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Gradini che non finiscono mai
Già dalle prime pagine del suo libro o meglio, dai primi gradini della scala della sua vita, si colgono due aspetti in apparente bisticcio tra loro -se considerati separatamente- ma in realtà complementari e connotativi dell’uomo Giorgio Parisi: la normalità e l’originalità. Ho sempre pensato (in ciò confermato dalla personale conoscenza di alcuni di loro) che i veri ‘grandi’ sono persone semplici: nascoste e appartate, riflessive, amanti del silenzio, non ostentano, si pongono domande, vivono le inquietudini dell’esistenza, parlando di sé esprimono la quotidianità e le molte consuetudini in cui ci ritroviamo. Di ciascuno di loro si potrebbe dire: “è uno di noi”. Ma sotto questa coltre che li accomuna al genere umano, sono depositari di una sorta di curiosità cosmica, di una visione olistica, totale della vita, sanno cogliere l’universale nel particolare, accendono lampadine dove altri si perdono nel buio, in quella indescritta normalità che ci rende tutti uguali sanno trovare l’eureka, l’illuminazione, l’idea risolutiva, anche coltivando l’arte del dubbio e la virtù dell’umiltà senza mai perdere la spinta formidabile della motivazione, sanno andare oltre le apparenze, non si fermano al primo ostacolo, dall’errore colgono l’opportunità per ripartire e correggersi, coltivano il dovere della fatica e dell’impegno come passaggi leggi tutto
Le spine nel fianco di Giorgia Meloni
Ci sono stati molti commenti per quel “non solo” lasciato cadere in una comunicazione della premier quando si lamentava dei bastoni fra le ruote posti dalle opposizioni. Una specie di “dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io”. Tutti hanno subito capito che si riferiva tanto alla Lega quanto a Forza Italia, anzi più probabilmente ai gruppi dirigenti dei due partiti suoi alleati a cui ha anche concesso di esprimere i due vicepresidenti del suo esecutivo.
Da questo punto di vista le posizioni sono differenti. Mentre Taiani si barcamena per non scontentare Berlusconi e i suoi fidi, ma in sostanza fa squadra con Meloni, Salvini si profonde in attestazioni di fedeltà verso la premier, ma lavora costantemente ad indebolirne la leadership cercando di accreditarsi come il vero motore occulto del governo. Le ragioni di questi comportamenti sono facilmente inquadrabili nelle dinamiche di una coalizione in cui esiste un partito di gran lunga maggiore che si è associato due partiti decisamente minori. Basterebbe rileggersi la storia delle coalizioni messe in piedi dalla DC nella lunga fase che arriva fino al termine degli anni Settanta del secolo scorso per capire che è una vecchia storia che si ripete. Ma così è stato leggi tutto
Il presidente Meloni intervenga sullo smart working e le tutele per i lavoratori fragili
In epoca di post-globalizzazione le notizie girano velocemente ma non sempre in tempo utile e verificabile. Si sa ad esempio che la Cina è flagellata da una nuova fase di pandemia da Covid-19. Alcuni Stati hanno imposto controlli alle frontiere, specie per gli sbarchi di passeggeri in arrivo da quel Paese dove città come Shangai registrano il 75% di contagiati. Cose che si sapevano non da ieri, ad esempio mentre in Italia si votava la legge di bilancio che prevedeva il rinnovo dello smart working per i lavoratori fragili, pur se assoggettato ad uno dei 44 rilievi formulati dalla Ragioneria dello Stato. Da quando ha ripreso a circolare anche da noi la paura di una ripresa dei contagi e il rischio di nuove varianti, si alternano in TV esperti che raccomandano la 4° e finanche la 5° dose per i soggetti fragili, l’uso delle mascherine e tutte le cautele del caso, implementate dalla concomitanza dell’influenza che può creare un mix virale pericoloso: raccomandazioni encomiabili.
Si batte il tasto delle precauzioni che fragili, defedati, immunodepressi e anziani devono assumere attraverso una preventiva e accorta profilassi ma nello stesso tempo si tergiversa su quali tutele debbano essere assunte a protezione dei lavoratori certificati fragili e inidonei al leggi tutto
Il Guazzabuglio dello spoils system
Da molti giorni ormai si discute del sistema impropriamente importato dagli USA noto come spoils system. Si tratta del potere dei vertici politici di nominare i detentori dei ruoli apicali della burocrazia al servizio delle istituzioni che essi hanno “conquistato” col consenso elettorale, per cui dovrebbe valere il vecchio detto “al vincitore le spoglie” (ovvero una sorta di diritto di saccheggio).
Il problema è delicato ed è trattato in modo molto confuso, per cui crediamo che sarebbe utile fare un poco di chiarezza. Tutto nasce dalla constatazione che in moltissimi casi non esiste una neutralità oggettiva nell’azione della burocrazia. In teoria i vertici politico-istituzionali decidono il che fare e le burocrazie attuano quelle decisioni. In pratica i vertici burocratici hanno strumenti per agevolare o per boicottare quanto è stato deciso, usando per esempio il potere interpretativo delle norme, il controllo delle filiere di esecuzione e via elencando. Di qui un contrasto possibile quando i detentori dei due poteri facciano riferimento a partiti diversi, e per di più, coi tempi che corrono, a fazioni dei partiti, a lobby e quant’altro.
È chiaro che un contesto di guerre e guerricciole fra politici e burocrati produce inefficienza amministrativa e gestionale, ma come impedire che ciò accada non è leggi tutto
Dietro l'angolo
Chiedeva una volta un noto conduttore televisivo ai suoi intervistati: “che cosa c’è dietro l’angolo”?
Tra tutti coloro che si cimentavano nella risposta solo in pochi ci hanno poi veramente azzeccato, parecchi non sono neppure stati in grado di prevedere le proprie faccende personali.
Questo dimostra che non tutto dipende dalla volontà e che lo stesso destino si fa spesso beffe persino del più acuto discernimento critico.
Non c’è una scienza esatta della previsione: non parlo della meteorologia e neppure dei terremoti, mi riferisco- e mi basta – ai comportamenti umani.
Si è chiuso un “annus horribilis” ma nessuno può scommettere che quello che si apre possa essere un “annus mirabilis”.
La guerra in Ucraina, la devastazione di un territorio e il tentativo di annientamento del suo popolo e della sua storia ci hanno dimostrato a quali abissi di crudeltà possa arrivare l’animo umano: una ferocia senza limiti materiali e morali, il delirio della dittatura che brama la distruzione del mondo.
L’Iran e l’Afghanistan dove il fondamentalismo soffoca nel sangue ogni anelito di libertà.
La pandemia che reca il senso nel suo nome: pan (tutto) demos (popolo): penso che si stia vivendo l’aspetto più devastante di una insensata globalizzazione, il flagello planetario leggi tutto
Il messaggio del Presidente della Repubblica
Ci sono molti modi di interpretare il discorso di fine anno del Capo dello Stato. Noi abbiamo scelto tre parole: responsabilità, Costituzione, futuro. Sono queste le direttrici lungo le quali Mattarella ha svolto il suo breve ma efficace ragionamento. Apparentemente, ha riservato ai partiti brevi cenni, ma in realtà li ha sferzati. Ha ricordato che, nel giro di pochi anni, tutti sono stati al governo e che, al momento di entrare a Palazzo Chigi, hanno sperimentato cosa vuol dire avere la responsabilità di guidare un grande e complesso Paese. Così, gli slogan fatti per accalappiare i consensi degli elettori "volatili" più disperati, delusi o semplicemente sprovveduti (questo lo affermiamo noi, non lo ha detto il Presidente) sono evaporati di fronte alla "res severa" che è rappresentata dal governare in un ambito di complessità, ricco di fattori esterni (la pandemia, la guerra, la crisi energetica e alimentare, i cambiamenti climatici, i fenomeni migratori) che l'Italia deve subire. La globalizzazione non si ferma col ritorno alle nostalgie del passato, alle frontiere, agli Stati-nazione (che tanto piacciono alla destra conservatrice e reazionaria la quale è oggi alla guida del Paese, ndr). Così, come dice Mattarella, "la concretezza della realtà ha convocato ciascuno alla responsabilità e leggi tutto
La solita questione del partito conservatore
La celebrazione dei dieci anni di Fratelli d’Italia ha assunto un particolare rilievo per il fatto di avvenire dopo che quel partito a settembre aveva vinto in modo significativo le elezioni e la sua leader aveva assunto il ruolo di guida del governo. Il tutto è reso più complesso dal fatto che si è di fronte ad un cambio di maggioranza politica: dal centrosinistra alla destra-centro, da questo punto di vista una novità nella storia dell’Italia repubblicana che aveva in precedenza conosciuto solo governi di centro-destra.
La puntualizzazione non è pignoleria. Il dibattito che riguarda il tema di cosa si possa considerare una politica “di destra” è da tempo vivo in questo paese e si confonde con la questione del rilievo da dare alla presenza di un partito “conservatore” che, secondo una schematizzazione sulla cui fondatezza si può discutere, dovrebbe nel contrasto con un partito “progressista” costituire la normalità della politica. Questo nel quadro dell’altra semplificazione che riduce tutto ad uno scontro fra “destra” e “sinistra”.
Nell’immiserimento attuale del dibattito politico, la confusione che regna su faccende del genere è massima ed ha più a che fare con i pregiudizi (a volte proprio pretesti) che guidano opposte tifoserie che non con temi di qualche rilievo. leggi tutto
Alla ricerca del vero senso dell'esistenza
Prof. Andreoli trovo che sovente cadiamo nell’errore di cercare intorno a noi, nei beni materiali e nel desiderio del loro possesso lo scopo dell’esistenza, eludendo interrogativi profondi che riguardano invece il senso della vita anche nei suoi aspetti reconditi: le relazioni con gli altri, la fatica che accompagna ogni conquista, il dovere della responsabilità, fino al sacrificio e al dolore. Quali consapevolezze dobbiamo recuperare per nobilitare il nostro essere qui, nel mondo?
Vede, dottor Provinciali, io credo che ci siano momenti in cui forse devono prevalere la gioia, il gioco, la curiosità: insomma c’è anche un tempo per evadere, sono convinto che ci siano occasioni in cui il tempo diventa gradevole per l’esistenza e per l’uomo. Ci sono però situazioni di vita diverse in cui questi aspetti positivi non sono possibili perché bisogna passare dal ‘particulare’ - per usare un’espressione di Vico- al generale e quindi viene un tempo in cui è necessario dedicarsi alla ricerca del significato che ha l’uomo nel mondo e quindi reciprocamente al significato del mondo per l’uomo. In questo consiste la scoperta continua del senso della vita. Mi pare che noi dovremmo “essere dentro” questo tempo, per un motivo molto semplice: viviamo in epoca di crisi. leggi tutto
L’incognita delle regionali
La politica, a parte qualche fuoco di artificio giusto per non perdere l’allenamento, è piuttosto piatta. Parliamo di quella nazionale e parlamentare e si capisce facilmente il perché: soldi per imporre qualche iniziativa dirompente non ce ne sono, la situazione europea non consente alzate d’ingegno, tutti sanno che il rischio di finire nell’esercizio provvisorio è grave e nessuno vuole intestarsi una responsabilità del genere.
Un’altra storia è quella sul fronte dei partiti che sono davanti alla prova delle elezioni regionali in Lombardia e Lazio (ce ne saranno anche altre: Molise, Friuli, Trentino-Alto Adige, ma quelle vengono più in là e sono considerate meno importanti - sbagliando). È chiaro che quelle sono due regioni simbolo e che più o meno tutti i principali partiti cercano nelle urne lombarde e laziali la conferma di qualcosa. Proviamo a fare un po’ di analisi.
La Lombardia è una regione chiave, oltre che per il Paese, per il centro destra: tanto la Lega, quanto Forza Italia avevano lì un insediamento storico identitario. Entrambe sono in difficoltà di consensi. Salvini deve misurarsi con le inquietudini di frange che vorrebbero tornare al vecchio partito di Bossi, ma non è chiaro quanto seguito possano avere. Il suo vero tallone d’Achille di Salvini è il candidato alla
Le tre maggioranze di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni ha tratto molti insegnamenti dalle vicende del governo gialloverde del 2018-'19. In primo luogo, l'attuale legge di bilancio non è - come quella di allora - concepita per entrare in collisione con l'Unione europea (a suo tempo la ritirata fu precipitosa e anche un po' ingloriosa). In secondo luogo, soprattutto, la leader di Fratelli d'Italia ha capito che non può lasciare il campo a Salvini come fecero un incolore Conte (allora semplice "notaio del programma") e un neofita un po' spaesato come Di Maio. Inoltre, la premier si deve essere ricordata del periodo in cui Renzi costruì intorno alla maggioranza del suo governo un "secondo anello", quello costituito dall'effimera coalizione sulla riforma costituzionale (che comprendeva Forza Italia, allora all'opposizione). Il leader toscano usò la seconda coalizione per blindare ulteriormente la prima. La Meloni ha capito così bene la lezione che ora di maggioranze ne ha addirittura tre: quella ufficiale, scaturita dalla vittoria alle elezioni del 25 settembre (con Lega e FI partner minori ma pur sempre capaci di creare problemi); quella atlantista e filoucraina con Azione-Iv e Pd (che è limitata a questo tema, però toglie di mezzo le tentazioni pacifiste o cripto-filorusse leghiste e di settori forzisti); quella molto embrionale sull'economia (con Calenda leggi tutto