Ultimo Aggiornamento:
23 settembre 2023
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Argomenti

Prigionieri del nostro passato (politico)

Paolo Pombeni - 18.04.2020

Raccapezzarsi nella politica attuale è un esercizio complicato, perché bisogna tenere insieme l’analisi sui problemi reali del paese con una classe politica che rimane prigioniera di un passato che non passa, sicché punta a chiudere i conti con quello e non a risolvere le domande che pone una situazione estremamente complicata.

Alcune vicende sono emblematiche, come la diatriba surreale sul MES. Non si ragiona su quello che realisticamente si potrebbe ricavare da un finanziamento a basso costo erogato dall’unico strumento di intervento europeo che è attivabile in tempi brevi, ma sulle ubbie di partiti che si inventano un drago a loro misura per far credere che sono capaci di batterlo. Il premier Conte prima ha detto, giusto per lisciare la coda ai Cinque Stelle, che l’Italia non avrebbe utilizzato quei fondi che mettevano a rischio la sua sovranità. Poi, di fronte ad una reazione per fortuna dura del PD, ha voluto spiegare che per il momento era inopportuno decidere, perché non si sa ancora se e quali condizionalità ci saranno. Una persona normale gli direbbe: scusi, ma se è così, perché ha creato un inutile problema dichiarando a vanvera che il MES non lo vogliamo?

Naturalmente la spiegazione è politicista (non politica, che leggi tutto

Scelte fiscali coraggiose

Gianpaolo Rossini - 15.04.2020

Ci sono scelte fiscali e finanziarie da considerare in condizioni emergenziali e che non necessitano di negoziazioni a livello europeo. Ma occorre battere terreni nuovi senza paura, come fece il Governo degli Stati Uniti durante la Grande Depressione negli anni 30 del secolo scorso.

Il primo è quello della residenza in paradisi fiscali di imprese italiane. Miliardi di gettito ogni anno finiscono in Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Austria, Slovenia e altri paesi i quali ci fanno una concorrenza fiscale che a volte somiglia a grassazione. Uno studio del 2018 di Fatica e Gregori, ricercatori della Commissione Ue, evidenzia cospicua elusione fiscale nelle sedi in Lussemburgo e altri “paradisi” di banche italiane, tedesche e di altri nazionalità. Il fenomeno non riguarda  solo gli istituti di credito ma tutti i settori produttivi con cifre poderose. Cosa fare? Una via d’uscita potrebbe essere l’offerta a tutte le aziende italiane con sede legale all’estero le medesime condizioni del paese ospitante per un periodo di 5 anni in Italia. Alla fine dei 5 anni le imprese rientrate sarebbero assoggettate allo stesso regime fiscale delle imprese italiane con la possibilità di accordi specifici legati a piani di sviluppo e di investimenti in Italia. Per le imprese che non accettassero questa offerta di leggi tutto

Il Partito della "Libera uscita"

Luca Tentoni - 11.04.2020

Col passare dei giorni, le temperature diventano sempre più miti; siamo ormai a Pasqua, tradizionale occasione per le "gite fuori porta". Quest'anno, però, trascorreremo a casa il periodo festivo - e, verosimilmente, tutto il resto del mese di aprile, se non anche una parte di maggio - per via delle restrizioni legate al contenimento del Covid 19. Secondo un sondaggio di Index Research, il 75,4% degli italiani condivide le norme, mentre il 7,6% le vorrebbe addirittura più severe. Ma un 15,4%, che corrisponde circa a sette milioni e mezzo di italiani adulti, non è d'accordo. Il partito "della libera uscita", dunque, non è proprio una minoranza trascurabile, ed è destinato a raccogliere più consensi con l'andare del tempo, soprattutto se il governo procederà troppo gradualmente (un conto è chiarire che resteremo in casa per un mese, un altro conto è prorogare il blocco per tre volte ogni dieci giorni). Fra chi vorrebbe attenuare o cancellare il "lockdown" c'è chi vive nelle zone nelle quali la pandemia è stata meno ampia e violenta (molti cittadini non conoscono persone contagiate, soprattutto nel Centrosud, quindi non sono sempre in grado di percepire appieno la gravità della situazione); c'è chi non resiste in casa e va più volte al giorno a fare la spesa; chi ha leggi tutto

L’Italia, l’Europa e i “vincoli esterni”

Paolo Pombeni - 08.04.2020

Il grande nodo della politica italiana è il rapporto con l’Unione Europea e in specifico la questione degli “aiuti” che da questa possono venire per superare la crisi economica indotta dal Covid-19. La tesi prevalente da noi è che si devono trovare strumenti europei che finanzino la nostra ripresa, ma senza imporci controlli sulla gestione del nostro bilancio. La questione è dunque quella di superare l’intervento del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che prevede l’impiego dei controlli.

Per capire bene la questione nei termini politici e non semplicemente economici bisogna ricostruire un quadro accurato. Non che si eviti di farlo, ma in genere si tende a mettere in luce quel che a ciascuno fa piacere, evitando di prendere in considerazione il complesso dei problemi.

Cominciamo dunque col dire che effettivamente, come è stato messo in luce, il MES è stato creato per affrontare quelle che pudicamente vengono chiamate “crisi asimmetriche”, cioè il caso di uno o pochi stati che si trovino in gravi difficoltà di bilancio mettendo in crisi l’intero sistema. Il non detto è che si suppone che normalmente queste situazioni dipendano da “colpe gravi” dei paesi sull’orlo del default. Oggi per un malinteso pietismo si evita di dire che la Grecia a suo tempo è leggi tutto

Draghi e la fase due: adelante, con juicio

Luca Tentoni - 04.04.2020

A quaranta giorni circa dall'inizio del "confinamento" degli italiani, la politica torna a muoversi, o - meglio - ricomincia a mostrarsi. In queste settimane, infatti, non sono mancati movimenti sotterranei, a partire dalla faticosa opera di cucitura e ricucitura promossa dal Quirinale per cercare di avvicinare maggioranza e opposizioni (al fine di unirsi di fronte all'emergenza) ma ci sono state anche manovre un po' meno nobili, dettate dall'esigenza di alcuni leader di tornare al centro della scena e di recuperare consensi (virtuali o reali che siano, non importa) al più presto possibile. Il tentativo di sostituire il presidente del Consiglio Conte, che era già in stato abbastanza avanzato prima dello sfacelo provocato dal Covid 19, ha prima subito una battuta d'arresto, poi è fallito. Così, le due forze che - una nella maggioranza, una nell'opposizione - avevano in animo di cambiare l'"inquilino di Palazzo Chigi" hanno dovuto mutare tattica. In un primo momento si è, da un lato (Lega), alzato il prezzo dell'intervento economico necessario per evitare la recessione (aggiungendo sempre uno zero alle somme che, di volta in volta, il governo si diceva pronto a stanziare), mentre i renziani ricominciavano a muoversi, con l'intento di arrivare ad una maggioranza di unità nazionale (alla quale, tuttavia, leggi tutto

Paralleli storici?

Paolo Pombeni - 01.04.2020

Nella confusa situazione politica con cui stiamo affrontando l’emergenza del Covid-19, conosce una certa fortuna il dibattito su come si debba o si possa realizzare una situazione di “solidarietà nazionale”. L’occasione è data dalle sollecitazioni che vengono dal presidente Mattarella e dalla scarsa rispondenza che trovano tanto nell’opposizione quanto nel governo e nella sua maggioranza. Al netto degli apprezzamenti di rito, piuttosto ipocriti, alla soluzione di un governo di unità nazionale non pensa seriamente nessuno. L’invocazione a Mario Draghi, eletto alla candidatura di salvatore della patria, è un escamotage per bruciare l’ipotesi di una soluzione che potrebbe venir richiesta dalla UE come garanzia per un sostegno all’Italia, visto che sulla “virtù” del nostro paese come utilizzatore di fondi comunitari sono in molti ad avanzare dubbi.

Non pochi fra coloro che riflettono sulla situazione attuale si lasciano andare a paralleli storici, in genere con il nostro secondo dopoguerra. In quel rinvio c’è un intento consolatorio, perché allora il paese seppe risollevarsi da una catastrofe provocata dalla sconfitta in guerra, ma anche un ardito rinvio al fatto che quella ricostruzione sarebbe avvenuta in un clima di concordia nazionale. Anzi, tenendo conto della attuale difficoltà ad intendersi fra forze della maggioranza e dell’opposizione, leggi tutto

Il terzo dopoguerra

Luca Tentoni - 28.03.2020

L’uscita dalla situazione di emergenza nella quale si trova il Paese appare ancora lontana, ma forse è opportuno sin da ora cercare di capire quali sono gli elementi di quello che già da adesso si profila come un vero e proprio terzo dopoguerra. Dopo la crisi innescata dal Covid 19, che non è solo sanitaria, ma anche economica e sociale, molte cose non torneranno come prima. Proviamo a delineare alcuni possibili sbocchi della situazione, come appunti per un dibattito che speriamo diventi sempre più ampio, per non trovarci impreparati a ciò che verrà al termine di questa brutta avventura. L’accostamento dell’epidemia in corso a un conflitto bellico non è nostro: lo hanno proposto in molti, persino il Pontefice. In effetti, già in queste settimane abbiamo visto alcuni fenomeni che ricordano quelli della Seconda guerra mondiale: l’accaparramento, la borsa nera (con i prezzi dei disinfettanti e delle mascherine aumentati vertiginosamente, di pari passo con la sostanziale irreperibilità di alcune merci), la drastica riduzione della circolazione (un sostanziale coprifuoco), i bollettini di guerra giornalieri, l’instaurarsi di un’economia bellica (con la riconversione temporanea di alcune filiere produttive e il contingentamento della diffusione di alcuni beni non di prima necessità), la diminuzione – per alcuni – del lavoro o la leggi tutto

Non si scherza col fuoco

Paolo Pombeni - 25.03.2020

Strano modo quello di gestire l’emergenza in corso: da un lato si punta a incentrare tutto su un premier che lavora per decreti amministrativi, ovvero al tentativo di dipingere il famoso uomo solo al comando; dal lato opposto gli interventi sono un pasticcio di va e vieni, di incapacità di comunicare in senso istituzionale, di principi contraddittori. Non ci pare esattamente quello che ci sarebbe da aspettarsi avendo in mente non solo la crisi sanitaria sulle cui dimensioni e durata ancora non abbiamo certezze, ma soprattutto la crisi economica che seguirà e sulla cui previsione ormai sono concordi quasi tutti.

Si tratterà purtroppo di gestire un’emergenza di lunga durata e di imporre al paese qualcosa di diverso dalle quarantene che tutto sommato la gente sopporta con pazienza perché è fiduciosa che si tratti di un periodo transitorio. L’emergenza economica che è attesa si presenta invece come un tunnel molto lungo che andrà percorso senza che sia così facile scorgere una luce alla sua fine.

Le difficoltà attuali che registra il quadro politico sono legate al fatto che si tira dietro un passato assai poco brillante, perché deriva da una sequenza di sussulti elettorali iniziati con le elezioni del marzo 2018 e perché ha leggi tutto

Stato e regioni, cinquanta anni dopo

Luca Tentoni - 21.03.2020

Il rinvio delle elezioni di maggio è un atto dovuto, perché nelle condizioni attuali non sappiamo neppure se fra un mese o due saremo ancora chiusi in casa per via del Covid 19. Come i francesi hanno sperimentato a proprie spese, in occasione del primo turno elettorale municipale di domenica 15 marzo, ci sono emergenze pubbliche da non sottovalutare e che richiedono anche il differimento di importanti scadenze nazionali. Detto dell'ineluttabilità dello slittamento del voto nelle sei regioni ordinarie (e in Valle d'Aosta) e nei comuni, resta però l'amarezza per la fine di un'epoca. In maggio, il voto regionale sarebbe giunto esattamente cinquanta anni dopo il primo (1970). Quello che fino al 2005 era un appuntamento quinquennale per quindici regioni e per la politica nazionale (fino a tutto il 1990 era un test per le singole liste; con le coalizioni e la possibilità di votare per i soli candidati presidenti la gara si è spostata sul rendimento dei poli, non più su quello dei partiti) si era, per la verità, andato affievolendo col passare del tempo, a causa di scandali locali e di scioglimenti anticipati dei Consigli per le cause più svariate. Così, all'appuntamento col voto del mezzo secolo si sarebbe giunti con appena sei regioni su leggi tutto

La democrazia e l’emergenza

Paolo Pombeni - 18.03.2020

C’è un problema che inevitabilmente si determina ogni volta che c’è uno stato di emergenza ed è quello della concentrazione del potere decisionale. Senza scomodare la nota affermazione del giurista tedesco Carl Schmitt, per cui è “sovrano” chi comanda nello stato d’eccezione, basta ricordare la eterna questione del “dittatore”, che, in origine almeno, era altra cosa dal “tiranno”, e che magari può chiamarsi, in maniera meno preoccupante, il “commissario”. Insomma è la questione dell’opportunità di concentrare il potere di decisione quando ci sono emergenze, perché non c’è da perdere tempo a star lì a discutere sul che fare.
Sembrano osservazioni di buon senso comune confortate dalla storia, ma non è così. Se vogliamo rifarci ad un famoso dibattito fra Otto e Novecento, quello sulla superiorità nelle emergenze belliche dei sistemi “di autorità” rispetto al costituzionalismo liberale che si basava sul governo attraverso il confronto (parlamentare), dobbiamo ricordarci che l’assioma fu brutalmente smentito dall’esito della Prima e poi della Seconda Guerra Mondiale: vinsero i sistemi costituzionali in cui si “discuteva” e finirono sconfitti quelli autoritari e dittatoriali (lasciamo a margine il caso dell’URSS che è il solo in controtendenza).

Oggi, nel pieno dell’emergenza per il coronavirus, qualche tentazione per un ritorno al principio del manovratore che leggi tutto