universitario dimostrò di possedere allorquando – incerto tra il corso di matematica e quello di fisica scelse la seconda. Forse per il fatto che – come spiega nel libro – la fisica può essere considerata una sorta di matematica applicata, aprendo vasti orizzonti deduttivi e applicativi.
Già a 25 anni sfiorò il medesimo Premio ma per studi in un campo diverso della Fisica: mentre si lavava nella vasca da bagno della casa dei suoi genitori, si soffermò a guardare le piastrelle colorate del muro e fu colto da una intuizione che può scaturire solo da una mente geniale: non proviamo neanche a descriverla, ogni tentativo sarebbe riduttivo. Ma ciò dimostra (e lui lo spiega più volte) come la “lampadina” dell’Eureka possa accendersi all’improvviso, una volta in casa, in altre occasioni leggendo, un’altra volta ancora mentre si è al volante dell’auto: a lui successe proprio così. leggi tutto
Tre problemi e nessuna soluzione
I tre problemi più volte richiamati su queste colonne sono sempre lì senza che si intuisca qualche spiraglio di soluzione. Il fatto è che continuano ad essere affrontati separatamente dalle forze politiche che non hanno il coraggio di affrontarli insieme togliendoli dal loro intrico.
I tre problemi sono: la ricerca di una candidatura adeguata per il Quirinale; la decisione su come sistemare la guida del governo non solo nel passaggio in attesa delle elezioni, ma anche dopo; l’intesa su una legge elettorale che sia in grado di prendersi il carico dell’effetto del taglio dei parlamentari (e dell’attuale frammentazione politica).
È illusorio pensare che si possano risolvere le questioni in successione ed affrontandole una alla volta. Come infatti è evidente, la scelta per il Colle di un candidato condiviso il più possibile comporta decidere come si va avanti con l’attuale governo di larghe intese e siccome comunque vada ci sarà il problema delle elezioni al più tardi a primavera 2023 è necessario che i partiti sappiano con che regole si correrà per almeno immaginarsi come potrebbe andare a finire.
Lo si voglia ammettere o meno, tutto ruota attorno alla posizione di Draghi. Oramai lo si è messo in una situazione tale per cui o lo si nomina al Quirinale, leggi tutto
La dissoluzione dell'identità
Sosteneva Hume che ogniqualvolta riflettiamo sulla nostra identità personale ci troviamo di fronte a una serie di percezioni che ci appartengono ma tra le quali non possiamo mai isolare quella distinta che riguarda il nostro io: «Non riesco mai a sorprendere me stesso senza percezione e a cogliervi altro che percezione» Da questa prospettiva di valutazione l’identità personale diventa una mera suggestione, l’integrità della persona una supposizione, un’entità sommativa e fittizia assoggettata alla mutevolezza anche temporale delle percezioni. Come già in Locke la riflessione di Hume si muove tra empirismo e razionalismo, come derivazione del cogito cartesiano ma in una cornice più ontologica (l’essere) che gnoseologica (il conoscere), anche se in lui segue la direzione della probabilità e dello scetticismo. Credo sia questo il fondamento filosofico da cui prende corpo il tema dell’identità lungamente cercata e della sua progressiva dissoluzione, ereditato dal ‘900, attraverso Kant, Hegel e Nietzsche.
‘Uno, nessuno e centomila’ è la metafora suggestiva usata da Luigi Pirandello per spiegare le contraddizioni tra l’unicità della persona e la molteplicità delle sue sembianze e dei ruoli sociali che ne sono la caleidoscopica rappresentazione: indossando le maschere imposte dalle circostanze la persona diventa personaggio ‘in cerca d’autore’, asservito alle lusinghe o alle leggi tutto
Una politica prigioniera dell’ambiguità
La storia infinita della preparazione per le elezioni quirinalizie mette in luce i limiti di partiti che sono nella loro maggioranza prigionieri delle pseudo-identità che si sono costruiti negli ultimi anni e che per uscire da queste posizioni poco fruttuose non riescono a fare altro che avvilupparsi nell’ambiguità.
La riprova più clamorosa si è avuta con la kermesse di Fratelli d’Italia sotto il titolo, incomprensibile ai più, di “Atreju”. Da un lato l’obiettivo piuttosto esplicito era mostrare come quel partito fosse pienamente legittimato come parte del sistema politico vigente, tanto da poter aprire un dialogo-show con tutte le altre componenti. Dal lato opposto nel suo intervento finale la leader Giorgia Meloni è tornata ai toni barricadieri del partito di alternativa netta contro tutto e contro tutti: con gradazioni e toni diversi (ma percepibili solo ad orecchie allenate), ma tali da confermare il proprio elettorato che si era poi quelli di sempre.
In maniera del tutto simile si stanno comportando gli altri partiti. Salvini alterna attacchi al governo a profferte di sé stesso come mediatore nella vicenda della successione a Mattarella. In Forza Italia non si riesce a decidersi se continuare ad essere i pretoriani di Berlusconi o il partito del conservatorismo ragionevole. leggi tutto
55° rapporto Censis: l'Italia disuguale tra irrazionalità e rancore
Giunto alla sua 55esima redazione, l’annuale Rapporto CENSIS sullo stato del Paese non tradisce le aspettative e presenta una situazione complessa e ricca di dettagli connotativi che – per fermo immagini, analisi documentate da dati e percentuali, interpretazioni sempre originali e penetranti – offre spunti di conoscenza e riflessione non limitate ai soli addetti ai lavori, economisti o ricercatori sociali che siano.
L’approccio descrive un quadro d’insieme che spiega gli approfondimenti tematici, le considerazioni generali come sempre sono suffragate da evidenze significative, lo stesso incipit è a dir poco folgorante.
“L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale. Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile. E poi: il 5,8% è convinto che la Terra è piatta, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone. Perché sta succedendo? È la spia di qualcosa di più profondo: le aspettative soggettive tradite provocano la fuga nel pensiero magico. Siamo nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali. Per l’81% degli italiani oggi è molto difficile per un giovane ottenere il riconoscimento delle risorse profuse nello studio.
Il rischio di un rimbalzo nella scarsità: ecco i fattori di freno alla ripresa economica e le incognite leggi tutto
La crisi del cosiddetto “campo largo” a sinistra
La decisione dell’ex premier Conte di declinare l’offerta dei vertici PD a candidarsi per il seggio lasciato libero da Roberto Gualtieri è un segnale da non sottovalutare perché mette sotto i riflettori la crisi di quella strategia del cosiddetto “campo largo” che più che un progetto politico è stata ed è una ossessione dei dirigenti del Nazareno da Zingaretti in poi (ma ha anche illustri precedenti nella storia del PCI).
La rinuncia di Conte non dipende solo dal fatto che non è mai stato un cuor di leone, bensì un personaggio portato dalla fortuna in posizioni apicali, perse le quali è finito rapidamente ridimensionato. L’offerta dei vertici PD appariva onestamente un invito a rischiare l’osso del collo con la quasi certezza di rimettercelo. Il Collegio di Roma 1 era stato sì brillantemente vinto da Paolo Gentiloni e poi passato senza colpo ferire a Gualtieri, ma erano altre persone e altri tempi. Entrambi a Roma erano radicati come militanza politica anche di base, entrambi avevano potuto contare su confronti con avversari di modesto profilo in un collegio che viene presentato come “borghese” e dunque meno incline al populismo.
Nonostante questo Gualtieri aveva sì vinto le suppletive parlamentari col 62% di preferenze, ma con una partecipazione elettorale molto modesta, leggi tutto
Le incognite dell’elezione presidenziale
La battaglia per il Quirinale è una delle poche competizioni politiche ricche di rigide regole non scritte, ma che riserva esiti quasi sempre imprevedibili. Ripartiamo dall’articolo pubblicato su questa rivista il 22 novembre 2014 per delineare i fattori, le consuetudini e i piccoli particolari determinanti per la scelta del Capo dello Stato. Anche in questa occasione è azzardato avventurarsi in pronostici che dipendono da molti fattori ma, soprattutto, dagli umori dei mille e più "grandi elettori". Con la riforma costituzionale sul “taglio” dei parlamentari, questa volta sarà l'ultima con un collegio elettorale così folto (630 deputati, 315 senatori più quelli a vita e di diritto, 58 delegati regionali): la prossima volta saranno in tutto poco più di 660, al posto degli attuali mille. Possiamo tracciare alcune caratteristiche che serviranno ai partiti (e agli eventuali "franchi tiratori") per orientare le proprie scelte. Durante la Prima Repubblica c'era la regola dell'alternanza fra i democristiani e gli altri. Era concepita come un equilibrio di medio-lungo periodo, perché abbiamo avuto elezioni consecutive di non Dc (1946 e 1948: De Nicola, Einaudi), di democristiani (1955 e 1962: Gronchi, Segni), ancora di Dc (1985, 1992: Cossiga, Scalfaro) e di non Dc (1999 e 2006-2013: Ciampi, Napolitano) per concludere con un altro Dc (2015: Mattarella). La vera e propria alternanza “perfetta” ha avuto luogo leggi tutto
A congelare tutto non si risolve nulla
È singolare questo vasto consenso nel voler congelare tutto. A parte Giorgia Meloni, tutti gli altri leader politici si proclamano granitici nel voler tenere Draghi a Palazzo Chigi. Si sprecano i riconoscimenti alla sua statura, gli avvertimenti sulla delicatezza del momento tanto sul piano della lotta alla pandemia quanto su quello dell’avvio del PNRR. Poi si va a vedere come questi partiti che così tanto amano il premier collaborano a gestire l’attuale passaggio delicato e lì non è che si trovino le conferme che uno si aspetterebbe.
La legge di bilancio è una cartina di tornasole piuttosto eloquente. Nessun partito rinuncia alle sue bandierine, ma soprattutto in generale ognuno spinge per incrementare la spesa pubblica secondo una logica antica per cui quella è un pozzo senza fondo. Del resto se il rapporto deficit/Pil nel 1993 era al livello, all’epoca registrato come terribilmente preoccupante, del 118,6% ed oggi sfioriamo senza particolari allarmi il 130% qualcosa vorrà pur dire.
In un clima del genere immaginarsi che mantenere Draghi alla testa del governo significhi una vera convergenza su una linea politica condivisa ci pare esercizio arduo. Non si dica neppure che evitare un cambio alla testa dell’esecutivo significa portare la legislatura alla scadenza naturale del marzo 2023, perché nessuno può dare leggi tutto
Stato d'emergenza e lavoratori fragili: decidere prima, non dopo
Di tutti i provvedimenti assunti dal Consiglio dei Ministri del 24 novembre e illustrati nella Conferenza stampa dal Presidente Draghi e dai Ministri Gelmini e Speranza è stato dato ampio resoconto da giornali e TV. Forse l’informazione poteva essere più accurata e chiara, soprattutto comprensibile: scienza e politica nei due anni della pandemia raramente hanno trovato una sintesi unificante che permettesse di parlare come si mangia. Sui modi e sui tempi delle comunicazioni e delle informazioni (due parole che non hanno lo stesso significato) ci sono sempre state ulteriorità e cascami da puntualizzare. Già ai tempi dei DPCM di Conte tutto era estremamente burocratizzato, contorto, parcellizzato ma non sempre comprensibile. Anche adesso parlare di green pass base e super green pass assomiglia più ad un linguaggio commerciale, ad una distinzione lessicale variamente interpretabile e cangiante che ad un profilo certo di tipo medico- normativo-prescrittivo-istituzionale. Sempre troppi distinguo, rimandi, particolarità di situazioni specifiche che- per quanto tentino di abbracciare la molteplicità dei comportamenti da regolamentare- non completano e non saturano la totalità delle situazioni e delle evenienze. C’è sempre un punto che rimane non definito, una prassi che ammette deroghe, si promettono sanzioni in caso di irregolarità accertate ma l’impressione è che prepotenti, leggi tutto